7 anni di galera per 13 compagni: a Firenze

[FIRENZE] 7 anni di galera per i 13 compagni che si opposero alla "guerra umanitaria" del governo Prodi

Firenze,
29 gennaio 2008 – Era il maggio 1999, era del primo governo Prodi.
Iniziava allora la triste moda delle "guerre umanitarie", pratica
ripresa e continuata dal 2° esecutivo di centro-sinistra appena
defunto.

Ieri il Tribunale di Firenze ha emesso la sentenza
del processo che vede imputate 13 compagn* con l’accusa di
resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale per fatti avvenuti il 13
maggio del 1999. Una sentenza pesantissima che condanna tutti gli
imputati a 7 anni di reclusione.

I fatti acontestati, sono
avvenuti durante un corteo nel 1999: a Firenze, come in molte altre
parti d’italia, ci fu uno sciopero generale indetto dal sindacalismo di
base contro la guerra nei balcani, sostenuta dall’allora governo
D’Alema. Il corteo finì sotto il consolato americano dove la
polizia caricò.

Sotto accusa il "diritto di resistenza".

>>> Ascolta l’intervista a Bruno Palladini, uno dei condannati (Movimento Antagonista Toscano)

>>> Guarda il video degli scontri

Qui di seguito il comunicato della Confederazione Cobas e del movimento Antagonista Toscano:

12 condanne a Firenze, come nella Grecia dei colonnelli

LA REALTA’ SUPERA SEMPRE LA FANTASIA

A FIRENZE COME NELLA GRECIA DEI COLONNELLI

13 CONDANNE A SETTE ANNI PER RESISTENZA!

Il
Tribunale di Firenze ha deciso di abolire ogni unità di misura
ed ha condannato a sette anni di reclusione i tredici imputati per gli
incidenti al Consolato USA del 13 maggio 1999 in occasione dello
sciopero/manifestazione indetto dal sindacalismo di base contro la
partecipazione dell’Italia alla guerra nei Balcani.

Sette
anni per aver preso un sacco di legnate a mani nude. Sette anni a
conferma che nella società contemporanea non c’è
più misura. Nello sfruttamento come nelle sentenze dei
tribunali. Sette anni vengono dati per omicidio (con le attenuanti).
Cinque per banda armata. Qualche manciata di mesi per stupro, nulla per
gli omicidi sul lavoro. Non parliamo della signora Dini e dei suoi
traffici internazionali finiti con una pena abbondantemente sotto
l’indulto.

Questi giudici ci fanno tornare
in mente i colonnelli greci e lo Shakespeare di “Misura per
misura”: viviamo la nostra contemporaneità nella
svalutazione dei valori, dunque il dramma è quanto mai attuale..

La Magistratura interpreta la crisi verticale
della rappresentanza politica, quella società dello spettacolo
andata in onda anche pochi giorni fa al Senato, e della sua
incapacità di controllare spinte e conflitti sociali.

Non
si deve manifestare, tanto meno contro la guerra. E poi, se al governo
c’è il centrosinistra è ancora più grave,
viene meno ogni “giustificazione politica”.

E’
il trend giudiziario di Genova e di Cosenza. E’ l’altra
faccia del delirio securitario che vuole incarcerare tutti i romeni che
scappano dalla Romania a causa dei “nostri” imprenditori
arrivati a sfruttare la forza lavoro locale per 80 euro al mese.

A
Firenze c’è la mano precisa dei DS in questa sentenza.
Dopo aver riesumato le ordinanze (1933) del Podestà per
deportare i lavavetri, hanno dichiarato la guerra ai poveri colpevoli
di avere cattiva incidenza sul turismo – come se Firenze non
fosse una città internazionale e cosmopolita. Ed ora indicano
nelle case occupate, nei richiedenti asilo che esodano dalle guerre il
prossimo nemico da colpire.

La città va
affidata a guardie pretoriane che devono esercitare il controllo
assoluto non solo sui movimenti, ma sui corpi e sulle menti,
perchè cresce la marea dei senza reddito, senza casa, senza
cittadinanza e che devono rimanere anche senza voce.

Queste
sentenze vogliono sancire lo slittamento del conflitto sociale
all’interno della normativa penale. Imputate/i capri espiatori,
diversificati per provenienza ed estrazione, per poter esercitare su di
loro una giustizia altrettanto diversificata. Per sperimentare la
tenuta di "nuovi" reati, quali devastazione e saccheggio, mantenendo i
"vecchi" resistenza e danneggiamento.

Daremo vita
ad una campagna nazionale su questa sentenza capace di coinvolgere
tutto quanto si muove nella società italiana PER DEMOLIRE QUESTA
E LE ALTRE SENTENZE.

RICORDIAMO I FATTI

Il
13 maggio 1999 lo sciopero delle organizzazioni di base fu un grande
successo (a Firenze 3.000 in piazza). Lo sciopero dimostrò la
possibilità di lottare contro la guerra NATO nei Balcani, guerra
sostenuta dal governo di allora, guidato da D’Alema, e definita
da CGIL-CISL-UIL “una contingente necessità”. A
corteo concluso davanti al Consolato Americano partirono, senza
preavviso, durissime cariche poliziesche: candelotti sparati ad altezza
d’uomo, 5 manifestanti costretti alle cure ospedaliere, mentre
tanti altri contusi evitarono gli ospedali. L’atteggiamento delle
forze dell’ordine fu conseguente alla circolare
D’Alema-Iervolino ("perché non vengano tollerate
manifestazioni contro basi militari e sedi governative"). Un paese in
guerra adegua il comportamento della propria polizia alla situazione
bellica. Un video mostrò l’esatta dinamica delle cariche –
video ripetutamente fatto vedere dalla trasmissione “Striscia la
notizia”, anche, strumentalmente, nei confronti del
centrosinistra al governo.

Già le richieste del pubblico ministero apparivano SURREALI: dai 4 ai 5 anni per "resistenza a pubblico ufficiale".

La sentenza dimostra che la realtà supera sempre la fantasia.

MA NON FINISCE QUI!

Movimento Antagonista Toscano – Confederazione Cobas

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BLOCCATA LA FERROVIA NAPOLI ROMA…

 

Rifiuti, bloccata ferrovia Napoli-Roma
De Gennaro: "Ho bisogno di soldi"

Il commissario straordinario: "Sto lavorando, ma ci sono delle valutazioni di budget da fare"

<B>Rifiuti, bloccata ferrovia Napoli-Roma<br>De Gennaro: "Ho bisogno di soldi"</B>

Proteste a Melito contro l’emergenza rifiuti

NAPOLI
– In Campania nuovi blocchi e proteste, mentre il commissario
straordinario per l’emergenza rifiuti fa capire di essere a corto di
risorse. "Sicuramente ho bisogno di soldi per questa emergenza", ha
detto De Gennaro nel corso dell’audizione davanti alla Commissione
parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. "Ho dei contatti – ha
spiegato – con il nostro ambasciatore a Berlino, che ha in programma
una serie di incontri con alcuni imprenditori locali ma ci sono delle
valutazioni di budget da fare".

