Non
potremmo definire altrimenti la manifestazione nazionale di sabato, non
potrebbe passare diversamente agli archivi della memoria nostra e della
città tutta.
Chi, dal basso o dall’alto, ha pensato bene di
provare a gettare discredito sul risultato ottenuto dal movimento dei
movimenti, sceso festosamente in piazza, lo ha fatto certo non per amor
di cronaca o di responsabilità ma perché, i pennivendoli cosentini
tutti, assolutamente funzionali alla realizzazione dei piani criminosi
che si perpetrano in questa città, non possono certo tradire le
aspettative dei loro finanziatori/fiancheggiatori occulti, spesso i
soggetti contro i quali, il movimento cosentino si scaglia nel
combattere le sue battaglie per le libertà e la giustizia sociale.
Ridurre
ad una mera questione numerica la portata della giornata di ieri,
ricorda il tentativo di qualcuno di voler definire sovversione la presa
di coscienza di tanti e tante che ancora, vogliono credere e vogliono
lottare per rendere il mondo un qualcosa di diverso; pubblicare di
negozi chiusi e commercianti trincerati dietro sbarre, è ammettere
candidamente della faziosità che contraddistingue le redazioni
cittadine; provare a riesumare simboli e frasi che Cosenza non ha mai
conosciuto, sa semplicemente di barzelletta fuori tempo.
E ieri
si è scesi in piazza per ribadire questo: Cosenza è una città viva,
poco incline a subire passivamente strumentalizzazioni di sorta,
solidale e schierata al fianco dei suoi figli perseguitati da un
teorema visionario, un romanzo, un qualcosa che insomma tutto è, tranne
che un impianto accusatorio presentato per come la legge dispone ovvero
basato su delle prove certe.
Dunque, si riparte dalla piazza,
piazza Zumbini per l’esattezza, piazza scelta non a caso: dice
Voltaire, che per misurare il grado di democrazia d’un popolo,
basterebbe fare un giro nelle sue carceri; crediamo noi, che altro
strumento per tastare il polso al grado di democraticità d’una nazione,
sia indagarsi su quante morti bianche vi occorrano ogni anno…
Proprio
per voler dare luce a questo dolente tasto, è stato scelto il monumento
ai caduti sul lavoro per far da sfondo al concentramento dei
manifestanti, una sirena da “inizio turno” per scandirne la partenza.
Già
la massiccia partecipazione alle iniziative d’avvicinamento alla data
di sabato, ci aveva confortato e non poco, donandoci ottimismo
nell’immaginare del corteo.
Ma la sete di partecipazione di Cosenza,
ieri, ha stupito anche noi, ed in specie quando il serpentone s’è
inerpicato tra le strade del centro storico, fredde ed ammuffite mura
ma abitate da gente col cuore grande.
Questo è il dato che ci
interessa analizzare e rilanciare: la gente non ha mai smesso di
credere e d’essere cosciente che è la partecipazione l’unico strumento
di cui dispone per far sentire la sua voce ed anche se cittadini in una
terra martoriata ed erosa nelle sue viscere dal malaffare, nella quale
ogni tentativo di creare una rete permanente promossa da chi non vuole
piegarsi a queste logiche di prevaricazione viene immediatamente
ostraciato da questure, procure e scagnozzi vari, anche loro, i
signorotti detentori dei poteri forti, tremano dinnanzi ad una
partecipazione viva come quella di sabato, mossa sulla scia
dell’indignazione provocata dal loro atteggiarsi in città.
Sosteniamo dunque, essere l’incontro il momento dal quale far emergere la voglia di cambiamento mostrata ieri dai cosentini.
Incontro
e confronto, quali reazioni genuine da contrapporre alle illiberali
coercizioni che s’abbattono quotidianamente sulle nostre vite.
Incontro e confronto che, proprio perché uniche armi in mano nostra, dovranno avvenire come sempre alla luce del sole.
Rilanciamo
dunque, come nelle giornate di preparazione del corteo, l’idea di far
ruotare il dissenso e la voglia di sovvertire alle dinamiche che ci
vorrebbero perdenti, attorno al chiosco comunale sito in piazza XI
settembre, cui chiederemo il prolungamento della concessione. Che
diventi il punto di raccolta del malcontento d’ogni cittadino, che
diventi il punto di partenza per la costruzione d’una nuova città
vivibile. Che faccia circolare non solo appelli di solidarietà a chi si
trova sotto processo, ma anche a chi nei territori lotta per non farsi
schiacciare da logiche che impongono il malaffare prima della dignità
della popolazione.
Intanto ricordiamo che lunedì 4 febbraio,
nell’aula di Corte d’Assise riprenderà il processo con le arringhe
della difesa, certi che il collegio difensivo non incontrerà nessuna
difficoltà a rendere, agli occhi della Corte, semplicistiche le accuse
mosse dal Fiordaliso.