Torino – Scritte contro mostra sul carcere

fonte: Leggo [Torino] di Venerdì 12 Settembre 2008

“Vergogna avvoltoi” e “Fuoco a tutte le galere”. Queste le due grosse scritte, con accanto la A di anarchia e il simbolo delle occupazioni, che sono state tracciate nella notte sui muri esterni della fondazione Sandretto Re Rebaudengo di via Modane, che in questi giorni ospita la mostra “You Prison. Riflessione sulla limitazione dello spazio e della liberta”: si tratta di modelli utopistici di celle di reclusione concepiti da architetti internazionali. Il mondo antagonista a quanto pare non ha gradito.
Sull’episodio sono in corso le indagini della Digos che sta cercando di risalire ai responsabili. In una nota, la fondazione Sandretto rileva che «la mancanza di recinzione al giardino antistante alla Fondazione, ripetutamente chiesta al Comune, non consente di garantire l’adeguata sicurezza pubblica nelle ore notturne e di evitare atti dispregiativi e vandalici».

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Firenze – Infranta vetrina di una sede di Forza Italia

fonte: Ansa

La vetrina della sede di Forza Italia presa a sassate nella notte in Piazza Vettori. "Un grosso pezzo di asfalto è stato lanciato la scorsa notte contro una foto di Silvio Berlusconi affissa a una delle tre vetrine esterne della sede di Forza Italia di piazza Pier Vettori a Firenze. Il vetro non è andato in frantumi ma è visibilmente incrinato". Lo dice Tommaso Villa, coordinatore di Forza Italia Giovani a Firenze (Ansa)

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Bolzaneto, la morte della dignità:Storie dal massacro della democrazia

Bolzaneto, la morte della dignità Storie dal massacro della democrazia GENOVAL’85 per cento delle 252 vittime di Bolzaneto non andava neppure fermato. E chissà se i ragazzi torturati – che ci sia stata tortura lo dice la recente sentenza – sono stati ‘solo’ 252: dagli interrogatori e dalle interviste ne spuntano altri, finora sconosciuti. Arriva oggi in libreria "Bolzaneto. La mattanza della democrazia" (DeriveApprodi, pp. 256, euro 15), primo libro "vero" sul massacro nella caserma di Genova-Bolzaneto durante il G8 del 2001. Vero perché parte dalla sentenza del luglio scorso. Vero perché l’autore, Massimo Calandri di Repubblica, ha raccolto atti in gran parte inediti e ha aggiunto col suo lavoro, ricostruzioni, interviste e racconti. Una documentatissima prefazione di Giuseppe D’Avanzo rende perfettamente il clima e spiega i retroscena. Un lungo filo rosso per capire come mai, oggi, in Italia, possano esistere torturatori e torturati. (r. n.)

Ecco, di seguito, un estratto del secondo capitolo.

 

La torta al cioccolato
Quando mi hanno presa per un braccio. E’ in quel momento che tutto ha avuto inizio. Una mano mi ha afferrata forte, poco sotto la spalla. In realtà non ho sentito vero dolore. Cioè, niente che poi abbia lasciato lividi, o graffi, un qualche arrossamento della pelle. Nessun segno, davvero. Però una sensazione precisa e strana. Qualcosa di buio. Un male profondo. Come l’alito d’una bestia crudele. Come una scossa elettrica. Come una puntura velenosa. E’ cominciato esattamente allora, mi ricordo bene. Non un minuto prima. Non quando mi hanno legato le mani dietro la schiena. Neppure quando la poliziotta mi ha colpita con un pugno. Mi si è avvicinata e credevo sorridesse, ho pensato: finalmente, una donna. Lei capirà, mi porterà via. Invece le orecchie hanno cominciato a ronzare. Il sapore ferroso del sangue in bocca. Non è stato quando mi hanno portata via, in quell’auto senza sedili. La testa che sbatteva da una curva all’altra. L’aria che mancava. Ma non è stato allora. Posso giurarlo. Perché il male è arrivato dopo. Dopo, quando la macchina è arrivata a Bolzaneto. Dopo, quando mi hanno presa per un braccio.

Valérie Vie è stata la prima a violare la Zona Rossa. La prima ad essere arrestata. La prima a venire accompagnata nel carcere provvisorio genovese. Caserma Nino Bixio, Bolzaneto. Era in cucina, stava preparando una torta al cioccolato per i figli, guardava la televisione. Ha visto quelle grate assurde. E tre giorni più tardi, alle 15.30 di venerdì 20 luglio 2001, una mano l’afferra forte.

Qualcuno che mi prende, che mi trascina fuori dall’auto della polizia. Siamo arrivati, è chiaro. Attraverso i vetri ho intravisto un piazzale e quella che mi sembrava una piccola folla. Ero confusa, spaventata. Si è aperta la portiera. Quella sulla destra. E mi hanno afferrato. Era una splendida giornata di sole, il riverbero mi ha costretto a chiudere gli occhi. Non so quando sia durato, quanto dura di solito? Un paio di secondi. Uno, due. Buio. Luce. Intorno a me vedo solo uomini. Immobili. Come una folla dipinta in una piazza dipinta. In borghese, in divisa. Intorno alla macchina, sui gradini di un edificio poco lontano. Potrebbero essere cinquanta, o forse mille. Vorrei contarli ma non ci riesco. Mi guardano tutti, nessuno apre bocca. Non arrivano segnali e allora provo io a pensare, ad essere razionale. E quello che mi viene in mente è paradossale. Perché razionalmente vedo dei manichini. Quei guerrieri di terracotta cinesi, è chiaro di cosa sto parlando? Non umani. Senz’anima. E’ una situazione assurda, mi dico. E la cosa più assurda è proprio quel silenzio. E’ un film, è un palcoscenico, è una presa in giro? Perché quegli uomini mi guardano così? Scarto subito l’idea di essere diventata sorda.

Nelle orecchie mi è rimasta l’eco della portiera della macchina che si chiude. Vedo delle aiuole poco lontano, e con tutto quel sole per una frazione di secondo immagino di ascoltare le cicale. Magari il canto di un uccellino. Invece no. Solo il silenzio. Gli sguardi su di me. Manichini, statue. E quella mano che mi tiene stretta. Che si impadronisce di me. L’inquietudine arriva così, mi sembra di sentire addosso l’odore del pericolo. Io sento che sta per cominciare qualcosa di pericoloso.

Valérie non sa di essere il primo prigioniero del G8. Valérie non sa nulla. E’ un alieno, per tutti quegli agenti che l’attendevano. E che ora la scrutano, l’annusano. Sospettosi, ancora prudenti ma avidi di capire. Ci vorrebbe un bastone, per toccarla. Meglio una lunga canna. Per irretirla, ed osservarne la reazione. Come si fa con un animale sconosciuto. Con un nemico. I tre lunghi giorni di Bolzaneto stanno per cominciare.

