‘Ndrangheta, decapitata cosca
Fermati anche alcuni imprenditori
Irreperitibile il faccendiere Aldo Miccichè, residente in Venezuela
E’ al centro dell’inchiesta sui presunti brogli elettorali
REGGIO CALABRIA – Durissimo lpo alla ‘ndrangheta. La squadra mobile di Reggio Calabria ha smantellato a Gioia Tauro il nucleo di comando della cosca Molè-Piromalli. Coinvolti anche imprenditori e professionisti.
Il blitz, effettuato in collaborazione con i Ros dei carabinieri ha praticamente decapitato il vertice del clan, uno dei più potenti di tutta la Calabria. Alcune persone sono state fermate anche a Roma e Milano. Imprenditori e professionisti, secondo l’accusa, erano legati alla cosca nella gestione di alcuni affari. Tra loro, un avvocato con studio a Roma e un commercialista. Per tutti l’accusa è di associazione mafiosa.
La squadra mobile ha emesso 21 provvedimenti di fermo ma ne sono stati eseguiti 18. Tre persone sono al momento irreperibili: Girolamo Molè, Vincenzo Priolo e Aldo Miccichè. Proprio quest’ultimo è uno dei nomi eccellenti dell’operazione. Si tratta di un faccendiere, ex dirigente della Democrazia Cristiana negli anni Ottanta, che da anni è rifugiato in Venezuela. Aldo Miccichè è infatti al centro dell’inchiesta, che nasce da quella legata al blitz, sui presunti brogli nel voto degli italiani all’estero alle ultime elezioni. Secondo gli inquirenti i brogli avrebbero portato a un’attenuazione della norma che regola il cosiddetto "carcere duro per i mafiosi", il 41bis. Per questo motivo Miccichè avrebbe contattato il senatore Marcello Dell’Utri. Alcune telefonate fra i due sono state riportate nel provvedimento di fermo dei magistrati di Reggio Calabria.
Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha spiegato che i magistrati della Dda di Reggio Calabria hanno operato i fermi per evitare il compimento di omicidi in risposta al delitto del boss Rocco Molè, ucciso il primo febbraio scorso. "Si è dovuti intervenire con immediatezza e celerità con i fermi – ha detto Grasso – per evitare pericoli di fuga e possibile guerra in atto con ulteriori spargimenti di sangue".
L’operazione rientra nell’inchiesta che indaga sugli interessi dei Molè-Piromalli sul porto di Gioia Tauro, dove sono previsti per i prossimi anni investimenti per centinaia di milioni di euro. Secondo le indagini, in corso da oltre un anno, i professionisti e gli imprenditori avrebbero dovuto inserirsi nelle attività del porto per conto dei Molè-Piromalli che sarebbero così entrati in possesso di parte dei finanziamenti. Un’azienda operante nel porto, la All Service, è stata sequestrata a causa di accertate infiltrazioni mafiose. Gli inquirenti hanno inoltre disposto perquisizioni in alcune carceri per verificare eventuali contatti fra detenuti e mondo esterno. Perché come ha sottolineato Grasso "Giuseppe Piromalli, dal carcere, pur essendo in regime di 41 bis, riesce a trattare i propri affari e dà le direttive all’esterno".