[NOTAV] In risposta all’articolo Numa/Esposito

10.03.2010

[NOTAV] In risposta all’articolo Numa/Esposito

no tav

di Luca Abbà _ L’articolo pubblicato su La Stampa di domenica 7 marzo a firma di
Massimo Numa mi da spunto per fare alcune considerazioni visto che il
parlamentare Stefano Esposito citando il mio nome fa alcune
insinuazioni che definire becere è forse limitativo. Non è tanto mia
intenzione rivolgermi ad Esposito per rispondere alle sue “domande”,
quanto comunicare il mio modesto pensiero a tutti i partecipanti del
movimento no tav e alle persone che ancora conservano un briciolo di
coscienza critica per interpretare il mondo che li circonda. Per quanto
riguarda Massimo Numa, il suo livello di professionalità giornalistica
si commenta da se, basta leggere le sue “perle” delle ultime settimane.
Peccato che nessuno in questi anni nessuno lo abbia ancora posto in
condizione di non nuocere, ma se va avanti così credo che a quel
momento non manchi molto.

Sicuramente la bassezza di articoli come questo è segnale della
difficoltà in cui si trovano i propositori del TAV che si trovano di
fronte un movimento che si oppone con fierezza e determinazione alle
trivelle e che non cede alle continue e pesanti provocazioni di tipo
politico, mediatico e poliziesco. Nonostante le difficili condizioni e
la sproporzione dei mezzi in campo, una popolazione di migliaia di
persone continua a resistere ed opporsi allo scempio del proprio
territorio e della propria vita, ed è per questo che gli attacchi che
rivolti al movimento si fanno via via più duri e accaniti.

Il tentativo di delegittimare i No Tav descrivendo una presunta
deriva violenta , che non esiste, naufraga malamente, e il movimento si
presenta forte di una partecipazione popolare matura e non
rappresentabile; non esistono né capi né guide da corrompere con
promesse di carriera politica o altro. Tutto ciò da fortemente fastidio
a chi come Esposito giace da anni nei palazzi del potere. A proposito,
perché i giornalisti non indagano sui proventi e privilegi dei
politici, perché vogliono indagare sulle modalità di vita di chi si
oppone al Tav, perché non denunciano la quotidiana discriminazione che
subiscono le classi sociali più povere ed indifese (tipo gli
immigrati)? Semplice, perché i mass media spesso sono complici e
fautori dell’attuale sistema sociale basato sullo sfruttamento
dell’uomo sull’uomo e sulla natura.

Su una cosa sono d’accordo con l’articolo di Numa: il titolo che
recita così: “Via i professionisti della violenza”; un indicazione
interessante, visto che nella foto sono ritratti gli agenti
antisommossa. Ebbene si, in Val di Susa sono in tanti a chiedere e
desiderare che se ne vadano i professionisti della violenza, quelli che
sono stipendiati per picchiare chi dissente, disposti a massacrare di
calci e manganellate manifestanti inermi che ovunque in Italia
reclamano libertà e dignità. I celerini e i loro capi vivono una vita
con e per la violenza, mercenari di uno stato che è l’istituzione
violenta per eccellenza con i suoi carceri, i CIE, strategie della
tensione e con la sua costante politica della paura; curioso che nessun
politico e giornalista che conta abbia da dire nulla su tutto ciò!

Credo anche che in Val di Susa se ne abbia abbastanza di persone che
come Massimo Numa usano la loro posizione di potere per discriminare
persone e travisare la realtà, spero che si adottino presto delle
misure efficaci per rispondere a dovere a queste provocazioni; da parte
mia mi impegnerò al più presto per affrontare il tema della libertà di
informazione e del rapporto mass-media/movimenti tramite serate
informative o altro; accetto collaborazioni.

Ah dimenticavo, non per dare soddisfazioni ad Esposito, ma per chi
non mi conosce sappiate che io abito da 10 anni in una borgata
dell’alta valle Susa, nella casa dove nacque mio padre e dove hanno
vissuto fino alla morte i miei nonni, sono coltivatore diretto da anni
e vivo del reddito che mi fornisce la Terra tramite i suoi prodotti,
faccio anche saltuari servizi di giardinaggio e il tempo che dedico
(volentieri) alla lotta No Tav lo ritaglio tra il lavoro e le mille
faccende della vita di campagna.

L’amore per la Terra e per questa valle mi spinge a difenderla fino
in fondo dalle mani avide degli speculatori; invito Esposito questa
estate a farsi una giornata di lavoro con me al mio ritmo e con i miei
orari, voglio vedere se riesce ad arrivare sano a fine serata! Chi mi
ha visto lavorare sa cosa intendo.

