Catastrofe innaturale a Gaza

Il nuovo anno è subentrato a quello vecchio con
gli stessi auspici di morte e desolazione, elevati alla massima potenza
distruttiva.
Mai viste così tante bombe crollare attorno a
casa mia, dinnanzi al porto. Un’ esplosione a meno di 100 metri,
ha scosso violentemente i 7 piani del mio palazzo, facendolo oscillare
come un pendolo impazzito. Per un momento abbiamo temuto venisse
giù, i vetri delle finestre sono scoppiati tutti.
Momenti
di panico, ho pregato iddio che il nostro edificio fosse stato
costruito con criteri antisismici, ben conscio della mia effimera
illusione, Gaza poggia su di una striscia di terra che non trema. Il
terremoto qui è innaturale, si chiama Israele.
Sarà
per questo che i governanti occidentali, così compassionevoli e
caritatevoli, lesti nel mettersi una mano sul cuore e l’altra nel
portafoglio, spesso per propaganda personale, quando si tratta di
versare parole e fondi in soccorso delle popolazioni colpite da
catastrofe naturali, dinnanzi a questa di catastrofe innaturale,
progettata a tavolino in ogni suo minimo dettaglio a Tel Aviv mesi fa,
si mettono una mano dinnanzi agli occhi e all’altra a pararsi
l’orecchio, e sembrano non prestare attenzione alle strazianti
urla di dolore di corpi innocenti fatti a brandelli senza pietà.
Disinteressarsi della costante e progressiva distruzione di moschee (e
siamo già ad 8), scuole, università, ospedali, decine e
decine di edifici di civili. Proseguo nella mia disperata ricerca, di
quegli amici che non rispondono più al mio telefono.
Ahmed
l’ho rintracciato a casa sua, una delle poche ancora in piedi,
nel centro del quartiere Tal Alhawa di Gaza city, attorniata da uno
scenario apocalittico che ricorda tanto il quartiere sciita di Beirut,
dopo la pioggia di bombe del 2006, bombe di stessa fabbricazione e
provenienza di quelle ci stanno cadendo addosso in questi giorni. Ahmed
sta bene, i suoi familiari pure, ma sua madre se l’è vista
davvero brutta sabato.
E’ un insegnante della scuola Balqees
delle Nazioni Unite, quel giorno si è trattenuta in aula
più del consueto, è stata la sua salvezza. Molti suoi
studenti in attesa alla fermata dei bus, sono rimasti seppelliti dalle
macerie prodotte dalle esplosioni. Una bomba è caduta
sull’auto di Ahmed, una utilitaria verde pistacchio, la stessa
con cui giusto la sera prima scorazzavamo in cerca di pane in una
città in cui la farina viene venduta a peso d’oro. Rafiq
invece alla fine l’ho rintracciato al telefono, la sua voce
cavernosa sembra provenire da un pozzo senza fondo, un cunicolo di
tristezza e disperazione per aver appena appreso della morte di tre dei
suoi migliori amici, durante l’attacco al porto.
In uno degli
ultimi caffè aperti a gaza, che riforniscono di caffeina e
connessione internet, bombe ed energia elettrica permettendo, ho
mostrato dallo schermo del mio laptop ad un paio di amici, amaramente
sorridendo, la notizia di un morto e 382 feriti.
Non il computo
delle vittime dei lanci di "razzi" Qassam su Israele di ieri, che
fortunatamente non hanno fatto registrare alcun morto, ma i numeri
della strage compiuta dai nostri botti di fine anno in Italia. Quelli
di Hamas sono dei pivelli, ho detto ai miei amici, se credono di
guerreggiare contro Israele con i loro giocattolini artigianali.
Dovrebbero andare a scuola a Napoli per confezionare dei razzi
veramente mortiferi, nei quartieri spagnoli si assemblano fuochi
d’artificio ben più esplosivi dei qassam gazawi.
Intendiamoci, come pacifista e non violento aborro in maniera
più totale e convinta qualsiasi attacco di palestinesi contro
israeliani, ma quaggiù siamo stanchi di sentire la cantilena che
questa strage di civili è stata innescata di Israele in risposta
ai lanci dei modesti "razzi" artigianali palestinesi. Per inciso, dal
2002 sino ad oggi i qassam su Israele hanno prodotto 18 morti, qui
sabato in una manciata di ore di civili morti negli ospedali ne abbiamo
contati più di 250.
Chiedo conto agli avventori del
caffè della tregua proposta dall’unione europea e cassata
da Israele, che evidentemente possiede ampie scorte di materiale
bellico nei magazzini militari da smaltire, scuotono tutti la testa.
Tregua c’è mai davvero stata, prima di questo feroce attacco su una popolazione inerme?
Solo nel mese di novembre, l’esercito israeliano ha fatto fuori
ben 17 palestinesi (43 in tutto dall’inizio della…"tregua")
E ancora prima di allora, l’assedio criminale imposto a Gaza
aveva prodotto più di duecento vittime fra i malati palestinesi.
Malati con le carte in regola per essere ricoverati in ospedali
all’estero ma impossibilitati a muoversi per la chiusura dei
confini. L’assedio criminale israeliano aveva distrutto
l’economia già precaria, provocando più del 60% di
disoccupazione, costringendo l’80% delle famiglie palestinesi a
vivere di aiuti umanitari. Aiuti che stentavano a filtrare oltre la
cortina di ferro tesa da Israele attorno alla più grande
prigione a cielo aperto del mondo: Gaza.
Da quel caffè alla fine abbiamo poi dovuto evacuare, e a gambe levate
E’ giunta l’ennesima telefonata di minaccia: il locale sarebbe stato bombardato entro pochi minuti.
I crimini contro l’umanità di cui si macchia Israele in queste ore non conoscono limiti, e davvero pochi paragoni.
Ieri a l campo profughi di Jabalia caccia F16 hanno lanciato missili
contro un’ambulanza, sono morti un dottore, Ihab El Madhoun, e il
suo infermiere di fiducia, Mohamed abu Hasira.
Per questa ragione
oggi, noi, internazionali dell’ISM, abbiamo indetto una
conferenza stampa dinnanzi alle telecamere di una delle televisioni
palestinesi più popolari. Per informare Israele che da stanotte
salteremo sulle ambulanze per dare una mano nei soccorsi, sperando che
la nostra presenza, in quanto internazionali, funga da minimo
deterrente a questi sanguinari crimini. Anche se Israele mostra di non
aver alcuna remora in questi giorni a massacrare civili, semmai una
remora l’abbia mai avuta.
A volte quando ci troviamo fa di
noi i discorsi si fanno molti cupi, è probabile che alla fine di
questa massiccia terrificante offensiva, qualcuno di noi andrà
ad annoverare il drammatico conto dei morti, degli scomparsi.
Non ci pensiamo, andiamo avanti.
Se il mondo "civile" tace e volta ignobilmente le spalle dinnanzi a
questa tragedia, noi che ci consideriamo ancora umani, membri di una
sola stessa famiglia che è l’umanità intera, faremo
di tutto per fermare questa emorragia, occorre far presto, è
un’emergenza.

restiamo umani

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