connettiamo i saperi, costruiamo
alternative.
di Expo2015, le tragicomiche e indecorose vicende che ne hanno
caratterizzato la comunicazione, la
gestione organizzativa e progettuale da
parte dei suoi paladini hanno reso ormai evidente come il brand Expo
volutamente vuoto, privo di progetto e di
visione globale e pubblica della città e del territorio, serva in realtà
ad occultare un progetto di città
progressivamente ferita nelle proprie potenzialità
rigenerative.
Come denunciamo da tre anni, Expo non ha
altro fine che redistribuire potere e ricchezza
all’interno della regione metropolitana milanese,
cogliendo l’occasione del grande evento e dei flussi finanziari che
vengono mossi per ristrutturare e ridefinire il
tessuto economico e sociale del territorio, convogliando e
dilapidando la spesa pubblica in una direzione
esclusivamente funzionale alla speculazione privata. La trasformazione
dell’area in un grande polo logistico-commerciale, in una città priva di
occasioni di lavoro stabile e destinata non a socialità ma a “eventi”
espositivi saltuari, avviene attraverso proposte che nulla hanno a che
fare con il tema di Expo, non rispondono alle
esigenze di abitanti e lavoratori dei territori e,
soprattutto, consumano risorse, suolo e soldi pubblici
che andrebbero destinati alla spesa sociale.
La crisi acuisce il carattere dell’Expo
come emblema di tutte le patologie del territorio
aggravandone le condizioni di insostenibilità e
intolleranza a mano a mano che la “macchina
organizzativa” va avanti. A questo livello,
l’economia del “grande evento” e della “grande opera” costituiscono il
modello per le procedure di emergenza (leggi obiettivo, commissari,
“modello Bertolaso”, “siamo pronti a tutto” cioè il vero masterplan
2015), già sperimentate dalla ValSusa alla
Maddalena, passando per la shock economy abruzzese. E mentre
qualcuno cerca di rispondere confermando a motore spento
espedienti di un modello di vizi privati e pubblici vizi, di
saccheggio di ogni risorsa e bene pubblico, mentre qualche ultimo
sbadato cerca di salire sul treno che sta
deragliando, nei medesimi territori sono accese resistenze
vecchie e nuove che, attraverso lotte, vertenze e saperi
critici, si oppongono alle dinamiche che rendono le nostre vite precarie
e controllate, gettando le basi per
un’auspicabile cooperazione sociale che, impiegando
diversamente le risorse, potrà e dovrà cercare la via di un
altro modello di riproduzione sociale.
Vogliamo costruire assieme a queste realtà
un momento di incontro nel quale ciascuna, portando la
specificità della propria esperienza e delle
proprie capacità, potrà consolidare relazioni e cooperare ad un processo
di costruzione di una visione ampia e
alternativa a questo “modello expo”, un nuovo immaginario
rivendicativo, che possa aumentare la massa critica
mettendo in rete i saperi, proponendo percorsi verso un vero sviluppo
territoriale, ossia un nuovo welfare metropolitano, un nuovo sistema di
diritti delle persone e del territorio.
A questo fine, il Comitato No Expo e altre
realtà stanno dando vita ad una 3 giorni di iniziative,
workshop, azioni e spettacoli dal 28 al 30 maggio, da
tenersi negli spazi del Centro Sociale Sos Fornace a Rho. Un Festival
da riproporre fino al 2015, come momento di
costruzione/ricostruzione di percorsi reticolari
condivisi, di confronto ed approfondimento partendo
dalle specificità di vertenze e conflitti esistenti. Un festival che
parli alla città guardando anche a cosa accade a
livello nazionale. Per questo invitiamo da ora reti,
movimenti e territori in lotta di tutta Italia a
partecipare e intervenire all’iniziativa.
Facciamo quindi appello ai tanti soggetti
che difendono il territorio da devastazioni e speculazioni, a
chi combatte la privatizzazione dei beni comuni, ai gruppi
ecologisti, al mondo del precariato, ai lavoratori delle
aziende in lotta, ai centri sociali, ai gruppi di consumo critico e
solidale, agli studenti, agli agricoltori resistenti, agli antirazzisti,
a chi lotta per il diritto alla casa, ai
comitati dei pendolari, a chi ha lavora ad un altro modello di
città e di convivenza, perché quanto prima
intervengano, partecipino mettendo a disposizione saperi, materiali,
esperienze per la programmazione del festival e del suo percorso di
avvicinamento.