La poliziotta e il suo collega, quelli che mi avevano portato fino lì, sembrano spariti. Forse la macchina è già andata via, io ormai sono entrata in un’altra galassia. E c’è questo agente grande e grosso. Che mi tiene forte. Che naturalmente non parla. Mi spinge in direzione di un edificio di fronte a me. La sensazione di paura sembra salire, e allora mi ripeto di stare calma. Adesso arriverà un ufficiale, recito mentalmente. Mi chiederà i documenti e gli spiegherò tutto. Speriamo sia una persona giovane, speriamo che capisca. Lo scoprirò subito, mi dico, me ne accorgerò dalla sua espressione. Ma capirà, ne sono certa. E fra dieci minuti sarò fuori di qui. Mezz’ora, al massimo.

***************

Ecco, è entrata. Ma nessuno le rivolge la parola. Nessuno rompe quel silenzio assurdo. Valérie adesso è in cella, il volto contro il muro.

E allora aspettiamo, dico. Forse dovranno parlare con quelli che mi hanno fermato, forse stanno cercando un interprete. O magari l’ufficiale sta riposando. Con questo caldo… Sicuro, dev’essere così: stava riposando. Ora hanno bussato alla sua stanza, lui si riveste e scende. Scende fino alla cella, mi stringe la mano e mi chiede: cosa è successo, madame?
Passano i minuti. Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Sono così immersa nei miei pensieri. Così immersa, distante. Rifletto su quanto sia grottesca questa situazione. Perché la ragione ancora prevale. Sono così immersa – dico – che neppure mi accorgo che nella cella adesso c’è un’altra persona. E’ una ragazza. Giovane, meno di trent’anni. Bionda, forse tedesca. Mi dà le spalle. Sembra sussultare. Ma cosa fa, piange? Piange, singhiozza. Provo a comunicare in inglese, che ti è successo? Appoggia la fronte al muro, e piange.

Non fare così, non siamo nel Medioevo. Trema. Avanti, staccati da quel muro, va tutto bene. Va tutto bene, non avere paura. No. No, mi risponde. Non va tutto bene. Lasciami così, ti supplico. Mi hanno ordinato di stare così. Faccia contro il muro, gambe divaricate, faccia contro il muro. Ti hanno ordinato? E fai attenzione, bisbiglia: mettiti così anche tu, altrimenti saranno guai. Vorrei rispondere a questa ragazza, vorrei spiegarle che non c’è motivo di preoccuparsi.

Vorrei prometterle che non siamo in pericolo, vorrei abbracciarla. Ma non muovo un muscolo. Ma non mi esce una sola parola di bocca. Anche io, adesso, sto in silenzio. Paralizzata. Perché temo di aver compreso. Perché adesso sono consapevole che la situazione è molto più grave di quanto avessi immaginato. Perché qualche minuto dopo arriva e mi prende, senza nessun motivo. Il terrore.

***********

Da dove dovrei cominciare? Dalla stretta al braccio, d’accordo. Perché quello è l’inizio di tutto. Ma dopo, dico. Devo raccontare le manganellate. Oppure gli schiaffi, i calci. L’umiliazione di spogliarsi davanti a uomini e donne che ridono di te. Che ti guardano, che scrutano ogni centimetro del tuo corpo, che ti penetrano con i loro occhi. Tu sei nuda, e ti senti così fragile. Sola. E tutto intorno a te è sporco, corrotto, nero. Appoggi i piedi sul pavimento e ti fa schifo, ti spingono da una parte all’altra e ti fa schifo, ti ticono alza braccia, e girati, e allarga le gambe, e accucciati e ti fa schifo. Vorresti solo gettarti a terra, perdere conoscenza. Dormire. E scoprire che era tutto un sogno. Forse potrei parlare di uno, che era finito lì dentro solo per essere identificato. Voleva il suo nome, tutto qui. L’hanno picchiato, l’hanno umiliato. E poi: scusa tanto, è tutto a posto. Puoi andare. Quella è l’uscita. E lui è andato fuori, e non sapeva che fare.

Era buio, non c’erano indicazioni. E’ tornato indietro. Gli hanno detto: tranquillo, vai a destra e cammina per un paio di chilometri. Troverai il centro. Naturalmente, era dall’altra parte che doveva andare. O devo dire del sangue, di ragazzi grandi e grossi che piangono e tremano, che obbediscono terrorizzati – come automi – ad ogni ordine. Della notte passata abbracciati, a darci un po’ di coraggio. E quei mostri che trascinano i loro caschi contro le sbarre delle celle, o s’affacciano all’improvviso alla finestra e cominciano ad urlare. A fare versi di animali. A grugnire come maiali. E a ridere.

***********

No, forse è meglio tornare ancora indietro. Scappare via con l’orologio del tempo. Facciamo che siamo ancora all’inizio del pomeriggio di venerdì. Che non mi hanno portato a Bolzaneto. Che sono in piazza Dante, insieme ai francesi di Attac e a centinaia di persone che protestano. Davanti a noi, quelle stupide grate.

L’obiettivo lo sapete. Volevamo ritrovarci, e dire che un altro mondo è possibile. Volevamo entrare, oltre la Zona Rossa, volevamo spiegare a tutti i politici che non è vero quello che dicono. Non è vero che non ci sono alternative. Perché loro si giustificano così: purtroppo non possiamo fare altro, amici, compagni, sarebbe bello cambiare – siamo tutti d’accordo, miei cari: chi non vorrebbe un mondo migliore – ma disgraziatamente non ci sono alternative. Invece no.

Si può cambiare, eccome. E loro lo sanno benissimo. Dunque, volevamo entrare. Abbiamo cominciato a spingere, a spingere. Come è successo che sono stata la prima? Beh, è abbastanza semplice da raccontare. Avete presente un barattolo di quelli sotto vuoto? Marmellata, verdure sott’olio, conserva di pomodoro.

Fa lo stesso. Allora: c’è questo barattolo, e naturalmente non si apre. Chiami tuo marito, che prova a svitarlo. Non ce la fa, s’arrabbia. Chiede uno straccio da avvolgere, perché scivola. Ci riprova. Bestemmia. Niente da fare. Arriva un altro uomo. Il nonno. Svita, svita. Niente. Ma dove ce l’hai la forza, ma lascia fare a me, ma passami questo barattolo. Arriva il figlio maggiore, il fratello. Insomma. Uomini, uomini, uomini. Quando il più intelligente di loro – sconfitto, esasperato – propone di prendere le pinze o peggio ancora un martello, sai che tocca a te. Che ci devi riprovare tu. E il barattolo – tlac! – magicamente si apre. Bastava ancora una piccola pressione. Ecco, quel pomeriggio è andata così. Che hanno spinto in quattrocento per più di un’ora. E ad un certo mi sono trovata lì, davanti a tutti. Ho appoggiato le mani e la grata di è aperta. Tlac. Come un barattolo di marmellata.

