Parma, corteo per Emmanuel [report+foto]

Parma, corteo per Emmanuel [report+foto]

Partecipato e
determinato l’appuntamento di lotta indetto dal Comitato Antirazzista a
seguito del pestaggio del giovane ghanese. Il nostro resoconto e le
fotografie
5 ottobre 2008 – nca Malabocca

 

Era stato annunciato
come un presidio statico nella centralissima piazza Garibaldi, invece
la buona partecipazione ha permesso che poco dopo le 17 di sabato
pomeriggio centinaia di dimostranti, in gran parte migranti, si
muovessero per il centro storico di Parma, al grido di "Basta razzismo"
e "Li-ber-tà".
Intorno alle 19 la manifestazione ha raggiunto il
Parco Primo Maggio (ex Eridania) dove lunedì 29 settembre Emmanuel è
stato fermato dalla Polizia Municipale, per poi essere malmenato e umiliato;
lì sarebbe dovuta terminare la giornata di lotta, ma la determinazione
di molti migranti ha fatto sì che, senza autorizzazione, si decidesse
di ripercorrere il percorso del corteo a ritroso, tornando a comunicare
nel centro cittadino.
Il microfono aperto, prima, dopo e durante il
corteo, ha permesso il susseguirsi di numerosi interventi, accomunati
dalla rabbia e dallo sdegno per l’incredibile vicenda del giovane
ghanese.
L’appuntamento, indetto dal Comitato Antirazzista – Parma ha visto l’adesione del Comitato Antifascista e per la Memoria Storica, del portale internet Parma Antifascista, del collettivo di studenti medi Punto24, dei sindacati Rdb-Cub e Usi-Ait, dei partiti comunisti.

Concentramento in Piazza Garibaldi -  -

incazzato ne(g)ro -  -

Concentramento in Piazza Garibaldi -  -

Partenza del corteo -  -

testa del corteo -  -

spezzone migrante -  -

corteo -  -

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SCONTRI TRA ANTIFASCISTI E CAMERATI A TERAMO PER CASAPOUND

TERAMO , 4 OTT – Quattordici persone arrestate e due denunciate per
rissa aggravata, tutte di età compresa tra i 25 e i 35 anni: è il
bilancio di uno scontro avvenuto la scorsa notte in pieno centro
storico a Teramo tra giovani di destra e aderenti a centri sociali e
gruppi ultras sedato dall’intervento congiunto di polizia e
Carabinieri. La rissa è scoppiata all’esterno di un bar dove si era
tenuta una festa di un gruppo di giovani, provenienti anche da altre
regioni, riunitisi per raccogliere adesioni al gruppo vicino all’area
dell’estrema destra di «Casa Pound». La riunione, autorizzata dalla
Questura, si era tenuta regolarmente senza incidenti, ma alla sua
conclusione un gruppo di giovani con i volti coperti armati di tubi
di ferro e borchie delle cinte dei pantaloni, ha aggredito i
partecipanti scatenando la rissa. L’intervento delle forze
dell’ordine, richiesto dai numerosi testimoni, ha permesso di sedare
gli incidenti e di individuare ed arrestare i partecipanti. Si tratta
di cinque teramani, già conosciuti per episodi analoghi, sette
pescaresi e due pugliesi di Manduria (Taranto)

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Torino – Antirazzisti in circoscrizione

