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La storia siamo noi. Questo era scritto sullo
striscione che apriva l’imponente manifestazione del 17 novembre scorso
a Genova. Quella di Bolzaneto è un’altra storia, una storia già finita.
Anche se la sua conclusione formale si colloca nel 2009, con la
prescrizione di tutti i reati grazie ai termini di modifica previsti
dalla legge "ex Cirielli".
La richiesta di 76 anni di carcere per i
44 imputati – poliziotti, agenti penitenziari, medici, infermieri –
attiene ai reati di abuso di ufficio, lesioni personali, falso, abuso
di autorità. La nostra storia parla di torture. Il loro sistema
normativo fa riferimento a trattamenti inumani e degradanti: il reato
di tortura nel nostro sistema penale non esiste (e non solo nel nostro:
Abu Ghrahib docet). La nostra storia ci dice che la tortura contro i
prigionieri è sempre esistita, che è stata praticata negli anni ’80
nella stagione del conflitto più radicale, che verosimilmente la
moltitudine di Genova metteva ancora più paura. Ci dice che lo è
tuttora (qualche nome recente: Aldrovandi, Brianzino…), che è pratica
periodica nelle caserme e nelle camere di sicurezza. La loro logica
presuppone che si debba sapere: solo così può dispiegare sino in fondo
la sua valenza deterrente. La nostra storia ci dice che sappiamo bene
che mai nessun torturatore o assassino al servizio del potere ha pagato.
La loro strategia di sperimentazione della violenza a Genova – tutta
Genova, non solo Bolzaneto – fu parte di una sorta di prova di guerra
interna e in guerra, si sa, lo stato di diritto viene sospeso. La
nostra storia ci ha lasciato la percezione che quel diritto di
resistenza a nostra volta sperimentato resta paradigma ineludibile in
ordine al sistematico trascinamento del conflitto sociale dentro la
normativa penale.
La
nostra storia è rispondere con determinazione al tentativo di
paralizzare il dissenso attraverso uno strumento penale che vale secoli
di galera per una manciata di manifestanti sotto processo a Genova e
Cosenza mentre concede l’impunità ai veri responsabili degli orrori che
hanno caratterizzato quelle giornate. Dove per responsabili non si
intende qualche decina di seviziatori sadici, ma una catena di comando
mai nemmeno sfiorata dalle inchieste giudiziarie: fu il ministro della
giustizia Castelli a ispezionare Bolzaneto, non l’ultimo dei funzionari
dell’amministrazione penitenziaria. Per tutti i nomi conosciuti la
promozione a più alti incarichi, a cominciare dal capo della polizia De
Gennaro, per i manifestanti che a Firenze furono caricati violentemente
mentre sfioravano l’ambasciata americana sette anni di reclusione
ciascuno.
La nostra storia ci dice che a poco serve inseguire una
giustizia che dopo aver consentito che si facesse di noi carne da
macello su di noi continua ad accanirsi quali unici responsabili di
quanto avvenne nel luglio 2001. Ci dice che molto c’è da fare invece
per sottrarre centinaia di noi agli effetti di questa stessa giustizia.
Ci dice che dobbiamo lavorare perché niente di simile accada più. Ci
dice che nel lavoro da fare c’è anche la necessità di imporre soglie
certe al diritto di manifestare, di pretendere la riconoscibilità di
chi effettua servizio di ordine pubblico, di continuare a ridisegnare
quell’incerto confine che divide legalità e legittimità.
La storia siamo noi. La nostra storia è ancora continuare a pensare che un altro mondo è possibile.
Liberitutti
![]() Fonte: Corriere on line 12.03.08I centri sociali occupano la sede del PdAll’esterno del loft esposto uno striscione: «Tortura al G8. Yes we can».
È
Alla protesta, a quanto si è appreso dalla polizia, |
È durata una quarantina di
minuti l’occupazione della sede del Pd a Roma da parte di una trentina
di appartenenti ai centri sociali della capitale per protestare contro,
ha detto un loro portavoce, la mancata presa di posizione del Partito
democratico sui fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto nel corso del
G8 del 2001 dopo le richieste di condanna avanzate dai pm di Genova.
Dopo una quarantina di minuti, in seguito a un incontro con il
responsabile della comunicazione del Pd Ermete Realacci, i giovani sono
usciti dal loft.
Alla protesta, a quanto si è appreso dalla polizia,
hanno partecipato in tutto una ventina di persone. Sette sono entrate
nella sede del partito, le altre sono rimaste fuori in piazza
Sant’Anastasia. «Volevamo che il Pd si esprimesse sulla vergogna di
Bolzaneto», ha detto Stefano Zarlenga, della Rete per l’autoformazione,
una delle sigle che ha partecipato alla protesta, insieme con Horus e
Collettivi studenteschi. «È stata una protesta pacifica», ha aggiunto
Zarlenga. All’esterno del loft del Pd è stato esposto uno striscione
con scritto «Tortura al G8. Yes we can».
