[CRASH!] La magistratura all’attacco dell’ocupazione. Guai a chi ci tocca! [Comunicato dell’Area Antagonista]
Una
sentenza che pesa come un macigno quella emessa il mese scorso dal
Tribunale del Riesame di Bologna per il sequestro del Laboratorio
Crash! Un macigno scagliato contro tutte le esperienze, passate e
presenti, di occupazione di centri sociali in Italia e contro la
pratica dell’occupazione stessa. Genova, Cosenza, Firenze e ora anche
Bologna, diventano teatro di un nuovo ruolo che la magistratura
accoglie a sé. Un ruolo tutto politico di ridefinizione degli ambiti di
agibilità del movimento, un tentativo di arginare le lotte che si
sviluppano nei territori passando non solo dalla criminalizzazione di
significativi segmenti passati del movimento contro la globalizzazione
e la guerra, ma anche andando ad attaccare nello specifico gli stessi
luoghi di produzione e riproduzione di una politica antagonista,
necessariamente elementi di ingovernamentabilità dei conflitti nelle
metropoli.
Una
sentenza che estende nei fatti i presupposti del sequestro cautelare:
prima di oggi indirizzata esclusivamente alla confisca dei beni in
possesso di organizzazioni mafiose e ad abusi edilizi, ora viene
reinterpretata come applicabile a tutte le lotte sociali per la
riconquista di spazi autogestiti, per la produzione di cultura e
socialità non mercificate, contro i percorsi di costruzione dei
conflitti sociali.
All’indomani
della caduta del Governo Del Sacrificio Prodi, e dell’incapacità reale
della politica istituzionale di risolvere i problemi sociali è dai
tribunali che si cerca di mettere ordine per la salvaguardia dello
status quo. E così l’antagonismo espresso a Genova contro i governi
della guerra e della devastazione economica e ambientale, con il suo
respirare assieme e le sue molteplici istanze, diventa per la
magistratura il pretesto per riaffermare che mai più sarà concesso di
tornare ad animare le strade e le piazze delle città per affermare in
modo deciso il proprio dissenso. Così il processo di Cosenza diventa
punto cardine di nuovi teoremi giudiziari che trasfigurano le lotte
autonome portate avanti nei territori, leggendo ovunque complotti e
pianificazioni sovversive. Così a Firenze la legittima opposizione alla
Guerra Permanente, le cariche ingiustificate, a nove anni di distanza
vengono a forza stipate nel cassettone della storia giudiziaria sotto
coltri che parlano di violenza e resistenza pluriaggravata. Così la
magistratura non solo legge bene la crisi della rappresentanza politica
delle istituzioni, ma se ne fa immediatamente sostituto e nuovo
protagonista dal pugno di ferro.
In
questo modo, nonostante la sospensione dell’esecuzione del sequestro
fino all’ultimo grado di giudizio, necessariamente anche i centri
sociali, come luoghi di autorganizzazione politica antagonista, ma
anche come proposta alternativa e autonoma alla cultura ed alla
socialità di regime, vengono messi sotto accusa. Il tentativo è chiaro:
mai più in nessun luogo occupazioni, mai più luoghi altri da quelli
istituzionali, mai più ambiti non immediatamente sussumibili e
riciclabili nelle immediate esigenze dei palazzi del potere. Il
teatrino non può crollare, lo show deve andare avanti, e per farlo
bisogna creare adeguati precedenti giuridici. E va avanti mostrando, ad
esempio, dietro a vetrine infarcite di lustrini l’inquietante e
inaccettabile spettacolo di un Salone del Libro a Torino, autoelettosi
a migliore espressione della cultura letteraria, che invita come ospite
d’onore uno stato le cui istituzioni praticano politiche d’apartheid,
quello d’Israele. Si riscopre palcoscenico di ammiccamenti e
"miracolosi" avvicinamenti tra forze politiche che, stanche dei ruoli
loro assegnati dal copione dell’alternanza, si riscoprono possibilisti
su intese larghe per il sommo fine di "ridare dignità al Paese"… una
dignità inevitabilmente di nuovo fondata sul sacrificio,
sull’oppressione, sulla razionalizzazione del sociale a fini
produttivi, sulla guerra, sull’assassinio delle libertà individuali e
collettive.