Un saluto e un ringraziamento a chi mi sta vicino e condivide con
me, nonostante le difficoltà, questi stupende giornate di lotta, ci
vedremo ancora sulle strade, nei presidi, sulle barricate…


Luca Abbà Frazione Cels, Exilles – Valsusa 10 marzo 2010

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FIACCOLATA NO TAV A ROSTA MERCOLEDI’10 MARZO ORE 21.00

FIACCOLATA NO TAV A ROSTA MERCOLEDI’10 MARZO ORE 21.00
RITROVO STAZIONE ROSTA
TAV TORINO LIONE:
QUESTI SONO I CANTIERI CHE CI ASPETTANO.
ECCO LA "QUALITA’ DELLA VITA" di cui ci parla IL SINDACO TRAGAIOLI

 

CI ATTENDONO DISTRUZIONI DI GRANDI AREE DI SUOLO
AGRICOLO E VERDE PUBBLICO, DEVASTAZIONI DEL FRAGILE EQUILIBRIO
GEOLOGICO E PAESAGGISTICO DELLA COLLINA MORENICA, CEMENTIFICI, CAMION
SULLE NOSTRE STRADE CON CENTINAIA DI MIGLIAIA DI TONNELLATE DI DETRITI
CHE NESSUNO SA’ DOVE METTERE.
E IN PIU’ 20 MILIARDI DI DEBITI PER TUTTA LA NAZIONE PER UN’OPERA CHE
SECONDO L’OSSERVATORIO UFFICIALE OGGI SICURAMENTE NON SERVE E FORSE
POTREBBE SERVIRE TRA VENT’ANNI! PER FARLA CI CHIEDONO SACRIFICI
FISCALI, TAGLI DI POSTI DI LAVORO NELLA SCUOLA, TAGLI ALLA SANITA’,
ECC. !
MANIFESTIAMO!
DIFENDIAMO IL NOSTRO FUTURO E QUELLO DEI NOSTRI FIGLI.
COMITATO NO TAV ROSTA BUTTIGLIERA REANO

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MILANO: ACCORRETE IN TICINESE: POLIZIA E CARABINIERI OVUNQUE

Ci giungono voci e chiamate che in zona Ticinese siano arrivate camionette di Carabinieri e Polizia a iosa..chi puo verificare e andare in zona? Sembra sia piuttosto inquietante e dirompente la spianata di sbirraglia

 

"stay on tuned..follow news"

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CIE CORELLI A MILANO ANCORA IN LOTTA.SOLIDARIETA’ URGE!!

Lo sciopero della fame continua nel Cie di via Corelli.
Continua la solidarietà di alcuni (pochi, terribilmente troppo pochi)
compagni che portano i liquidi necessari per il proseguimento della
lotta.
Corelli chiama, chi ha ancora orecchie per sentire?.

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ATTACCA L’INDUSTRIA DELLA PELLICCIA NEWS MARZO 2010

Vedere le immagini di un luogo di prigionia che non esiste più e che è stato
chiuso, in cui non verranno più uccisi e fatti soffrire migliaia di animali
l'anno, non può che riempire di gioia i cuori di tutti noi.
Con piacere vi mostriamo dunque le immagini dell'allevamento di visoni
"Agricola Casilina" di San Cesareo (RM), raccolte da alcuni attivisti di AIP a
cui era arrivata notizia che probabilmente l'azienda aveva chiuso. Non solo
l'azienda è chiusa, ma nel giro di un anno i capanni e le gabbie sono stati
completamente smantellati! Rimane solo il segno nel terreno a ricordo di quanti
individui hanno patito nei capanni e dentro alle piccole gabbie di questa
azienda.
Si tratta dell'ennesimo allevamenti di visoni che chiude in Italia, dove la
"produzione" di pelli è calata dalle 250.000 nel 2002 alle 150.000 attuali. 
Potete leggere qui tutta la notizia:
http://campagnaaip.net/notizie/notizia352.html
Immagini:
http://www.flickr.com/photos/campagnaaip/sets/72157623364601779/
Video:
http://www.youtube.com/watch?v=x2mKbKDyQtY
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Immagini di altri allevamenti italiani che hanno chiuso:
CREMELLA:
http://www.flickr.com/photos/campagnaaip/sets/72157622851089169/
SAN MARTINO BUONALBERGO:
http://www.finoallafine.info/anipel01.htm
VITTORIO VENETO:
http://www.finoallafine.info/denardi01.htm
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CAMPAGNA AIP - Attacca l'Industria della Pelliccia
Via Cenisio 78/107
20154 Milano 
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Torino, terminata udienza riesame x i 7 antirazzisti arrestati a Febbraio