L’inchiesta Fiom sulla condizione operaia e l’in/sicurezza sul lavoro nel nuovo ddl governativo [Interviste e materiali]
L’inchiesta
promossa dalla Fiom, presentata il 29 febbraio scorso a Torino dopo un
lavoro di circa un anno, ha pochi precedenti per dimensione e dettaglio
di analisi sulla condizione di lavoro. 100.000 lavoratrici e lavoratori
hanno risposto, oltre 15.000 impiegati, compresi livelli elevati, oltre
3.000 migranti e più di 20.000 donne.
Secondo i curatori, i dati
rappresentano in qualche modo uno spaccato della parte più strutturata
e avanzata delle condizioni di lavoro. Chi è fuori dai diritti e dalle
tutele della sindacalizzazione normalmente sta peggio. Da questo punto
di vista si possono considerare i risultati di questa inchiesta una
sorta di grande superficie emersa di una condizione di lavoro che in
molte realtà sarà sicuramente peggiore.
[Ascolta l’intervista con Eliana Como, curatrice della ricerca, sulle modalità e sui risultati principali dell’inchiesta]
Dall’Introduzione di Giorgio Cremaschi al libro sintesi sull’inchiesta (vedi http://www.fiom.cgil.it/inchiesta/libro_sintesi.pdf) riportiamo la riflessione sull’intreccio tra vecchie e nuove dipendenze:
"La
tendenza ideologica di fondo è quella di presentare la grande
trasformazione avvenuta nell’economia e nella produzione, in un
processo che avrebbe cancellato ripetitività, taylorismo, modelli
autoritari di produzione e che avrebbe spostato tutto sulla
flessibilità, sulla qualità, sulla partecipazione…Anche chi non nega
che esistano oggi condizioni di precarietà, di sfruttamento, di perdita
di identità del lavoro inaccettabili per una società civile, tende a
vederli tutti come frutto del nuovo modo di lavorare, che ha cancellato
il vecchio distruggendo, con il male della condizione di lavoro
fordista, anche il bene dei diritti e delle tutele con essa
accumulati…
Dall’inchiesta promossa dalla Fiom tutta questa
impostazione viene smentita. Nel lavoro industriale di oggi, proprio in
quello più competitivo e avanzato, le vecchie pratiche tayloriste
fondate sulla ripetitività, sulla parcellizzazione, sulla spinta
all’aumento dell’orario di lavoro, e quelle richieste dalla modifica
dei ritmi produttivi, dalla diversa richiesta di qualità dei prodotti,
dall’obbligo di una maggiore attenzione e partecipazione di chi lavora
al processo produttivo, il vecchio e il nuovo insomma, si sovrappongono
e si intrecciano. Non sparisce la vecchia condizione di lavoro, ma si
trasforma con un aggravio complessivo della fatica del lavoratore e
ancor più della lavoratrice, per cui la fatica che viene dal vecchio
spesso si somma con lo stress, la tensione, l’insicurezza sociale
prodotta dal nuovo. Da questa inchiesta non emerge soltanto il fatto –
che a volte diviene spunto per retorica banale – che gli operai
esistono ancora. L’elemento di verità di quest’inchiesta è, secondo
noi, che attraverso la profonda ristrutturazione avvenuta in questi
venti anni nel sistema industriale e nell’organizzazione del lavoro, si
è affermato un modello che si sta estendendo a tutta la società,
nel quale la dipendenza delle persone, la riduzione della loro
autonomia reale, sono accompagnate dalla richiesta di una sempre più
convinta adesione del lavoratore ai processi qualitativi dell’impresa.