In
tutto ciò evidentemente i centri sociali, non hanno ruolo. E di questo,
diamo atto, siamo assolutamente certi anche noi. I terreni marcati
dalle lotte popolari contro le nocività e le devastazioni ambientali,
l’ingovernamentabilità dei conflitti sociali, l’essere inevitabilmente
dall’altra parte del fronte "interno" di questa Guerra che si vuole
Permanente, la vivacità data da una riscoperta capacità di plasmare i
nostri territori aldilà delle esigenze produttive, riqualificando dal
basso, opponendosi alla segmentazione ed alla desertificazione sociale,
combattendo la retorica del degrado e della sicurezza riportandole sul
piano della soddisfazione di bisogni e desideri, ostacolando le
speculazioni… questo oggi sono i centri sociali, gli spazi
autogestiti a Bologna come nel resto d’Italia.
E
proprio per questo crediamo che, dopo la manifestazione del 6 ottobre,
si debba tornare a progettare lotte e mobilitazioni che attorno a
questo sappiano ridare il segno dell’insopprimibilità degli spazi
autogestiti, indipendentemente dal dove venga l’attacco. Urgente è la
necessità di riaffermare come ciò che pertiene alle lotte sociali, ai
loro obiettivi, non possa essere negato spingendolo a forza nelle aule
dei tribunali, quando invece sono le strade, le piazze, gli spazi, le
periferie delle città i nostri luoghi; e questo anche per garantire la
percorribilità futura di esperienze di occupazione. Quello del
sequestro cautelare sulle occupazioni, siano esse di case o di spazi,
rischia di diventare un precedente giuridico molto pericoloso, che
tolga di fatto la possibilità di ricorrere a tale strumento all’interno
dei percorsi di lotta del movimento, che neghi alle occupazioni ogni
possibilità di innescare un piano di legittimazione sociale, di
rivendicazione e soddisfazione di bisogni e desideri. Anche e forse
soprattutto per quanto riguarda il plausibile ricorso all’arma del
sequestro per le occupazioni abitative questo provvedimento in corso
rischia di divenire l’arma con cui negare la legittimità dei movimenti
di lotta per la casa che nelle grandi metropoli italiane rappresentano
una forza significativa e vitale ed una risposta autonoma ai propri
bisogni insoddisfatti. Diventa arma per bypassare a piè pari le
contraddizioni politiche poste dal movimento e di arginare a sola
questione di "criminalità" la legittima rivendicazione di migliori
condizioni di vita. Occorre, crediamo, riaprire tutte le contraddizioni
che il nuovo assetto politico cercherà inevitabilmente di sanare per
garantirci non solo la sopravvivenza, ma anche lo spazio per esprimere
quella nostra capacità di essere forza vitale e prorompente negli
altrimenti grigi e ristretti spazi metropolitani.
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Area Antagonista
Laboratorio Crash! – Bologna
Collettivo Universitario Autonomo – Bologna
Csoa Askatasuna – Torino
Collettivo Universitario Autonomo – Torino
Csa Murazzi – Torino
Csoa Ex Carcere – Palermo
Collettivo Universitario Autonomo – Palermo
Csa Dordoni – Cremona
Coa Transiti – Milano
Collettivo Autogestito Modenese – Modena
Csa Godzilla – Livorno
Officina Sociale Refugio – Livorno
El Chico Male – Livorno
Csoa Cartella – Reggio Calabria
Csoa Rialzo – Cosenza
Gabbiotto Infoshop – Bari
Csa Mattone Rosso – Vercelli
Università Antagonista – Pisa
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