Nuova giornata di tensione per l’emergenza rifiuti in Campania. A Giugliano
(Napoli) alcune decine di persone bloccano da questa mattina i binari
della stazione sulla tratta Napoli-Roma. Nel vicino comune di
Villaricca, invece, 20 manifestanti presidiano l’ingresso della
discarica individuata nel piano del commissariato per l’emergenza
rifiuti in Campania Gianni De Gennaro. Cittadini in allerta anche a
Napoli, nella Municipalità di Poggioreale: in 40 stanno
assistendo al consiglio municipale in corso per conoscere le sorti del
sito dell’ex manifattura tabacchi a Gianturco.

A Giugliano le ferrovie hanno istituito servizi di autobus sostitutivi
tra Villa Literno e Campi Flegrei e due Eurostar sono stati deviati via
Aversa- Napoli centrale.

A Marigliano
circa 200 persone hanno bloccato la statale 7 bis Nola-Pomigliano
D’Arco, mentre altri duecento manifestanti presidiano il sito. Si sono
registrati anche momenti di tensione: i manifestanti si sono scontrati
con le forze dell’ordine e un bambino di 8 anni è rimasto
contuso insieme ad una decina di altre persone. L’incidente è
avvenuto al sit-in davanti alla discarica in cui i dimostranti
impedivano l’accesso alle ruspe nell’area.

Le violenze sono state denunciate dal capogruppo dell’Udeur al Senato,
Tommaso Barbato, che in una nota ha detto di essere stato spettatore
diretto questa mattina dell’episodio: "Ho visto bambini portati in
ospedale dai loro genitori – è la sua denuncia – per farsi
medicare e perfino una donna incinta bastonata senza pietà.
Questa non è più democrazia: siamo di fronte a una vera e
propria attività repressiva degna della più bieca
dittatura. E’ forse con la guerriglia che il supercommissario De
Gennaro pensa di porre fine all’emergenza rifiuti?".

Ad Ariano Arpino,
nell’avellinese, molta altra gente è scesa in piazza contro la
riapertura della discarica di Difesa Grande. Circa diecimila i
manifestanti guidati dal sindaco Domenico Gambacorta, dai consiglieri
comunali e dai rappresentanti di tutte le forze politiche.

Sul fronte della raccolta, su richiesta della commissione straordinaria
l’esercito ha rimosso oltre 30 tonnellate di rifiuti dalle strade di Crispano
(Napoli). La zona maggiormente interessata dall’intervento l’area
circostante a via Cancello, ma durante la notte nel napoletano si sono
avuti una cinquantina di roghi di immondizia. I vigili del fuoco hanno
lavorato tutta la notte per spegnerli: le zone maggiormente interessate
sono state il vesuviano, l’area flegrea e l’hinterland nord.

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CORTEO NAZIONALE A COSENZA IL 2 FEBBRAIO..

[2 febbraio – Corteo nazionale a Cosenza per il
Sud Ribelle] Siamo tutti sovversivi! Contro la repressione, per le
libertà, per la giustizia sociale!


Il
processo alla Rete meridionale del Sud Ribelle ha un forte legame con
le giornate del G8 di Genova 2001, un filo rosso che in diverse
occasioni emerge lampante agli occhi di chi assiste a questo ennesimo
attacco repressivo e politico contro il movimento. Innanzitutto le
fonti delle imputazioni che vengono addossate a compagni e compagne del
Sud Ribelle risalgono anche loro, come per il reato di devastazione e
saccheggio del processo genovese, al codice Rocco dell’epoca fascista:
devastazione e saccheggio, associazione sovversiva. E Genova è
anche il campo sul quale la magistratura cosentina ha cercato le prove
per incastrare il movimento, imputando anche alla Rete del Sud Ribelle
la regia degli scontri al G8 di Genova e al Global Forum di Napoli,
sostenendo la presunta pianificazione del conflitto ai summit
internazionali e la successiva opera di devastazione da parte dei
compagn*.
Ma al di la delle rassomiglianze o delle sfaccettature
comuni, a monte vi è il chiaro tentativo di criminalizzare le
lotte sociali e politiche del nostro paese, e per di più farlo
in un territorio come quello meridionale pieno di difficoltà e
contraddizioni, all’interno del quale l’esperienza del Sud Ribelle
rappresenta una delle pagine più belle e significative scritte
dal movimento in questi ultimi anni.

La Rete meridionale del Sud Ribelle

Dopo
decenni di silenzio e rassegnazione il Sud Ribelle è lo scossa
che corre lungo tutto il territorio del Sud Italia, imbastendo ed
organizzando una straordinaria serie di lotte autonome, nonostante
tutte le differenze dei soggetti che lo compongono, dai centri sociali
ai sindacati di base, dai comitati in difesa dell’ambiente agli operai
in lotta. Le primordiali uscite del nascente Sud Ribelle aggregano
giovani e lasciano basiti tutti i vari poltronai ammuffiti sul loro
secolare potere, che sia questo di stampo statale o ‘ndranghetista, i
quali molto soventemente sono la stessa cosa.
Il primo campo di
prova è il Global Forum di Napoli del maggio 2001: cinquantamila
persone in piazza arrivate da tutte le parti del meridione, ognuno con
le proprie parole d’ordine e rivendicazioni, ma tutte unite dal
desiderio di opporsi al teatrino dei capi di Stato riuniti a Palazzo
Reale, in piazza Plebiscito. Il corteo viene ripetutamente attaccato
dalle forze dell’ordine, alle quali il movimento risponde facendo
resistenza: nascono duri scontri con la polizia, la forza e la
determinazione del movimento lasciano prefigurare quello che
sarà Genova. Cariche, botte da orbi, poi la mattanza alla
caserma Raniero, dove centinaia di compagn* subiscono le infamie delle
forze dell’ordine. L’esperienza del Global Forum di Napoli scoperchia
l’esigenza di un coordinamento del movimento ed impone il bisogno di
una piattaforma comune sulle istanze che arrivano dal Sud: nasce la
Rete meridionale del Sud Ribelle. Sud Ribelle che, nell’attesa di
Genova, mette in campo una serie innumerevole di iniziative che vanno a
mettere in risalto le problematiche meridionali: la militarizzazione
dei territori, la devastazione dei territori, la mafia collusa con
partiti e istituzioni, la precarietà lavorativa e la
disoccupazione. A Genova, nelle giornate del luglio 2001, il movimento
del Sud Ribelle arriva unito ed organizzato, nonostante la
sfilacciatura mossa da alcuni suoi soggetti interni, ma ciò non
gli impedisce di esser anche qui parte di una ribellione collettiva che
si scontra ancora una volta con la violenza delle forze dell’ordine. La
storia della Rete meridionale del Sud Ribelle non finisce a Genova,
continua con nuove lotte e battaglie sul proprio territorio nonostante
il progressivo esaurimento della forza e dell’unitarietà con cui
qualche mese addietro si era costituito; fino agli arresti del 15
novembre 2002.
L’operazione "Sud Ribelle" doveva partire nei giorni
del Social Forum a Firenze, ma viene rinviata a qualche giorno
più tardi (..): Napoli, Cosenza, Taranto, Reggio Calabria, Vibo
Valenzia sono le città investite dalla furia dei reparti
speciali dei Ros e dei Gom; perquisizioni ed arresti rivoltano le case
dei compagn*. 20 arresti, 5 arresti domiciliari, 43 indagati. Accusa:
associazione sovversiva.
I compagn* finiscono nei carceri speciali,
nei figli della gogna pubblica, dell’isolamento e della privazione. Il
giorno dopo, in tutt’Italia, si scatena una solidarietà enorme,
tra scuole occupate cortei e blocchi stradali: 3000 persone a Firenze,
15000 a Napoli, 30000 a Roma, 1000 a Palermo, 3000 a Milano, 4000 a
Taranto. Solidarietà che travalica i confini del movimento,
arrivando anche da personaggi pubblici, politici e vasti strati della
società. E solo qualche giorno più tardi, il 23 novembre,
la piazza di Cosenza si riempe di un corteo con oltre centomila
presenze provenienti da tutt’Italia: siamo tutti sovversivi, queste le
parole d’ordine.

