Aggiornamenti sugli scioperi nei Cie e testimonianze da Milano in Via Corelli

A Milano, nel Cie di via Corelli, i detenuti e le detenute in
sciopero della fame cominciano ad essere debilitati ed indeboliti. Ad
alcune ragazze del reparto trans sono state fatte flebo di liquidi e
una è stata portata in ospedale. I reclusi hanno chiesto invano di
essere pesati e controllati costantemente da personale medico, come è
prassi durante ogni sciopero della fame, ma questo. Tuttavia,
nonostante le difficoltà, lo sciopero continua con determinazione,
anche grazie alla solidarietà degli antirazzisti che continuamente
portano acqua e succhi al centro e mantengono ininterrottamente i
contatti.

A Roma, nel Cie di Ponte Galeria, una ventina di reclusi continua lo
sciopero: i gestori portano il cibo e loro lo rimandano indietro.
Alcuni che avevano iniziato autonomamente lo sciopero qualche giorno
prima degli altri sono molto provati, perché oramai sono dieci giorni
che non mangiano. A differenza di quanto accade a Milano, a Roma i
reclusi sono pesati e monitorati regolarmente, ma la cooperativa
Auxilium (subentrata alla Croce Rossa nella gestione del centro da una
settimana) non permette che i solidali portino i succhi e le bevande
dall’esterno. La dotazione giornaliera di liquidi per ciascun recluso è
di un litro d’acqua, ma lo sciopero non si ferma.

A Torino, nel Cie di corso Brunelleschi, lo sciopero nell’area
gialla prosegue a staffetta e oggi un recluso in sciopero della fame da
parecchi giorni si è sentito male. I suoi compagni di gabbia hanno
chiamato la Croce Rossa, il 118 e i solidali fuori. Dopo un’ora di
pressioni – dall’interno e dall’esterno del centro – il ragazzo è stato
portato all’ospedale per accertamenti.

Bologna invece è un caso a parte. Nel Cie di via Mattei lo sciopero
si è interrotto dopo il primo giorno, e soltanto un recluso continua il
suo sciopero della fame solitario, anche per motivi personali. La
situazione nel centro è molto difficile, perché sembra che l’uso di
tranquillanti in questo Cie sia più diffuso che in altri. Ogni volta
che i solidali riescono a contattare i reclusi, questi rispondono del
tutto intontiti ed addormentati, a qualunque ora del giorno e della
notte.

Infine, ecco alcune testimonianze raccolte dal Comitato Antirazzista di Milano e pubblicate sul sito noinonsiamocomplici.noblogs.org

Dalla sezione Trans del Cie di via Corelli, Milano:

“Siamo in 20 persone che stiamo facendo lo sciopero della fame.
In ogni stanza siamo in 4 persone.  I muri son pieni di muffa, le
lenzuola vengono cambiate una volta alla settimana mentre le coperte
non vengono mai cambiate. Ogni quindici giorni ci danno un
bagnoschiuma.  Alla sera dobbiamo pulire noi la stanza con la scopa e
il secchio. Le finestre sono senza tende così la mattina presto entra
la luce. Noi siamo obbligate a mettere le coperte sulla finestra per
dormire. Il bagno è uno schifo, è molto sporco.  Gli scarichi son tutti
intasati, dobbiamo fare per forza i nostri bisogni in piedi. Alle 8 e
mezza di mattina ci portano un bicchiere di latte e una brioche. Non
possiamo bere le cose calde se non con la macchinetta a pagamento. Il
cibo è molto scadente, ci portano spesso il tacchino. Noi che abbiamo
il silicone non possiamo mangiare il tacchino. Per questo a molte di
noi sono venute infiammazioni alle protesi, ai fianchi, al seno, nei
glutei. Quando andiamo alla Croce Rossa per i nostri problemi di salute
ci danno dei tranquillanti per togliere il dolore, ma queste gocce ci
fanno addormentare. Quando abbiamo troppo dolore ci danno la
tachipirina”.

