REPORTAGE DA COPENAGHEN C.S.A.Q.P.E.S. CENTRO SOCIALE AUTOGESTITO QUINDI PERICOLOSO E SGOMBERATO

Copenaghen, Danimarca. 1 Marzo 2007. Un blitz dei nuclei antiterrorismo della polizia danese sgombera un centro sociale, il più noto della città.

Detta così la notizia non sembra suscitare particolare interesse, ne poter avere un piano principale sui media nazionali e internazionali, ed invece da sette giorni la vicenda occupa quotidiani, siti, riviste telegiornali, discussioni, assemblee e quant’altro nel panorama europeo. L’HungdomShuset( Casa dei giovani )nasce nel 1982, in un ex teatro occupato, che storicamente aveva visto passare dentro le proprie mura Clara Zetkin, Vladimir Lenin, Rosa Luxembourg, situato nella zona di Nòrrebro, villaggio autogestito dagli anni ’70 e trasformato a zona libertaria e alternativa. Dall’82 ad oggi il centro sociale è stato un crocevia di persone, di passioni, di rivolte, di iniziative, controcultura, che ha visto negli anni accrescere di numero i giovani frequentatori e che in pochi anni è diventato il simbolo della lotta dal basso di centinaia di giovani militanti. Qui hanno suonato i non ancora famosi Bjork, Nick Cave, Geen Day nei primissimi anni ’90, qui si è formata spontaneamente una mensa popolare che ogni giorno sfamava chiunque non avesse un tetto e un reddito dignitoso per vivere, qui esisteva un cineforum permanente e gratuito che passava sul grande schermo della sala cinema  tutti i film che nel circuito commerciale cinematografico non avevano e trovavano spazio, qui si organizzavano feste e concerti tutte le sere, da qui partivano le maggiori proteste e manifestazioni politiche della città, di casa erano assemblee, dibattiti, convegni politici, c’era una ben variegata e organizzata biblioteca popolare, e le critiche sociali che fuoriuscivano da queste mura erano sempre le più forti e fuori dal coro dell’omologazione. Venticinque anni di storia contro che evidentemente hanno iniziato a dare fastidio e a creare qualche problemino  al sistema politico partitico del comune. In fondo si sa che le voci libere e difficilmente controllabili  sono sempre  prese di mira da chi gestisce il potere.

E così, il rifugio per tutti quei ragazzi che non si sentivano accettati altrove, che contestavano le minacce nucleari, che rifiutavano le vecchie sinistre, che si opponevano al neo liberismo sfrenato e che combattevano per una giustizia sociale e un’autodeterminazione politica, è stato prima sgomberato, poi abbattuto e infine raso al suolo. Ma sgomberato l’edificio inizia la rabbia della gente.

Nella serata del primo Marzo , durante lo sgombero, una cinquantina di ragazzi si arrampicano sul tetto dell’ HungdomShuset per fare resistenza civile e cominciano a lanciare uova alla polizia, gli autonomi insieme agli anarchici scendono per le strade e erigono barricate e blocchi stradali, manifestanti si riuniscono a migliaia per protestare contro la repressione poliziesca. Molotov, auto incendiate, cassonetti rovesciati, sassaiole. Scoppia così la rivolta dei giovani danesi.

2 marzo, stesse scene. StreetParade che attraversa il quartiere e giovani che cercano di riprendersi il centro sociale sgomberato, scontri con la polizia, cariche e lancio di pietre.

 3 Marzo. Il fuoco brucia ancora nel cuore dei ragazzi danesi che sfilano in corteo in una manifestazione pacifica per tutta la città. Si ritrovano fianco a fianco nella lotta anarchici e famiglie, anziani e autonomi, bambini e politici della sinistra radicale, abitanti del quartiere e senza tetto, immigrati e intellettuali. NO ALLA VIOLENZA POLIZIESCA e SALVATE LA CASA DEI GIOVANI, recitano gli striscioni  d’apertura.

 4 Marzo. Le ambasciate e i consolati danesi sono presi di mira e assaltati da centinaia di giovani in solidarietà con i ragazzi di Copenaghen. La polizia carica ad Amburgo e Brema. Ci sono feriti e numerosi arresti. Ma la protesta comincia a divampare in tutta Europa.