per approfondire: www.sciroccorosso.org


Il processo al Sud Ribelle: il teorema Fiordalisi

La
vera radice dell’inchiesta "Sud Ribelle" risale ancor prima di Napoli
Genova e tutte le mobilitazioni che le precedettero o seguirono, ed
assume sembianze inverosibili fittizie, oltre che deliranti: nel 2000
vengono recapitati in diversi stabilimenti Zanussi, tra cui in uno a
Rende, in provincia di Cosenza, una serie di documenti a firma dei Nipr
(Nuclei di iniziativa proletaria e rivoluzionaria), si dice sigla del
movimento anarchico, che vengono però additati, dai servizi di
sicurezza, all’area antagonista, indicando genericamente la frangia dei
centri sociali, degli ultras e dei collettivi universitari come luogo
in cui cercare i responsabili.
Il fascicolo accusatorio, coadiuvato
dalla digos di Napoli Cosenza Taranto e Genova, viene respinto dalle
Procure di Genova, Venezia, Napoli, Taranto e Torino, e invece accolto
dalla procura di Cosenza, nella persona del pubblico ministero Domenico
Fiordalisi: in un faldone di 359 pagine, l’accusa è
pesantissima, i compagn* sono tutti accusati di essere parte di
un’associazione sovversiva denominata "Rete meridionale del Sud
Ribelle", costituita formalmente a Cosenza il 19 maggio del 2001, di
ritorno da Napoli.. i gruppi antagonisti del meridione, secondo
l’accusa, guadagnatosi questa l’appellativo di "teorema Fiordalisi", si
sarebbero uniti con l’obiettivo di "turbare l’esecuzione delle funzioni
del governo italiano, sovvertire violentemente l’ordinamento economico
costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati
economici, alterare l’ordinamento del mercato del lavoro". Tutto si
riassume nell’accusa di propaganda ed associazione sovversiva, reati le
cui pene ammontano dai 12 ai 15 anni di carcere. Tutta l’argomentazione
accusatoria si "regge" sulla tesi dell’associazione d’intenti, dato che
le presunte prove consistono solamente in intercettazioni telefoniche e
ambientali, pedinamenti e controlli di siti internet, indizi spesso
raccolti fuori dalla procura inquirente e con la massima
discrezionalità delle forze dell’ordine..
Il 2 dicembre
2002, dopo diciassette giorni nei carceri speciali di Trani, Latina e
Viterbo, tutti i compagn* vengono scarcerati dal tribunale della
libertà di Catanzaro: la sentenza demolisce le fondamenta
dell’impianto accusatorio, "il dissenso non è reato". Il pm
Fiordalisi insiste nella sua opera: richiede la carcerazione per tutti,
ottiene l’obbligo di firma per tre degli imputati. Il processo,
iniziato due anni più tardi, il 2 dicembre 2004, parte con un
numero degli imputati nettamente sfoltito: sono 13 i compagn* rinviati
a giudizio.
Il 24 gennaio 2008, il pm Fiordalisi, ha chiesto 50 anni per i compagn* sotto processo,
con richieste di pena che arrivano fino ai 6 anni di carcere: richieste
sicuramente minori rispetto ai decenni paventati, ma che vedono
alcontempo confermato l’assurdo impianto accusatorio che insiste sulla
sovversione..

Ascolta/scarica l’intervista con Fraticello, attivista di Supporto Legale

>> Il comunicato stampa sulla sentenza di Liberi Tutti

per aggiornamenti e informazioni sul processo: www.supportolegale.org

2 febbraio: contro la repressione, per le libertà, per la giustizia sociale

Appello per il corteo del Coordinamento LiberiTutti:

Erano
passati pochi giorni dalla manifestazione di un milione di persone
contro la guerra in Iraq che aveva concluso il Forum Sociale Europeo di
Firenze, una delle più importanti esperienze di partecipazione
democratica realizzate nel nostro paese.
La notte del 15 novembre
2002 venti persone che erano state fra gli organizzatori di quel Forum
furono arrestate dai reparti speciali dei ROS e dei GOM. Ad altri
cinque furono notificati gli arresti domiciliari. Quarantatre persone
finirono indagate nel filone di inchiesta. Le irruzioni di uomini
armati fino ai denti e con il volto coperto terrorizzarono molte
famiglie a Cosenza, Napoli e Taranto.
Tredici persone furono
rinviate a giudizio, accusate di aver voluto "sovvertire violentemente
l’ordine economico costituito nello stato" per essere stati fra gli
animatori delle grandi manifestazioni di popolo in occasione del
vertice OCSE di Napoli e del G8 di Genova nel 2001.
Quel processo,
iniziato il 2 dicembre 2004 presso la Corte di Assise di Cosenza,
è alle sue battute finali. La requisitoria del Pubblico
Ministero è prevista per il 24 gennaio, e poco dopo sarà
emessa la sentenza.
Solo un mese fa il Tribunale di Genova ha
comminato più di un secolo di carcere a ventiquattro
manifestanti. Sono stati inflitti fino a 11 anni di carcere utilizzando
reati da codice di guerra come l’accusa di "devastazione e saccheggio".
Al contrario, nessuno ha pagato per le inaudite violenze compiute dalle
forze dell’ordine sui manifestanti a Genova, giudicate da Amnesty
International la più grave violazione dei diritti umani in
Europa dal dopoguerra.
Nessuno dei dirigenti responsabili ha dovuto
rendere conto degli errori ed orrori commessi: al contrario, sono stati
tutti promossi. I processi per la macelleria della Diaz e le torture a
Bolzaneto si avviano alla prescrizione per decorrenza dei termini.
L’omicidio di Carlo Giuliani è stato archiviato senza un
processo. Il Parlamento ha respinto la richiesta di istituzione di una
Commissione di Inchiesta. Al contrario, gli imputati di Cosenza
rischiano pene severissime.
Ancora una volta c’è bisogno di
difendere la dignità calpestata del nostro paese e le garanzie
democratiche – nel sessantesimo della Costituzione. Una volta ancora
bisogna pretendere verità e giustizia sui fatti di Genova, e
difendere il diritto a costruire un "un altro mondo possibile".
Il
nostro paese è pieno di lotte, vertenze nazionali e locali,
resistenze e proposte per i diritti umani, sociali, civili, politici,
ambientali, per la difesa dei beni comuni, contro la guerra e il
riarmo. L’attivismo civile e la mobilitazione sociale dovrebbero essere
considerati una risorsa di questo paese.
Al contrario, questi
conflitti finiscono sotto processo e tante persone rischiano di vedersi
rovinata la vita per il loro impegno sociale. Crediamo sia necessario
allargare la riflessione, la solidarietà e l’iniziativa unitaria
di fronte ai segnali di una deriva securitaria e repressiva contro ogni
forma di diversità e di dissenso.
Agli imputati di Cosenza
viene contestato di essere protagonisti attivi del movimento
altermondialista e delle lotte per il cambiamento, attività che
viene quindi considerata sovversiva e cospirativa.
Questo processo
riguarda perciò fino in fondo tutti coloro che credono doveroso
impegnarsi per una società e un pianeta più giusti e che
vogliono per tutti e per tutte il diritto ad agire, ad opporsi, a
praticare e vivere alternative.
E’ tempo di tornare a Cosenza da
ogni parte d’Italia, come facemmo il 23 novembre del 2002 protestando
insieme a tutta la città.
Costruiamo insieme una nuova grande
manifestazione a Cosenza sabato 2 febbraio per liberare chi è
sotto processo da accuse inaccettabili.

Difendiamo il diritto a voler cambiare il mondo
Coordinamento LiberiTutti

Le adesioni collettive e individuali vanno inviate a: liberitutti@inventati.org

Il
corteo del 2 febbraio a Cosenza assume una valenza importante, potrebbe
infatti anche questo processo creare un precedente pericoloso che se
vogliamo può esser letto come ancor più minaccioso
rispetto al passato: oltre che minare la libertà di movimento,
di espressione conflittuale, insidia la libertà di pensiero e
parola, dato che il perno di tutta la costruzione accusatoria si basa
esclusivamente su reati di opinione ed associazione.
Ancor prima di
scendere per le strade, l’organizzazione di riunioni o coordinamenti,
la scrittura di volantini o articoli, la gestione di portali internet o
l’intervento con un microfono, potrebbero essere tacciati di propaganda
e associazione sovversiva, andando a ledere i più banali dei
diritti immortalati dentro una Costituzione di cui, con la ricorrenza
del suo anniversario, quest’anno, si elogia la "grandezza" con spot
pubblicitari e manifesti appesi per le strade, quando poi dalla
realtà della giustizia italiana emerge l’impostazione classista
anche di questa, oltre che il "perimetro della contestazione" da cui
non si deve uscire, in una logica in cui pacificazione sociale e
criminalizzazione delle insorgenze son le direttive da seguire.
Il
corteo nazionale di Cosenza prende allora l’importanza di cui si diceva
sopra, non chiedendo diritti da sindacatino o associazione di
cittadinanza, ma rivendicando una giustizia sociale che non è
quella dei tribunali, esigendo quelle libertà troppo sottilmente
messe in discussione, esplicitando l’opposizione ad un sistema che sa
essere garantista solo con chi ha la posizione ed il privilegio di
usufruirne, bollando chi non è d’accordo come sovversivo.

Ascolta/scarica l’intervista con Francesco Cirillo, imputato nel processo del Sud Ribelle

per info: www.cosenza2febbraio.org


Radio Ciroma, la voce del Sud Ribelle

Radio
Ciroma nasce sul finire degli anni ottanta, a Cosenza, intorno alla
figura di Franco Piperno, cofondatore di Potere Operaio prima ed
Autonomia Operaia dopo, di ritorno dall’esilio canadese e francese.
Ciroma in dialetto calabrese significa casino misto a caos, indica le
adunate di piazze, ha un riferimento molto popolare. Radio Ciroma si
occupa soprattutto di sud Italia, della Calabria; è stata anche
lei parte dell’esperienza del Sud Ribelle, emergendo come la voce del
movimento, lo strumento su cui sono convenute le tante istanze storie
lotte.
Radio Ciroma seguirà ancora una volta il processo al
Sud Ribelle, come sempre ha fatto: è oramai da settimane che
dedica quotidianamente spazio all’approfondimento ed alla riflessione
sul movimento meridionale, seguendo in presa diretta tutte le tappe di
avvicinamento al 2 febbraio, giorno in cui sarà ancora al fianco
del Sud Ribelle con una diretta continua dal corteo cosentino.

Ascolta/scarica l’intervista con Francesco Febbraio, redattore di Radio Ciroma

(registrata prima della sentenza pronunciata il 24 gennaio)

per ascoltare la diretta del corteo: www.ciroma.org

Palermo: verso il corteo di Cosenza

Nel
pomeriggio di mercoledì 16 gennaio, al Palazzo delle Aquile di
Palermo, il csoa ExKarcere ed il Collettivo Universitario Autonomo
hanno organizzato un’assemblea cittadina in preparazione del corteo
nazionale di Cosenza, dal titolo "Da Genova a Cosenza : nell’era del
pacchetto sicurezza e della repressione dei movimenti sociali". Sono
intervenuti Francesco Cirillo, imputato nel processo del Sud Ribelle,
Fulvio Vassallo Paleologo, docente dell’universita’ di Palermo,
Francesco Noto di Supporto Legale, oltre che i compagni e le compagne
del csoa ExKarcere.
Si è ripreso il filo attinente al
discorso del Sud Ribelle, movimento con cui il csoa ExKarcere di
Palermo ha effettuato il suo battesimo di fuoco (l’occupazione risale a
2001). Quindi la scadenza di febbraio ha quel valore in più, in
primis per il contesto meridionale in cui il Sud Ribelle si è
sviluppato, oltre che per l’esser stato parte della Rete meridionale,
ma anche per un desiderio di rivendicazione e libertà rispetto a
quello che è stato.
In direzione di Cosenza è stato
organizzato un pullman che partirà da Palermo, il 2 febbraio,
alle 7 del mattino, davanti al centro sociale, in via Mongitore.