La somma di vecchio e nuovo,
la loro contaminazione, produce così un modo di lavorare infinitamente
più stressante e faticoso che nel passato… nelle fabbriche
metalmeccaniche, anche nella produzione di massa, ove il permanere
della catena di montaggio, anche se spezzettata e frantumata, il
permanere e l’accentuarsi di mansioni parcellizzate e ripetitive, che
fanno ripetere migliaia di volte al giorno lo stesso movimento, si
aggiunge alla richiesta di intervento di qualità sulla produzione, sia
per elevare la qualità media del manufatto, sia per rispondere alle
continue esigenze di diversificazione del prodotto finale" (pag. 1-2)
In sintesi:
"Quello
che qui sosteniamo è che il sistema di lavoro cosiddetto fordista e
taylorista non è scomparso, ma si è riorganizzato frantumandosi e
sommandosi ad altre mansioni, ad altre richieste di lavoro. In un certo
senso il lavoratore che oggi opera nell’industria metalmeccanica – e
noi crediamo più in generale nel sistema industriale e produttivo –
subisce contemporaneamente le asprezze e le monotonie del fordismo e le pretese e i rischi del postfordismo" (p.3)
Netta la valutazione politico-sindacale che ne consegue per il rapporto tra vecchie e nuove tutele…
"Se
questa tesi è vera, e tutti i dati che man mano illustreremo lo
dimostrano, emerge una conclusione sindacale immediata: la proposta di
uno scambio tra la riduzione
delle vecchie tutele,quelle legate al modello fordista, e la
costruzione di nuove, legate al nuovo modello di lavoro frantumato e
flessibile, rischia di produrre una catastrofe. Questo perché ogni
lavoratore ha bisogno contemporaneamente delle vecchie e di nuove tutele, se si smantellano le prime, le seconde affondano nel nulla"
… e in risposta a chi ripropone in nuove forme la politica dello scambio:
"Infine,
dall’inchiesta emerge come sia priva di fondamento anche la tesi
secondo la quale sia possibile scambiare una riduzione del ruolo del
Contratto nazionale a favore della contrattazione aziendale, per
ottenere migliori risultati complessivi. I lavoratori che hanno
risposto sono quasi tutti appartenenti ad aziende sindacalizzate…Le
insufficienze, i bassi
salari, le difficoltà nella condizione di
lavoro, stanno quindi nella parte più sindacalmente avanzata
dell’industria metalmeccanica. Immaginiamo allora tutto il resto del
mondo del lavoro, che sta ancora più indietro, messo di fronte alla
proposta di scambio tra livello nazionale e livello aziendale.I
risultati sarebbero nulli o negativi, come dimostra la debolezza di
entrambi i livelli contrattuali là ove essi sono presenti" (pag. 2)
[ascolta l’audio dell’intervista a Giorgio Cremaschi]
L’indirizzo da cui accedere all’insieme dei materiali pubblicati è:
http://www.fiom.cgil.it/inchiesta/default.htm
In particolare i dati del questionario su:
http://www.fiom.cgil.it/inchiesta/questionario_frequenze.pdf
Una sintesi sui risultati dell’inchiesta nell’articolo di Davide Orecchio da www.rassegna.it, 29 febbraio 2008 su:
http://www.rassegna.it/2008/lavoro/articoli/inchiesta_fiom.htm
Sul nostrano sistema di dis/informatsja:
Il
giorno dopo la presentazione ufficiale del 29 febbraio sui quotidiani
nazionali ecco i riscontri: l’Unità ha dedicato pagina 17 (!)
all’inchiesta con un articolo di analisi e un commento, Liberazione la
pagina 6 con due articoli e un intervento di una delegata, Il Manifesto
pagina 2 e l’editoriale di prima, il Sole 24 ore articolo in taglio
basso a pagina 21, il Corriere della Sera una quarantina di righe in
taglio medio di pagina 30, Repubblica niente…
_______________________________________________________________________________
L'(in)sicurezza sul lavoro:il nuovo ddl governativo
Come emerge dall’inchiesta Fiom, la condizione operaia è sempre più caratterizzata dal combinato di in/sicurezza del e sul posto di lavoro che, con la diffusione del rischio ribaltato dall’impresa al lavoratore/trice, è all’origine dello stillicidio impressionante di incidenti mortali:
> Ascolta l’audio con l’intervista a Marco, operaio Fiat Iveco
Stura, sui danni prodotti dall’atteggiamento partecipativo del
sindacato confederale che accetta di far transitare l’assunzione del
rischio dall’impresa al lavoratore – l’esatto opposto di quanto emerge
da una, ancora troppo timida, presa di parola che continua a farsi
sentire, come recentemente con il no all’intesa nel referendum sul
contratto metalmeccanici
> Ascolta l’audio con l’intervista a Gaetano dei Cobas sulla situazione drammatica che sta dietro gli "incidenti" come quello di Molfetta
> Ascolta l’audio con l’intervista a Franco, Cgil settore infortuni, sul decreto sicurezza lavoro varato dal governo: "la montagna ha partorito il topolino…"
A soli cinque mesi dal tentativo
– fallito – di sostituire l’occupazione di via Alessandria con la sede
di un’associazione italo-rumena, il comune torna alla carica, fedele ai
principi resi noti pochi mesi prima in circoscrizione 7 dal suo alfiere
Piero Ramasso:
per giustificare lo sgombero dell’Asilo Occupato, e in futuro di
qualsiasi altra occupazione di vecchia data, c’è bisogno di una
“individuazione operativa”, cioè di un progetto approvato con relativo
finanziamento.
Detto – fatto. Se il comune non ha i soldi per finanziare un progetto che giustifichi lo sgombero dell’Asilo, ci pensa l’assessore Marco Borgione
a trovarli: basta utilizzare i fondi del Ministero degli Interni
destinati al recupero di un edificio che possa diventare un nuovo
dormitorio – foresteria per i rifugiati a Torino!