In soli 4 giorni di lotta ci sono più di cinquecento arresti. Impressionante.

Decido così di partire per Copenaghen e vedere, e sentire e raccogliere sul posto le notizie e le sensazioni della gente, nel modo più attendibile e vicino alla verità. Preparo in fretta e furia uno zaino per star fuori almeno 5 giorni e il domenica sono gia sul treno Milano Copenaghen. Ed è proprio li’ che mi accorgo della portata sociale enorme della questione. Sul treno incontro una decina di ragazzi italiani provenienti dai centro sociali del Nord Est e da Milano. Anche loro sono diretti a Copenaghen. Mi dicono che in Italia la notizia della rivolta danese sta sempre più attecchendo nel tessuto giovanile e che sono in programma iniziative e proteste anche da noi. Mi spiega Riccardo di Padova: “ I centri sociali sono veri e propri beni comuni da difendere. Dentro vive la passione e l’utopia di centinaia di ragazzi che lottano per un mondo diverso e che fanno delle loro battaglie un servizio alle comunità locali. Quello di Copenaghen iolo conosco bene. E’ uno dei più attivi in Europa e soprattutto svolge un attività politica ben precisa: quello della costruzione di nuove trame sociali tra i più emarginati della città. Come a dire, fuori i normali e qui dentro gli ultimi e i diversi. Per questo è così amato e voluto da tantissima gente. Perché inclusivo e multiculturale.”

Dopo ore ed ore di treno, cambi a Berlino, arrivo finalmente a Copenaghen. Sceso alla stazione la scena che mi si presenta è surreale. Vengo bloccato dalla polizia che in inglese mi chiede i documenti. Mentre parlottano tra di loro, noto che ci sono posti di blocco sparsi per tutto lo spiazzale adiacente alla stazione centrale. Evidentemente la notizia dello sgombero dell’ HungdomShuset ha fatto risalire tantissima gente fin qui a Copenaghen e la polizia sta accertando i flussi di entrata. E’ diventato un caso nazionale. Dopo una mezz’ora spesa li per aspettare che la polizia finisse i controlli, mi lasciano andare. Decido così di dirigermi a Cristiania, centro della rivolta degli squatters danesi e fulcro della vita alternativa giovanile. Lo spettacolo che mi si para avanti è di un surreale che mi scalda il cuore e mi fa tornare indietro nel tempo. L’odore dei cassonetti bruciati è ancora nell’aria, le carcasse delle macchine bruciate, scritte ovunque e gigantesche sui muri, strade con buchi  per terra qua e là, vie chiuse e bloccate dalla polizia onnipresente, negozi con saracinesche chiuse( poi verrò a sapere che sono chiusi per solidarietà ai ragazzi arrestati), gente che va e viene scattando foto e intervistando politicanti imbellettati che vengono puntualmente fischiati ad ogni parola che dicono dai ragazzi che gli passano dietro o che si affacciano dalla finestra. L’impressione è che il quartiere tutto stia dalla parte del centro sociale. Mi fermo a parlare con un anziano che ha in mano una busta della spesa, un folta barba, giacca marrone e jeans scuro. In inglese gli spiego che sono italiano e che vorrei sapere che cosa sta succedendo qui. Lui mi guarda, sorride, con il dito mi indica lo scenario delle strade, alza le spalle e dice: “ Finally, there is a small revolution “. Sorrido. Mi si avvicina una ragazza, mi da un volantino. E’ in inglese. Evidentemente erano preparati al fatto che numerosi stranieri sarebbero venuti qui. Mi siedo su un marciapiede  e comincio a leggerlo e a cercarlo di tradurlo. Praticamente la storia del centro sociale inizia nel 1982 quando l’allora sindaco Weidekamp( socialdemocratico) destinò il palazzo a uso giovanile e lo diede in gestione agli squatters di Norrebro. Anni ed anni di lotte e iniziative però, sono diventate spine nel fianco di molti politici, soprattutto di destra e conservatori. Soltanto però nel 1999 i socialdemocratici decisero di votare insieme alle destre e di mettere il palazzo in vendita. L’unica offerta che arrivò al comune fu quella di una setta cristiana fondamentalista chiamata Federhuset, ma gli fu negato l’acquisto per ragioni politiche ben precise: alla maggioranza sembrava un acquirente poco serio. Poi, all’improvviso, una Spa che si chiamava Human A/S fece un offerta affermando che voleva aiutare i giovani occupanti e il Comune, accettando, decise di vendere a questa società lo stabile contro la volontà degli occupanti che non vennero nemmeno avvertiti della vicenda. E qui il gioco si fa duro ed impervio. Perché si scoprì che non solo l’amministratrice delegata di questa fantomatica società aveva in precedenza incarichi amministrativi nel Comune, ma che il partito socialdemocratico nazionale avesse aiutato con dei fondi nascosti( tangenti) la società all’acquisto del palazzo. E dopo neanche un anno la stessa amministratrice della società vendette le azioni della casa alla setta Federhuset, guidata dalla ultrarazzista e intransigente pastora Ruth Evensen. Le azioni però comperate dalla setta furono finanziate con un prestito dalla Sarah Lee Jones Corporation Spa, con una finanziaria con sede a Panama, ma gli investitori della Sarah Lee Jones sono sempre rimasti ignoti.