Ascolta/scarica l’intervista con Gaetano, militante del csoa ExKarcere

per info: isole.ecn.org/excarcere

Torino, Bologna: i processi non ci fermano!

Venerdì
25 e sabato 26 gennaio i compagni del Cpoa Rialzo di Cosenza e Antonino
Campenni, imputato nel processo del Sud Ribelle, sono stati di casa al
csoa Askatasuna di Torino e al Laboratorio Crash di Bologna, dove hanno
presentato il corteo del 2 febbraio a Cosenza, riallacciandosi con la
storia della Rete meridionale e ripercorrendo le tappe del processo.
A seguire degli incontri vi è stata la proiezione del video "La
nuova inquisizione – l’inchiesta al Sud Ribelle", dvd il cui ricavo
delle vendite viene destinato alle spese della segreteria legale che
segue il processo.

Sito Internet: www.cosenza2febbraio.org

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I RIFIUTI? METTIAMOLI NELLE BASI DI GUERRA..

Al di là degli aspetti squisitamente tecnici, a cui tanto si
appellano gli esponenti di una classe politica sempre più attaccata
alle proprie poltrone e sempre più lontana dai reali bisogni delle
classi sociali più basse, il nuovo protagonismo dal basso nelle lotte a
Pianura e nelle altre città del napoletano presentano molti
interessanti spunti di riflessione.
Innanzitutto non possiamo che
esprimere il nostro più incondizionato appoggio e la nostra solidarietà
a chi non è affatto intenzionato a svendere la propria terra e la
propria salute ma ha deciso di opporsi con tutte le propri forze ad una
speculazione sul problema rifiuti e sulla nocività.
Questa volta le
viscide strategie mediatiche e governative hanno incontrato una
resistenza popolare attiva e non incline al dialogo che non è caduta
nella ormai rituale divisioni tra buoni e cattivi dovuta alle
fantomatiche infiltrazioni di “no-global” e “professionisti della
violenza vari” (ci chiediamo cosa sarebbe, invece, De Gennaro se non
l’artefice delle vere e proprie mattanza a Genova nel 2001).
Si è
creato un vero e proprio fronte che non è potuto passare inosservato
come sarebbe successo in altre circostanze, lasciando inascoltati gli
appelli di chi, ipocritamente, invitava alla calma.
Come al solito,
ci schieriamo al fianco di chi non sceglie la passività e lotta
autonomamente ed in maniera radicale per i suoi diritti e ci auguriamo
che possa essere da esempio per altre situazioni analoghe dove la lotta
rimane in parte ancora legata alle istituzioni ed alle loro promesse.

Centro Popolare Occupato Gramigna
www.cpogramigna.org
info@cpogramigna.org
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Padova, gennaio 2008

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TUTTI A COSENZA IL 2 FEBBRAIO

Cosenza, no global: a febbraio manifestazione nazionale


"Organizzare
la partecipazione democratica in questo paese e’ un diritto garantito
dalla Costituzione. Riteniamo nostro dovere difenderlo". Lo afferma
Raffaella Bolini, della presidenza nazionale Arci, commentando le
richieste del pm Fiordalisi nell’ambito del processo, a Cosenza, contro
appartenenti alla rete no global. "Sei anni di carcere con l’aggiunta
di tre anni di liberta’ vigilata sono le richieste del Pm Fiordalisi
per Francesco Caruso, Luca Casarini, Francesco Cirillo accusati,
insieme ad altri 10 attivisti di "associazione finalizzata a sovvertire
l’ordine economico dello stato". Pene fino a tre anni per gli altri
imputati. Il processo di Cosenza si avvia a conclusione – aggiunge
l’esponente dell’Arci – nessun altro reato e’ contestato agli imputati
se non quello di essere stati fra gli organizzatori delle giornate di
Genova e Napoli nel 2001. Nella requisitoria Fiordalisi ha portato come
prova dell’impianto accusatorio, tra l’altro, la partecipazione degli
imputati alle riunioni del Genoa Social Forum, a cui eravamo presenti
in tanti e tante, in rappresentanza di associazioni, organizzazioni non
governative e di terzo settore, sindacati e in cui abbiamo sempre
lavorato insieme e per consenso. Domani nella Giornata Globale del
Forum Sociale Mondiale saremo di nuovo in azione in tutto il mondo.
Sara’ una occasione importante – conclude la Bolini – per difendere la
democrazia di questo paese, per esprimere solidarieta’ agli imputati, e
per invitare tutti a partecipare alla manifestazione nazionale che si
terra’ a Cosenza sabato 2 febbraio, il giorno prima della sentenza".
(AGI)

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Rifiuti, rimossi i blocchi a Marigliano

<B>Rifiuti, rimossi i blocchi a Marigliano<br>Notte di roghi nel Napoletano</B>

Proteste contro l’apertura della discariche in Campania

NAPOLI
Oltre 80 interventi dei vigili del fuoco in 16 ore per spegnere le
fiamme appiccate ai cumuli di spazzatura riversati per le strade di
Napoli e provincia. La protesta per l’emergenza rifiuti non si placa,
con numerose manifestazioni e blocchi stradali. Quello a Marigliano, in
Campania, ha mobilitato per alcune ore un centinaio di persone che
hanno bloccato l’asse 7 bis, che collega Nola a Villa Literno, nel
tratto compreso fra Acerra e Nola; nel primo pomeriggio è stato
rimosso, e anche la rampa d’accesso che conduce al centro commerciale
Vulcano Buono e al polo distributivo Cis di Nola, bloccata a lungo,
è stata liberata. I cittadini protestano contro la riapertura
della discarica prevista dal piano del commissariato di Governo per
l’emergenza rifiuti.

Immonidizia data alle fiamme a Pianura, teatro nei giorni scorsi di
violente proteste dopo l’annunciata riapertura della discarica. Roghi
anche nei comuni di Mugnano, Giugliano e Casoria. E a San Giorgio a
Cremano l’emergenza è così grave che diversi cittadini
hanno segnalato difficoltà anche a prendere la propria auto,
bloccata dai cumuli.