Da qualche tempo a Torino compaiono scritte contro gli alpini che
presidiano le strade, distinguendosi in operazioni quali la multa ad un
anziano suonatore di fisarmonica, il fermo di qualche tossico male in
arnese, il controllo delle carte degli immigrati. I poveri, gli
stranieri, i fuori regola sono costantemente nel mirino. La chiamano
sicurezza, dimentichi che la sicurezza, quella vera, quella fatta di
una vita decorosa per tutti, viene ogni giorno negata a tanti, troppi.
Se la questione sociale diviene questione di ordine pubblico, i
militari, specialisti di ordine pubblico nelle feroci “operazioni
di polizia internazionale” diventano una leva ben più che
propagandistica per assediare sempre di più i nostri quartieri,
le nostre vite.
Qualcuno non ci sta e negli ultimi tempi si sono moltiplicati di segnali di resistenza alla presenza dei militari nelle strade.
Leghisti e fascisti, fomentatori dell’orrore quotidiano, hanno
invocato provvedimenti contro i writers antimilitaristi ed
antirazzisti, annunciando una interpellanza al consiglio della
circoscrizione 7.
Giovedì 2 ottobre era in programma la riunione del Consiglio
della settima Circoscrizione. Gli antirazzisti ed antimilitaristi non
potevano mancare.
Un gruppetto molto ordinato si è presentato nella sala del
consiglio in corso Vercelli 15 sedendosi in prima fila. Quando il leghista Zenga
ha preso la parola è parso il momento opportuno per segnalare la
propria presenza: tutti in piedi hanno aperto giubbotti e giacche
mostrando magliette bianche con ciascuno una lettera
dell’alfabeto che componeva la scritta “Alpini via!”.
Un antirazzista che sulla propria aveva tracciato il solito dito medio
offerto al ministro Maroni ha fatto un defilé tra i banchi. I
consiglieri hanno tentato di far finta di nulla, anche se un socialista
non ha resistito alla tentazione di fare una foto ricordo. Alla fine
uno di AN non è più riuscito a trattenersi ed è
filato fuori agitando il telefonino. Inutile chiedere chi stesse
chiamando. Gli antirazzisti hanno pensato che fosse venuto il momento
di abbandonare la trista compagnia e, dopo un defilé collettivo,
si sono allontanati indisturbati.
Quello di AN era ancora fuori con il suo telefonino. Nel frattempo
alcuni anonimi hanno tracciato sul marciapiede di fronte
all’ingresso della circoscrizione una scritta a lettere cubitali
“ALPINI MERDE!”.
Alla prossima.

L’iniziativa è stata discussa e condivisa all’interno dell’Assemblea Antirazzista di Torino.
La prossima riunione, aperta a tutti gli interessati, si
svolgerà martedì 7 ottobre alle 21 a Radio Blackout, in
via Cecchi 21.

Per info e contatti:
Per info:
assembleaantirazzistatorino@autistici.org

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Presidio di lunedì 6 ottobre al Tribunale di Milano

Image

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DIDALA GHIRARDUCCI: LETTERA APERTA A SPIKE LEE

Lettera aperta
al regista Spike Lee

Gentile regista, mi chiamo Didala Ghilarducci. Sono una vecchia
partigiana. Mio marito, Chittò, fu ucciso dai nazisti sui monti
versiliesi alcune settimane dopo la strage di Sant’Anna di Stazzema, in
quel terribile agosto del ’44. Mi sono risolta a scriverle
perché quello che leggo sui giornali a proposito del film che
lei sta girando mi fa sentire il cuore pesante come un macigno. Pare
infatti che nel film si avvalori la falsa tesi che la strage venga
compiuta a causa della ricerca di partigiani presenti in paese. E’ una
falsa tesi che i detrattori della Resistenza hanno sempre sostenuto per
dare ai partigiani la colpa di quella strage.Tutte queste voci che si
rincorrono sul contenuto delle scene girate a Sant’Anna, se possono
poco turbare lei, danno agli uomini ed alle donne della Resistenza
italiana una dolorosa inquietudine.So che lei è un grande
regista, so che nei sui film è riuscito sempre a raccontare
drammi, dolori ed oppressioni che ci hanno emozionato ed hanno fatto
crescere la coscienza civile anche qui in Europa. Di questo soprattutto
le sono grata. Ho lottato una vita per la democrazia, i diritti civili
e la libertà che non posso non trovarmi accanto a chi combatte e
denuncia ingiustizie e sopraffazioni.Proprio per questo vorrei essere
altrettanto brava da poterle non solo spiegare, ma farle sentire in
qualche modo, perché ogni finzione, ogni aggiustamento di quanto
avvenuto a Sant’Anna di Stazzema mi pare, ci pare, inaccettabile.
Quando le persone, una comunità, hanno vissuto un lutto
così profondo e traumatico, comprenderà che conservino
sul tema una sensibilità esasperata dal dolore che brucia ancora
la carne a distanza di sessant’anni. Nel raccontare la sua storia, una
storia importante non solo per il suo Paese, lei ha scelto di fermarsi
su quella piccola piazza davanti alla chiesa, a Sant’Anna. Una piazza
che io, come altri, ho visto nel suo orrore reale ed inenarrabile nel
’44. Il vento può aver portato tra i boschi e verso il mare la
cenere di quel rogo, ma l’angoscia, il pianto e il sangue restano
aggrumati là e resteranno là nel tempo e nelle nostre
coscienze di uomini e donne. Se lei, gentile regista, si
soffermerà in questo pensiero allora capirà come non sia
possibile in quella piazza raccontare un’altra morte. Non lo possiamo
fare per le vittime, non lo possiamo fare per quei ragazzi e quelle
ragazze della Resistenza rimasti sui monti insieme a loro a ricordarci
per sempre l’orrore della guerra e il prezzo altissimo della
libertà. Se togliamo loro la storia, allora li priviamo del
senso della loro morte. E questo non è possibile in quella
piazza. In un’altra ricostruita altrove, ma non lì. Non riesco
ad immaginare che per raccontare una storia di diritti e di persone si
finisca per sottrarre la propria storia ad altre vittime.Ecco, gentile
regista, le ho aperto il cuore nella speranza che in qualche modo da
lei possa giungere una risposta che ci faccia comprendere che il senso
del faticoso cammino di impegno civile, di riconciliazione che come
comunità e persone abbiamo ricercato e percorso in questi
sessant’anni, non sarà disperso.
Didala Ghilarducci