è terminata intorno alle 12.10
l’udienza a porte chiuse presso il tribunale del riesame di Torino per
i 7 antirazzisti torinesi accusati di associazione a delinquere per la
loro attività contro i CIE

Andrea, Fabio, Luca, Maja, Paolo, Marco, Massimo si sono rivisti insieme in aula a quattoridici giorni dagli arresti

presenti diversi solidali sia fuori dall’aula che fuori dal tribunale

in apertura dell’udienza è emerso un fatto che non sapevamo e cioè
che il novello Torquemada Padalino aveva chiesto anche il sequestro
preventivo dei locali e la sospensione della frequenza di radio
blackout (!), negato dal GIP che come abbiamo visto ha però autorizzato
la perquisizione.

Si rinvia a dopo la sentanza per maggiori dettagli sull’articolata e
appassionata discussione da parte della difesa, divisa in tre parti:
una panoramica sulla drammatica situazione nei CIE e sulla legittimità
del cosiddetto "conflitto sociale", la critica del reato di
associazione a delinquere e il ridimensionamento dei fatti specifici. 

I tre avvocati difensori hanno chiesto la revoca delle misure
custodiali. La pm Pedrotta (Padalino era assente) ha invece ribadito la
richiesta delle misure, facendo leva soprattutto su un’integrazione
alle accuse (fatti relativi al periodo novembre-dicembre 2009) tirata
fuori per l’occasione (la prima ordinanza si riferiva a fatti
verificatisi entro e non oltre l’8 ottobre 2009)

Andrea ha riassunto davanti al giudice una propria memoria scritta prima di consegnarla

il tribunale si è riservato di decidere sul destino dei compagni, il che dovrebbe avvenire entro un paio di giorni

grazie come sempre per la solidarietà e l’impegno nelle mobilitazioni antirazziste di questi giorni

LIBERI TUTTI!

http://radioblackout.org/

http://www.autistici.org/macerie/

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PRESIDIO PER I COMPAGNI A REBIBBIA 9 MARZO ORE 14:00! URGENTE CHI PUO VADA SUBITO

PRESIDIO PER I COMPAGNI A REBIBBIA

RILANCIAMO L’APPELLO PER LA PARTECIPAZIONE AL PRESIDIO SOTTO IL
CARCERE DI REBIBBIA IN SOLIDARIETà CON COSTANTINO E MANOLO DETENUTI IN
ISOLAMENTO.

Presidio sotto il carcere di Rebibbia, Roma
Domenica 14 marzo, h 14

COSTANTINO E MANOLO LIBERI

http://www.infoaut.org/img/gallery/lt-4a57a953afb48.jpg

LIBERTA’ PER TUTTI I COMPAGNI E LE COMPAGNE!

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IL 28 E 29 MARZO 2010 NON VOTARE, NON DELEGARE, LOTTA!

NON VOTARE, LOTTA!

Quando ti chiedono di votare, ricordati della tua disoccupazione,
del tuo lavoro precario e sottopagato, del tuo quotidiano tirare a
campare.
Di come muoiono ogni giorno i lavoratori nelle fabbriche, di come i politici aiutano i padroni.
Dei tagli strutturali, dei soldi che mancano sempre per i salari, le
pensioni, la sanità e la scuola ma che per finanziare le guerre non
mancano mai.
Degli immigrati sfruttati, imprigionati nei centri di detenzione, mandati a morire in Libia.
Di come la giustizia dello stato è sempre fortissima con i deboli e debolissima con i forti.

Dicono che votare è importante perché questa è la democrazia.
Poi, dopo le elezioni, tutto torna esattamente come prima: politicanti
e padroni comandano, e tu torni alla tua vita di sacrifici.
Non delegare agli altri la gestione della tua vita!
Possiamo e dobbiamo fare a meno dei politici di professione!
Autorganizziamoci, lottiamo in prima persona, difendiamo i nostri
diritti, sbarazziamoci del potere e dei parassiti in doppio petto!


NON VOTARE, LOTTA!

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Notte insonne a Gradisca

Notte insonne per i reclusi del Cie di Gradisca d’Isonzo. Ieri sera
le celle del centro sono state chiuse alle 19.30, con qualche ora
d’anticipo rispetto al solito. Nel frattempo i militari in servizio
sono saliti sul tetto e per diverse ora hanno fatto un gran rumore,
battendo con sbarre di ferro sulla lamiera. Ai reclusi, che hanno
reagito con una rumorosa protesta, è stato permesso di uscire solo alle
10.30 di questa mattina. Ma le sorprese non erano finite: usciti dalle
celle, i reclusi si sono ritrovati la porta della sala telefono chiusa.
Da dentro, raccontano che quella di stanotte è l’ennesima provocazione.
A quanto pare le guardie sono parecchio nervose e da tempo cercano di
provocare una reazione per giustificare i pestaggi. Due giorni fa, dopo
una chiacchierata avvenuta tra i reclusi e il direttore del centro, un
ragazzo è stato messo in isolamento. La sua colpa? Aver avuto da ridire
sull’operato dei militari.

