Un giorno in PRETURO
L’Aquila, Sulmona, Teramo paese che vai lager che trovi
Da diversi mesi individui e realtà collettive comuniste ed anarchiche stanno portando avanti un discorso contro il carcere e nello specifico contro il regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario. Momenti importanti di questo percorso sono state le manifestazioni sotto il carcere di Parma nel 2006 e sotto il carcere di S. Michele di Alessandria nel marzo 2007.
La quotidianità regolata dal 41bis significa imposizione ai prigionieri di violente e sadiche misure restrittive.
Del resto 41bis significa:
- Isolamento individuale 22 ore su 24, con negazione assoluta di condividere un libro, un pezzo di pane…nulla;
- Due ore d’aria giornaliere compiute in piccolissimi gruppi di 4/5 persone, ma spesso anche da soli;
- Colloquio una sola volta al mese e solo con familiari strettissimi separati da un vetro e con i quali si può parlare soltanto via citofono;
- Cancellazione di fatto del permesso di telefonare poiché la telefonata – il cui tempo consentito dalla legge è stato dimezzato, da 10 a 5 minuti – è sostitutiva del colloquio e inoltre i prigionieri non possono telefonare a casa dei familiari ma solo nel carcere più vicino alla loro abitazione, nel quale essi dovrebbero recarsi per riceverla;
- Limitazioni della possibilità di cucinare, nelle vivande da tenere in cella e ricevibili mediante i pacchi;
- Censura della posta e possibilità di tenere in cella solo 3 libri; frequenti sequestri della posta, dei libri e delle riviste;
- Perquisizioni frequenti sulla persona e della cella;
- Le poche cose consentite spesso vengono negate con banali pretesti, cioè sono sottoposte alla discrezionalità delle guardie;
- Le guardie del 41bis sono scelte e addestrate nei Gruppi Operativi Mobili (G.O.M.): per intenderci i torturatori di Bolzaneto (G8 di Genova) e responsabili di svariati pestaggi tra cui ricordiamo quello nel carcere San Sebastiano (Sassari 2000). Nondimeno sono presenti in Albania, in Afghanistan, e in altri territori di guerra con il compito specifico di strutturare le prigioni sul modello di Abu Ghraib, carcere in cui sono tuttora presenti;
- Il processo in video-conferenza o “a distanza”, che nega all’imputato di essere presente ai processi che lo riguardano e, con ciò, di rivendicare la propria identità.
Servirsi del 41bis significa per lo Stato stabilire un rapporto di forza sia dentro che fuori dal carcere; oltre tutto questo modello detentivo si sta estendendo a tutto il regime carcerario. Si veda per esempio il carcere di Sulmona, che, pur non essendo regolato dal 41bis è un mattatoio in cui la quotidianità è tra le peggiori in Italia. I sette morti degli ultimi due anni ne sono tangibile dimostrazione.
In oltre, l’utilizzo sempre più frequente di capi di imputazioni quali ad esempio l’ ”associazione sovversiva” (270 bis C.P, estensione del famigerato 270 del codice fascista Rocco, del 1931, e i recenti ampliamenti portati con il “pacchetto Pisanu” fra i quali spicca il 270 sexies), la “devastazione e saccheggio” (419 C.P.) e l’estensione spropositata, mutuata dagli USA, della definizione di “terrorismo”, preannunciano una possibile estensione del campo di applicazione del 41 bis.
Una tendenza che trova ampia conferma oggi nell’uso disinvolto che lo stato fa di particolari regimi detentivi fondati sull’isolamento e la totale privazione, come l’ Elevato Indice di Vigilanza (E.I.V.).
Il cosiddetto “carcere duro”, come condizione di limitazione pressoché totale della comunicazione con l’esterno, risponde al tentativo preciso di annientare l’identità politica e sociale e la dignità del prigioniero. La minaccia della sua applicazione ha inoltre lo scopo di agire come deterrente su qualsiasi potenziale comportamento di non sottomissione: non sottomissione al rituale quotidiano di coercizione, per chi è costretto a vivere all’interno di una prigione; non sottomissione all’ordine basato sullo sfuttamento e sul controllo di massa, per chi sceglie di opporvisi attivamente all’interno della società cosiddetta “libera”.
Inoltre attraverso il metodo punizione/premio, lo stato, a prescindere da chi sia a governare, cerca incessantemente di spezzare la solidarietà tra i prigionieri, con il palese intento di spingerli alla collaborazione.
Il carcere dell’Aquila gioca un ruolo importante nella catena della tortura e dell’isolamento. In esso la legge dominante è il 41bis.
Dei 160 prigionieri lì rinchiusi, ben 130 vengono sottoposti a quel trattamento infame.
Tra questi è richiusa tuttora la prigioniera comunista Nadia Lioce. Dall’ottobre 2005 infatti il 41bis è stato esteso per la prima volta anche ai cosiddetti “reati politici”.
Per questo abbiamo deciso volantinaggi in città e davanti al carcere, mostre, assemblee e presidi. Con queste iniziative ci proponiamo di interagire con la popolazione dell’Abruzzo, in particolare coi familiari dei prigionieri, poiché essi per primi subiscono da vicino le vessazioni della galera.Queste iniziative culmineranno sabato 19 maggio con una assemblea pubblica presso il “Palazzetto dei Nobili”, in cui verranno discussi anche i punti qui soltanto accennati, e domenica 3 giugno nel concentramento alle 10 in piazza della Fontana Luminosa e dalle 13 nel presidio sotto il carcere dell’Aquila.
Queste iniziative, mirano alla costruzione di una rete di solidarietà, come presupposto per la lotta alla tortura dell’isolamento, della differenziazione, dell’annientamento, e quindi dell’istituzione carceraria nel suo complesso.
A partire dalle lotte concrete presenti in ogni ambito della vita sociale, costruiamo reti di solidarietà e lotta contro l’isolamento e ogni altra restrizione nei lager di stato, contro la guerra imperialista, lo sfruttamento, la miseria crescente.
CHE DI TRIBUNALI E GALERE
RIMANGANO SOLO MACERIE!!!!!!
Compagni e compagne contro la società carceraria