Ieri il super commissario De Gennaro si è incontrato con i
rappresentanti politici di Benevento dove migliaia di persone hanno manifestato
contro l’apertura della discarica Tre Ponti di Montesarchio. De Gennaro
ha promesso verifiche alla discarica: "Non sono qui coi ministri, ma
con tecnici che hanno a cuore la salute dei cittadini. Devo togliere
l’immondizia dalle strade, e non posso vedere in tv le immagini dei
bambini che vanno a scuola tra i rifiuti".

Ma la protesta non accenna a diminuire. Martedì sarà la
volta di Ariano Irpino in provincia di Avellino dove l’intenzione di De
Gennaro è quella di riaprire la discarica di Difesa Grande.
Già montato un maxi-gazebo che sarà il quartier generale
della protesta, dove "le sentinelle" vigileranno per evitare l’arrivo
dei camion carichi di spazzatura.

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Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino interviene dopo la veglia
di preghiera officiata venerdì dal cardinale Crescenzio Sepe che
ha chiesto l’intercessione di San Gennaro per risolvere l’emergenza
rifiuti. "Ad ognuno il suo mestiere: il cardinale faccia il cardinale",
dice il primo cittadino. Poi corregge: "Dichiarazioni carpite al volo:
nessun attacco alla Chiesa".

Sepe ha pregato San Gennaro perché rimuova "i cumuli di
peccato", parlando di città umiliata, scempio, egoismi e di
rifiuti che sporcano mani e coscienze. "Abbi compassione della
città". Tutto mentre il sangue del santo patrono restava
immobile, solido dentro le ampolle, davanti a mille fedeli. Un presagio
questo – per i credenti – di eventi nefasti. Come successe nel
Seicento, l’anno del colera. Intanto, oggi il cardinale ha ricevuto De
Gennaro per un lungo colloquio sull’emergenza.

Si avvicina un altro braccio di ferro, stavolta con la Ue, per la
procedura d’infrazione contro l’Italia. È in agenda per domani
un vertice tra le istituzioni italiane; mercoledì dovrebbe
esprimersi Bruxelles.

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Verso il 2 Febbraio a Cosenza: Comunicato stampa “liberitutti”

La requisitoria esposta dal Pm Domenico Fiordalisi non apporta nessun
elemento di novità. In aula, sostanzialmente, la solita minestra. Le
intercettazioni ammesse dalla Corte, che rigetta la richiesta di
inammissibilità avanzata dalla difesa, evidenziano solo ed esclusivamente
delle ipotesi di reato, più che conclamare delle prove certe. Eppure un
magistrato, che opera in nome della giustizia, dovrebbe produrre in sede
processuale delle prove concrete più che delle congetture ovvero una
procura, dovrebbe essere più accorta prima di accettare nella sua sede,
dibattimenti basati su elementi del genere. E tutto questo, stante l’alto
rispetto per gli organi giudicanti.

Ancora una volta il Pm fa riferimenti a questioni di attualità come <<…
come quando numerosi dimostranti hanno recentemente attaccato le caserme
della Polizia a Roma…>>, citando il Presidente della Repubblica Italiana,
forse per darsi un tono che non ha mai avuto. Ma non si ferma qui: << Lo
Stato, applicando la Legge difende, anche:

– i diritti dei cittadini a riunirsi ed a manifestare pacificamente;

– i diritti del movimento contro la globalizzazione, come di tutte le
formazioni sociali, ad esprimere le proprie idee, anche con modalità
forti, insolite e vivaci.

Proprio nel “movimento dei movimenti” confluiscono le realtà più
disparate; tutte devono essere rispettate e tutelate.>>

E’ un passaggio che rispediamo “ai mittenti”, la suddivisione tra
buoni e cattivi, per noi, non esiste. I 25 di Genova e i 13 di Cosenza non
saranno i capri espiatori di tutto quel movimento che è arrivato compatto
sino ai giorni degli arresti, al Social Forum di Firenze, e che oggi si è
sciolto confluendo ed articolando le numerose lotte sociali sparse nel
nostro paese.

Questo processo, costruito “sapientemente” dagli addetti ai lavori è
sempre stato presentato all’opinione pubblica come una brillante
operazione messa in atto da parte dello Stato, per fermare una pericolosa
associazione capace di sovvertire violentemente le regole internazionali.
Per cui, il quadro prospettato dai più, lasciava presagire pene molto più
severe, che i 50 anni prospettati dal Fiordalisi, specie se consideriamo
quelle che sono state le proposte di condanna per i 25 di Genova.
L’impianto accusatorio, quindi ne esce indebolito, per come presentato in
sede dibattimentale. Escludendo tatticismi giuridici di alto livello, ecco
la prova che al suo impianto, non ci ha mai creduto neanche egli stesso.

Abbiamo sempre nutrito dei forti dubbi rispetto alla professionalità,
tanto acclamata e messa in campo dagli organi preposti. Nell’inchiesta
Fiordalisi, la ricostruzione del teorema, su un piano simbolico ci
spossessa del nostro agire, come infilati tra un “frame” e l’altro da
registi occulti. Nelle carte del dottor Fiordalisi, obiettivamente,
fatichiamo a ritrovare elementi di realtà storico – politica, men che meno
che di natura giuridica. I due anni di intercettazioni operati a danno
degli imputati, pagati con i soldi della collettività, non hanno mai
evidenziato strani comportamenti da parte degli imputati stessi. Invero, si
pensa ad una cellula sovversiva, quando i componenti della stessa si
riuniscono in posti segreti e lontano dagli occhi di tutti; quando, ai suoi
componenti vengono ritrovate armi da fuoco, ed ancora, tutto ciò che
l’immaginario collettivo pensa quale strumento atto a concretizzare le
pericolose azioni volte a sovvertire violentemente l’ordine economico
dello Stato. Nulla di tutto ciò. Addirittura alcune intercettazioni, messe
agli atti come prove inconfutabili, come nel caso del compagno tarantino
che intercettato al telefono proponeva <>, suscita
quantomeno dell’ilarità. Se l’intento del compagno pugliese era
“inequivocabilmente” quello di recarsi a Genova con delle armi da
fuoco, come mai non c’è stata prevenzione da parte degli organi di
polizia giudiziaria, tallonando per tutta la durata delle giornate del G8
l’imputato?

L’altro aspetto negativo riguarda sicuramente la procura
cosentina. Alla stessa respingiamo le sue accuse perché viviamo in una
terra dove le emergenze sono ben altre: corruzione e malaffare nella
gestione dei soldi pubblici; una città disegnata da parte della Direzione
Distrettuale Nazionale Antimafia come caveau della malavita organizzata; la
totale assenza di verità giudiziarie sull’ultima guerra di mafia
combattuta dopo il 2000 per la gestione degli appalti sull’edilizia; le
numerose inchieste e l’impunità di cui hanno goduto poliziotti e
carabinieri (rimasti ancora in servizio) per reati contro il patrimonio e
presunti rapporti con le cosche. Questo e molto altro succede dalle nostre
parti.

