La guerra non va in crisi

GUERRA [Afghanistan]
La guerra non va in crisi: gli italiani fanno strage di civili a Bakwa,
il ministro Parisi obbedisce all’America


|9 febbraio|
Il 2007 per la martoriata terra afghana, vittima della allora prima
“guerra al terrore” del post 11 settembre, si è
chiuso con oltre 7000 morti tra civili ed insorti, ma anche con la
conquista e la difesa di territori da parte taleban, che all’oggi
son ben il 54% del paese asiatico, senza contare tutti i distretti in
cui i ribelli sono attivi. Segni forti, visibili, di una sconfitta che
sta maturando con il passare degli anni, dato il pantano in cui gli
Stati Uniti d’America, insieme ai paesi partecipi
dell’operazione “Enduring Freedom”, si sono ritrovati
avvinghiati. Quindi da una parte il macello compiuto ai danni della
popolazione dell’Afghanistan, dall’altro
l’incapacità di uscire da questa guerra perché
politicamente sconfitti, perché militarmente respinti.

Anche gli italiani combattono, e uccidono
Le
truppe italiane, come avvenuto anche per tutti gli altri eserciti
occupanti, hanno subito numerosi attacchi ed agguati, dimostrazioni di
ostilità e opposizione, dalla popolazione locale e dalle
formazioni ribelli. La propaganda nazionale racconta spesso storie che
poi nella realtà si sciolgono come neve al sole: le immagini dei
soldati che distribuiscono le caramelle ai bambini, le favolette sulla
ricostruzione o, ancora, l’innocenza di professarsi come
“forza di pace, non combattente”, mentendo, perché
l’Italia partecipa attivamente alle operazioni di attacco e
distruzione; l’esercito italiano fà la guerra.
Domenica
notte, il 4 febbraio, le truppe Nato italiane hanno preso parte
all’attacco, nel distretto di Bakwa, contro un villaggio,
uccidendo una decina di persone, e facendo vittime per lo più
civili, dato che solo il mullah Abdul Manan (probabilmente
sopravvissuto al raid) annoverava contiguità ai ribelli.
Nonostante la difficoltà di raccogliere queste informazioni,
data la previdente censura imposta dallo Stato Maggiore
italiano, i governatori della provincia occidentale di Farah, Ghulam
Mohaidun Balouch, e del distretto di Bakwa, Khan Agha, hanno confermato
agli organi di stampa internazionali l’operazione e le vittime
provocate da quest’ennesima azione di guerra di cui si è
macchiato l’esercito italiano. Il comando italiano di Herat, a
capo da qualche mese della missione Isaf nelle provincie occidentali, a
cui ha fatto eco il governo Prodi, si è affrettato a screditare
tutto, smentendo il combattimento e le vittime, riproponendo il solito
gioco della negazione dell’evidenza per oscurare la realtà
di un paese che tenta di professare la sua “innocenza”
all’opinione pubblica e, allo stesso tempo, di combattere una
guerra che ha perso ogni significato, se mai ne ha avuto..

>> leggi “Le battaglie degli italiani” e “Operazione Sarissa”, report di Peace Reporter

Un governo alla frutta che auspica la censura di guerra
Nonostante
il (mal) seminato di questi ultimi due anni, il governo Prodi ha ancora
la faccia di ostentare moralismi e “sensi di
responsabilità”, soprattutto se si parla di campo
internazionale, dove la sua azione ha portato a incrementi di truppe in
ogni parte in cui l’esercito italiano è schierato,
maggiori stanziamenti per la Difesa, servilismo incondizionato per gli
Stati Uniti d’America (vedi progetto Dal Molin di Vicenza), oltre
che una nuova trincea in cui spianare mitra e preseguire la
“lotta al terrorismo”, spacciando tutto per cordone
umanitario (vedi presenza Unifil 2 in Libano).
Infatti, il
sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, lette le agenzie di
stampa che riprendevano la notizia dell’attacco italiano, data
dall’agenzia di stampa di Peace Reporter, uno degli ultimi
barlumi di un’informazione indipendente, si è scagliato
contro il quotidiano online: "La notizia è falsa e priva di ogni
fondamento. In particolare nessuna unità delle forze armate
italiane ha partecipato ad alcuna operazione
svolta la scorsa notte nel distretto di Bakwa", aggiungendo la stoccata
finale di un governo alla deriva “Si vogliono condizionare i
lavori del Parlamento”. Peace Reporter, da parte sua non ha
mancato di ribadire la sua posizione di parte e l’indipendenza
della sua informazione, controbattendo: “Quanto al voler
condizionare i lavori del Parlamento e delle sue Commissioni, questo
sì lo vorremmo poter fare. Ma sappiamo di non riuscirci,
giacché i parlamentari, i ministri, i sottosegretari e anche i
membri delle commissioni non si fanno condizionare nemmeno dalla
volontà dei loro elettori”.