Preso possesso dello stabile la Evensen dichiarò ai giornali locali di voler combattere l’omosessualità diffusa, gli immigrati musulmani, di cristianizzare tutta la zona, di abbattere gli ideali eversivi dei giovani abitanti del quartiere, e di sradicare tutti i peccati presenti nelle vite delle famiglie di Christiana e Norrebro.

La sindaca di Copenaghen attuale dopo lo sgombero di giovedì mattina non ha nemmeno , come però il testo del volantino ricorda di aver promesso, dato uno spazio alternativo agli ex occupanti. Anzi in maniera beffarda e di sfida ha allegramente proposto ai giovani di poter, qualora volessero, comperare una palazzina al costo di 2 milioni di euro!

Letto( con molte difficoltà il volantino in inglese) decido di andar a vedere con i miei occhi cosa c’e’ ora attorno all’ex HungdomShuset. Tristezza e angoscia assalgono i miei occhi davanti a quello spettacolo pietoso. Innanzitutto non è assolutamente permesso avvicinarsi troppo alla zona dove prima esisteva il centro, perché cordoni di poliziotti in assetto antisommossa pattugliano l’intero perimetro. Inoltre il palazzo non esiste più. Ci sono ruspe, povere ovunque, calcinacci, sporcizie varie. Ovunque l’odore acre del muro sgretolato. I sogni e le speranze di tante persone distrutte e abbattute in pochi attimi dalla volgarità e dalla forza egoistica di poche persone.

Vi sembrerà strano, ma da quando sono arrivato davanti all’ex centro sociale( e sono rimasto qui almeno un paio d’ore) ho visto fermarsi e piangere almeno una decina di ragazzi e ragazze, persino una signora anziana. Non era un pianto isterico o odioso, ma quasi nostalgico. Come se quella scena ora così desolante del nulla davanti ai loro occhi , gli facesse tornare in mente chissà quanta vita e voglia di fare fosse passata in quella zona. La situazione politica che comunque ho trovato qui in città mi ha fatto comprendere perché una rivolta così grande e generale fosse nata e cresciuta così forte. Cristiania, città libera e libertaria, è minacciata di sgomberi ogni mese da troppo tempo ormai e ciò ha di certo aumentato la tensione sociale in questi giorni, facendo crescere la voglia di ribellione e di repulsione verso le sedi istituzionali. Inoltre la gente che ho qui visto e incontrato, e la gente dei tre giorni di rivolta era variegata e eterogenea, una folla non soltanto giovanile e danese. Il governo danese al potere dal 2001, la destra, ha sprofondato l’intero Paese in un occidentalismo atlantico spiccato, cercando di conformare le Tv, i media, le università e gli spazi pubblici. Tutte queste cause hanno portato ai fatti di Copenaghen.

Non finisce comunque di stupirmi questa gente. Nonostante il loro palazzo sia stato sgomberato e raso al suolo, la sera del 6 Marzo e per tutto il 7 marzo sono state organizzate feste e concerti, iniziative pubbliche e politiche, autofinanziamenti e richieste avanzate al comune. Gli scontri,i movimenti e le manifestazioni non sono finiti, ma  al contrario di quello che si dice, ad ogni ora, qui autonomi, anarchici e squatters danesi organizzano presidi e mini cortei, anche per richiedere la scarcerazione dei loro compagni arrestati. Si continua a lottare per le strade, a scegliere la via della compattezza d fronte alla becera politica del potere assoluto su tutto e tutti.

