Finte molotov a processo

Simone Pieranni
Genova

Il «postino» e lo «scout»
dell’irruzione alla scuola Diaz nel luglio 2001, sono stati
rinviati a giudizio per «falso» dal tribunale di Genova.
Pietro Troiani è il poliziotto che arrivò alla scuola
genovese scarrozzato da Burgio – autista di Valerio Donnini, supercapo
della celere e padre del nucleo antisommossa – con il sacchetto
contenente le molotov che avrebbero dovuto incolpare i manifestanti e
poi rivelatesi una prova falsa, mentre Salvatore Gava, allora
commissario capo della squadra mobile di Nuoro, guidò gli agenti
che – nel media center della Pascoli – distrussero computer, sala
stampa e ufficio legale. Gava aveva definito l’azione un
«sommario controllo».
Entrambi sono imputati al
processo Diaz (rispettivamente per calunnia e perquisizione illegale),
entrambi – questo il motivo del rinvio a giudizio – avrebbero firmato
dei verbali di arresto e perquisizione senza essere presenti durante i
fatti: il 7 aprile per loro inizierà anche il procedimento per
il reato di falso.
Le loro posizioni, in relazione alla firma dei
falsi verbali, furono archiviate nel 2005. La procura genovese ricorse
in Cassazione. Per l’occasione si mosse anche il procuratore
generale, sostenitore, in quel caso, della teoria del piano ordito
dall’alto: «Tutte le risultanze istruttorie sembrano
fondatamente deporre per un’azione preordinata e concertata allo
scopo di arrestare gli occupanti della scuola Diaz». Ovvero, come
venne stabilito dalla prima archiviazione, quello di Gava e Troiani
sarebbe stato un «falso inconsapevole». Deciso
dall’alto, dai vertici.
Non la pensò così la
Cassazione alcuni mesi fa, né lo ha pensato ieri il gup genovese
Roberto Fucigna: firmare un verbale di arresto senza sapere cosa vi sia
scritto (e va ricordato che dopo sette anni, uno dei firmatari è
ancora ignoto), è un falso, consapevole, anche nel caso
l’ordine sia pervenuto dai vertici. Una decisione che suona
allarmante anche per i superpoliziotti imputati al processo Diaz per il
medesimo reato.
Lo stesso gup nel corso dell’udienza a porte
chiuse, avrebbe sottolineato la straordinarietà del verbale
della scuola Diaz, per omissioni, mancanze e stranezze. Di certo non
è l’unica stravaganza dei procedimenti connessi al G8
genovese, la cui importanza è stata ricordata anche nel giorno
dell’inaugurazione dell’anno giudiziario presso il
tribunale ligure, dal presidente della Corte d’Appello di Genova,
Ettore Criscuoli.
Un passaggio storico e politico ancora da
affrescare per il movimento dei movimenti, una rilettura in chiave
giudiziaria che passa attraverso binari piuttosto delineati. In
entrambi i casi, il G8 ha avuto un impatto storico fuori dal comune e
non ancora assorbito: per il movimento e le lotte sociali, ma anche per
il tribunale genovese. La sentenza del processo Diaz potrebbe arrivare
solo dopo l’estate, mentre il procedimento contro i 25
manifestanti è già giunto al culmine del primo grado
(oltre 100 anni di pene per 24 manifestanti). Mentre il team che lavora
sui fatti di strada fu esentato, dal 2005, di svolgere anche
attività ordinaria – e non sono escluse nuove azioni da parte
dei pm riguardo altri filoni di indagine sui manifestanti – i
magistrati impegnati a fare chiarezza sull’operato delle forze
dell’ordine, si devono adattare anche all’ordinaria
attività quotidiana della procura genovese. In questo modo
incontrano rallentamenti tutte le appendici dei procedimenti che vedono
imputati appartenenti alla polizia.
L’indagine sulla falsa
testimonianza dell’ex questore di Genova Colucci, è stata
chiusa e attende le richieste di rinvio a giudizio.
De Gennaro,
indagato insieme a Colucci e all’ex capo della Digos genovese
Mortola, dopo aver ricevuto il nuovo incarico da commissario a Napoli,
ha fatto pervenire ai pm una memoria scritta tesa a richiedere
l’archiviazione, smentendo la sua volontà a farsi
riascoltare dai magistrati. Il 28 febbraio è prevista la sua
audizione nel procedimento per i fatti della scuola Diaz. Colucci
invece, pare sarà riascoltato a breve dai pm genovesi. Oltre a
sparire, e apparire, le firme sui verbali, a Genova sono anche sparite,
senza riapparire, le prove contro i poliziotti: l’inchiesta sulla
scomparsa delle molotov, lentamente, prosegue.

This entry was posted in repressione e carcere. Bookmark the permalink.