E’ in questo contesto che la procura di Cosenza, preferisce indirizzare
le sue attività verso chi produce delle lotte sociali, invece che fermare
chi attenta quotidianamente ai nostri diritti; impegnando, inutilmente, una
intera Corte d’Assise per ben sei anni.

A questo punto, le pene, ci risultano pesantissime non solo
perché basate sul nulla, ma anche perché prevedono oltre 26 anni di
libertà vigilata per sospetta pericolosità sociale. Una forma di
restrizione della libertà che comporta provvedimenti come l’obbligo di
dimora o di firma, il ritiro della patente e del passaporto, tutti
provvedimenti adoperati dalle procure per indebolire e rendere difficile
l’azione politica portata avanti dai movimenti sociali. A conti fatti,
così come sulle nostre vite è cascato il più classico dei castelli
accusatori – vecchio vizietto della giustizia italiana -anche noi nel corso
del tempo abbiamo maturato una nostra interpretazione di tutta la vicenda.
E cioè che tramite questa operazione si voglia colpire e criminalizzare
qualunque azione che si svolga al di fuori dello stretto reticolato
disegnato a suon di repressione, dai prepotenti del mondo e dai signorotti
locali, che credono di poter gestire indisturbati i loro sporchi affari –
utilizzandoci come pedine funzionali – indispensabili alla realizzazione
dei loro disegni delinquenziali. E dunque con questo impianto accusatorio,
anche un solo minuto di carcere, ci risulta inaccettabile!

Per questi motivi il corteo del 2 febbraio, a Cosenza, diventa tappa
fondamentale per tutti coloro che non solo sono stanchi del contesto in cui
viviamo, ma che hanno ancora voglia di far emergere la propria dignità
rispetto a chi offende le nostre intelligenze con accuse inaccettabili,
distrugge i nostri territori, rende precarie le nostre vite e reprime le
nostre lotte!

Cosenza, 26.01.2008

Coordinamento “Liberi tutti”
liberitutti@inventati.orgwww.cosenza2febbraio.org

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CRASH! SOTTO SEQUESTRO

Crash! sotto sequestro – Comunicato di movimento


Nei
giorni scorsi due nuovi attacchi sono andati a colpire nuovamente
l’esperienza del Laboratorio Crash!: da un lato la magistratura ha
avviato una pretestuosa richiesta di sequestro cautelare sullo stabile
di via Zanardi 106; dall’altro lato l’amministrazione comunale, per
bocca dell’assessora Patullo, è tornata a criminalizzare la pratica
dell’occupazione.

Due attacchi condotti su due differenti fronti
ma con un medesimo obiettivo: quello di negare ancora la possibilità
che realtà politiche e sociali si possano veder riconosciuto uno spazio
autogestito.

La richiesta di sequestro preventivo ha come unico
obiettivo politico quello di far cessare l’esperienza del laboratorio
CRASH!. Dove non arriva la politica repressiva dell’amministrazione
cittadina, è la magistratura a portare l’attacco agli spazi sociali.
Se
è del tutto pretestuosa la prima delle due motivazioni addotte per la
richiesta di sequestro, cioè la presenza di un impianto di
refrigerazione dismesso come indice di presunta pericolosità (impianto
peraltro già necessariamente bonificato); è politicamente grave e
pesante la seconda motivazione: che l’occupazione sia finalizzata a
commettere altri reati. E’ evidente come con quest’ultima si neghi di
fatto la valenza politica, sociale e culturale tramite cui tutti gli
spazi sociali di Bologna, in anni di percorsi di autogestione, abbiano
innervato e quotidianamente innervino il tessuto cittadino,
contribuendo a creare quella socialità che si oppone alla
desertificazione sociale e culturale a cui questa città sembra
destinata, da quando è diventata teatro di sperimentazione delle
politiche securitarie.
Quello che per Bologna sono gli spazi
sociali, cioè riqualificazione e ricchezza prodotta dal basso, per la
magistratura sono solo atti da criminalizzare e condannare.

L’altro
fronte di attacco è mosso dall’amministrazione comunale, che per bocca
dell’assessore Patullo ha ribadito nei fatti la linea Cofferati: nessun
dialogo con chi occupa. Queste posizioni sono un attacco trasversale a
tutto il movimento bolognese, che ha sempre praticato e rivendicato
l’occupazione come strumento di riappropriazione e soddisfazione di
tutti quei bisogni sociali che quotidianamente e sistematicamente
vengono negati. Così come di fronte dell’emergenza casa (a decine sono
stati gli appartamenti occupati da precari, che concretamente hanno
soddisfatto un bisogno primario lasciato irrisolto dalla politica
cittadina), gli spazi sociali che vengono dall’esercizio della pratica
dell’occupazione, tramite essa hanno sottratto spazi metropolitani alla
retorica del degrado e della segmentazione sociale, trovando la
capacità di esprimere la propria progettualità sociale, intervenire
concretamente nel recupero di parti della città, e dare forma ad un
diverso modo di interpretare l’urbanistica e la territorialità.
Se
oggi l’unica progettualità di cui l’amministrazione sembra volersi
dotare in merito alle dinamiche di vita metropolitana è quella della
separazione, della creazione di “diverse Bologne” per i diversi
soggetti che la abitano, gli spazi sociali rappresentano per la città
la capacità di uscire da questi ghetti, di fare dell’aggregazione
sociale una priorità assoluta.
Di fronte a questa ricchezza le
politiche cofferatiane, oggi in forte crisi di legittimazione, non
hanno saputo che sgomberare e reprimere queste esperienze, non dicendo
e non facendo niente circa le problematiche sociali cui quelle
occupazioni di fatto rispondevano; e l’assessore Patullo, quando di
fronte ad un’occupazione dichiara che non ci può essere dialogo, non fa
altro che legittimare l’operato e la linea politica di Cofferati, che
non si è mai posto nessun problema a sgomberare decine di famiglie
rumene sul lungo Reno, nei campi nomadi, piuttosto che le esperienze di
occupazione e auto-recupero di case dei precari dei collettivi M.A.O.,
Casa Bresci e Passepartout, e degli spazi sociali come Open The Space e
Crash!.
Sembra evidente che la criminalizzazione della pratica
dell’occupazione da parte dell’assessore Patullo, sia rivolta a tutte
quelle esperienze dell’autorganizzazione sociale che, passando per
percorsi di occupazione, attualmente si sono riappropriate di uno
spazio.