L’assessore Borgione, da buon politico moralmente irreprensibile, non
ci pensa due volte ad utilizzare una somma di denaro pubblico destinata
a dare una sistemazione abitativa per i rifugiati a Torino per
risolvere una mera questione politica, lo sgombero delle case occupate,
che sappiamo bene essere un cruccio che da tempo assilla la “sinistra”
giunta Chiamparino. E’ anche alquanto sospetto che l’ass. Borgione si
dimostri ora così sollecito nel trovare una soluzione al problema
abitativo dei rifugiati, quando quest’inverno la stessa persona si è
dimostrata totalmente sorda alle iniziative ed alle richieste del
gruppo di rifugiati che avevano occupato la palazzina di via Paganini
33 (ex-Fenix2), che pure miravano al riconoscimento da parte del comune delle stesse necessità che cavalca ora l’assessore.
La
questione ci sembra quindi molto chiara: cambiano le facce, ma è
evidente che la giunta Chiamparino sta cercando di fare leva su temi
“di sinistra” (integrazione dei migranti, diritti dei rifugiati) per
mascherare in realtà un’azione repressiva nei confronti di tutte le
realtà che non assecondino o si sottomettano al potere delle
istituzioni o ad una linea di partito. Al posto di Ilda Curti, Antonio Angeleri, Piero Ramasso,
promotori del tentativo di sgombero di pochi mesi fa, ora c’è
l’assessore alle politiche sociali Borgione, che ovviamente non si
muove solo di sua spontanea iniziativa, ma su precise indicazioni dello
sceriffo Chiamparino, che vuole annoverare tra i suoi “devastanti”
successi anche l’eliminazione delle case occupate a Torino.
Quello che ci sembra ancora più becero e meschino rispetto a pochi mesi
fa è che in questa occasione vengano tirati in mezzo, strumentalmente e
a loro insaputa, i richiedenti asilo e rifugiati e che, con la scusa di
fornire loro una sistemazione, si trovi il pretesto per sgomberare una
casa viva e attiva da 13 anni come l’Asilo Occupato, quando la città
continua ad abbondare di edifici che rimangono inutilizzati sotto gli
occhi dei torinesi.
Noi ovviamente siamo di natura refrattari ai giochi politici che vedono
i più deboli vittime e pedine inconsapevoli di progetti repressivi dei
politici di turno e non ci rassicura il fatto che l’affermazione
dell’assessore Borgione dimostri da sola la bassissima statura morale
del politico in questione.
Da consumati giocatori d’azzardo quali siamo vediamo e rilanciamo, il
tavolo da gioco è la città di Torino, la partita è appena cominciata.
Saremo sempre pronti a ribadirlo, L’ASILO NON SI TOCCA!
Asilo Occupato Principe di Napoli
Via Alessandria dudes
Scarica, fotocopia, diffondi
Raccolta della notizie Ansa – Genova, 11 marzo 2008
Seguono rapporti dal processo a sbirri e medici, aguzzini e torturatori del G8 di Genova 2001.
L’unica giustizia è nelle macerie.
CHIESTE CONDANNE A OLTRE 76 ANNI (1)
Condanne complessive a 76 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione sono
state chieste dai pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati
per i 44 imputati nel processo per le violenze e i soprusi nella
caserma della Polizia di Bolzaneto, durante il G8. Per uno solo dei 45
imputati, Giuseppe Fornasiere, è stata chiesta l’assoluzione. Le pene
variano da 5 anni, 8 mesi e 5 giorni a 6 mesi di reclusione.
11-MAR-08 13:38 NNN
CHIESTE CONDANNE A OLTRE 76 ANNI (2)
La pena più pesante, 5 anni, 8 mesi e 5 giorni di reclusione, è stata
chiesta per Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia
penitenziaria, in servizio nella struttura di Bolzaneto nei giorni del
G8 del 2001 come responsabile della sicurezza. È accusato di abuso d’
ufficio e abuso di autorità contro detenuti. L’accusa nei suoi
confronti è di aver agevolato e comunque non impedito la condotta degli
altri come avrebbe dovuto e potuto fare nella sua veste di responsabile
alla sicurezza. In particolare avrebbe percosso con calci, pugni,
sberle e anche con il manganello in dotazione gli arrestati e i fermati
per identificazione. Pena cospicua di 3 anni e 6 mesi di reclusione
anche nei confronti di Alessandro Perugini, ex numero due della Digos
di Genova, il funzionario più alto in grado presente nella caserma,
accusato di abuso d’ufficio e di abuso di autorità contro i detenuti.
Stessa richiesta di condanna per Anna Poggi, commissario capo di
polizia, per il generale della Polizia Penitenziaria Oronzo Doria
(all’epoca colonnello), responsabile del coordinamento e dell’
organizzazione, per gli ufficiali di custodia cap. Ernesto Cimino e
cap. Bruno Pelliccia, che devono rispondere degli stessi reati.