*************

A Bolzaneto sono arrivata venerdì pomeriggio. Me ne sono andata domenica notte. Mi hanno fatto male. Male dentro. E perché? Perché avevo fatto un passo in avanti, a braccia alzate. Ho visto un ragazzo per terra in un corridoio. Privo di conoscenza. Era a faccia in giù, in una posizione così innaturale – come disarticolato – che ho pensato: questo è ubriaco fradicio. Lo so che è una sciocchezza, però ho pensato che fosse sbronzo. E poi ho scorto il sangue che gli usciva dalle orecchie. Fuori dalla cella ne ho visto pestare uno di brutto. Pugni, calci, bastonate.

Sembrava un fantoccio, ad un certo punto ha smesso persino di provare a ripararsi dai colpi con le braccia. Uno dei poliziotti ha ‘sentitò che qualcuno li stava osservando. Ha alzato lo sguardo, ha incrociato il mio. E’ entrato in cella come una furia, mi ha preso per il collo, mi ha sbattutto con la faccia al muro. ‘Ti ho detto che devi stare ferma!’, ha ringhiato. Ho pianto. Ho pianto perché avevo vergogna di me stessa. Perché quando sono entrata in quella prigione ho guardato con stupore quella ragazza che mi diceva di stare zitta e buona. L’ho giudicata. Qui non siamo nel Medioevo, tu sei un essere umano, dov’è la tua dignità? Ma mezz’ora più tardi ero come lei. Stavo zitta, e pensavo solo a sopravvivere. E questo è il male più grande che mi hanno fatto, perché quel rimorso me lo porto dentro. Ce lo portiamo dentro tutti.

************

Dove ero rimasta? La griglia che si apre di mezzo metro. Giusto lo spazio per infilarmi. Diciamo che è stato come essere a teatro. Le tende che si aprono, il palcoscenico. S’accendono le luci. Tutti hanno fatto un passo indietro, ma qualcuno doveva entrare in scena. E’ toccato a me. Ho pensato che avevamo vinto. Che bastava fare ancora un piccolo passo per smascherare questa parodia. Ho capito che era l’istante da vivere. E’ stato come quando vedi dei bambini che attraversano la strada. E tu fai un passo in avanti, istintivamente.

Ero a fianco di Joseph Bové, dietro di me c’era una delle madri di Plaza de Mayo. Ho fatto un passo ed ero felice. Nell’altro mondo. Nella Zona Rossa. Non so quanto tempo sia passato. Qualche secondo, credo. Sono arrivati degli uomini in divisa, con i caschi e le maschere anti-gas. Mi hanno portato lontano, io ho alzato le braccia perché tutti mi vedessero. Perché tutti mi seguissero. E’ fatta, mi sono detta. Adesso anche gli altri entreranno da nuovi varchi. Adesso gli abbiamo dimostrato come erano ridicoli, con queste barriere, con le loro assurde gabbie. Adesso ci riceveranno i rappresentanti degli Otto. Parleremo, parleremo, parleremo. Capiranno l’assurdità di questo isolamento. Adesso succederà tutto questo. Invece no.

E’ alta, sottile, ha modi gentili e pacati. Valérie avuto un’infanzia difficile, dice. Oggi ha quarant’anni, tre figli. Vive non lontano da Avignone, fa la giornalista. Nella sua famiglia ci sono stati molti poliziotti, conosce bene i meccanismi di chi veste la divisa.

Me ne ricordo uno, a Bolzaneto. Credo sia quello che ha avuto la condanna più pesante. Aveva una faccia da brav’uomo. Gli occhi chiari, lo sguardo fermo. Robusto, calvo. Sapeva un po’ di francese. Uno con cui si potrebbe parlare a lungo. Ma lontano da quella caserma. Là dentro mi ha preso il passaporto, lo ha sfogliato. Mi ha mostrato le fotografie dei bambini. ‘Li vuoi davvero rivedere? Allora firma questo verbale.

Altrimenti gli puoi dire addio’. Così mi ha detto, quel brav’uomo. Voleva farcela pagare, ecco. Non mi chiedete perché. Voleva punirci. Lui, gli altri. Dicevano: i ‘rossì li trattiamo così, in Italia. Chiedevi un avvocato e si mettevano a ridere. ‘Devi firmare’, mi diceva. Con quegli occhi dolci. Quel sorriso paterno.

Non lo sapevo di essere la sola, dentro la Zona Rossa. Non lo sapevo che avevano subito chiuso il varco, che li avevano ricacciati indietro. Non lo sapevo che mi avrebbero portato a Bolzaneto. Non lo sapevo ed ero tranquilla. Anche se mi guardavano male, anche se mi spintonavano lontano da lì. Mi hanno consegnato a degli agenti in borghese, poi è arrivata quella strana macchina. E la poliziotta. Che mi ha tirato un bel pugno in bocca, senza motivo. Mi hanno legato le mani dietro la schiena, e sono finita in macchina, Una strana vettura, senza sedili, con dei vetri scuri. Avevo la sensazione di soffocare, ma un secondo agente, quello che si è messo al volante, mi ha fatto segno che sul pavimento c’erano dei buchi per l’aria. Abbiamo attraversato la città, ho scorto il centro storico e il porto di Genova. Mi sono commossa, mi è sembrata una città bellissima e ho pensato come sarebbe stato bello venirci per un gita. Forse era esattamente questo, che i poliziotti avrebbero voluto dirmi: qui non ci dovevi venire, per manifestare. Sei venuto, e ora ti meriti tutto ciò. La prossima volta vieni per visitare la città, sarà meglio.

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Vecchie identità

Le
inaccettabili distinzioni del sindaco Alemanno hanno (ri)aperto le
"danze della riabilitazione" del fascismo, in una partita cominciata
non ieri e che vede come protagonisti non solo personaggi prodotti dal
Movimento Sociale Italiano e dintorni. Il ministro La Russa ha
rincarato la dose, "rendendo onore" ai combattenti della Repubblica di
Salò l’8 settembre, anniversario dell’armistizio, ma soprattutto
pietra miliare che ha segnato la disfatta del regime mussoliniano e
l’inizio di un percorso resistenziale che ha portato alla Liberazione.
A riguardo, pubblichiamo un contributo della redazione di Informazione
Antifascista, rivista che ha ripreso le pubblicazioni e che si prepara
ad uscire con un nuovo numero ai primi di ottobre.

 
Fascista
ero e fascista rimango. Questo è il sunto delle dichiarazioni di
La Russa che, proprio l’8 settembre – anniversario dell’armistizio e
dell’inizio della Resistenza organizzata in bande – ha ricordato e
lodato la Repubblica Sociale e i suoi combattenti.
 