Non possono e non potranno essere questi gli strumenti
con i quali di nuovo si vuole mettere in discussione l’esistenza del
Laboratorio Crash! così come quella di tutti gli altri spazi sociali
occupati e autogestiti, del loro portato sociale, dei loro percorsi
culturali e politici. Come realtà di autogestione degli spazi sociali
metropolitani, che tutti i giorni vivono le contraddizioni del
territorio di questa città e il suo inestinguibile bisogno di cultura e
socialità dal basso, proseguiremo nel rivendicare e vivere il nostro
portato, tornando ad affermare la nostra comune solidarietà, volontà e
determinazione a difenderci dagli attacchi che mirano a negare la
nostra legittimità e ruolo sociale, pronti a tornare ad animare le
strade e le piazze della città contro chi, contro ogni forma di
dissenso, agisce nuovamente in termini repressivi.

 

Laboratorio Crash! – Tpo – Xm24 – Vag61 – Open the Space – Atlantide

MARTEDI 29, giorno fissato per l’udienza del riesame sul sequestro, saremo
in PRESIDIO sotto al TRIBUNALE, in via Garibaldi 6, a partire dalle h.
9:00 del mattino, contro la criminalizzazione delle lotte sociali e per
riaffermare l’assoluta legittimità e necessità dei percorsi di
autogestione degli spazi sociali a Bologna.

Stay on line! Enjoy high tek proletariat infostreaming!
BAZ – http://www.ecn.org/baz
INFOAUT – http://www.infoaut.org
Laboratorio CRASH! – http://myspace.com/laboratorio_crash
Collettivo Universitario Autonomo – http://cua.noblogs.org

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Rifiuti, guerriglia nel beneventano

NAPOLI – Riesplode la battaglia in Campania contro l’apertura
delle discariche. Dopo Pianura, la lotta incendia Benevento. Un gruppo
di manifestanti che si oppongono alla riapertura della discarica Tre
Ponti di Montesarchio,
hanno costretto l’autista di un pullman di linea a fermarsi e, fatti
scendere i passeggeri, hanno tagliato i pneumatici del bus.

La discarica di Tre Ponti è già stata utilizzata dall’ex
commissario Corrado Catenacci, ora indagato nell’ambito di una
inchiesta che riguarda proprio la gestione dello sversatoio, e chiusa
nel novembre 2005 con l’accordo di non utilizzarla più e di
bonificarla. Ma una recente ordinanza del neocommissario De Gennaro
l’ha requisita per stoccare 21mila tonnellate di rifiuti.

La gente però non ci sta. Da ieri notte, il comune di
Montesarchio è isolato. La piazza principale, crocevia per i
comuni vicini, è bloccata da camion e pullman messi di traverso.
La statale Appia, che collega Benevento con Caserta e Napoli, è
chiusa da ieri pomeriggio dal blocco dei manifestanti all’altezza della
località Sferracavallo, ad un centinaio di metri dall’area della
discarica presidiata dalle forze dell’ordine. Nella notte, tra Napoli e
provincia, un centinaio di rifiuti sono stati incendiati nei comuni
vesuviani e flegrei, e nei quartieri periferici di Napoli.

Stasera, nel duomo di Napoli, il cardinale Sepe porterà
all’altare le ampolle con il sangue del patrono per chiedere
l’intercessione di San Gennaro contro l’emergenza rifiuti. Una pratica
antica che risale al Seicento quando il vescovo della città
espose le reliquie per combattere la peste. "Così si
rifarà stasera durante la veglia di preghiera", ha detto il
portavoce del cardinale.

La Chiesa di Napoli paragona l’immondizia che soffoca la città
agli eventi catastrofici che hanno afflitto la Campania nei secoli:
guerre, carestie, terremoti e la terribile peste del Seicento, contro
la quale, anche allora, ifedeli si riunirono in processione dietro alle
reliquie di San Gennaro. "Di fronte allo scempio che della città
viene fatto, sento come un lutto al cuore", aveva detto nei giorni
scorsi il cardinale.

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PROCESSO AL SUD RIBELLE: 50 ANNI DI PENA

50
anni di pena, questa la richiesta del pm per gli imputati del
Sud ribelle. Siamo giunti alle battute finali del processo che si
tiene a Cosenza e che vede coinvolte 13 persone, accusate a vario
titolo di associazione sovversiva, ai fini di impedire l’esercizio
delle funzioni del Governo italiano durante il Global Forum di
Napoli e al G8 a Genova nel luglio 2001 e creare una più
vasta associazione composta da migliaia di persone volta a
sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito
nello Stato. Niente male, come impianto.
Un processo che fin dalle
sue premesse si farà ricordare come tragicamente farsesco,
grottesco, una commedia all’italiana, più ‘I Mostri’, che
non ‘I Soliti Ignoti’. I momenti in cui non si ride, corrispondono
con la lettura delle ichieste del pm Fiordalisi, voglioso di
prendersi qualche attimo di gloria. Peccato sia oscurato dalla
querelle Prodi si, Prodi no.
Le pene vanno dai 2 anni e sei mesi
ai sei anni. Per tutti gli imputati sono state richieste anche
misure di sicurezza, da tradursi in libertà vigilata per
periodi che vanno da un anno a tre anni. Le comiche però
non mancano nell’iter processuale: è il 2002 quando alcuni
piccoli funzionari di polizia si fanno il giro delle procure d’Italia
per trovarne una disponibile a mettere sotto processo la rete di
attivisti che organizzò il controvertice di Napoli 2001.
Incontrano molte porte in questo peregrinare: gli sbattono tutte
in faccia tranne na, quella della procura di Cosenza e del pm
Fiordalisi il cui imperituro ricordo si lega a quattro inchieste
del CSM su di lui e ad inchieste particolari: fu lui a chiudere
l’inchiesta sulla Jolly Rosso nave facente parte del progetto
COMERIO, su cui anche Ilaria Alpi stava seguendo la pista. E’ il
15 novembre 2002 le case di decine di attivisti di Napoli, Cosenza,
Taranto, Vibo Valentia, Diamante e Montefiscone, vengono nottetempo
devastate dalle perquisizioni delle forze dell’ordine: il risultato è
venti persone arrestate, ad altri cinque furono notificati gli
arresti domiciliari, quarantatre persone finirono indagate nel filone
di inchiesta, computer, libri, intercettazioni telefoniche,
ambientali e telematiche.
Ancora una volta ci tocca dire "Nessun
rimorso": come per Genova, così per Napoli non ci può
essere alcun rimorso in chi ha tentato di opporsi al otere
economico mondiale. Per questo, per dimostrare a questi 13 imputati
di non essere soli, saremo in piazza a Cosenza il 2 Febbraio.
La
Storia siamo noi.
Supportolegale

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