Complessivamente i capi d’accusa contestati dai pm sono stati 120.
(ANSA). MTT
11-MAR-08 13:42 NNN
LE RICHIESTE DI CONDANNE PER I MEDICI
I pm hanno chiesto inoltre la condanna dei cinque medici presenti
nell’area sanitaria. Per Giacomo Toccafondi, coordinatore, accusato di
abuso di atti d’ufficio e di diversi episodi di percosse, ingiurie e
violenza privata, i pm hanno chiesto la pena di 3 anni, 6 mesi e 25
giorni di reclusione; per Aldo Amenta 2 anni, 8 mesi e 15 giorni; per
Adriana Mazzoleni, 2 anni, e 3 mesi; per Sonia Sciandra, 2 anni, 8 mesi
e 25 giorni per Marilena Zaccardi, 2 anni, 3 mesi e 20 giorni. Nei
confronti di Massimo Pigozzi, il poliziotto accusato di lesioni
personali per l’ episodio dello «strappo» alla mano subita dal
manifestante Giuseppe Azzolina, poi suturata senza anestesia, i pm
hanno chiesto la pena di 3 anni e 11 mesi di reclusione. Le richieste
di condanna sono contenute in 23 pagine e per leggerle il pm ha
impiegato circa un’ora. Nei prossimi giorni la pubblica accusa
presenterà al tribunale anche una memoria di mille pagine per
denunciare le torture subite dagli arrestati nella caserma di
Bolzaneto. Nutrito il collegio dei difensori presenti in aula tra cui
Sandro Vaccaro e Nicola Scodnik difensori di Gugliotta, Pigozzi,
Toccafondi. A decidere ora sulle richiestè sarà il tribunale presieduto
da Renato De Lucchi. (ANSA). MTT
11-MAR-08 13:46 NNN
PM, ITALIA INADEMPIENTE PER REATO TORTURA (ANSA) – GENOVA, 11 MAR –
Nella caserma di Bolzaneto, secondo i pm, furono inflitte alle persone
fermate «almeno quattro» delle cinque tecniche di interrogatorio che,
secondo la Corte Europea sui diritti dell’uomo chiamata a pronunciarsi
sulla repressione dei tumulti in Irlanda negli anni Settanta,
configurano «trattamenti inumani e degradanti». Quello che avvenne a
Bolzaneto – hanno sostenuto i pm – fu un comportamento inumano e
degradante ma, non esistendo una norma penale (per la quale l’Italia è
inadempiente rispetto all’obbligo di adeguare il proprio ordinamento
alla convenzione internazionale), l’ accusa è stata costretta a
contestare agli imputati l’art.323 (abuso d’ufficio) che comunque sarà
prescritto nel 2009. L’unico reato per cui sono richieste 10 anni per
la prescrizione è il falso ideologico. Altri reati contestati a vario
titolo sono: violazione della convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, abuso di autorità nei
confronti di persone arrestate o detenute, minacce, ingiurie, lesioni.
Parlando dei disegni di legge mai tramutati in legge, il pm
Petruzziello ha detto che per il reato di tortura e per il trattamento
inumano e degradante sarebbe prevista l’imprescrittibilità e le pene
varierebbero da 4 a 10 anni. Nel caso in esame, invece, i reati si
prescriveranno quasi tutti nel 2009. (ANSA). MTT 1
11-MAR-08 13:48 NNN
LE VICINANZE TRA ALLEANZA NAZIONALE E FORZA NUOVA
A
livello locale i due partiti (insieme alla Lega nel Nordest) si muovono
uno di fianco all’altro, AN sostiene quando può le iniziative dei
nazi/fascisti di Fiore per poi fingere di non conoscerli a livello
nazionale.
In molte città li abbiamo visti chiedere agibilità per le loro
iniziative del cazzo sulla Rsi, però come si dice verba volant scripta
manent..
E poiché accà nisciuno è fesso vogliamo rendere noto uno scambio di
scaramucce tra Forza Nuova e Azione Giovani di Milano qualche anno fa,
il testo ci è stato mandato da un compagno che ha intercettato la posta
e che evidentemente “s’immola” per la causa e si sorbisce le minchiate
che i topi di fogna si scambiano nelle lettere..
E questo però secondo noi il modo di agire, anticipare le loro mosse,
stargli addosso il più possibile e bloccarli ogni qual volta cacciano
fuori la capa dal sacco !
Se considerate poi che a livello nazionale AN finge di non conoscerli
neanche, questi suoi nipotini (Forza Nuova), riteniamo importante il
testo sottostante soprattutto dove la rappresentante nazionale di
Azione Giovani rinfaccia tutto quello che hanno fatto per i camerati di
Fiore..
