Succede, in una cascina alle porte di
Torino, che intere famiglie vengano sgomberate e arrestate per furto di
corrente. Avevano in fondo, anche loro, come tante altre, un problema
di carovita. Ma stiamo parlando di famiglie Rom, si capisce.
Succede poi, alle porte del carcere di Torino, che un carabiniere in
vena di quelle che per lui sono spiritosaggini, commenti: "Le carceri
scoppiano? Altro che indulto, bisognerebbe riaprire i forni". Si parla
ovviamente di Rom, quelli della cascina, si capisce.
Così come succede, nelle periferie di Torino, che alcuni giovani
tirino tardi la sera (e cosa tirino, non è difficile immaginarlo…) per
sprangare stranieri e… tossicodipendenti, e per incendiarli davvero
quei maledetti campi Rom. Fedeli interpreti del nostro tempo,
combattono la guerra civile tra poveri che tanto piace ai gendarmi
dell’ordine sociale, e tanto giova ai loro padroni.
Ogni tanto, succede anche che altri giovani si organizzino per
contestare i razzisti: nelle redazioni dei loro giornali, sotto un
gazebo al mercato, in partenza per un viaggetto organizzato. Alla
guerra civile tra poveri, preferiscono combattere adesso la guerra
sociale contro i responsabili del disastro in cui stiamo precipitando,
disposti anche a correre il remoto rischio di una rivoluzione, un
giorno…
Succede, una volta tanto, che la polizia faccia il suo dovere, e di
questi sfacciati antirazzisti cinque vengono denunciati, due vengono
arrestati e rilasciati con obbligo di firma quotidiana e uno si trova
tuttora detenuto in carcere. I razzisti, commossi, ringraziano.
Dice un mediocre sindaco: "Chi agisce e pensa così è indegno di far
parte di una comunità" ed è "contrario alle più elementari norme di
rispetto e civiltà". Così dice, e non si capisce di cosa stia parlando.
Scrive poi, un mediocre giudice della procura di Torino, che questi
giovani "dimostrano una totale influenzabilità e soggezione rispetto a
un malinterpretato senso di appartenenza, all’interno del quale si
inseriscono azioni delittuose". Così scrive il giudice, e non si
capisce di cosa stia parlando.
E scrive ancora, lo stesso giudice, che "un continuo contatto con le
forze dell’ordine può costituire un adeguato monito dal ricadere nel
reato". Così scrive il giudice, e non si capisce di cosa stia parlando.
Ma le sue carte, questo lo si capisce fin troppo bene, cominciano ad
accendere quei forni che tanto piacciono ai suoi gendarmi, e tanto
giovano ai suoi padroni.