Una
provocazione? Certamente qualcosa di più. L’operazione di La
Russa è stata quella di rivendicare, per un’intera classe
politica cresciuta nell’ombra di Almirante prima e di Fini poi, un
percorso chiaro. Quello che unisce gli orrori del vecchio fascismo, gli
eccidi, la continuità col nazismo, con il Movimento Sociale
Italiano e le formazioni della destra extraparlamentare – responsabili
delle stragi di stato – al dopo Fiuggi. Quest’ultima è stata
un’azione di restyling, di facciata che di fatto ha confermato
l’impianto teorico e politico, l’essenza del vecchio fascismo in un
nuovo doppiopetto. 

A
La Russa fa eco Alemanno sulle leggi razziali, ponendo un distinguo
assurdo tra fascismo e razzismo, giustificando le "leggi razziali"
perché non avevano, secondo il sindaco di Roma, finalità
di cancellare dalla faccia della terra un’intera razza. Ancora una
volta, sulla questione della storia si giocano le partite importanti
del presente. Ciò vuol dire che le affermazioni del ministro
della Difesa, con un passato da picchiatore sambabilino e continuo al
terrorismo neofascista, non sono casuali e si collocano nel più
ampio fenomeno del revisionismo storico. L’obbiettivo, ancora una
volta, è quello di restituire un’agibilità politica al
fascismo; sdoganando idee e metodi. Ma anche di rivendicare un
presente, un’identità politica che non rinnega assolutamente il
fascismo.

Seguendo questo
ragionamento la storia diventa dunque un punto di vista, soggettivo,
dove i massacratori e i massacrati si cambiano reciprocamente i ruoli,
dove fucilazioni e violenze vengono giustificate per una fantomatica
ricerca della "libertà", in una dinamica di totale apertura
verso qualsiasi idea, qualsiasi posizione. Comprese quelle neofasciste
e neonaziste. Non sono solo i Pansa di turno a richiedere
l’equiparazione delle due posizioni – dei partigiani e dei
repubblichini – ma anche ampi settori dell’ex centro-sinistra. Infatti
è stato proprio Violante, già nel ’96 – nel suo discorso
di insediamento alla Presidenza della Camera – a chiedere di "capire i
motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando
tutto era perduto, si schierarono
dalla parte di Salò". Atteggiamento che non ha fatto che
svilire, per l’ennesima volta, la Resistenza e i significati della
Liberazione. 

Va invece
detto che la storia è una. Non esistono ambivalenze e che le
pacificazioni, provenienti da qualsiasi parte politica, non fanno che
umiliare e dimenticare le vicende e le sofferenze di migliaia di
persone che hanno pagato in prima persona l’orrore di Salò e del
nazismo. Oltre che screditare gli ideali della Resistenza. Quest’ultima
– ed in particolare quella comunista – non avrebbe avuto dubbio a
confermare che nella nuova Italia, quella che sarebbe dovuta nascere
dalla Liberazione, non ci sarebbe stato spazio per i repubblichini e,
più in generale, per il fascismo. Essere continuatori della
resistenza significa, in primis, condividere questa posizione e agire –
sia sul terreno storico che nelle strade e nelle piazze – perché
ogni apertura a destra, al neo-fascismo, venga comunque e sempre
impedita.

a cura della redazione di InfoAntifa

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Emergency, i volontari a Riccione per la sanità basata sui diritti

Emergency, i volontari a Riccione per la sanità basata sui diritti
RICCIONE
– Tre giorni a parlare di guerra e diritti umani, senza slogan e
propaganda. Ma con l’impegno a trovare le parole giuste e soprattutto
le informazioni reali su quello che Emergency
realizza concretamente nei vari progetti avviati nei paesi in
difficoltà. Da oggi, a Riccione, si ritrovano i volontari che
hanno deciso di seguire Gino Strada nella difficile quanto meritoria
battaglia per i diritti alla salute e alle cure. Sono più di
mille, un quarto del numero complessivo, pronti a pagarsi viaggio e
soggiorno, per ascoltare dalla voce dei protagonisti cosa voglia dire
tentare di aprire un ospedale ostetrico in Nicaragua o un centro
pediatrico in Sierra Leone. "A Riccione – annuncia Gino Strada –
lanceremo anche un manifesto firmato da molti paesi africani su come
impostare la medicina sul fronte dell’uguaglianza, della qualità
e della responsabilità sociale".

Hanno un compito importante, i volontari, che riguarda non tanto
l’impegno concreto nei luoghi di assistenza e cura, ma il lavoro di
informazione presso enti, scuole, aziende, fondazioni, punti di
aggregazione. Dalla loro capacità di spiegare l’entità e
gli obiettivi realizzati dei progetti dipende poi anche la
possibilità di finanziamento che per Emergency è
fondamentale nel portare avanti le iniziative. "Chi ci fornisce fondi –
spiega il vicepresidente di Emergency Carlo Garbagnati – deve avere la
certezza della nostra serietà e sapere dove vengono impiegate le
donazioni".

Ecco perché i volontari sono i primi "testimonial" del lavoro
fatto, potendo far conoscere all’esterno i risultati dei progetti. "Sul
piano delle risorse siamo sempre con l’acqua alla gola", ammette Gino
Strada che si appresta a festeggiare i 15 anni dell’associazione.

A Riccione ci sarà la possibilità di incontrare coloro
che sono attualmente impegnati in Afghanistan, Cambogia, Iraq,
Repubblica Centrafricana, Sri Lanka, Sudan. Nella sala del nuovo
PalaRiccione recentemente inaugurato, stasera si ritroveranno Gino
Strada e Howard Zinn (storico americano, pacifista convinto dopo aver
combattuto in guerra) a discutere di come i diritti umani vengano
calpestati durante i conflitti. Domani invece ci saranno ministri e
governatori di paesi "difficili" come il Sudan, la Repubblica
Centrafricana e la Sierra Leone a confrontarsi sul "diritto alla
salute, il dovere di cura", riconoscendo in Emergency l’unico vero
aiuto in paesi dove il rispetto per la persona è quasi sempre
dimenticato.

La tre giorni serve anche a informare sui nuovi progetti che riguardano
un ospedale ostetrico e di neonatologia in Nicaragua per aiutare le
mamme in gran parte minorenni e poverissime, la clinica dei bambini in
Repubblica Centrafricana e un centro di assistenza pediatrica a
Khartoum. Senza tralasciare ovviamente l’intervento in Afghanistan a
favore dei feriti di guerra e di pace, in Iraq con il centro di
riabilitazione dei mutilati, e in Sudan nel campo profughi di Mayo.