Per facilitare la comprensione gli scazzi nascono dal fatto che alcuni
compagni sono andati a rompere le uova nel paniere ai banchetti di FN e
AN e mentre i primi sono rimasti in piazza i secondi se ne sono andati
( o come preciserà l’esponente si Azione Giovani si “sono spostati”)
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO..
“Alla Posta di Forza Nuova
Posted by Roberta Capotosti on 2/11/2000, 15:39:46
All’”ignoto”autore di un messaggio tanto idiota, “quel coglione di
Pilli” autore, per la cronaca, anche del manifesto affisso di notte (e
poi chi è il codardo?!) sul portone della sede di Azione Giovani,
voglio puntualizzare una serie di cose che farebbe bene a ricordare in
futuro. Innanzitutto i fatti:
1) Azione Giovani non ha affatto levato “di gran fretta le bandiere ed
il banchetto”, nè ha lasciato la piazza, è rimasta, come era suo
dovere, a presidiare il suo banchetto posto al lato opposto della
piazza.Un commento sui fatti: non credi che sbandierare ai quattro
venti che avreste avuto bisogno dell’aiuto di Azione Giovani che tu, in
ogni occasione, non perdi mai di etichettare con i peggiori epiteti,
non vi fa fare proprio una bella figura nè, tanto meno, passare per
eroi, termine che tanto bene si contrappone a “codardi”?
Un commento sullo stile: attaccare un manifesto sul portone ben
dipinto, lordare l’ingresso svuotando il secchio della colla preparato
con tanta cura da un certamente meticoloso militante di FORZANUOVA, non
credi che sia una cosa di cattivo gusto?
Un commento su quello che AZIONE GIOVANI ha fatto per FORZANUOVA nel passato neanche troppo passato:
1) “Spingere” una richiesta in Comune per riservarvi l’utilizzo della
Palazzina Liberty onde poter svolgere un concerto i cui proventi
sarebbero andati esclusivamente nella vostra cassa
2) “Difendere” tale richiesta “scomodando” un Consigliere Comunale di Alleanza Nazionale
3) Trovarvi un luogo alternativo dove poi avete regolarmente svolto il concerto, con un buon incasso!
4) Riservarvi uno stand alla Militalia ad un prezzo decisamente di favore, scomodando un deputato di Alleanza Nazionale
5) Fare votare dai ragazzi di Azione Giovani tutto il POLO nelle sedi
istituzionali (leggasi tutti i Consigli di Zona di Milano) contro una
mozione presentata da Rifondazione Comunista contro la vostra
manifestazione dell’11 novembre e contro il vostro segretario regionale
6) Fornire il numero del cellulare di un Deputato di Alleanza al vostro
segretario nazionale che con questo si doveva complimentare (e
sottolineo complimentare) per un intervista fatta su comuni temi (e
sottolineo comuni)…
…e tante, tante altre cose, magari di minor conto ma che vi hanno, in
ogni caso, agevolato nella vostra azione politica…non credi che si
possa chiamare INGRATITUDINE?
Un commento sulla grammatica…la TUA: “un altro” si scrive senza apostrofo.
Un commento sul passato…il TUO. Non ricordo di averti mai visto (io
sono dodici anni che faccio politica!) quando, negli anni, i compagni
ci hanno minacciato, deriso e malmenato in piazza San Babila e dovunque
a Milano. Non ricordo di averti mai visto nel Movimento Sociale
Italiano, anche se asserisci di essere stato iscritto e la cosa
(ricordi?) non è dimostrata.
Un commento sul presente: non ti senti un po’”leccaculo” quando ai
banchetti di FORZANUOVA porti i legnetti perchè un digossino sa che fai
il falegname e te li ha chiesti? Non ti senti un po’”infame” quando
riporti i fatti di cronaca al tuo segretario regionale artatamente
contraffatti? Non ti senti un po’”meschino” quando fai azioni così poco
rivoluzionarie contro chi, dal mattino alla sera e soprattutto da molti
anni più di te, crede e combatte per quei valori nobili che tu, con il
tuo maldestro operato, incarni così malamente.
Conclusione: hai tutte le caratteristiche di uno sbirro che fomenta gli
animi per mettere contro persone che negli anni si sono sempre
rispettate e spesso stimate.
Noi non ci prestiamo a questo tuo sporco gioco ma sappi che ti stiamo osservando…
La Dirigente Nazionale di Azione Giovani
Roberta Capotasti”
Amen !!
La
prossima volta che Fini dice di non conoscerli gli mandiamo questo
messaggio alla sede del suo partito vediamo se poi finge anche di non
saper leggere
6 Marzo 2008
Marco Martorana penultima udienza 2 Aprile 2008
Oggi al Palazzo Bruno Caccia di Torino c’è stata l’udienza a carico di Marco Martorana accusato di aver feritoun poliziotto durante
un corteo lungo le vie di Torino il 6 dicembre ’05 per protestare delle
vili aggressioni poliziesche durante lo sgombero di Venaus avvenuta la
notte precedente, dove giovani ed anziani vennero cacciati e sgomberati
dal presidio permanente.