E nel frattempo il pomeriggio del 6 Marzo ci arriva la notizia stupenda che alcuni compagni a Milano e a Venezia hanno occupato i consolati danesi per protesta agli arresti dei 500 e solidarizzando con gli squatters dell’ HungdomShuset. Radio Sherwood ha fatto da ponte tra noi che eravamo in Danimarca e tutti coloro che stavano protestando in Italia. Questa notizia ci riscalda tutti.

E iniziano i preparativi della grande manifestazione di sabato 10 Marzo, dove l’appello dei giovani danesi per costruire un nuovo spazio sociale e per confrontarsi sulle lotte dei territori e delle comunità locali, sta richiamando tantissimi attivisti in tutta Europa.

Se a tutto questo fino ad ora scritto, teniamo pure in conto che dal 6 Giugno all’8 Giugno poco lontano da qui si svolgerà il G8 tedesco di Heiligendamm, lo scontro sociale che si prepara tra coloro che pensano di omologare il mondo e il pensiero ad un unico filone, derivato come luogo di profitti economici e disuguaglianze sociali dove il ricco deve mangiare e ingrassare sempre di più e il povero vivere sempre meno e tra coloro che invece pensano che un mondo di pace e giustizia possa esistere soltanto però se le differenze economiche vengano eliminate e che si possa cambiare il sistema dello status quo con lotte provenienti dal basso, tipiche del pensiero globale e dell’agire locale, è sempre più forte.

 La polizia ha reagito in Danimarca in modo feroce e efferarato. Ma non è riuscita a bloccare alcunché. La lotta continua e si prepara, e tutti gli ideali che hanno questi giovani sembrano non morire mai. Sapete perché?

Nessuna gabbia potrà mai spegnere il bisogno di libertà e di lotta per la giustizia sociale.

Copenaghen, Danimarca. 1 Marzo 2007. Un blitz dei nuclei antiterrorismo della polizia danese sgombera un centro sociale, il più noto della città.

Detta così la notizia non sembra suscitare particolare interesse, ne poter avere un piano principale sui media nazionali e internazionali, ed invece da sette giorni la vicenda occupa quotidiani, siti, riviste telegiornali, discussioni, assemblee e quant’altro nel panorama europeo. L’HungdomShuset( Casa dei giovani )nasce nel 1982, in un ex teatro occupato, che storicamente aveva visto passare dentro le proprie mura Clara Zetkin, Vladimir Lenin, Rosa Luxembourg, situato nella zona di Nòrrebro, villaggio autogestito dagli anni ’70 e trasformato a zona libertaria e alternativa. Dall’82 ad oggi il centro sociale è stato un crocevia di persone, di passioni, di rivolte, di iniziative, controcultura, che ha visto negli anni accrescere di numero i giovani frequentatori e che in pochi anni è diventato il simbolo della lotta dal basso di centinaia di giovani militanti. Qui hanno suonato i non ancora famosi Bjork, Nick Cave, Geen Day nei primissimi anni ’90, qui si è formata spontaneamente una mensa popolare che ogni giorno sfamava chiunque non avesse un tetto e un reddito dignitoso per vivere, qui esisteva un cineforum permanente e gratuito che passava sul grande schermo della sala cinema  tutti i film che nel circuito commerciale cinematografico non avevano e trovavano spazio, qui si organizzavano feste e concerti tutte le sere, da qui partivano le maggiori proteste e manifestazioni politiche della città, di casa erano assemblee, dibattiti, convegni politici, c’era una ben variegata e organizzata biblioteca popolare, e le critiche sociali che fuoriuscivano da queste mura erano sempre le più forti e fuori dal coro dell’omologazione. Venticinque anni di storia contro che evidentemente hanno iniziato a dare fastidio e a creare qualche problemino  al sistema politico partitico del comune. In fondo si sa che le voci libere e difficilmente controllabili  sono sempre  prese di mira da chi gestisce il potere.

