Una vita cambiata attraverso mille pensieri.
Elogio della solitudine. Si sa, non tutti se la possono permettere. Non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati, non se la possono permettere i politici. Un politico solo è un politico fottuto, di solito. Però sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere contatto più facilmente con il circostante. Il circostante non è fatto solo dei nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo, dalla foglia che spunta di notte in un campo alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante; si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescono a trovare delle miglior soluzioni. Siccome siamo simili ai nostri simili, si riescono a trovare soluzioni anche per gli altri. Con questo non voglio fare nessun panegirico ne dell’anacoretismo del rovitaggio, non è che si debba fare gli eremiti o gli anacoreti. Ma è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita, non è che dimostro gli anni che ho attraverso una carta d’identità, credo di averla vissuta, mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura. Ecco semplicemente questo.
Omosessuali e Rom. Il tema fondamentale è la solitudine. Una solitudine che deriva da emarginazione, il più delle volte, una emarginazione che trae origine da comportamenti desueti e diversi da quella della maggioranza degli esseri umani. Ciò deriva dal fatto che alcune persone nascano per curiosi casi del destino in qualche misura si potrebbero addirittura chiamare scherzi della natura. Un individuo nasce maschio e ha dei sentimenti, una spiritualità completamente femminile. Questo individuo è scritto all’anagrafe in quanto maschio e da lì comincia una slavina, una difficoltà, di tormenti, di sensi di colpa, di dolore. È il caso degli omosessuali che convivono in mezzo a noi. Ma emarginazioni dovute anche da comportamenti desueti e diversi dovute da aridità di culture millenarie che certi popoli si portano dietro e a cui non ha nessuna intenzione di rinunciare. E’ il caso del popolo Rom, quello che noi volgarmente chiamiamo zingaro, prendendo a prestito il termine da Erodoto che gli chiamava zinganoei, e diceva che era un popolo che veniva dal sud est asiatico, dall’India, che parlava una strana lingua, che poi si è scoperto essere il sarkrito e che facevano come mestiere quello del mago e dell’indovino. Ed è quindi un popolo che gira il mondo da più di 2000 anni, afflitto o affetto da quello che gli psicologi chiamano dromomania , cioè la mania dello spostamento continuo, del viaggiare, del non fermarsi mai in un posto. È un popolo che secondo me, che meriterebbe per il semplice fatto che gira il mondo da circa duemila anni senza armi, il premio nobel per la pace in quanto popolo. Purtroppo i nostri storici preferiscono considerare i popoli non soltanto in quanto tali, ma in quanto organizzati in nazione se non in stato. E si sa che i Rom non possedendo territori non possono considerarsi ne una nazione ne uno stato. Mi si dirà che gli zingari rubano. È vero, hanno rubato anche a casa mia. Ma si accontentano di oro e palanche, l’argento per esempio non lo toccano perchè secondo loro porta male, lascia al nero. Quindi vi accorgete subito se siete stati derubati da degli zingari. D’altra parte si difendono come possono; si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali, buona parte dei Rom era e sono ancora in buona parte artigiani, lavoratori di metalli e in special modo del rame, addestratori di cavalli e giostrai. Tutti mestieri che purtroppo sono caduti in disuso. Quindi gli zingari rubano, è vero. Però io non ho mai sentito dire e non ho letto da nessuna parte che gli zingari abbiano rubato tramite banca. E questo mi pare che sia un dato di fatto.
Maggioranze e minoranze. Una invocazione faccio. Affinché qualcuno si accorga di tutti i torti che hanno subito le minoranze da parte delle maggioranze. Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi dietro le spalle e di contarsi. Dire siamo seicento milioni, siamo un miliardo e duecento milioni. E approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado,di avere il diritto di umiliare le minoranze. Questa invocazione si chiama smisurata, proprio perché e fuori misura. E quindi molto probabilmente nessuno darà retta a quello che sto scrivendo. Ma io ci provo lo stesso. In fondo non sono altro che una minoranza.
Uomini senza fallo, semidei che vivete nei castelli argentati, che di gloria toccaste gli apogei, noi che invochiam pietà siamo i drogati. Dell’inumano varcando il confine conoscemmo anzitempo la carogna che in ogni ambito sogno mette fine, che la pietà non vi sia di vergogna. Banchieri, pizzicagnoli, notai, con i ventri obesi e le mani sudate, con i cuori a forma di salvadanai, noi che invochiamo pietà fummo traviati. Navigammo su fragili vascelli per affrontar del mondo la burrasca ed avevamo gli occhi troppo belli; che la pietà vi rimanga in tasca. Giudici eletti, uomini di legge, noi che danziam nei vostri sogni ancora, siamo l’umano desolato gregge di chi morì con il nodo alla gola. Quanti innocenti all’orrenda agonia votaste, decidendone la sorte? E quando giusto pensate che sia una sentenza che decreta morte?
Ed infine, il valore. Il naturale valore. Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura un pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi
vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere
in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome
del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.