Sentenza della prima Corte d’appello di Milano
Confermate le condanne a quattro anni per 15 imputati, due assolti e
uno assolto dal reato di devastazione ma condannato a quattro mesi
Fu uno «scempio», per i giudici della prima Corte
d’appello di Milano, quello compiuto in corso Buenos Aires la mattina
dell’11 marzo 2006,
nel corso di una manifestazione dei centri sociali che protestavano
contro il corteo della Fiamma Tricolore che si sarebbe svolto poco
distante nel pomeriggio dello stesso giorno. Per quei fatti,
qualificati come devastazione, la Corte d’appello ha confermato le
condanne a quattro anni di reclusione nei confronti di 15 imputati,
mentre due persone sono state assolte in secondo grado e una è
stata assolta dal reato di devastazione e condannata a quattro mesi per
un reato minore. «Ad avviso di questa Corte – scrivono i giudici
– proprio la contestaualità di tempo e di luogo tra le condotte
che hanno portato prima all’erezione della barricata e poi allo scempio
di cui si è detto, induce a ravvisare, anche in capo a coloro
che non hanno compiuto direttamente episodi violenti, la prova certa
non solo della consapevolezza ma anche del proposito di contribuire a
quanto stava accadendo».
LA SENTENZA – I giudici parlano anche di «accertata
preordinazione» dei fatti, che videro la parte iniziale di corso
Buenos Aires trasformata in vero campo di battaglia con lancio di
molotov, bulloni, una bomba carta, auto incendiate, un centro
elettorale di An devastato dalle fiamme. È di tutta evidenza,
secondo la Corte, che quanto accaduto in seguito alle prime forme di
protesta «alle spalle della barricata, in un tratto di strada ben
delimitato, con manifestazioni particolarmente spettacolari e violente,
non può essere sfuggito alla comprensione dei manifestanti
presenti, che, permanendo nel gruppo e adottando una condotta attiva e
partecipe, hanno così inteso dare il loro contributo all’azione
criminosa in essere, ormai definitasi nella portata e nei precisi
contorni». La condotta di chi era in quel momento dietro la
barricata pur «non compiendo direttamente atti di violenza»
ha finito per «influire sulla mente e sulle condotte materiali
degli atti di devastazione e incendio, rafforzando la loro psiche e
garantendo, con la sua presenza, la forza numerica e la compattezza del
gruppo stesso e, quindi, in definitiva, il buon esito della protesta,
nelle sue forme estreme».
14 febbraio 2008