Ricordiamo che 2 giorni dopo l’8 Dicembre ci fu la presa del Cantiere e la ricostruzione del presidio permanente di Venaus attivo tuttora.
Oggi c’è stata la testimonianza di un teste a favore di Marco, mentre doveva presentarsi a deporre una commissario di polizia la quale non si è presentata causa maternità.
La prossima udienza (la penultima) sarà fra meno di un mese 2 Aprile h 13:00 aula 54 ingresso 21 sempre a Torino, sempre al Palazzo Bruno Caccia
LA LOTTA AL TAV NON SI ARRESTA NE’ SI PROCESSA
ATTENZIONE!
Dopo la chiusura forzata di Fenix (20 Luglio 2005) da parte della
magistratura torinese, dove 10 compagni vennero arrestati per gli ormai
famosi “scontri ” del 18 Giugno ‘05, sono state poi fatte 2
feste, il 25 Aprile ed il primo Maggio 2006 dove Fenix riprese a volare…
Ora la magistratura per quel magico volo processerà alcuni noti compagni
che parteciparono a quelle 2 feste in quel dei giardini irreali davanti a
Fenix.
La prima udienza sarà il 7 Aprile 2008 Ore 9:00 del Mattino aula 82
ingresso 22 del Palazzo Bruno Caccia
Nuovo sito TuttoSquat
http://tuttosquat.net/
Tutti i Venerdì
Dopo le 17:00
Ascolta TUTTOSQUAT
Il Giornale Malandrino degli Squatters di Torino
in radio &
on web
http://www.radioblackout.org/streaming/
Per Torino & Provincia
105.250 fm
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OSSERVATORIO ASTRONOMICO CONTRO LA REPRESSIONE
http://www.inventati.org/fenix/links.php
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[CRASH!] La magistratura all’attacco dell’ocupazione. Guai a chi ci tocca! [Comunicato dell’Area Antagonista]
Una
sentenza che pesa come un macigno quella emessa il mese scorso dal
Tribunale del Riesame di Bologna per il sequestro del Laboratorio
Crash! Un macigno scagliato contro tutte le esperienze, passate e
presenti, di occupazione di centri sociali in Italia e contro la
pratica dell’occupazione stessa. Genova, Cosenza, Firenze e ora anche
Bologna, diventano teatro di un nuovo ruolo che la magistratura
accoglie a sé. Un ruolo tutto politico di ridefinizione degli ambiti di
agibilità del movimento, un tentativo di arginare le lotte che si
sviluppano nei territori passando non solo dalla criminalizzazione di
significativi segmenti passati del movimento contro la globalizzazione
e la guerra, ma anche andando ad attaccare nello specifico gli stessi
luoghi di produzione e riproduzione di una politica antagonista,
necessariamente elementi di ingovernamentabilità dei conflitti nelle
metropoli.
Una
sentenza che estende nei fatti i presupposti del sequestro cautelare:
prima di oggi indirizzata esclusivamente alla confisca dei beni in
possesso di organizzazioni mafiose e ad abusi edilizi, ora viene
reinterpretata come applicabile a tutte le lotte sociali per la
riconquista di spazi autogestiti, per la produzione di cultura e
socialità non mercificate, contro i percorsi di costruzione dei
conflitti sociali.
All’indomani
della caduta del Governo Del Sacrificio Prodi, e dell’incapacità reale
della politica istituzionale di risolvere i problemi sociali è dai
tribunali che si cerca di mettere ordine per la salvaguardia dello
status quo. E così l’antagonismo espresso a Genova contro i governi
della guerra e della devastazione economica e ambientale, con il suo
respirare assieme e le sue molteplici istanze, diventa per la
magistratura il pretesto per riaffermare che mai più sarà concesso di
tornare ad animare le strade e le piazze delle città per affermare in
modo deciso il proprio dissenso. Così il processo di Cosenza diventa
punto cardine di nuovi teoremi giudiziari che trasfigurano le lotte
autonome portate avanti nei territori, leggendo ovunque complotti e
pianificazioni sovversive. Così a Firenze la legittima opposizione alla
Guerra Permanente, le cariche ingiustificate, a nove anni di distanza
vengono a forza stipate nel cassettone della storia giudiziaria sotto
coltri che parlano di violenza e resistenza pluriaggravata. Così la
magistratura non solo legge bene la crisi della rappresentanza politica
delle istituzioni, ma se ne fa immediatamente sostituto e nuovo
protagonista dal pugno di ferro.