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Comunicato dei compagni denunciati per l’’iniziativa del 19 maggio 2007 contro Forza Nuova

Comunicato dei compagni denunciati per l’’iniziativa del 19 maggio 2007 contro Forza Nuova

 

 

Il
19 maggio del 2007, il partito neofascista Forza Nuova ha sfilato per
le vie del centro cittadino, protetto dalle forze dell’”ordine”.
Il presidio antifascista spontaneamente riunitosi per impedire la
triste parata è stato caricato dopo alcune ore e costretto ad
abbandonare piazza Verdi, luogo d’’arrivo della manifestazione di Forza
Nuova, ed a formare un piccolo corteo che ha percorso via XX Settembre.
Dopo alcuni mesi 15 antifascisti sono stati perquisiti nelle loro
abitazioni e denunciati per resistenza ed altri reati. Recentemente
sono state notificate loro 15 ingiunzioni di pagamento di duemila euro
circa come risarcimento per la mutua/infortunio di un poliziotto.
Noi denunciati, che per gran parte non abbiamo nemmeno accesso ala
mutua a causa dei nostri infami contratti di lavoro, ci rifiutiamo di
tirare fuori un solo centesimo.
Rivendichiamo il nostro ANTIFASCISMO e la nostra presenza quel giorno nelle vie della città.

Esprimiamo inoltre la nostra solidarietà ad Alessandro ed Alessio
che, dal 2 ottobre, saranno sotto processo per rapina (!) per aver
allontanato da un presidio nel quartiere di Bolzaneto un gruppetto di
giovani provocatori fascisti, uno dei quali avrebbe perso una catenina
di scarso valore.
L’’ANTIFASCISMO NON SI PROCESSA! ORA E SEMPRE RESISTENZA!

I compagni denunciati per l’’iniziativa del 19 maggio 2007 contro Forza Nuova

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RAZZISMO: SOMALA DENUDATA E UMILIATA A CIAMPINO

ROMA – Nuovi episodi di razzismo a Milano e a Fiumicino. Dopo il cinese picchiato da una gang
di minorenni in un quartiere popolare della capitale, una donna somala
di 51 anni, sposata con un italiano, ha denunciato di essere stata
"tenuta nuda per quattro ore all’aeroporto di Ciampino" dal personale
dello scalo che l’ha ingiuriata chiamandola negra.



A Sesto San Giovanni, nell’hinterland di Milano, sono comparse scritte
ingiuriose contro il ragazzino romeno che ha perso la vita, alcuni
giorni fa in un tragico incendio nell’ex area Falck. Le frasi ingiuriose sono state tracciate sui muri delle case di via Trento dove il giovane romeno è morto bruciato.

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Vicenza decide comunque. CRONACA, FOTO E VIDEO DEI 12000 DI IERI SERA!

:: Le foto di Chiara Spadaro ::

Una manifestazione senza precedenti con
dodicimila persone che, poche ore dopo la sentenza del Consiglio di
Stato, riempono il centro cittadino con migliaia di fiaccole. Vicenza
il 5 ottobre decide: il referendum si farà comunque.

