PROCESSO G8 TORINO: Rewind: condannarne 21 per colpire l’Onda!

Si è svolta stamani al Palagiustizia di Torino la prima udienza
preliminare (dopo il rinvio per vizi procedurali del 24 febbraio)
contro gli studenti dell’Onda arrestati in seguito al corteo nazionale
di Torino del 19 maggio scorso, indetto dal movimento universitario
contro il g8 University Summit. Con oggi non si possono più aver dubbi
sulla natura meramente politica dell’intera
operazione Rewind, volta a colpire un movimento che l’anno scorso ha
tanto spaventato i poteri forti (siano essi politici, baronali o
mediatici).

Pesantissime le pene richieste dal pm Sparagna anche per gli studenti
che hanno scelto di difendersi con il rito abbreviato,  pene che vanno
dall’anno e 6 mesi all’anno e 10 mesi. Non potendosi  basare su
effettive prove a carico degli imputati, sono state mosse accuse per "concorso morale",
ovvero sono tutti colpevoli per il solo fatto di essere stati presenti
al corteo (cosa, tra l’altro, che nessuno degli imputati ha mai
negato). Nessuno degli elementi in mano all’accusa permetterebbe 
infatti una tale richiesta della pena.

Per un paio di loro, oggi dottorandi o ricercatori (precari), la colpa
è stata anche quella di aver già partecipato ad una manifestazione come
il G8 di Genova (più volte ricordato in aula), come se questa potesse
essere una "colpa" da espiare in circostanze diverse e a distanza di
anni! Ma, secondo il pm,  anzi, sarebbe proprio una manifestazione come
quella di Genova ad aver legittimato le cariche violente della polizia:
"Si sa come è finita a Genova con l’estintore!", parole che fanno
davvero venire i brividi se si pensa a Carlo, alla sua famiglia, al
loro dolore e al suo assassinio rimasto impunito.

Il tentativo dell’accusa è stato anche oggi quello di distinguere i
buoni e i cattivi all’interno di un movimento che in quella stessa
giornata ha dimostrato di essere più unito e determinato che mai,
tornando insieme in corteo verso Palazzo Nuovo e assumendo con
un’assemblea e un comunicato stampa nazionale tutto quanto era accaduto
in quella giornata.

Gli avvocati della difesa, che hanno pronunciato oggi in aula le prime
arringhe, e che parleranno nuovamente in occasione della seconda
sessione dell’udienza preliminare, che si svolgerà il primo aprile,
hanno insistito sul fatto che, a differenza di quanto sostenuto
dall’accusa, i momenti di tensione venutisi a creare in seguito al
tentativo, da parte degli studenti, di violare la “zona rossa”, non
fossero premeditati e studiati a tavolino, ma fossero in realtà
conseguenza di una pratica naturale e spontanea che aveva portato
migliaia di persone, tutte insieme, a scendere in piazza in modo
dirompente e determinato.

Lo “scudo-ariete” immaginato dal pm Sparagna non è nient’altro che lo
striscione di apertura del corteo, i “cattivi” sono in realtà
rappresentati dalle migliaia di studenti e studentesse scesi in piazza
che hanno, in tutti questi mesi, continuato a ribadire che “dietro
quello scudo c’eravamo tutti”.

Non sono dunque bastati tutti gli attestati di solidarietà, tutte le
azioni di protesta in tutta Italia da parte delle varie articolazioni
dell’Onda, le occupazioni dei Rettorati, i cortei, le conferenze
stampa, le migliaia di firme raccolte nel mondo accademico italiano e
non solo, la presenza il 24 febbraio di delegazioni da tutta Italia, a
far ricredere il pm Sparagna e le sue deliranti accuse.

Oggi stesso, gli studenti e le studentesse di tutta Europa, ritrovatisi
a Vienna per un controvertice in occasione delle celebrazioni per
l’anniversario della dichiarazione di Bologna, hanno esposto l’ennesimo
striscione di solidarietà e di assunzione delle giornate del maggio
torinese, che recitava No rewind, Rewave! We  were all behind that shield”.

In conclusione, anche di fronte a quanto oggi è stato palesato in aula dalla
controparte, il processo Rewind – la sua sua valenza politica – per il
movimento dell’Onda non potrà che continuare ad essere un campo di
battaglia dentro il quale spendersi per decostruire un teorema Sparagna
già mozzato dalle mobilitazioni diffuse di quest’estate
(concretizzatosi con la liberazione dei compagni dalle carceri),
contrapponendosi alle ultimi infime carte di una magistratura che spera
(ma fallirà ancora!) di demolire la ricchezza e la potenza di quanto
costruito nelle università (e non solo) fino ad ora. Che la storia non
possa essere scritta dai tribunali è l’assunto dal quale partire,
ribadendo e rivendicando quanto fatto a Torino, un percorso politico
che non può e non sarà arrestato dal tintinnio delle manette e dal
sinistro moralismo che aleggia da troppo tempo. Dietro quello scudo,
oggi più che mai, c’eravamo veramente tutt*.

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