Maggio mese nero| La sua principale colpa è quella di «aver sicuramente contribuito, lo dicono i numeri, all’inverno demografico». Per questo, è arrivata l’ora «di sgretolare il mito della legge 194». Lo chiede senza mezzi termini "Famiglia Cristiana" nell’editoriale di questa settimana. «Non si riesce a trovare una strada per rivedere questa legge: un tabù intoccabile, in un Paese dove si cambia perfino la Costituzione» sostiene il settimanale cattolico .
«Tutti ormai, se si escludono frange femministe fuori dalla storia, Pannella e la solita rumorosa pattuglia radicale (sempre più esigua), hanno abbandonato la vecchia formula che l’aborto è ‘questione di coscienza’, affare privato che non attiene alla sfera del bene comune», prosegue il settimanale, «L’aborto è un fatto di rilevanza pubblica e politica. Oggi in Parlamento ci sono i numeri per sgretolare il ‘mito della 194’. Si tratta di una maggioranza trasversale che, in primo luogo, fa appello ai politici cattolici».
Mentre Famiglia Cristiana delira e scientemente organizza, dà voce e promuove il nuovo fronte antiabortista, la neoministra-ex-calendarina Carfagna addetta alle pari opportunità, balza agli onori della cronaca per le sue affermazioni sconcertanti sul prossimo Pride. L’omofobia non esiste, secondo la ministra, dunque lei non concederà mai il patrocinio del ministero alla manifestazione nazionale che si svolgerà a Bologna il 28 giugno. “Gli organizzatori di queste manifestazioni – sostiene ancora la Carfagna – sono sepolti i tempi in cui gli omosessuali venivano dichiarati malati di mente. Oggi l’integrazione nella società esiste. Qualcuno mi venga a dire che un omosessuale non è stato assunto per via della sua tendenza. O che sempre per tendenze sessuali venga negato un qualsiasi altro diritto.”
Non ci interessa tanto dei soldi che sarebbero dovuti giungere dal ministero per rimpinguare le tasche dei circoli gay e lesbo più istituzionali. Il movimento glbtq non ha bisogno certo dell’elemosina parlamentare per scendere in piazza a rivendicare sfacciatamente e rumorosamente come sa ben fare, la sua identità, la sua ricchezza, i suoi diritti.
Quel che ci preoccupa è il clima che si sta creando intorno a certe questioni, quelle che forse qualcuno considera ancora come politica di serie B, ma che invece sono questioni basilari all’interno di una società, perché riguardano la nostra pelle, i nostri corpi, le nostre vite.
Queste dichiarazioni senza scrupoli, rilasciate dalle istituzioni statali ed ecclesiastiche sono i segnali forti di una volontà strisciante di cambiamento in atto da tempo, ma che oggi si esprime in tutta la sua forza e la sua pericolosità.
Famiglia Cristiana scrive, la Carfagna straparla, e intanto le televisioni insieme ai giornali costruiscono il terreno fertile al propagarsi dell’intolleranza, del razzismo, della paura del cosiddetto diverso.
Potrebbe bastare, invece no.
Un ragazzo muore ammazzato a Verona da un gruppo di “giovani disagiati”, ma secondo il sindaco della città l’episodio non fa storia. Intanto la brava gente, che lavora duro e chiede di essere padrona a casa propria, reagisce agli stimoli dei media, agisce secondo i più bassi pruriti e si dà da fare. La gente per bene organizza le ronde nei quartieri per rendere più sicuri i territori e liberarli dalle presenze indesiderate. Presenze spesso ai margini del visibile, ma che danno fastidio per il solo fatto di esistere. Sono indesiderati non solo per quello che fanno (si dice che delinquono) ma soprattutto per quello che sono, per quello che ci dicono le loro esistenze fatte di miseria e di vite vissute ai limiti del disumano. Ci sono, esistono, questo dà fastidio e crea intolleranza. Se poi ci si mettono anche i media a distorcere quelle esistenze, a renderle non più disumane ma extraterrestri, barbare, certamente pericolose, non ci si può sorprendere di quello che sta succedendo ormai quotidianamente.
Una settimana e più di rastrellamenti razzisti di rom (e non solo) da parte di polizia/finanza/carabinieri hanno portato a centinaia di arresti, perquisizioni, fogli di via. Il nuovo sciagurato pacchetto sicurezza inizia a prender forma e si dice possa entrare in vigore già a luglio. Fino a 18 mesi di internamento coatto nei Cpt per tutti quei migranti che compiono reato solo per il fatto di essere stati colti in flagranza senza documenti regolari. Pianificazione scientifica degli sgomberi e delle demolizioni dei campi nomadi con una lista già pronta di più di duemila persone da rispedire a casa loro. Espulsione immediata anche per i cittadini comunitari qualora vengano ritenuti pericolosi o commettano un qualsiasi reato. Maggiori poteri ai sindaci, possibilità di commissariamento delle situazioni locali più a rischio, più armi ai vigili urbani e ancora sostegno e fiducia ai volontari della sicurezza nei quartieri.
Queste sono solo alcune delle misure che il governo Berlusconi vorrebbe attuare con gran fretta nei prossimi mesi. Un bel ripulisti insomma, per dirla come piace tanto a Castelli e ai suoi accoliti.
