La Calabria nelle mani della francese Veolia
Il grande business privato – pubblico della gestione
di acqua e di rifiuti
Pagheremo anche l’aria?
In Contrada Cicerna, in
prossimità del mostro che stiamo presidiando da più di 20 giorni, ci sono dei
cartelli che indicano la strada verso "l’impianto di Trattamento RSU e
termovalorizzazione CDR di Gioia Tauro": i cartelli sono intestati al gruppo
francese VEOLIA – Servizi Ambientali.
Ma cos’è la Veolia?
È la più grande
multinazionale al mondo per quel che riguarda la gestione del bene più
prezioso, l’acqua, e la seconda per quel che riguarda invece, la gestione dei
rifiuti. Noi calabresi la dovremmo conoscere bene, visto che è "padrona" della
nostra acqua e da qualche mese, è diventata proprietaria anche della TEC, la
SpA che gestisce il ciclo dei rifiuti per Calabria Sud – uno dei due "sistemi"
impiantistici previsti dal piano regionale rifiuti per la Calabria.
Eppure pochi sanno che la nostra
acqua è stata privatizzata, come pochi sanno che qualche giorno fa 6 importanti
manager di Acqualatina, la società di gestione del servizio idrico nel
capoluogo pontino, sono stati arrestati: tra questi Raimondo Besson, ormai ex
amministratore delegato della So.Ri.Cal, e Jean Louis Marie Pons,
rappresentante in Italia di Veolia.
La So.Ri.Cal S.p.A. è una società
mista pubblico-privata con il 53,5% del capitale sociale detenuto dalla Regione
Calabria (con piccole quote dalle Province e dall’ANCI regionale), ed il
rimanente 46,5% dalla Acque di Calabria S.p.A..
Costituita il 26 febbraio 2003,
dal 1 novembre del 2004 gestisce il complesso acquedottistico regionale,
l’approvvigionamento idrico e la fornitura all’ingrosso di acqua potabile ai
comuni ed altri enti. Questa gestione avrà una durata di 30 anni.
Originariamente Acque di Calabria
S.p.A., che era costituita da Enel Ydro e dall’Acquedotto Pugliese, entra in So.Ri.Cal
con il 49% azionario ma non sborsa un solo euro, pronta però a essere solvente
con il recupero delle tariffe, man mano che saranno pagate. In seguito
l’Acquedotto Pugliese ha venduto le sue quote a Enel Ydro che è rimasto quindi
unico socio. Il 22 dicembre 2004 la Veolia ha acquistato il 100% del capitale di
Enel Ydro.
La privatizzazione del settore
significa aumento delle tariffe, anche se nel contratto con la So.Ri.Cal era
previsto che queste restassero bloccate fino al 2008, se non a fronte di un
reale miglioramento della qualità del servizio. Eppure le tariffe sono
aumentate annualmente mentre del "reale miglioramento" del servizio non si è
vista traccia. Al contrario leggiamo sui giornali di prese di posizione di
uomini politici, e anche di dipendenti della ex-Casmez, che denunciano scarsa
manutenzione sugli impianti con il rischio di perdere un ingente patrimonio
pubblico.
E le tariffe sono destinate a
subire un ulteriore e sostanziale aumento. A questo proposito è
interessantissimo lo stralcio di un intervento del consigliere regionale
Abramo, ex-sindaco di Catanzaro e candidato del centro-destra a ricoprire il
ruolo di governatore, che ne auspicava una discussione in Consiglio, durante la
seduta del 10 novembre 2006: «…vi garantisco che i comuni con il piano
industriale previsto dalla Sorical che oggi fanno pagare ai propri concittadini
l’acqua al costo di 280 di vecchie lire al metro cubo (quindi € 0,14), non
sopporteranno dal punto di vista economico le 2.400 lire (€ 1,24) che sono
state previste nel piano industriale della Sorical. […] Se non discuteremo di queste
problematiche, rischiamo di avere un territorio e soprattutto di avere comuni
che rischiano il dissesto finanziario. Tutti e 409 comuni della Calabria».
Raimondo Besson era un importante
dirigente dell’ufficio regionale del Lazio che, all’epoca della giunta
Badaloni, si occupò del disegno degli ambiti idrici e della legge regionale che
regolamenta l’acqua laziale. I consiglieri d’amministrazione di parte privata
passano quindi da un gestore all’altro, mentre le diverse imprese controllate
da Veolia si scambiano consulenze e sistemi gestionali: tanto per fare un
esempio la stessa Acqualatina, il cui 49% è in mano alla Veolia, ha venduto nel
2005 consulenze alla So.Ri.Cal per 514 mila euro.
Veolia quando entra nelle
gestioni miste promette di apportare le competenze e spesso vince le gare
grazie a questa promessa. Peccato che i costi di queste consulenze e dei
gettoni di presenza dei consiglieri che girano l’Italia portino ad aumenti e a
«squilibri finanziari» che i comuni saranno costretti a ripianare. Sono
proprio questi appalti "particolari", considerati truffa aggravata per il
conseguimento di erogazioni pubbliche, a spingere la Procura di Latina ad
emanare le 6 ordinanze di custodia cautelare.
Il 31 maggio del 2007, gli organi
di informazione finanziaria salutano con entusiasmo la notizia dell’acquisto da
parte di Veolia, del 75% dell’azienda di gestione rifiuti spezzina TM.T., di
proprietà di Termomeccanica. Questa partecipazione potrà essere portata al 100%
entro il 2012. La TM.T ha realizzato nel 2006 un fatturato proforma di 97
milioni. Tenuto conto dei progetti in corso, questa cifra dovrebbe subire una
"crescita significativa nel corso dei prossimi anni e raggiungerà circa
200 milioni nel 2011", ha precisato Veolia.
Ciò ha comportato che l’88,98%
della TEC S.p.A. è passato di mano, arrivando in quelle avide dei nostri "amici"
d’oltralpe. Ma il passaggio azionario non è bastato a sanare il pesante
conflitto di interessi tra la TEC e le società miste per la raccolta di rifiuti:
sia Piana Ambiente che Fata Morgana sono controllate, come partner privati,
dalla Termomeccanica, padrona ancora del 25% di TM.T. e con tutto l’interesse a
incrementare gli utili dell’unico inceneritore del meridione.
Le "buone intenzioni" della
Veolia si sono evidenziate a Napoli, dove si era, in un primo tempo, ritirata
dalla gara d’appalto per la gestione dei rifiuti campani e per la costruzione
di tre nuovi inceneritori, salvo poi rientrare in grande stile. Motivo di
questo colpo di scena? Il bravo Prodi, prima di farsi da parte, ha lasciato
l’ultimo regalino: ha firmato il decreto per
sbloccare i contributi alla costruzione degli inceneritori, quei Cip6 che i
cittadini pagano per le energie rinnovabili e che l’Italia, oggetto per questo
di procedure di infrazione da parte dell’Unione Euroepa, usa per finanziare
anche gli inceneritori. Se non ci fossero questi finanziamenti, il 7% delle
nostre bollette Enel, i "termovalorizzatori" non sarebbero appetibili per gli
investitori privati: sono i Cip6 che valorizzano i rifiuti per i privati, che
ci guadagnano 55 euro per ogni tonnellata incenerita.
L’ennesima
riprova che l’incenerimento dei rifiuti è solo un grande business, buono ad
attrarre le grandi multinazionali straniere tornate a colonizzare i nostri
territori.
Dal Presidio Permanente di Contrada Cicerna