IL 22 DICEMBRE SCIOPERO GENERALE
PER LA DIFESA DELLA PIANA DI GIOIA TAURO
Dopo anni di lotte e mobilitazioni, il 22 dicembre 1985, il 97 per
cento dei cittadini della Piana di Gioia Tauro, consultati attraverso
un referendum popolare autogestito, esprimeva il suo netto e radicale
NO alla costruzione di una centrale a carbone. La realizzazione di
quest’opera, fortemente voluta dalle solite lobbies
affaristico-politico-criminali, avrebbe significato la morte di
quest’area.
A distanza di 22 anni, la Piana si ritrova a dover affrontare gli
stessi nemici! Quelli che oggi come ieri la vorrebbero condannare a non
avere un futuro!
La scarsissima attenzione da parte della classe dirigente calabrese
alle problematiche ambientali e sociali, la presenza di una
imprenditoria attratta soltanto dai finanziamenti pubblici, la
compresenza di un’economia criminale diffusa e spesso collusa con
la classe dirigente, una richiesta assillante di lavoro in una terra i
cui abitanti sono tornati ad emigrare, hanno favorito la svendita di
larghe fette di territorio con il fine di impiantare cicli produttivi
inquinanti. Queste imposizioni, contrastate giustamente dalla
popolazione, hanno trasformato la Piana in una pattumiera, con impianti
buoni solo a massimizzare i profitti delle multinazionali.
Paradigma di questa logica è la centrale turbogas di
Rizziconi, di proprietà del Gruppo EGL, la multinazionale
svizzera dell’energia che detiene, tra l’altro, il 21%
delle quote azionarie della Ratia, la società che vuole
trasformare la ex-Liquichimica di Saline Joniche in una centrale a
carbone “pulito”. La centrale turbogas dovrebbe entrare in
funzione nei prossimi mesi, nonostante abbia ricevuto un parere
negativo dalla Commissione VIA regionale in quanto “non apporta
modifiche al livello occupazionale dell’area interessata” e
“la mancata realizzazione della centrale non comporta e non
comporterà un deficit di produzione di energia elettrica,
rispetto alla richiesta sulla rete regionale interna”. Il
Ministro all’Ambiente non solo non ha tenuto conto di questo
parere, ma ha addirittura autorizzato altre due centrali a San
Ferdinando e Gioia Tauro. E poi ancora il Gruppo Sensi, il Gruppo
Belleli, lride SpA e Sorgenia di De Benedetti, coinvolti nella
realizzazione di un rigassificatore all’interno dell’area
portuale. Certamente queste società avranno del gas a basso
costo per le loro centrali, come previsto negli accordi, però
gli alti rischi derivanti dalla presenza dell’impianto ricadranno
interamente sulle popolazioni locali.
Ma la Piana di Gioia Tauro è soprattutto la gigantesca
discarica della Calabria, come ha stabilito l’Ufficio del
Commissario per l’emergenza ambientale: questo meccanismo
perverso, capace di passare sopra non soltanto le nostre teste, ma
sulle stesse leggi dello Stato, imponendo a Gioia Tauro la costruzione
di un inceneritore e, successivamente, del suo raddoppio. Saranno
così bruciate 240.000 tonnellate annue di rifiuti "normali"
più 30.000 speciali, causando l’emissione di diossine, di
nanoparticelle, di ossidi di azoto, di monossido di carbonio, di
sostanze che, respirate o ingerite attraverso gli alimenti, sono causa
di tumori, leucemie, malformazioni al feto e tante altre patologie che
si stanno diffondendo ed intensificando sempre più tra la
popolazione della Piana.
A questo si aggiunge la costante necessità di alimentare le
fornaci dell’inceneritore, da qui i pericoli delle discariche di
rifiuti “tal quali” e delle scorie
dell’incenerimento, residui tossici il cui smaltimento è
costosissimo.
Il Commissariamento è un’esperienza piena di ombre, e
in tal senso basti ricordare quanto affermato sia dal Pubblico
Ministero De Magistris nell’ambito dell’inchiesta
Poseidone, sia dall’ex Commissario, il Prefetto Antonio Ruggiero,
sia dalla stessa Corte dei Conti. Milioni di euro di debiti ed
altrettanti “scomparsi”, dipendenti fantasma, concessioni
pilotate, manutenzioni costosissime ma inefficaci, interessi e
cointeressi con le stesse società appaltanti.
Al danno la beffa! Secondo la Veolia, la multinazionale francese
leader mondiale nel settore dei servizi ambientali,
“padrona” dell’acqua calabrese e proprietaria di
fatto dell’inceneritore, saremmo noi, con le nostre denunce, ad
avere interessi nascosti e poco puliti.
- Per contrastare queste devastazioni e per difendere la salute, i territori, i beni comuni
- Per
costruire un modello alternativo a questo sviluppo che ci vogliono
imporre, basato sul protagonismo popolare e la democrazia dal basso - Per incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e rispettose dell’ambiente
- Per
pretendere assolutamente uno studio di Valutazione di Impatto
Ambientale (V.I.A.) ed una valutazione ambientale strategica (V.A.S.)
su tutta la Piana di Gioia Tauro al fine di verificare la
sostenibilità ambientale di tutto il territorio, rispetto al
funzionamento di tutti gli impianti già esistenti, in
costruzione o previsti nella Piana di Gioia Tauro - Per ottenere la moratoria sulla realizzazione del
raddoppio dell’inceneritore e delle nuove centrali turbogas,
rivedendo il Piano Regionale energetico e quello dei rifiuti,
verificando dal punto di vista medico e tecnico-scientifico i rischi
ambientali e tenendo realmente conto del parere e delle istanze
avanzate dai comitati e movimenti sorti a tutela del territorio,
dell’ambiente e della salute pubblica dei cittadini - Per chiedere la fine di tutti i conflitti di interesse
in materia ambientale tra chi gestisce inceneritori bruciando rifiuti e
chi dovrebbe disincentivare tale politica attraverso la raccolta
differenziata e la promozione del riuso e del riciclo - Per respingere con forza l’idea che la Piana
divenga la più grande pattumiera d’Italia, quando questo
territorio, attraverso il suo grande porto, l’area industriale e
il sistema agro-alimentare potrebbe esprimere enormi opportunità
occupazionali e di crescita economica per l’intera Calabria
PER TUTTE QUESTE RAGIONI
abbiamo indetto uno sciopero generale ed una manifestazione nazionale a
Gioia Tauro, il prossimo 22 dicembre 2007, seguendo un simbolico fil
rouge che lega questa lotta a quella battaglia iniziata
trent’anni fa per difendere la Piana.
Nell’affermare il diritto a difendere lo nostra terra,
facciamo appello a tutte le forze sociali, ai movimenti, alle
comunità resistenti, ai comitati ed alle realtà di base,
alle reti nazionali, all’associazionismo, al comparto agricolo,
al mondo del lavoro, ai precari, ai disoccupati, al mondo studentesco,
a tutte e tutti, per rafforzare questa battaglia di dignità e
costruire questa mobilitazione.
‘a terra nosta nun s’adda tuccà!