Ma non è solo lo Stato centrale ad organizzarsi. Ci sono anche gli sceriffi impegnati a riportare l’ordine nelle loro città. E c’è anche la brava gente, che si unisce, socializza non i propri bisogni come si faceva una volta, bensì i propri istinti più bestiali. E così è accaduto qualche giorno fa a Roma, dove è partita la caccia ai trans e alle prostitute. Le immagini sono passate su tutti i telegiornali, eppure sembra non abbiano lasciato il segno su alcuno. Fotografie e video che mostrano trans trascinati per i capelli dai poliziotti davanti a una folla assetata di sangue e di vendetta che applaudiva e urlava soddisfatta. E così è accaduto a Napoli e in altre città con gli incendi appiccati ai campi nomadi, le molotov lanciate contro le baracche, le ronde armate dei sedicenti residenti autoctoni esasperati dal vivere così a contatto con la miseria altrui.
Gli immigrati vanno puniti perché rubano, rapiscono, delinquono, violentano, aggrediscono. Nessuno spiega però che la criminalità in Italia è ai minimi storici. Nessuno dice che la stragrande maggioranza delle violenze subite dalle donne si consumano tra le mura domestiche o nella cerchia di amici, parenti e conoscenti. Essendo violenze commesse da italiani, come direbbe il sindaco di Verona, sono episodi isolati che non fanno storia. Se un rumeno violenta una donna italiana, tutti i rumeni diventano potenziali stupratori e vanno quindi cacciati o allontanati. Ma se si tratta invece di un gruppo di minorenni italiani che abusano di una coetanea e poi magari la uccidono? Questa violenza ci fa meno paura? Ci fa meno orrore? Riusciamo meglio a spiegarcela, a trovare delle ragioni, delle giustificazioni forse?
Nel lucchese ventitrè giovani sono stati indagati per aver profittato di una ragazzina. Sono emersi dieci mesi di abusi e almeno quindici episodi di violenza di gruppo. Lei sola di fronte a quattro-cinque-sei adolescenti per volta. Filmata e poi ricattata, divenuta lo zimbello dei ragazzi del paese, un oggetto da usare, una cosa da disprezzare.
A Torino una donna è morta per mano dell’ex marito che non si rassegnava alla separazione. Anzi lui ha fatto di più: ha ucciso lei e tentato di uccidere anche l’altro uomo con cui lei dopo la separazione aveva intrecciato un legame. Il femminicida in questo caso è una guardia giurata che ha usato la sua pistola per compiere l’omicidio. Una persona inserita, quindi, non un immigrato, ma un uomo della "sicurezza", uno di quelli che fa parte di un esercito di gente affidabile che sorveglia qualcosa o si assume responsabilità anche per altri. Insomma uno di cui i giornali non parleranno perchè non fa gioco alla politica e non fa evidentemente gioco a chi insiste nel dire che gli stupri e i delitti contro le donne avvengono soprattutto per mano di immigrati e lontano dalle persone conosciute. Niente di più falso.
Così è passata assolutamente in secondo piano la notizia della donna rumena stuprata da un italiano. Non se ne è parlato perchè altrimenti la campagna xenofoba contro i rumeni apparirebbe per quello che è: una campagna che è funzionale agli intenti repressivi e discriminatori di questo come di altri precedenti governi. Così è passata in secondo piano la notizia della madre che ha cercato di accoltellare la figlia che aveva confessato di essere attratta da un’altra ragazza. Altro fatto di cronaca bollente delle ultime settimane, è quanto accaduto a Niscemi. Una ragazzina pestata e violentata da un gruppo di amici e poi gettata senza vita in un pozzo. Le versioni date da alcuni giornali tendono addirittura a screditare la ragazzina per farla passare da "ragazza facile", sicchè gli assassini (e forse anche la comunità in cui viveva) possano quanto meno sentirsi assolti sul piano morale.
Episodi di ordinaria violenza. E chissà quanti altri se ne consumano protette dal silenzio delle mura domestiche o dall’omertà della famiglia e del gruppo di amici.
Se i rumeni che violentano dovrebbero essere ricacciati al loro paese, cosa dovremmo farne degli uomini italiani che compiono le stesse orribili azioni? Basta che un immigrato compia uno stupro, per criminalizzare la sua intera comunità. E allora i maschi italiani? Chi decide la differenza e chi marca il confine tra responsabilità individuale e colpa collettiva? Forse perché autoctoni sono più difendibili o giustificabili? Un uomo italiano che delinque non basta a rendere delinquenziale tutta la nazione. Ma allora cos’è che fa paura? Lo straniero stesso forse, più che le azioni che compie. La sua stessa esistenza come dicevamo prima. E’ lo stupro a scandalizzare, o il fatto che a violare una donna italiana sia stato un extracomunitario? E’ talmente evidente che le violenze praticate dagli uomini italiani nei confronti delle straniere, che siano esse prostitute nigeriane, badanti rumene, cassiere peruviane di un supermercato, di fatto non scandalizzano poi troppa gente. Forse anche queste violenze non fanno storia. Perché a subirle sono i soggetti più deboli, più facilmente ricattabili, soggetti le cui esistenze in fondo contano ben poco per la gente per bene, che si accorge di loro solo quando gli affaticano lo sguardo e gli rovinano il panorama.
Il problema è la violenza in sé, praticata ed esercitata sulle donne, che sia fisica o psicologica, di qualunque colore essa sia. Resta sempre una violenza dell’uomo sulla donna, una violenza in bianco e nero, senza chiaroscuri, senza sfaccettature o sfumature di colori.
Una violenza che ha radici lontane eppure è sempre così vicina.