“Sono qua da una settimana. Ho subito iniziato lo sciopero della
fame perché non possiamo stare qua sei mesi.  Inoltre sono
sieropositiva, avevo da fare gli esami del sangue per valutare quali
medicamenti prendere invece son stata portata qui e mi hanno fatto
saltare la visita. Ho avuto tre giorni la febbre molto alta. Stavo così
male che mi hanno portato in ospedale, al Policlinico, per un blocco
intestinale. Dopo di che mi hanno riportato in Corelli sempre senza le
medicine per l’HIV. Io sono in Italia da nove anni, mi sono ammalata in
Italia e non posso stare qua dentro. Abbiamo bisogno di mantenerci e di
mantenere la nostra famiglia al paese. Noi vogliamo la nostra libertà
perché non abbiamo fatto nulla e ci obbligano a stare qua dentro senza
potere fare nulla. C’è una psicologa che viene dentro una volta alla
settimana, ma tanto alla fine ci danno sempre 30 gocce di Valium per
dormire e via… poi diventiamo tutte dipendenti”.

“Io ho avuto un incidente  molto grave fuori da qua. Ero ancora
in cura con la fisioterapia e invece mi hanno presa e portata al Cie.
Mi ero fratturata  la scapola sinistra, il femore e il ginocchio. Qui
spesso la ferita alla gamba mi si infiamma: vado in infermeria, mi
danno una crema idratante e basta. Molte di noi sono state prese a
Pisa, chi ci viene a trovare ha diritto a sette minuti di colloquio
dopo  5 ore di viaggio… È pieno ovunque di scarafaggi e vermi nei water
e nella doccia. La polizia ci maltratta, ci trattano come cani, ci
insultano dicendo che siamo tutti gay, fanno battute sessiste nei
nostri confronti. Quando diciamo cose che non gli vanno bene ci danno
schiaffoni in faccia, per qualunque cosa ci aggrediscono e ci trattano
come se non fossimo come esseri umani, con totale disprezzo. Sappiamo
che una trans a Natale s’è suicidata qua dentro… c’è una ragazza dentro
da quattro mesi che ha visto quello che è successo quando la ragazza si
è suicidata e ora è del tutto fuori di testa, perché una persona
normale non può sopravvivere qua dentro e molti vedono come unica
uscita la morte. Ci sono persone con casi psichiatrici e dobbiamo
vivere tutti assieme in una situazione di conflitto, con diverse
patologie tutti assieme e qua entro siamo costretti a convivere con
malattie diverse, neppure in carcere è così”.

Dalla sezione femminile del Cie di via Corelli, Milano:

“Vi racconterò la mia storia. Sono arrivata in Italia come
turista perché mi piaceva molto questo paese. L’ultima volta mi ha
fermato la polizia, mi hanno chiesto il permesso di soggiorno. Io avevo
solo il visto come turista, ma mi hanno portato in questura dove son
stata tre giorni e poi in Corelli. Mi hanno presa il 26 gennaio e avevo
in tasca il biglietto dell’aereo per tornare in Brasile il 16 febbraio…
beh son ancora qui! Ora dovrò uscire da questo paese come una
criminale, scortata dai poliziotti. Non immaginavo che in Italia
potesse esistere un posto come questo. Mi sento inutile, sto molto
male. Ci trattano come animali, e questo è solo l’inizio… dovremo fare
sei mesi in questo inferno per poi uscire di qua con un’espulsione per
dieci anni. Chiediamo a tutti che ci ascoltino, che anche se ci dicono
clandestini siamo gente di buon cuore. Siamo venuti in cerca di una
vita migliore. Stiamo facendo lo sciopero per fare capire alla gente
che siamo esseri umani e abbiamo il diritto di vivere qua come tutti
gli altri e che non ci possono togliere la libertà. Ci dovrebbero esser
altri modi per ottenere questo pezzo di carta senza passare da questo
inferno. È veramente una legge ingiusta, non so chi l’ha inventata e
non vogliamo rispettarla. Per noi l’unica opzione che abbiamo è
lottare”.

Da http://www.autistici.org/macerie/

 

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