In
questo modo, nonostante la sospensione dell’esecuzione del sequestro
fino all’ultimo grado di giudizio, necessariamente anche i centri
sociali, come luoghi di autorganizzazione politica antagonista, ma
anche come proposta alternativa e autonoma alla cultura ed alla
socialità di regime, vengono messi sotto accusa. Il tentativo è chiaro:
mai più in nessun luogo occupazioni, mai più luoghi altri da quelli
istituzionali, mai più ambiti non immediatamente sussumibili e
riciclabili nelle immediate esigenze dei palazzi del potere. Il
teatrino non può crollare, lo show deve andare avanti, e per farlo
bisogna creare adeguati precedenti giuridici. E va avanti mostrando, ad
esempio, dietro a vetrine infarcite di lustrini l’inquietante e
inaccettabile spettacolo di un Salone del Libro a Torino, autoelettosi
a migliore espressione della cultura letteraria, che invita come ospite
d’onore uno stato le cui istituzioni praticano politiche d’apartheid,
quello d’Israele. Si riscopre palcoscenico di ammiccamenti e
"miracolosi" avvicinamenti tra forze politiche che, stanche dei ruoli
loro assegnati dal copione dell’alternanza, si riscoprono possibilisti
su intese larghe per il sommo fine di "ridare dignità al Paese"… una
dignità inevitabilmente di nuovo fondata sul sacrificio,
sull’oppressione, sulla razionalizzazione del sociale a fini
produttivi, sulla guerra, sull’assassinio delle libertà individuali e
collettive.
In
tutto ciò evidentemente i centri sociali, non hanno ruolo. E di questo,
diamo atto, siamo assolutamente certi anche noi. I terreni marcati
dalle lotte popolari contro le nocività e le devastazioni ambientali,
l’ingovernamentabilità dei conflitti sociali, l’essere inevitabilmente
dall’altra parte del fronte "interno" di questa Guerra che si vuole
Permanente, la vivacità data da una riscoperta capacità di plasmare i
nostri territori aldilà delle esigenze produttive, riqualificando dal
basso, opponendosi alla segmentazione ed alla desertificazione sociale,
combattendo la retorica del degrado e della sicurezza riportandole sul
piano della soddisfazione di bisogni e desideri, ostacolando le
speculazioni… questo oggi sono i centri sociali, gli spazi
autogestiti a Bologna come nel resto d’Italia.
E
proprio per questo crediamo che, dopo la manifestazione del 6 ottobre,
si debba tornare a progettare lotte e mobilitazioni che attorno a
questo sappiano ridare il segno dell’insopprimibilità degli spazi
autogestiti, indipendentemente dal dove venga l’attacco. Urgente è la
necessità di riaffermare come ciò che pertiene alle lotte sociali, ai
loro obiettivi, non possa essere negato spingendolo a forza nelle aule
dei tribunali, quando invece sono le strade, le piazze, gli spazi, le
periferie delle città i nostri luoghi; e questo anche per garantire la
percorribilità futura di esperienze di occupazione. Quello del
sequestro cautelare sulle occupazioni, siano esse di case o di spazi,
rischia di diventare un precedente giuridico molto pericoloso, che
tolga di fatto la possibilità di ricorrere a tale strumento all’interno
dei percorsi di lotta del movimento, che neghi alle occupazioni ogni
possibilità di innescare un piano di legittimazione sociale, di
rivendicazione e soddisfazione di bisogni e desideri. Anche e forse
soprattutto per quanto riguarda il plausibile ricorso all’arma del
sequestro per le occupazioni abitative questo provvedimento in corso
rischia di divenire l’arma con cui negare la legittimità dei movimenti
di lotta per la casa che nelle grandi metropoli italiane rappresentano
una forza significativa e vitale ed una risposta autonoma ai propri
bisogni insoddisfatti. Diventa arma per bypassare a piè pari le
contraddizioni politiche poste dal movimento e di arginare a sola
questione di "criminalità" la legittima rivendicazione di migliori
condizioni di vita. Occorre, crediamo, riaprire tutte le contraddizioni
che il nuovo assetto politico cercherà inevitabilmente di sanare per
garantirci non solo la sopravvivenza, ma anche lo spazio per esprimere
quella nostra capacità di essere forza vitale e prorompente negli
altrimenti grigi e ristretti spazi metropolitani.
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Area Antagonista
Laboratorio Crash! – Bologna
Collettivo Universitario Autonomo – Bologna
Csoa Askatasuna – Torino
Collettivo Universitario Autonomo – Torino
Csa Murazzi – Torino
Csoa Ex Carcere – Palermo
Collettivo Universitario Autonomo – Palermo
Csa Dordoni – Cremona
Coa Transiti – Milano
Collettivo Autogestito Modenese – Modena
Csa Godzilla – Livorno
Officina Sociale Refugio – Livorno
El Chico Male – Livorno
Csoa Cartella – Reggio Calabria
Csoa Rialzo – Cosenza
Gabbiotto Infoshop – Bari
Csa Mattone Rosso – Vercelli
Università Antagonista – Pisa
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