Piazza dei Signori che rispende alla luce di migliaia
di fiaccole; un’immagine commovente, per chi ama Vicenza.
Dodicimila persone – «una manifestazione senza precedenti,
almeno diecimila in piazza», secondo Repubblica online –
hanno risposto in questo modo all’atto di arroganza e
autoritarismo del Consiglio di Stato.

Nel primo pomeriggio
era arrivata la notizia da Roma: il Consiglio di Stato ha bocciato il
referendum previsto per domenica 5 ottobre perché «ha per
oggetto un auspicio del Comune al momento irrealizzabile». La
democrazia annullata con una sentenza che non permette ai vicentini di
esprimersi sul futuro dell’aeroporto Dal Molin. A gioire subito
coloro che dell’imposizione hanno fatto la propria religione, con
il governatore del Veneto Giancarlo Galan in testa a dichiarare che
questa è la sconfitta di Vicenza. Ma nella città berica
non c’è rassegnazione, ma rabbia e indignazione; e, in
poche ore, il tam tam degli sms porta in piazza migliaia di persone,
come mai si era visto prima.

Perché questa manifestazione ha un qualcosa di
straordinario; di fronte all’arroganza di un Governo che mette in
campo tutti gli strumenti per calpestare la democrazia, i vicentini
continuano ad avere la forza di indignarsi. Ed ora che Vicenza è
tornata in piazza, dimostrando la sua vocazione maggioritaria contro la
nuova base statunitense, ad essere piccoli piccoli sono coloro che
questa consultazione hanno voluto farla annullare, ricorrendo prima al
Tar e poi all’amichevole Consiglio di Stato. Piccoli, nella loro
arroganza: perché la democrazia si può calpestare, ma
rinasce sempre; stupidi, nella loro ostinazione, perché il loro
voler impedire ai vicentini di costruire il proprio futuro li ha resi
insignificanti all’interno di una città che non ha alcuna
intenzione di accettare quest’imposizione.

In piazza c’erano le famiglie, e tutti i gruppi
che si oppongono al progetto statunitense; c’erano gli assessori,
e il Sindaco. C’era Vicenza, che domenica farà comunque la
propria consultazione popolare. A renderla possibile saranno centinaia
di volontari che raccoglieranno le schede nei gazebo di fronte ai
seggi. Vicenza, il 5 ottobre, decide. Alla faccia di chi vuol
schiacciare con l’autoritarismo la sua dignità.

Cronaca audio
La partenza del corteo.
-  [ audio ]
L’arrivo in P.zza dei Signori.
-  [ audio ]
Interventi dal palco.
-  [ audio ]
Intervento del sindaco Achille Variati.
-  [ audio ]


Migliaia di persone in corteo a Vicenza dopo la
bocciatura della consultazione sul Dal Molin da parte del Consiglio di
stato: con in testa il sindaco Achille Variati, la citta’ si
ribella e domenica autogestirà il voto.


Rassegna stampa
Piazza dei Signori con pochi vessilli ma tante famiglie
Ma il sindaco si ribella: «Voteremo lo stesso»
Se la democrazia diventa inutile di Ilvo Diamanti
Il Consiglio di Stato blocca il referendum: «È irrealizzabile»

Link
www.nodalmolin.it

 

 

COMUNICATO DIFFUSO DAL PRESIDIO PERMAMENTE NO DAL MOLIN 

 

 Piazza dei Signori che rispende alla luce di migliaia di fiaccole;
un’immagine commovente, per chi ama Vicenza. Dodicimila persone –
«una manifestazione senza precedenti, almeno diecimila in
piazza», secondo Repubblica online – hanno risposto in
questo modo all’atto di arroganza e autoritarismo del Consiglio di
Stato.

Nel primo pomeriggio era arrivata la notizia da Roma: il Consiglio di
Stato ha bocciato il referendum previsto per domenica 5 ottobre
perché «ha per oggetto un auspicio del Comune al momento
irrealizzabile». La democrazia annullata con una sentenza che non
permette ai vicentini di esprimersi sul futuro dell’aeroporto Dal
Molin. A gioire subito coloro che dell’imposizione hanno fatto la
propria religione, con il governatore del Veneto Giancarlo Galan in
testa a dichiarare che questa è la sconfitta di Vicenza. Ma
nella città berica non c’è rassegnazione, ma rabbia e
indignazione; e, in poche ore, il tam tam degli sms porta in piazza
migliaia di persone, come mai si era visto prima.