Ci sarà spazio anche per momenti di ironia e spettacolo con
Serena Dandini e Dario Vergassola che, insieme a Lillo, Elio delle
Storie Tese e Vauro, domani improvviseranno una parodia semiseria di
"Parla con me" trasformata in "Parla con Emergency".

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Pesaro: cinque ragazzi aggrediti in un raid naziskin


Colpiti con bottiglie e spranghe di ferro
Altro raid a Vismara, due all’ospedale

Un gruppo di picchiatori di ispirazione naziskin (uno di loro aveva la
testa rasata, gli altri portavano il casco), ha aggredito l’altra
sera intorno alle 22, cinque o sei ragazzi del quartiere seduti nelle
panchine. Indagini della Digos

Pesaro, 8 settembre 2008 – Sono tornati in via Basento. Avevano
spranghe di ferro e calzavano anfibi. Tutti erano vestiti di nero. Un
gruppo di picchiatori di ispirazione naziskin (uno di loro aveva la
testa rasata, gli altri portavano il casco), ha aggredito l’altra
sera intorno alle 22 davanti alla Circoscrizione di Vismara, cinque o
sei ragazzi del quartiere seduti nelle panchine.

Due di loro, una coppia di fidanzati, sono stati portati in ospedale
dopo esser stati colpiti ad una mano e in faccia. Gli altri amici hanno
evitato le botte riparandosi come potevano. Prima di andarsene, gli
aggressori hanno preso la borsetta della ragazza, un marsupio e uno
zainetto. C’erano soldi, cellulari, documenti e chiavi di casa.

Racconta un ragazzo sui vent’anni, occhiali neri Ray Ban,
infradito, pantaloncini bianchi: ”Io c’ero. Sono arrivati da
dietro. Ci hanno urlato bastardi, merde, feccia, e hanno cominciato a
tirare bottiglie contro di noi. Una ha colpito la nostra amica. Chi
urlava, chi fuggiva, chi correva a chiamare aiuto, ma loro continuavano
a insultare e usare le spranghe di ferro. Poi non ho più visto,
ma si metteva male. Siamo andati a chiamare un centinaio di persone che
stavano cenando”.

La polizia è arrivata in forze oltre all’ambulanza per
portare in ospedale i due fidanzatini. Tutti i ragazzi non superano i
23 anni. Ieri, erano tutti lì, davanti al murales che
rappresenta la circoscrizione. ”Ma cosa vogliono da noi queste persone
che la polizia conosce bene? Cosa? Sono di destra, e chi se ne frega.
Noi non facciamo politica, qui la pensiamo uno il contrario
dell’altro, non siamo iscritti a partiti, non ci hanno mai visto
nelle piazze a sfilare sotto una bandiera. E allora perché
continuano ad aggredire e prima a provocare? Alla fine di agosto,
racconta Enrico, sono venuti qui a imbrattare il murales con le
svastiche e le croci uncinate. Nella bacheca qui davanti hanno scritto
‘zona nera’ . Perché sono venuti qui a provocare?”

Ma poi siete andati voi a cercarli. ”Volevamo solo sapere chi aveva
sporcato il nostro murales con le svastiche? Poi la discussione si
è accesa e qualcuno è finito in ospedale. Ma noi volevamo
solo sapere perché avevano disegnato le svastiche nel nostro
quartiere? La polizia ha già chiamato una quarantina di ragazzi
per sapere come è andata in quell’occasione. Ma adesso noi
siamo stati aggrediti”. Partito l’allarme, sono arrivate a
Vismara tre auto della polizia oltre ad agenti della Digos.

Tutti i ragazzi aggrediti sono stati sentiti. ”Noi siamo convinti che
non vogliono fermare questi picchiatori. Li conoscono uno a uno,
c’è sempre quella Fiat Punto nera che arriva sul posto
dove ci scappa la rissa, ma nessuno fa nulla”. Un paio d’ore
dopo l’aggressione, la Digos ha identificato in un locale di
Misano Adriatico, tre o quattro ragazzi dalle teste rasate. Li hanno
portati fuori e interrogati.

Difficile capire se sono gli stessi del raid punitivo di Vismara.
Dovrebbero essere riconosciuti dai ragazzi aggrediti, ma questi dicono:
”Noi non siamo in grado di riconoscerli. Avevano tutti il casco
eccetto uno, ma comunque erano coperti fino agli occhi con dei
fazzoletti. Lo abbiamo detto anche alla polizia, come facciamo a
riconoscerli? Ma adesso noi abbiamo paura, possono tornare come e
quando vogliono e prenderci a randellate o peggio per poi fuggire.
Speriamo che sia finita qui ma non ce la sentiamo di dire i nostri nomi
o farci vedere in faccia. Rischieremmo di ritrovarceli sotto casa e le
conseguenze sarebbero facili da immaginare”.

Se la polizia sta rispondendo, dopo una serie di aggressioni avvenute
anche a Fano, che la situazione non è preoccupante ed è
tenuta sotto controllo. Il consigliere di circoscrizione di An Roberto
Biagiotti, dice: ”Penso che sia ora di smetterla con queste lotte tra
poveri, penso che sia meglio educare i ragazzi a crearsi un futuro
piuttosto che perdersi dietro a ideologie sciocche e passate. Io faccio
politica da un po’ di tempo, e non ho mai avuto nemici davanti ma
sempre e solo avversari con i quali mi confronto col dovuto rispetto”.

Roberto Damiani


Da
Il Messaggero

Lunedì 08 Settembre 2008

PESARO Ancora uno scontro tra naziskin e giovani di sinistra. Lo scorso
27 agosto erano stati cinque di estrema destra ad essere assaliti da
una ventina di sinistra: una probabile ritorsione per le svastiche e le
croci celtiche con cui, la sera prima, era stato imbrattato il centro
sociale di Vismara. E sabato sera, puntuale, un altro raid ma di
matrice opposta.
Il raid è avvenuto verso le 23.45 nei giardini dietro la sede
della quinta circoscrizione a Vismara, in via Basento. Cinque ragazzi,
abituali frequentatori del centro sociale, si sono visti piombare
addosso sei giovani, con caschi da motociclista, spranghe e catene. Il
blitz è durato pochissimo: il tempo di colpire, poi sono
risaliti in auto e sono scappati. Due dei cinque aggrediti sono finiti
al Pronto soccorso per farsi medicare: tra loro anche una ragazza che
è stata ferita alla testa da una bottigliata. Per fortuna niente
di grave, ma la paura è stata tanta. Sul posto, poi, è
intervenuta una Volante della polizia, ma le ricerche non hanno dato
finora alcun esito. C’è un collegamento con i precedenti
episodi? Non è da escludere anche se, per quanto riguarda gli
autori materiali, l’avvocato Gianluca Esposito nega che siano gli
stessi ragazzi aggrediti il 27 agosto: «I miei assistiti
risultano assolutamente estranei – spiega Esposito – Le loro posizioni
sono già state adeguatamente vagliate nella notte dalle forze di
polizia, che li ha peraltro contattati, nell’immediatezza dei fatti,
fuori Pesaro. Tuttavia, essi e le loro famiglie esprimono biasimo e
condanna per il grave episodio di violenza. Biasimo e condanna che
francamente sono mancati all’epoca dei fatti che li hanno
riguardati».
«C’è una vera e propria escalation – avverte
preoccupato Mauro Annoni, responsabile provinciale della Rete
antifascista – Il problema esiste, anche se molti si ostinano a
negarlo: sarebbe bene, invece, riconoscere che il problema
c’è e cominciare ad affrontarlo. Come? Per me è
soprattutto un problema culturale, bisogna che i ragazzi ne parlino nei
collettivi studenteschi ma anche la scuola dovrebbe fare la sua parte,
insegnando la cultura della tolleranza». Preoccupato anche
Giuseppe Scherpiani, presidente dell’Associazione nazionale
partigiani: «Mai, dalla Liberazione ad oggi, ricordo a Pesaro un
clima del genere, con aggressioni da parte di giovani di estrema
destra. Gli stessi centri sociali si sono sempre mantenuti entro i
confini delle legalità. Ora invece, all’improvviso,
assistiamo a questi fenomeni. Chiediamo che i responsabili vengano
subito individuati».


