Premessa:
indymedia nasce il 12 giugno 2000 alle 12:00 con questa definizione: "Indymedia e’ un network di media gestiti collettivamente per una narrazione radicale, obiettiva e appassionata della verita’. Ci impegniamo con amore e ispirazione per tutte quelle persone che lavorano per un mondo migliore, a dispetto delle distorsioni dei media che con riluttanza si impegnano a raccontare gli sforzi dell’umanita’ libera"
Da allora ha rivoluzionato il far notizia introducendo l’open publish, ossia la pubblicazione aperta, non esclusiva di redattori in cerca di notizie, ma dando direttamente agli utenti la possiblità di inserire le informazioni, con un collettivo di volontari (mediattivisti) pronti a controllare e nascondere/editare (modificare direttamente) in caso di notizie fuori dalla policy (le linee guida che regolano il portale).
Per partecipare e diventare admin ci si iscrive a delle mailinglist e collettivamente si elaborano i contenuti, incontrandosi ogni tanto di persona negli "indymeeting".
Il progetto entra in crisi nel 2006. Per molte nuove notizie inserite fioccano commenti anonimi, atti a infamare, a dare elementi alle forze del (dis)ordine o fuorviare il discorso, senza che gli admin riescano a starci dietro. Il "process" (iter di pubblicazione delle notizie in colonna centrale ad opera degli admins – denominate features) inizia sempre più ad essere un modo per fermare lo sviluppo di notizie eleborate collettivamente, fino al momento in cui Jeff, un magnate che ospitava i server, decide di interrompere il servizio. Su questo dirà: "Sono sorpreso da quanto gli anarchici si lascino ingabbiare da cosi’ tante regole….".
In realtà di anarchici su indymedia non ne sono rimasti molti, anarcotico, progetto oramai chiuso da due anni (al 2008), piace di più come strumento per ricercare/inviare informazioni a chi cerca notizie di stampo radicale.
Un ulteriore problema che il portale si trova ad affrontare è il divenire strumento involontario di aiuto per le forze dell’ordine. Le lotte tra i vari gruppi politici si spostano sulla rete tra le pagine del sito. Una "pecca" tecnica fa si che ogni notizia editata (ad esempio sostituendo i nomi e cognomi con delle XXXX) lasci una copia (non-editata) sulla rete in un archivio tutt’ora consultabile.
A dicembre 2006, il collettivo di persone che gestisce indymedia decide quindi di chiudere al fine di rimettersi in discussione.
Nei primi mesi del 2007 iniziano a rinascere i nodi locali, non più un’indymedia per tutta la penisola, ma una per ogni regione, o meglio per quelli che riescono a completare tutto il burocratico "process di iscrizione" (insieme di documenti e dichiarazioni a certificazione delle buone intenzioni nella creazione del nodo indymediatico).
Arriviamo ai giorni d’oggi, 8 nodi sono stati aperti (Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Roma, Liguria, Calabria) e uno è in via di apertura (Abruzzo)…
Qualche spunto di riflessione
Scrivo queste righe sperando generino critica, riflessione e possano contribuire a far sì che uno strumento non diventi più, come lo era un tempo, un’arma a doppio taglio.
Oggi (venerdì 4 luglio 2008) rinasce indymedia italia, molte persone sono le stesse di allora, altre sono cambiate.
Alcuni problemi rimangono però quelli di un tempo.
Anonimi e infami affollano il newswire, spesso fuori dal controllo degli admin che, sotto loro stessa ammissione, non possono rimanere vigili 24 h su 24.
Alcune volte il sito viene usato per generare zizzania (Emilia Romagna), per rancori personali (Piemonte), pubblicando o no notizie a propria discrezione (Lombardia).
Qualcosa però si può fare per limitare questi problemi.
- Partecipare direttamente a indymedia (munitevi di molto bicarbonato per reggere l’acidità di stomaco che questa decisione genererà)
- In caso di commenti/notizie infamanti e delatorie avvertire la lista del nodo interessato (scrivere una email alla lista di gestione, si possono usare i seguenti link: Piemonte, Calabria, Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Roma e Napoli).
- Entrare nella chat dedicata e spiegare il problema, il canale è #indymedia (è il metodo più veloce)
- Nel caso si conoscano personalmente gli admin contattarli direttamente
don’t hate the media, resist the media
uno, nessuno e centomila
APPROFONDIMENTI
Il triste declino di Indymedia da infoshop.org