I NO DAL MOLIN PRONTI ALLA LOTTA

Partiamo dalla fine, via il dente via il dolore:
giovedì scorso, a due settimane dalle elezioni comunali, tre esponenti
del Presidio vengono perquisiti nelle loro abitazioni dalla Digos. Lo
dispone, nell’ambito dell’indagine sull’attentato all’oleodotto del
luglio 2007, il pm Paolo Pecori. Il padre di Massimo, candidato sindaco
Udc. Che è concorrente, nella corsa al Palazzo, proprio della leader
del Presidio Cinzia Bottene, candidata a capo della lista “Vicenza
Libera”. Boom. Scoppia la polemica. «Non giudico – attacca la Bottene –
rilevo solo l’inopportunità di disporre le perquisizioni alla vigilia
del voto. Sono passati otto mesi dall’attentato, aspettare due
settimane non avrebbe cambiato nulla. Anzi, il pm avrebbe evitato le
contestazioni. Comunque non mi preoccupo, già in altre occasioni ci
hanno criminalizzati, soprattutto alla vigilia delle manifestazioni, ma
i vicentini hanno risposto senza farsi influenzare».
Chiusa la parentesi giudiziaria. Che cosa l’ha spinta a candidarsi?
Due motivazioni. Primo: la delusione, il non riconoscermi in una
politica così poco trasparente, fatta per l’autoconservazione dei
partiti. Secondo: la speranza, il non rassegnarsi al “non voto”,
cercare di fare una politica per gli interessi collettivi e non di
bottega.
Voi del Presidio siete “scesi in campo”. L’area dei
comitati anti-base, invece, ha scelto di restare fuori dalla
competizione e di sostenere i candidati che si impegnano per il “no”.
Non rischiate di rompere il fronte?
Il movimento No Dal Molin è
sempre stato variegato, non abbiamo la presunzione di rappresentarlo
tutto. A volte abbiamo agito uniti, ma ci teniamo all’indipendenza.
I No Dal Molin sono sparpagliati in almeno sei liste. Non avete dialogato per evitare la dispersione?
Con qualcuno sì, ma non con le liste di partito. Dei partiti non mi
fido. La Equizi? Dice che siamo troppo di sinistra, ma ha frequentato
il Presidio per oltre un anno e si è smarcata alla vigilia del voto.
Onestà e coerenza pagano, perciò alla fine abbiamo deciso di andare da
soli. Del resto siamo stati noi il traino del movimento, quelli che
finora hanno tenuto aperta la questione della base.
Ancora aperta? Tutte le istituzioni hanno detto «sì» e ora c’è pure l’affidamento dell’appalto…
Che la macchina sia in moto è indubbio, però io guardo all’altra faccia
della medaglia: i ritardi sui tempi d’esecuzione, le istituzioni che
sentono il bisogno di riconfermare di continuo decisioni già prese,
segno di debolezza. Non si è deciso nulla sulla tangenziale nord, se
non che la pagano gli italiani. I 5 punti dell’ordine del giorno del
Consiglio comunale stanno cadendo uno alla volta. Che fine farà
l’aeroporto? E gli appalti vanno ad arricchire le coop rosse e non i
vicentini.
Ma non c’è solo il Dal Molin. Un candidato sindaco dovrebbe avere un programma per la città…
Non accetto che ci dicano che siamo monotematici. Il nostro programma
ha tre punti cardine: pace, difesa dell’ambiente e difesa della vera
democrazia.
In concreto, le prime tre azioni che farebbe da sindaco?
Innanzitutto, preparerei un ordine del giorno in senso contrario a
quello del 26 ottobre 2006. Così non darei al governo la possibilità di
strumentalizzare il voto del Consiglio comunale come invece la
precedente maggioranza ha consentito. Secondo, metterei mano all’Aim,
gioiello della città spartito come una torta a vantaggio di pochi.
Aim politica o no?
No, la politica resti fuori dalla gestione di Aim: ci vogliono manager
competenti ed onesti. Alla politica spettano solo l’indirizzo e il
controllo.
Terzo impegno?
La salvaguardia dell’ambiente, far
vivere tutte le zone della città, senza dimenticarne alcune, altrimenti
diventano insicure. E soprattutto metterei mano alle regole per dire
basta alla speculazione edilizia.
Eleggere un consigliere sarà un successo?
Vorremmo entrare in Consiglio non per gestire il potere, ma per
“aprire” l’Aula ai cittadini, come una scatola di vetro. Daremmo alla
gente le informazioni che oggi non ha.

L’altro giorno, in centro, lei ha urlato al megafono
che «un’altra giunta di centrodestra sarebbe la morte della città». Un
minuto dopo avete crocifisso il governo di centrosinistra. Per chi
tiferete in caso di ballottaggio?
Ci sono partiti che già parlano
della spartizione degli assessorati. Non ci interessa nulla di simile.
Se ci corteggeranno? Ne discuteremo in assemblea, di certo non ci
venderemo.

Casalinga. Da due anni, da quanto è scoppiato il caso
Dal Molin, tutti la conoscono così: 51 anni, sposata, un figlio di 21
anni, quasi vicentina – nel senso che la sua casa sorge a Caldogno «a
20 metri dal confine con Vicenza». E, appunto, casalinga. Alle spalle
però, Cinzia Bottene ha 18 anni da impiegata. La politica, invece, è
una folgorazione recente. Prima di questa tornata elettorale non
l’aveva mai fatta: mai una tessera di partito, assicura, mai una
candidatura. «Nemmeno vita associativa. Non ho partiti di riferimento,
mi regolo in base ai momenti e alle persone candidate. Però mai a
destra».
Così fino a due anni fa. Fino a quando esplode il caso Dal
Molin e la casalinga diventa leader e simbolo della lotta (molto
femminile) contro la base. Megafono (e pentole) in mano, guida le marce
dei 100 mila e dei 30 mila, occupa la Basilica e la prefettura, sempre
in prima fila. Un personaggio. Tanto che Santoro e Lerner la ospitano
nelle loro trasmissioni tv. Ora la corsa a sindaco. Un bel salto, ma
per molti, a questo punto, non inatteso.

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