Da Corriere Adriatico

Preso di mira chi aveva i capelli lunghi
Lievi conseguenze
L’ipotesi di una ritorsione
Alcuni coetanei armati di spranghe sono arrivati in via Basento a bordo di una Fiat Punto nera
Sei giovani aggrediti nei giardini di Vismara

Pesaro – La guerra tra bande prosegue. Sabato un’altra
aggressione. Protagonisti, probabilmente, gruppi di giovani con idee
politiche opposte. Intorno alle 23 sei ragazzi sono stati aggrediti nei
giardini di via Basento (foto), a pochi metri dalla sede della V
Circoscrizione – imbrattata una settimana fa da simboli neonazisti – da
un gruppo di quattro-cinque persone armate di spranghe che hanno agito
a volto coperto fuggendo poi a bordo di una Punto nera. Il fatto che
siano stati presi di mira e feriti solo due dei sei ragazzi nel
giardinetto di via Basento e in particolare quelli con capelli rasta,
sembra l’autografo sulla natura dell’agguato. Di certo
premeditato.

La Punto nera era stata avvistata nel tardo pomeriggio mentre faceva
dei giri attorno al parco. Una vera e propria spedizione punitiva.
Rapida e improvvisa. Molto simile a quella messa in atto a fine agosto
da un gruppo di venti giovani di sinistra contro un cinque ragazzi
sotto l’abitazione di uno di questi, in via Ciro Menotti. Il
legale degli aggrediti allora aveva escluso ogni collegamento con
formazioni politiche organizzate di estrema destra. L’aggressione
di Pantano, avvenuta poche ore dopo il raid di scritte neonaziste sul
murales della V Circoscrizione di Vismara, era stata interpretata come
una rivendicazione delle bande di sinistra contro quelle responsabili
delle scritte vandaliche.

E l’impressione è che anche l’aggressione di sabato
sera a Vismara, ai danni dei ragazzi della Circoscrizione, possa
assumere i toni di una ritorsione ai fatti di Pantano.

Sul posto sabato notte a Vismara sono arrivate quattro pattuglie della
Squadra Volante della polizia che ha avviato le prime indagini per
identificare i colpevoli dell’aggressione. Uno dei ragazzi
aggrediti ha sporto denuncia perchè derubato del portafoglio e
dei documenti da uno degli aggressori.

Il fatto poteva avere conseguenza anche più gravi visto che a
pochi metri dal luogo del fatto, si stava svolgendo la festa del
Vismara calcio a cui avevano preso parte decine e decine di giovani

Intanto il legale, Gianluca Sposito che difende i cinque ragazzi
aggrediti a fine agosto a Pantano perchè scambiati per naziskin,
fa sapere la totale estraneità nei fatti di sabato notte a
Vismara dei suoi assistiti.

“I ragazzi che difendo e che sono stati aggrediti dalla banda di
venti giovani probabilmente di sinistra a fine agosto a Pantano – dice
l’avvocato – sono completamente estranei ai fatti di via Basento
dell’altra notte. Non erano nemmeno a Pesaro sabato sera. Come
ben sa la polizia che li ha contattati nell’immediatezza dei
fatti. E non c’entrano nulla con questi episodi che loro stessi
hanno definito assurdi e inammissibili. Essi e le loro famiglie
esprimono biasimo e condanna per il grave episodio di violenza. Biasimo
e condanna che francamente sono mancati all’epoca dei fatti che li
hanno riguardati”.

VALENTINA GALLI


COMUNICATO STAMPA 08/09/2008 – GIOVANI COMUNISTI PESARO

ORA BASTA !
Da circa 2 anni a questa parte il territorio di Pesaro e provincia si
è trasformato in una "zona franca" dove gruppi di estrema destra
praticano liberamente e impunemente la propria dottrina squadrista.
Ci chiediamo se debba scapparci il morto per far sì che i responsabili vengano finalmente assicurati alla giustizia.
A Pesaro, in una città in cui si invoca spesso il tema della
sicurezza come spot elettorale da parte di diversi partiti per fatti
assai meno gravi, non è pensabile che accadano atti di una tale
ferocia e per di più non è accettabile che i responsabili
rimangano sostanzialmente impuniti.
Noi Giovani Comunisti chiediamo che il Sindaco Luca Ceriscioli ed il
presidente della Provincia Palmiro Ucchielli, passata la sbornia della
"kermesse" del proprio partito, prendano una forte posizione politica
di condanna dei recenti avvenimenti e sollecitino con fermezza le forze
di polizia per mettere la parola fine a questa escalation di azioni
violente a mano di estremisti neo-fascisti.

Giovani Comunisti Pesaro
http://www.gcpesaro.blogspot.com

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Ancora un’aggressione ad una coppia omosessuale a Roma

L’episodio di violenza, il terzo in pochi mesi, è avvenuto in prossimità dei Fori Imperiali
A compiere il raid sarebbe stato un gruppo formato da una decina di ragazzini

Roma, denuncia dell’Arcigay
"Aggredita coppia omosessuale"

Roma, denuncia dell'Arcigay "Aggredita coppia omosessuale"

ROMA
– Ancora un’aggressione ad una coppia omosessuale a Roma. A denunciarla
è l’Arcigay capitolina: "Federico e Cristian, entrambi di 28
anni, stavano dirigendosi verso i Fori Imperiali dopo una serata alla
Gay Street. Erano mano nella mano e, per questo motivo, sono stati
aggrediti da una decina di ragazzini che li hanno insultati
pesantemente, colpendoli con sputi, pietre e bottiglie". La coppia ha
denunciato l’accaduto alle forze dell’ordine.