E così, il rifugio per tutti quei ragazzi che non si sentivano accettati altrove, che contestavano le minacce nucleari, che rifiutavano le vecchie sinistre, che si opponevano al neo liberismo sfrenato e che combattevano per una giustizia sociale e un’autodeterminazione politica, è stato prima sgomberato, poi abbattuto e infine raso al suolo. Ma sgomberato l’edificio inizia la rabbia della gente.

Nella serata del primo Marzo , durante lo sgombero, una cinquantina di ragazzi si arrampicano sul tetto dell’ HungdomShuset per fare resistenza civile e cominciano a lanciare uova alla polizia, gli autonomi insieme agli anarchici scendono per le strade e erigono barricate e blocchi stradali, manifestanti si riuniscono a migliaia per protestare contro la repressione poliziesca. Molotov, auto incendiate, cassonetti rovesciati, sassaiole. Scoppia così la rivolta dei giovani danesi.

2 marzo, stesse scene. StreetParade che attraversa il quartiere e giovani che cercano di riprendersi il centro sociale sgomberato, scontri con la polizia, cariche e lancio di pietre.

 3 Marzo. Il fuoco brucia ancora nel cuore dei ragazzi danesi che sfilano in corteo in una manifestazione pacifica per tutta la città. Si ritrovano fianco a fianco nella lotta anarchici e famiglie, anziani e autonomi, bambini e politici della sinistra radicale, abitanti del quartiere e senza tetto, immigrati e intellettuali. NO ALLA VIOLENZA POLIZIESCA e SALVATE LA CASA DEI GIOVANI, recitano gli striscioni  d’apertura.

 4 Marzo. Le ambasciate e i consolati danesi sono presi di mira e assaltati da centinaia di giovani in solidarietà con i ragazzi di Copenaghen. La polizia carica ad Amburgo e Brema. Ci sono feriti e numerosi arresti. Ma la protesta comincia a divampare in tutta Europa.

In soli 4 giorni di lotta ci sono più di cinquecento arresti. Impressionante.

Decido così di partire per Copenaghen e vedere, e sentire e raccogliere sul posto le notizie e le sensazioni della gente, nel modo più attendibile e vicino alla verità. Preparo in fretta e furia uno zaino per star fuori almeno 5 giorni e il domenica sono gia sul treno Milano Copenaghen. Ed è proprio li’ che mi accorgo della portata sociale enorme della questione. Sul treno incontro una decina di ragazzi italiani provenienti dai centro sociali del Nord Est e da Milano. Anche loro sono diretti a Copenaghen. Mi dicono che in Italia la notizia della rivolta danese sta sempre più attecchendo nel tessuto giovanile e che sono in programma iniziative e proteste anche da noi. Mi spiega Riccardo di Padova: “ I centri sociali sono veri e propri beni comuni da difendere. Dentro vive la passione e l’utopia di centinaia di ragazzi che lottano per un mondo diverso e che fanno delle loro battaglie un servizio alle comunità locali. Quello di Copenaghen iolo conosco bene. E’ uno dei più attivi in Europa e soprattutto svolge un attività politica ben precisa: quello della costruzione di nuove trame sociali tra i più emarginati della città. Come a dire, fuori i normali e qui dentro gli ultimi e i diversi. Per questo è così amato e voluto da tantissima gente. Perché inclusivo e multiculturale.”