Infine, qualche aggiornamento da Milano sullo sciopero della fame
che i reclusi del centro di via Corelli stanno portando avanti ormai da
sei giorni. Come nei giorni passati, anche ieri pomeriggio alcuni
solidali hanno provato a portare bevande e succhi di frutta nel centro,
ma questa volta gli è stato impedito. Forse anche per questo, proprio
ieri, una ragazza marocchina in sciopero della fame si è sentita male.
La Croce Rossa, da parte sua, si è rifiutata di portarla in ospedale e
l’ha lasciata in infermeria.

Ascolta la diretta con una reclusa di via Corelli, registrata questa mattina da Radio Onda Rossa:

Scarica la diretta 

http://www.autistici.org/macerie/wp-content/plugins/audio-player/player.swf

da macerie

 

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Carriole e Pesci Rossi

L’aquila.

7 Marzo 2010.

Sembrava un abbraccio di luce e calore intorno
al centro storico dell’Aquila innevato e che silenzioso si sgretola, le
migliaia di fiaccole che sabato pomeriggio hanno attraversato
silenziose la città terremotata e transennata.

Un’iniziativa nata per ricordare i morti di illegalità, a L’Aquila e in
tutta Italia. Primo atto di un fine settimana all’insegna della
partecipazione, come hanno dimostrato le migliaia di aquilani con
secchi, pale e carriole, il vero popolo del fare e non delle
chiacchiere, che la mattina seguente sono tornati in Piazza Palazzo per
rimuovere le macerie che ancora ingombrano la città.

Sabato sera a dar vita ad un suggestivo serpentone luminoso c’erano gli
aquilani dimenticati nei garage e negli alberghi a quasi un anno dal
sisma, i familiari e amici delle vittime dei crolli e del mancato
allarme alla casa dello studente, nelle catapecchie affittate a
carissimo prezzo in centro agli studenti fuori-sede, e poi crollate la
notte del sei aprile, come anche sotto gli antichi solai del convitto
nazionale, dove hanno trovato la morte tre ragazzi, di cui due
stranieri, in viaggio premio a L’Aquila. Qualcuno, nonostante mesi di
scosse ha dimenticato in un cassetto gli studi pagati dalla della
Protezione civile del 2004, dove appunto si attestava che un’intera ala
del palazzo era pressoché pericolante. C’erano anche i parenti delle
vittime della sciagura ferroviaria di Viareggio, 32 morti, zero
indagati, partita truccata.

E poi ancora una delegazione arrivata da Giampilieri, il paese
siciliano devastato da una frana e ancor prima da chi aveva fatto carta
straccia dei piani regolatori in cambio di voti e mazzette. L’ultima
catastrofe da apertura di tg, di una lunga serie a venire nel format di
un Paese al 70 per cento a rischio idrogeologico e dove la Protezione
civile, impegnata ad organizzare regate e convegni, a costruire Hotel a
cinque stelle sulle isole e quartieri popolari di campagna per i
terremotati, interviene tempestivamente ma rigorosamente a catastrofe
avvenuta.

C’erano le madri di Plaza de Mayo, donne fiere e coraggiose che con la
forza del ricordo hanno sfidato un regime; c’erano le Agende rosse che
tenendo viva la memoria e la lotta di Paolo Borsellino, contrastano i
regimi mafiosi di casa nostra, e poi i genitori dei ragazzi morti alla
scuola di san Giuliano di Puglia, in Molise, vittime anche loro di un
terremoto, ma anche di chi in questi anni ha investito molto in grandi
opere, poco o nulla per rendere sicuri gli edifici scolastici.

C’era insomma a L’Aquila un’internazionale della memoria e della
catastrofe, in una città che deve ricomporsi, come un mosaico le cui
tessere sono esplose, sforzandosi di ricordare il disegno originale
andato perduto.

Quelle fiammelle chiedevano giustizia, per un reato che non ha un solo
colpevole, ma una responsabilità collettiva in un Paese che affonda
nella gelatina dell’oblio. Il 6 marzo a L’Aquila. Il giorno giusto per
ricordare anche le parole dimenticate.

