Ripartiamo dal basso, costruiamo conflitto: SUD RIBELLE

Le elezioni del 13 e 14 aprile ci propongono un quadro parlamentare caratterizzato da un bipolarismo quasi perfetto che vede la vittoria schiacciante del Popolo della Libertà,con l’appoggio fondamentale della Lega Nord, a discapito di un Pd ancora troppo embrionale per avere possibilità di governo. Ma Veltroni può dichiararsi tutto sommato soddisfatto in quanto complice di tale bipolarismo e in parte artefice della sparizione dei partiti più estremi. Scompaiono Sinistra l’ Arcobaleno, con le sue tre componenti, ed il Partito Socialista. Storiche componenti parlamentari che lasciano la poltrona e la delega delle istanze sociali del paese, all’unico partito di “lotta e governo” presente ad oggi in parlamento, la Lega Nord. Ci appare quasi surreale vedere Bossi festeggiare la sua vittoria in una piazza piena di operai, e dall’altra parte Bertinotti dichiarare la sconfitta nell’ Hard Rock Cafè di una delle vie più “in” della capitale.

Sembra irreale, ma tutto ciò è il frutto di scelte precise, è la conseguenza dell’ abbandono del conflitto,della piazza e quindi delle istanze sociali, in favore della logica del “governo a tutti i costi”.
Infatti leggendo attentamente i risultati elettorali ci rendiamo conto di come la scomparsa della sinistra sia stata causata, non soltanto da un fisiologico e ben motivato astensionismo , dovuto al tradimento, durante i 2 anni di governo Prodi, delle istanze proposte dai movimenti, ma anche da un agire politico che ha visto sia la sinistra istituzionale che alcune componenti del movimento stesso allontanarsi dal conflitto sociale, permettendo a teorie xenofobe e localiste di prendere piede in territori culturalmente lontani per tradizione ad ogni forma di razzismo e fascismo.

Ed è per questo che la Lega è riuscita ad entrare in spaccati della società dove la sinistra istituzionale non era abbastanza forte.
Le modalità con cui essa è stata dapprima al governo e poi in piazza, e i rapporti che ha sempre tenuto con gli alleati dell’attuale governo, ha pagato. Ha pagato la sua presenza costante sul territorio e nei luoghi di lavoro. Ha capitalizzato in termini elettorali l’affermarsi di logiche xenofobe e securitarie come risposta ad una crescente e trasversale domanda di sicurezza, dettata dalla volontà dei media di dipingere il problema della micro-criminalità e dei migranti non come fenomeno sociale ma come questione di ordine pubblico.

A sud invece lo spaccato sociale che ci consegna il voto appartiene ai quartieri popolari che pur non riconoscendosi politicamente in nessuno dei partiti, spesso votano per uno di essi sotto il continuo ricatto di un sistema clientelare-mafioso. Nelle realtà meridionali in cui lo stato, la mafia e il sistema produttivo sono un magma indistinto, difficilmente esiste qualcuno che riesce a sottrarsi ad esso creandosi una vita slegata da queste logiche.

Chi in questi anni, da dentro o fuori le istituzioni, ha contribuito a traghettare il movimento verso la compatibilità governativa, si deve rendere conto del fallimento politico di questa pratica, prenderne atto e cominciare a (ri)costruire una opposizione forte, che parta dal basso e che si faccia interprete delle reali esigenze sociali (casa, lavoro, salute, istruzione , ambiente).
Solo l’espansione del conflitto sociale, pensarlo e costruirlo come pratica di rottura, potrà garantire la nostra esistenza individuale e collettiva durante questi anni, prima che, in un modo o in un altro, ci costringano a modificare il nostro modo di (re)agire .
Per fare questo non dobbiamo avere timori, dobbiamo chiamare le cose col loro nome, diffondendo pratiche di contro-potere e messaggi di contro cultura, ricominciare ( per chi aveva smesso) o continuare a veicolare i nostri messaggi, a calpestare le piazze e le strade delle nostre città, a creare dappertutto, nei bar, nelle curve, nelle scuole, nelle piazze e nei quartieri luoghi dove sviluppare confronto politico. Luoghi dove le cose appaiano per quelle che sono e non straniate dal meccanismo dell’apparire tipico di questa società.
Luoghi in cui tutti gli attori che li popolano, definiscano l’esistente per quello che è, senza avere tema di toccare le fragili corde e le coscienze della società civile, timori che troppo spesso in questi anni hanno tenuto imbrigliate le istanze più radicali del movimento.
Il movimento deve recuperare un pensiero e un linguaggio antagonista rispetto a questo aberrante stato di cose, pensiero che sappia andare oltre le difficoltà del materiale, che recuperi principi e pratiche troppo spesso messe da parte in nome di un moderatismo che non ci appartiene, linguaggio che definisca le cose col loro nome, che non ci risparmi lo scontro con una realtà che oggi è disabituata a parole come lotta, padroni, conflitto, repressione, fascismo, mafia.
Diffondere il nostro pensiero e il nostro modo di agire significa costruire meccanismi di autodeterminazione individuale e collettiva che ha come prodotto culturale il conflitto e l’opposizione.
Per creare conflitto è necessario utilizzare pratiche di Autonomia reale che si oppongano a qualsiasi compromesso istituzionale, che siano conflittuali con chi, a livello locale o nazionale, detiene potere teso a rigenerare meccanismi sistemici .
Fallire in questo obiettivo significa non riuscire a costruire un’opposizione concreta a 5 anni che si annunciano costellati di massacro sociale e attacchi repressivi. Significa arrendersi. E noi non lo faremo mai.

Preso atto di questo abbiamo intenzione di lanciare due date importanti che ci aspettano nella nostra città.
Costruiamo un presidio per giorno 24 aprile 2007, data prevista per l’emissione delle sentenze del processo al “Sud Ribelle”.
Costruiamo un momento di discussione e di conflitto per giorno 25 Aprile che ricordi la liberazione e la resistenza aldilà della semplice commemorazione storica.

C.P.O.A. RIALZO

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