"Arcigay: Città invivibile".
Durissima la reazione della sezione romana dell’Arcigay, secondo cui
nella capitale si respira un clima omofobico: "Ancora una volta una
terribile testimonianza di intolleranza verso le persone gay e verso
l’amore omosessuale – afferma Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay
Roma – i due ragazzi aggrediti si tenevano per mano e questo è
bastato a scatenare gli insulti e l’aggressione. Ci preoccupa molto il
clima di violenza che si respira in città, per questo ci
auguriamo che le istituzioni collaborino con tutte le associazioni
lesbiche, gay e trans per mettere a punto un serio piano per la
sicurezza e contro l’omofobia".

I precedenti. Non è la prima volta che a Roma gli omosessuali subiscono aggressioni. A maggio,
Christian Floris,24 anni, conduttore dell’emittente DeeGay.it, fu
aggredito e minacciato per la sua attività. Floris, in una nota,
esprime solidarietà ai ragazzi aggrediti: "Questa escalation di
omofobia – ha detto – partita con l’aggressione alla mia persona, a
maggio, l’avverto sempre più come un’emergenza".
Un altro episodio di aggressione omofobica avvenne a luglio,
durante la Gay Street in piazza San Giovanni, quando una giovane
lesbica fu insultata e colpita riportando contusioni su varie parti del
corpo.Scontro Alemanno-Ferrero. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno,
esprime solidarietà alla coppia: "Apprendiamo con sconcerto che
purtroppo ancora una volta a Roma si è ripetuto un atto di
aggressione ai danni di giovani gay. Mi auguro – conclude il sindaco –
che gli inquirenti facciano al più presto luce su questo grave
fatto e che i responsabili dell’aggressione siano consegnati alla
giustizia in tempi brevi". Il segretario di Rifondazione comunista,
Paolo Ferrero, parla di "ennesimo, vigliacco inaccettabile atto" e
attacca Alemanno: "Invece di avventurarsi in poco felici (per lui)
paragoni storici tra fascismo e nazismo, leggi razziali ed olocausto,
si decida a organizzare pomeriggi e serate nei quartieri e nelle scuole
romane sul tema dei diritti, delle minoranze, delle diversità,
oltre che su quelli dell’accoglienza e dell’integrazione".

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Viterbo, nuova aggressione naziskin: pestato ragazzo di sinistra ·


VITERBO (7 settembre) – Niente da fare, sono violenti, arroganti e
strafottenti. Ma soprattutto vigliacchi perchè agiscono sempre e
soltanto in gruppo. Il branco – si definiscono di destra ma di politica
ne masticano assai poco – ha colpito ancora. Guerriglieri della notte,
orda famelica, composta anche da minorenni, che si aggira numerosa
colpendo a sorpresa soprattutto coetanei che non la pensano come loro e
che reagiscono alle provocazioni. Ormai padroni delle notti e delle
strade viterbesi, venerdì hanno di nuovo messo a ferro e fuoco
il centro del capoluogo.

Incuranti e forse galvanizzati dalle loro stesse gesta di due giorni
prima (l’assalto alla pizzeria a San Pellegrino), verso le 21 in
piazza del Sacrario hanno messo a segno un altro colpo: un giovane di
sinistra ferito con una bottigliata alla testa. Poi il branco si
è spostato nella vicina piazza delle Erbe dove, in mezzo a tanta
gente che passeggiava per i fatti propri, hanno iniziato a preparare
l’ennesimo assalto armandosi di bottiglie e bicchieri rotti.
Questo mentre a San Pellegrino un gruppo di opposte tendenze –
probabilmente i ”compagni“ del ragazzo ferito a piazza del
Sacrario – preparavano una ritorsione che poi non c’è
stata.

A mezzanotte piazza delle Erbe, stracolma di persone, sta per
trasformarsi in un campo di battaglia. Decine di giovani dalle teste
rasate si muovono pronti alla battaglia, si muovono brandendo bottiglie
e bicchieri rotti. Le loro intenzioni appaiono chiare. In molti tra i
presenti si preoccupano, se ne vanno per evitare dispiaceri. Il
titolare di un locale, capìta la mal parata, telefona al 113.
Poco dopo sul posto arrivano le auto della polizia che circondano la
piazza. Fuggi fuggi generale, la fontana diventa il deposito delle
”armi improprie”. Volanti e Digos identificano decine di
ragazzi, la maggior parte sono i soliti, quelli che fanno capo a gruppi
di estrema destra e agli ultrà della Viterbese. Stavolta il far
west viene evitato, di lì a poco piazza delle Erbe torna alla
normalità. Ma per quanto? «Fortunatamente nel mio locale –
dice un esercente della zona – ancora non è successo niente ma
ormai la notte viviamo sempre nella paura che qualche cosa possa
accadere. Sono sempre gli stessi a creare casini, le forze
dell’ordine li conoscono uno per uno». Commenti amari e
uguali per tutti. «Agiscono in gruppo – raccontano – se la
prendono con chi è solo o in compagnia di una ragazza. Se
reagisci sei finito. Qui la gente per bene non ha più voglia di
uscire dopo una certa ora».

In questura le indagini sui recenti fatti di aggressioni vanno avanti a
ritmo serrato. Top secret sugli sviluppi ma appare chiaro che gli
stessi vertici della polizia, questore in primis, si sono stancati di
questa situazione. Nessuno parla, nessuno anticipa ma le indagini
sull’assalto alla pizzeria di San Pellegrino evidentemente hanno
dato qualche risultato visto che nei corridoi della questura
c’è chi si lascia andare in un laconico: «Hanno i
giorni contati».

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=30591&sez=HOME_ROMA


Viterbo, nuova aggressione naziskin
Ragazzo preso a colpi di bottiglia in testa
Identificate dalla Digos una decina di ”teste rasate” che hanno prima
circondato e poi picchiato il ragazzo. È il secondo caso in una
settimana
Viterbo, nuova aggressione naziskin Ancora un’aggressione dei naziskin
contro un ragazzo di sinistra a Viterbo. E’ accaduto l’altra notte al
Sagrario, durante i festeggiamenti di Santa Rosa. Una decina di teste
rasate, con le braccia tatuate, hanno circondato un giovane e lo hanno
colpito a bottigliate ferendolo alla testa. A segnalare alle forze
dell’ordine quanto stava accadendo un commerciante che ha assistito
all’aggressione. Immediato l’intervento di alcune pattuglie della
volante e della Digos che, nella vicina piazza delle Erbe, dove nel
frattempo si era spostato il gruppo di naziskin, hanno identificato una
decina di persone. Il raid del Sagrario è stato identico ad uno
compiuto la sera di mercoledì scorso nel quartiere medievale di
San Pellegrino, dove decine di persone si erano barricate in una
pizzeria.

http://unionesarda.ilsole24ore.com/mondo/?contentId=40750


Viterbo – Preso a bottigliate un ragazzo di sinistra al Sacrario
L’orda di naziskin torna a colpire
7 settembre 2008 – ore 11,25

Preso a bottigliate un ragazzo di sinistra al Sacrario.
Il ragazzo è stato ferito alla testa.
Un gruppo di una decina di naziskin è tornato a colpire, dopo la violenza di San Pellegrini, venerdì sera.