La memoria breve del pesciolino rosso e le parole dimenticate



L’Aquila, qualche giorno prima del 6 aprile 2009 – A casa di un mio
amico, osservando un pesciolino rosso dentro una boccia di vetro sopra
il davanzale, mi chiedevo spesso: «Ma non si annoierà, poverino, a
girare in tondo tutto il tempo dentro quella piccola sfera?».

No, non si annoiava, perché ho poi scoperto che i pesciolini rossi sono
dotati di memoria molto breve, e ciò costituisce il segreto della loro
piccola e incrollabile felicità. Il mondo di acqua e luce dentro la
sfera di vetro, grazie alla loro capacità di dimenticare, deve
apparirgli ogni giorno come un luogo delle meraviglie. Lo stesso
identico mangime, allo smemorato pesciolino, ogni volta deve sembrare
una prelibatezza mai assaporata prima, degna del re di tutti i mari.
Anche noi umani post-contemporanei, spiegano gli scienziati, stiamo
sviluppando una sempre più pronunciata memoria breve.

Come faremmo del resto ascoltare senza prendere a morsi il divano, ad
ogni campagna elettorale, da parte degli stessi politici, sempre le
stesse roboanti promesse e i mirabolanti impegni, che loro
dimenticheranno di mantenere, e noi ci saremo scordati di pretendere
prima di rivotarli? Come potremmo vedere nel piccolo schermo, da anni
tutte le sere, senza provare a ingurgitare per autolesionismo il
telecomando, sempre le stesse facce, le stesse stupidaggini, le stesse
bugie, o gli stessi stucchevoli giri di DO al Festival di Sanremo, da
Nilla Pizzi al principe Emanuele Filiberto?

L’oblio, la capacità di resettare in continuazione la nostra scatola
cranica, è insomma un meccanismo che preserva la salute mentale e la
serenità in un eterno ritornello dell’uguale.

L’oblio può anche uccidere, come è avvenuto anche a L’Aquila. Per
rendersene conto basta navigare in un archivio di notizie di qualche
quotidiano on-line locale. Inserendo, tanto per cominciare, parole ed
espressioni come «terremoto», «zona sismica», «faglia», «norme
antisismiche», «prevenzione sismica». Ebbene, non sfuggirà che esse
compaiono quasi tutte in pagine pubblicate dopo il 6 aprile 2009.

Prima dell’autunno del 2008, queste parole diventano poi rare come la
rosa di Atacama o l’asino albino, e le troviamo più che altro in
espressioni metaforiche, come ad esempio «terremoto politico», oppure
incastonate in frasi come «sisma giudiziario travolge la giunta».

Più frequenti, nei mesi precedenti il terremoto che ha creato
distruzione e morte a L’Aquila, l’espressione «sciame sismico», quasi
sempre associata a «niente allarmismi», «normale e progressivo rilascio
di energia», «tutto sotto controllo», «fase di assestamento»,
«procurato allarme», «I terremoti non sono prevedibili», e a nomi
propri come «Enzo Boschi», «Franco Barberi», «Guido Bertolaso».

Praticamente sconosciute alla comunità dei parlanti prima del 6 aprile,
erano parole oggi a L’Aquila frequentatissime e di uso comune come
«tamponature», «cemento armato», «staffe», «pilastri», «casa
antisismica», «micro-zonazione», «carotaggio», «indagini
geo-strutturali». Queste semplici constatazioni, rese possibili dalla
consultazione di un archivio di notizie e parole, suggeriscono alcune
riflessioni.

Tanto per cominciare a L’Aquila avevamo dimenticato di vivere in una
terra ad altissimo rischio sismico, con interi quartieri costruiti
sopra le faglie e in suoli che amplificano le onde telluriche. Ci
eravamo dimenticati l’antica saggezza che consente di interpretare i
segni di avvertimento che sempre la natura lancia prima di ogni
catastrofe. Avevamo dimenticato chi e come aveva costruito la nostra
casa, con quali materiali, con quali precauzioni. Per anni avevamo
gettato in qualche angolo dimenticato della nostra memoria, come
inutili cianfrusaglie, parole che ci avrebbero consentito di prendere
coscienza e di comunicare un rischio terribile e altamente probabile.
Eravamo invece pronti a censurare ogni parola e ogni pensiero profeta
di sventura, che minacciava la nostra instabile serenità, il nostro
irresponsabile benessere. Anche noi forse eravamo come quel pesciolino
rosso sul davanzale a casa del mio amico. A girare in tondo in un beato
e spensierato oblio. Nell’illusione che la sfera di vetro che ci
ospitava, fosse eterna ed infrangibile.

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