Perché questa manifestazione ha un qualcosa di straordinario; di
fronte all’arroganza di un Governo che mette in campo tutti gli
strumenti per calpestare la democrazia, i vicentini continuano ad avere
la forza di indignarsi. Ed ora che Vicenza è tornata in piazza,
dimostrando la sua vocazione maggioritaria contro la nuova base
statunitense, ad essere piccoli piccoli sono coloro che questa
consultazione hanno voluto farla annullare, ricorrendo prima al Tar e
poi all’amichevole Consiglio di Stato. Piccoli, nella loro arroganza:
perché la democrazia si può calpestare, ma rinasce
sempre; stupidi, nella loro ostinazione, perché il loro voler
impedire ai vicentini di costruire il proprio futuro li ha resi
insignificanti all’interno di una città che non ha alcuna
intenzione di accettare quest’imposizione.

In piazza c’erano le famiglie, e tutti i gruppi che si oppongono al
progetto statunitense; c’erano gli assessori, e il Sindaco. C’era
Vicenza, che domenica farà comunque la propria consultazione
popolare. A renderla possibile saranno centinaia di volontari che
raccoglieranno le schede nei gazebo di fronte ai seggi. Vicenza, il 5
ottobre, decide. Alla faccia di chi vuol schiacciare con
l’autoritarismo la sua dignità.

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Se la democrazia diventa inutile

Il Consiglio di Stato ha bocciato il referendum
indetto, domenica prossima, a Vicenza dall’amministrazione
comunale, per consultare i cittadini sull’uso dell’area
dove è prevista la costruzione di una nuova base Usa. Non una
consultazione deliberativa, perché si tratta di una scelta che
poggia su negoziati internazionali. Ma un modo per permettere alla
popolazione di esprimersi su una decisione che è destinata a
produrre effetti rilevanti sulla realtà locale: dal punto di
vista dell’ambiente, del territorio, della viabilità,
della sicurezza.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che si tratta di un
esercizio "inutile", perché si applica a un obiettivo
"irrealizzabile". E ha, per questo, bloccato l’iniziativa, tre
giorni prima dello svolgimento. Contraddicendo, così, il
pronunciamento del Tar, che, al contrario due settimane fa, aveva
considerato legittima la consultazione.

Così, Vicenza diventa un caso esemplare, nella
sua specificità. Una città dove lo Stato decide che i
cittadini non "devono" pronunciarsi, secondo procedure istituzionali,
perché, comunque, è stato già deciso. Peraltro,
è difficile che, in questo caso, si levino voci indignate, a
livello nazionale. (ad eccezione dei "soliti" esponenti della sinistra
radicale). Perché su questa materia l’accordo è
bipartisan.

La scelta della nuova base Usa nasce, cinque anni fa,
da un accordo informale fra Berlusconi e le autorità americane,
approvata dall’amministrazione di Vicenza del tempo e coltivata
in gran segreto per anni. Così, a doverla gestire è stato
il governo Prodi, che, dopo qualche resistenza e molte
perplessità, ha, infine, concesso la base agli Usa, nel gennaio
2007. In nome dei buoni rapporti con l’alleato più
influente, a livello internazionale. Dunque, destra, sinistra e centro
d’accordo. Senza se e senza ma. Cioè: senza ascoltare i
cittadini. Senza neppure preoccuparsi di vedere il luogo, il contesto,
le condizioni.

Nessun leader politico del centrodestra e del
centrosinistra che sia venuto a Vicenza a confrontarsi, a spiegare le
ragioni della scelta. Nessun ministro che, negli ultimi due anni, abbia
avuto il coraggio di avvicinarsi alla città, per timore di
venire fischiato e contestato. Oggi che i fischi e le contestazioni
fanno male all’immagine.

Solo il presidente Napolitano, di recente, si è
recato a Vicenza. E ha pronunciato parole prudenti ma, in fondo, sagge,
esortando affinché la difesa degli interessi locali avvenga nel
rispetto di quelli nazionali. Senza, però, negare il diritto dei
cittadini a esprimersi. Mentre il Consiglio di Stato ha decretato che
il referendum è inutile. La stessa posizione espressa, in modo
aperto, dal ministro La Russa. E dai leader di centrodestra. Dal
presidente della Regione, Galan. Senza che, peraltro, si siano levate
voci dissonanti dal centrosinistra. Né dal Pd né
dall’Idv di Antonio di Pietro. D’altra parte, lo stesso
Berlusconi, nelle scorse settimane, aveva inviato al sindaco di Vicenza
una lettera per invitarlo a desistere. Il referendum è inutile:
non fatelo. Tutti d’accordo, da sinistra a destra. Da Roma a
Venezia.