La guerra non va in crisi
Nonostante
la crisi di governo, le ridicole consultazioni, il chiacchericcio
diffuso, il vento della guerra è sempre favorevole. Il 25
gennaio, all’indomani dello sfaldamento governativo, il Consiglio
dei Ministri ha approvato il decreto legge di rifinanziamento in blocco
di tutte le missioni militari italiane all’estero, il quale,
secondo la burocrazia parlamentare, dovrà essere approvato dal
parlamento entro fine marzo, per evitare di decadere. Annullamento che
si profila come assolutamente improbabile, dato che, nonostante il
teatrino messo in atto dai quattro ministri della sedicente sinistra
radicale, con la non partecipazione a quest’ultimo voto, quasi
tutto l’arco parlamentare esprimerà il suo si alle
missioni di guerra, dal Partito Democratico all’estrema destra,
consapevoli del fatto che questo non contribuirebbe affatto a dare una
legittimità a Prodi ma a proseguire
“responsabilmente” le guerre in corso.

La Coalizione vuole più forze, gli Usa chiedono più guerra: Parisi sull’attenti
La
previsione degli strateghi di guerra è sempre quella della
prospettiva di un’offensiva taleban, che si profila per la
primavera e viene addirittura rafforzata dalle
parole “senza precedenti”. L’America di George Bush e
la Nato comandata dal generale de Jaap Hoop Scheffer, su pressione
statunitense, hanno fatto appello ai paesi impegnati nel conflitto
afghano, chiedendo rinforzi e belligeranza da tutte le forze della
Coalizione di guerra.
Il 7 e l’8 febbraio, si è tenuto
a Vilnius, in Lituania, un vertice informale dei ministri della Difesa
dei paesi facenti parte della missione in Afghanistan: sul tavolo della
discussione ogni paese ha portato la sua offerta, Stati Uniti e Nato
vogliono nuovi rinforzi, di uomini e mezzi di guerra.
L’ufficializzazione di quest’operazione di rinforzo
verrà annunciata solo nei giorni tra il 2 ed il 4 aprile, quando
a Bucarest, in Romania, vi sarà l’ufficiale vertice Nato.
Il
ministro Parisi, guerrafondaio da sempre, dati i suoi trascorsi, non si
è fatto pregare più di tanto, mostrando da subito un
supino assenso alle richieste pervenute per prime dal ministro alla
difesa americana Robert Gates. Sono stati promessi almeno 300 uomini,
oltre a nuovi mezzi militari, che debbono però essere aggiunti
all’invio di 250 alpini nello scorso dicembre. Con questo
incremento il contingente italiano arriverebbe a 3000 uomini, con un
impegno profuso che non potrebbe far altro che aumentare ed incentivare
le criminali operazioni di guerra già in corso.

Vecchi e nuovi fantocci
In
previsione dell’annunciata offensiva ribelle di primavera, sembra
che la Casa Bianca stia pensando di apportare qualche modifica al suo
schieramento in Afghanistan, fatto non solo di un aumento dei marines
in campo o di maggiori fondi stanziati per la guerra, ma anche da un
cambio di regime: il presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai si
è dimostrato inadeguato agli occhi americani, incapace di
frenare l’avanzata ribelle e di allargare il suo controllo fuori
la capitale Kabul. Questo sarebbe un primo segnale del fallimento
interiorizzato dagli Stati Uniti in Afghanistan: Karzai è salito
al potere come loro uomo di fiducia, e come tale è stato
successivamente orchestrato dall’amministrazione Bush, quindi
dichiarare come fallita l’esperienza di Karzai equivarrebbe
all’ammettere una propria sconfitta..
L’America starebbe
valutando l’ipotesi di installare alla presidenza un altro suo
uomo di fiducia, il neocon afgano-americano Zalmay Khalilzad, forte di
un passato (e presente, è ambasciatore Usa presso l’Onu)
al servizio totale della potenza militare americana. Un nuovo
fantoccio, in sostituzione del vecchio.

>> Ascolta/scarica a lato l’intervista con Enrico piovesana di Peace Reporter

>> vedi: www.peacereporter.net

>> vedi anche: [Sognando El Alaimein..] Mentre in Italia si straparla di pace, i "nostri soldati" in Afghanistan portan le mostrine naziste

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