Ma questa volta, su segnalazione di un commerciante, sono subito
intervenute le forze dell’ordine. Le volanti della polizia e la Digos
hanno identificato una decina di persone a piazza delle Erbe, dove il
gruppo si era spostato. Sul posto anche i carabinieri.

Il gruppo, con tutta probabilità di estrema destra, continua
quindi a farla da padrone nelle vie della città di notte. E
nessuno può stare tranquillo.

http://www.tusciaweb.it/notizie/2008/settembre/7_3nazi.htm

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UDIENZA CONTRO IL FENIX

Torino Il 2 Luglio scorso si svolse la prima udienza contro
Fenix:

Durante l’udienza, per l’accusa hanno testimoniato alcuni noti repressori della digos
di Torino e per la difesa c’è stata la deposizione da parte di 2 Nostri Compagni.
La prossima udienza, dove ci sarà la probabile sentenza sarà per
Venerdì 19 Settembre 2008 aula 83 Ore 11, sempre al Palagiustizia Bruno Caccia di Torino

mezzi che passano in zona:
Bus 56, 68.
Tram 9 e 16
Metrò Fermata Principi D’acaja
e dall’Università Umanistica di Via Sant’Ottavio Bus Star 1

Fenix continua a Vivere,con l’Azione Diretta, partecipa alle
iniziative nelle piazze, nelle case occupate, durante gli eventi di
Radio Blackout, inoltra notizie, sulla repressione, appuntamenti, ecc
con il suo indirizzo di posta elettronica( fenix-occupato@inventati.org ed il suo sito.
Fenix continua a proporre la sua distro di libri, opuscoli le sue
autoproduzioni, volantini, adesivi, spille, cd, vhs, magliette… di area
anarchica.

Fenix Vive!
Fenix Libero!
Liberi Tutti!

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SCONTRI AL PRESIDIO ANTIFA A MILANO CON LA POLIZIA E VIDEO

Presidio antifascista contro l’apertura della sede dell’associazione Cuore Nero
Gli incidenti al passaggio di un consigliere della Lega in camicia nera e fazzoletto verde

Il presidio antifascista davanti al Cimitero Maggiore
MILANO – Momenti di tensione e scontri tra manifestanti dei centri
sociali e polizia davanti al Cimitero Maggiore. Circa 500 persone,
dalle 15 di oggi pomeriggio, stanno prendendo parte ad un presidio
antifascista contro l’apertura della sede dell’associazione di estrema
destra Cuore Nero, alla periferia nord di Milano.

Alla manifestazione partecipano giovani dei centri sociali, esponenti
dell’Anpi, del Caf (comitati antifascisti) e Rifondazione comunista. La
nuova sede del centro neofascista sta per essere aperta a poca distanza
dal luogo dove doveva sorgere un centro della stessa associazione Cuore
nero, distrutto però in un incendio doloso pochi mesi fa.

La scintilla che ha acceso gli animi dei manifestanti è scattata
quando un anziano consigliere di zona della Lega Nord, Costante
Ranzini, vestito con una camicia nera e un foulard verde, si è
avvicinato alla zona della manifestazione. La polizia gli ha prima
chiesto di allontanarsi, quindi i manifestanti hanno cercato di
avvicinarsi all’uomo sfondando il cordone di polizia a protezione della
piazza. Ne è nata una prima leggera carica in cui è anche
scoppiato un petardo.

L’esponente del Carroccio si è quindi allontanato dichiarando:
"E’ una piazza libera". Poco dopo è partita una seconda carica
tra i manifestanti e la polizia in cui sono partite anche alcune
manganellate e delle bottiglie di vetro.

La seconda carica della polizia la racconta un esponente del centro
sociale Torchiera: "E’ partito tutto da una manganellata che mi ha
tirato un celerino. Un compagno è stato colpito in faccia con
una manganellata e lo abbiamo portato nella sede del centro tutto
coperto di sangue. Anche altre persone sono state colpite". La
situazione di tensione dopo un breve proclama dal palco da parte degli
organizzatori della manifestazione è ritornata alla
normalità. Il servizio d’ordine del centro sociale ha chiesto
alla polizia di tenere lontani altri esponenti leghisti, che le scorse
settimane hanno chiesto lo sgombero del Torchiera.

A poco meno di trecento metri di distanza, in via Pareto, i giovani del
centro neofascista, circa una cinquantina, quasi tutti con i capelli
rasati o cortissimi e in giubbotto nero, stazionano davanti alla nuova
sede di Cuore nero. Il servizio d’ordine impedisce il passaggio di
fotografi e operatori tv.

Gli organizzatori della manifestazione puntano il dito contro "il
silenzio e l’indifferenza" dell’amministrazione comunale, colpevole,
affermano, di non contrastare l’apertura della sede del gruppo di
estrema destra: "E’ inaccettabile che un gruppo neonazista possa
tranquillamente aprire una spazio pubblico a Milano – afferma spiega il
consigliere regionale di Rifondazione comunista Luciano Muhlbauer – noi
ci batteremo perché vadano via da questo quartiere e
affinché non abbiano cittadinanza nella città di Milano".

Il presidio è stato organizzato, spiega l’esponente di
Rifondazione, contro "un centro di reclutamento e di iniziativa che si
trova a pochi metri dal centro sociale Torchiera e a pochi centinaia di
metri dal campo rom del Triboniano e di via Barzaghi. Tutto ciò
– prosegue Muhlbauer – avviene nel silenzio e nell’indifferenza
più totale degli amministratori milanesi, a partire dal
vicesindaco e assessore alla Sicurezza De Corato"

 

 

Alcuni video della giornata:

Presidio ANTIFA:
http://www.youreporter.it/view_video.php?viewkey=43f0f19745527f9e5f62970…

Cuore Nero vs giornalisti [1]
http://www.youreporter.it/view_video.php?viewkey=e9d7671000f2046793dec60…

Cuore Nero Vs giornalisti [2]
http://www.youreporter.it/view_video.php?viewkey=a60e0badea1daade68e3a11…

I "tafferugli"
http://www.youreporter.it/view_video.php?viewkey=3d39ba798cb5e3362308cf0…

Molto interessante la dinamica del video
Cuore Nero vs giornalisti [1]. Molto.

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