Qui, però, non si tratta più del merito:
la costruzione di una "nuova" base Usa (non dell’allargamento di
quella pre-esistente, come erroneamente si dice) alle porte della
città. Ma della possibilità dei cittadini di esprimersi
attraverso un referendum. (come ritiene giusto oltre il 60% dei
vicentini, interpellati in un sondaggio condotto da Demetra la
settimana scorsa).

Il Consiglio di Stato (come le principali forze
politiche nazionali) ha negato questa possibilità perché
"ha per oggetto un auspicio irrealizzabile… su cui si sono
pronunciate sfavorevolmente le autorità competenti". Sostenendo,
in questo modo, che l’utilità della democrazia si misura
solo a partire dal suo "rendimento" concreto; dall’efficacia dei
risultati. (Se così fosse, non si spiegherebbe perché,
per quanto faticosamente, regga ancora nel nostro paese).

Come se la democrazia fosse un utensile per realizzare
"prodotti" pubblici. Un sistema e un metodo per decidere, come
un’impresa qualsiasi (proprio oggi che il mercato non sembra
più di moda). Dimenticando che la democrazia ha valore in
sé. E’ un valore in sé. Le procedure mediante cui
si realizza "servono" come fonte di legittimazione perché
garantiscono riconoscimento alle istituzioni e consenso alle
autorità.

La democrazia "serve" perché istituzionalizza il
dissenso sociale, perché sostituisce la mediazione e la
partecipazione allo scontro. La democrazia diretta, peraltro, offre un
sostegno importante alla democrazia rappresentativa. Nel caso concreto,
la prospettiva del referendum ha incanalato i comitati e i movimenti
contrari alla base americana dentro alle logiche e alle regole del
confronto istituzionale. Ha istituzionalizzato il dissenso. Ha isolato
e estromesso le frange più estreme e le tentazioni violente.

Due anni di opposizione, manifestazioni e proteste su
un terreno così critico si sono svolte senza incidenti, senza
strappi. D’altronde, e non a caso, il movimento "No dal Molin" ha
partecipato alle elezioni comunali dello scorso aprile, dove ha eletto
una rappresentante. Accettando, così, il gioco della democrazia.
Trasferendo il confronto dalla piazza alle sedi istituzionali.
Sostituendo – e preferendo – la logica della rappresentanza a quella
dello scontro.

Per la stessa ragione, il referendum avrebbe offerto
all’amministrazione comunale e, in primo luogo, al sindaco
Variati uno strumento per "governare" il malessere e le tensioni
sociali. Perché, qualsiasi ne fosse stato l’esito, avrebbe
ottenuto una delega a "negoziare". Anche se non vi fosse stato nulla di
negoziabile – come accusa il Consiglio di Stato (la cui fiducia nel
potere della partecipazione, dunque, della democrazia "sostanziale"
appare assai fragile). In quel caso, avrebbe pagato lui, il sindaco,
insieme all’amministrazione il prezzo di aver generato
aspettative deluse. Ora, invece, la città si ritrova muta.
Costretta al silenzio. Perché si è sancito,
semplicemente, che, in alcuni casi, in questo caso, nel "suo" caso, la
"democrazia è inutile". Che la partecipazione non serve. Che
l’ascolto è un vizio. Che è meglio decidere
ignorando il dissenso. Dichiarando preventivamente "illegittima" la
semplice possibilità di farlo emergere.

Ma la democrazia ha una funzione terapeutica, prima che
pratica e strumentale. Serve a curare la frustrazione nei rapporti
sociali e politici. A evitare che degeneri.

Quando diventa inutile allora è lecito avere paura.

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CAMERATI NEL CALCIO, CRESCE L’ALLARME

Quel fascino per la camicia nera
che cresce nel mondo del calcio


Quel fascino per la camicia nera che cresce nel mondo del calcio

L’outing di Christian Abbiati, portiere del Milan fascista nel privato
e ora anche in pubblico, ha allargato praterie di potenziali
rivelazioni nel mondo del calcio italiano, da sempre silenziosamente a
destra. Quelle parole rimbalzate in tutta Europa – "del fascismo
condivido ideali come la patria, i valori della religione cattolica e
la capacità di assicurare l’ordine" – sono sottoscritte, oggi, da una
crescente platea di calciatori e dirigenti italiani.
La forza delle frasi rivelatrici
di un portiere che è abituale frequentatore dei leader di Cuore nero,
succursale dell’estremismo nero milanese e luogo di riferimento per gli
ultrà dell’Inter, più che nell’indicare il solito revisionismo pret a’
porter italiano che vuole un fascismo buono prima del ’38 ("rifiuto le
leggi razziali, l’alleanza con Hitler e l’ingresso in guerra", ha detto
Abbiati) segnala come anche i calciatori, notoriamente pavidi nelle
dichiarazioni, oggi comprendono che queste "verità" si possono
finalmente dire: il vento del 2008 non le rende più pericolose per le
loro carriere.

Sono diversi i campioni italiani che indossano numeri sinistri e
sventolano effigi del Ventennio per poi giustificarsi: "Non lo sapevo".
Il portiere Gianluigi Buffon, figlio di famiglia cattolica e impegnata,
è stato sorpreso in quattro atti scabrosi. La maglia con il numero 88
che rimandava al funesto "Heil Hitler" segnalata dalla comunità ebraica
romana, poi la canottiera vergata di suo pugno con il "Boia chi molla".
Nel 2006, durante le feste al Circo Massimo per la vittoria del
mondiale, si schierò – mani larghe su una balaustra – davanti allo
striscione "Fieri di essere italiani", croce celtica in basso a destra.
E i suoi tifosi, gli Arditi della Juventus, un mese fa a Bratislava gli
hanno ritmato "Camerata Buffon" ottenendo dal portiere un naturale
saluto. Quattro indizi, a questo punto, somigliano a una prova.

E’ da
annoverare tra i fascisti per caso il Fabio Cannavaro capitano della
nazionale che a Madrid sventolò un tricolore con un fascio littorio al
centro: "Non sono un nostalgico, ma non sono di sinistra", giura
adesso. Nel 1997, però, pubblicizzò in radio le prime colonie estive
Evita Peron, campi per adolescenti gestiti dalla destra radicale. Il
suo procuratore, Gaetano Fedele, assicura: "Un calciatore può essere
strumentalizzato inconsapevolmente".

Nella capitale si sta consumando un pericoloso contagio tra la curva
della Roma, egemonizzata dalla destra neofascista, e i giovani
calciatori romani. Daniele De Rossi, capitan futuro destinato a
sostituire Totti, è un simpatizzante di Forza Nuova. E l’altro
romanista da nazionale, Alberto Aquilani, colleziona busti del duce –
li regala uno zio – mostrando opinioni chiare sugli immigrati in
Italia: "Sono solo un problema".

Molti portieri la pensano come Abbiati, poi. L’ex Stefano Tacconi fu
coordinatore per la Lombardia del Nuovo Msi-Destra nazionale ed è stato
condannato per aver usato tesserini contraffatti giratigli dal
faccendiere nero Riccardo Sindoca. Matteo Sereni, figlio della
destrissima scuola Lazio, oggi che è portiere del Torino continua a
dormire con il busto di Mussolini sulla testiera del letto.

Il problema è che i calciatori navigano dentro un mare di ipocrisia che
consente di tenere "Faccetta nera" nella suoneria del cellulare senza
provare sensi di colpa. Questione di maestri. L’ex allenatore della
Lazio Papadopulo non si è mai preoccupato delle svastiche in curva
"perché in campo non vedo oltre la traversa". Spiega Gianluca Falsini,
difensore oggi al Padova: "Giocatori di sinistra ce ne sono pochi e la
nostalgia per il Ventennio ti viene per colpa dei politici
contemporanei". Già. Nel campionato 2007-2008 in campo sono raddoppiati
gli episodi di razzismo: sono stati sei. Mario Balotelli, stella
emergente dell’Inter, italiano di origini ghanesi, così racconta
l’ultima partita contro la Primavera dell’Ascoli: "Dall’inizio alla
fine mi hanno detto: "Non esistono neri italiani". Era lo slogan dei
fascisti, volevo uscire dal campo".

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