Dopo ore ed ore di treno, cambi a Berlino, arrivo finalmente a Copenaghen. Sceso alla stazione la scena che mi si presenta è surreale. Vengo bloccato dalla polizia che in inglese mi chiede i documenti. Mentre parlottano tra di loro, noto che ci sono posti di blocco sparsi per tutto lo spiazzale adiacente alla stazione centrale. Evidentemente la notizia dello sgombero dell’ HungdomShuset ha fatto risalire tantissima gente fin qui a Copenaghen e la polizia sta accertando i flussi di entrata. E’ diventato un caso nazionale. Dopo una mezz’ora spesa li per aspettare che la polizia finisse i controlli, mi lasciano andare. Decido così di dirigermi a Cristiania, centro della rivolta degli squatters danesi e fulcro della vita alternativa giovanile. Lo spettacolo che mi si para avanti è di un surreale che mi scalda il cuore e mi fa tornare indietro nel tempo. L’odore dei cassonetti bruciati è ancora nell’aria, le carcasse delle macchine bruciate, scritte ovunque e gigantesche sui muri, strade con buchi  per terra qua e là, vie chiuse e bloccate dalla polizia onnipresente, negozi con saracinesche chiuse( poi verrò a sapere che sono chiusi per solidarietà ai ragazzi arrestati), gente che va e viene scattando foto e intervistando politicanti imbellettati che vengono puntualmente fischiati ad ogni parola che dicono dai ragazzi che gli passano dietro o che si affacciano dalla finestra. L’impressione è che il quartiere tutto stia dalla parte del centro sociale. Mi fermo a parlare con un anziano che ha in mano una busta della spesa, un folta barba, giacca marrone e jeans scuro. In inglese gli spiego che sono italiano e che vorrei sapere che cosa sta succedendo qui. Lui mi guarda, sorride, con il dito mi indica lo scenario delle strade, alza le spalle e dice: “ Finally, there is a small revolution “. Sorrido. Mi si avvicina una ragazza, mi da un volantino. E’ in inglese. Evidentemente erano preparati al fatto che numerosi stranieri sarebbero venuti qui. Mi siedo su un marciapiede  e comincio a leggerlo e a cercarlo di tradurlo. Praticamente la storia del centro sociale inizia nel 1982 quando l’allora sindaco Weidekamp( socialdemocratico) destinò il palazzo a uso giovanile e lo diede in gestione agli squatters di Norrebro. Anni ed anni di lotte e iniziative però, sono diventate spine nel fianco di molti politici, soprattutto di destra e conservatori. Soltanto però nel 1999 i socialdemocratici decisero di votare insieme alle destre e di mettere il palazzo in vendita. L’unica offerta che arrivò al comune fu quella di una setta cristiana fondamentalista chiamata Federhuset, ma gli fu negato l’acquisto per ragioni politiche ben precise: alla maggioranza sembrava un acquirente poco serio. Poi, all’improvviso, una Spa che si chiamava Human A/S fece un offerta affermando che voleva aiutare i giovani occupanti e il Comune, accettando, decise di vendere a questa società lo stabile contro la volontà degli occupanti che non vennero nemmeno avvertiti della vicenda. E qui il gioco si fa duro ed impervio. Perché si scoprì che non solo l’amministratrice delegata di questa fantomatica società aveva in precedenza incarichi amministrativi nel Comune, ma che il partito socialdemocratico nazionale avesse aiutato con dei fondi nascosti( tangenti) la società all’acquisto del palazzo. E dopo neanche un anno la stessa amministratrice della società vendette le azioni della casa alla setta Federhuset, guidata dalla ultrarazzista e intransigente pastora Ruth Evensen. Le azioni però comperate dalla setta furono finanziate con un prestito dalla Sarah Lee Jones Corporation Spa, con una finanziaria con sede a Panama, ma gli investitori della Sarah Lee Jones sono sempre rimasti ignoti.

Preso possesso dello stabile la Evensen dichiarò ai giornali locali di voler combattere l’omosessualità diffusa, gli immigrati musulmani, di cristianizzare tutta la zona, di abbattere gli ideali eversivi dei giovani abitanti del quartiere, e di sradicare tutti i peccati presenti nelle vite delle famiglie di Christiana e Norrebro.

La sindaca di Copenaghen attuale dopo lo sgombero di giovedì mattina non ha nemmeno , come però il testo del volantino ricorda di aver promesso, dato uno spazio alternativo agli ex occupanti. Anzi in maniera beffarda e di sfida ha allegramente proposto ai giovani di poter, qualora volessero, comperare una palazzina al costo di 2 milioni di euro!

Letto( con molte difficoltà il volantino in inglese) decido di andar a vedere con i miei occhi cosa c’e’ ora attorno all’ex HungdomShuset. Tristezza e angoscia assalgono i miei occhi davanti a quello spettacolo pietoso. Innanzitutto non è assolutamente permesso avvicinarsi troppo alla zona dove prima esisteva il centro, perché cordoni di poliziotti in assetto antisommossa pattugliano l’intero perimetro. Inoltre il palazzo non esiste più. Ci sono ruspe, povere ovunque, calcinacci, sporcizie varie. Ovunque l’odore acre del muro sgretolato. I sogni e le speranze di tante persone distrutte e abbattute in pochi attimi dalla volgarità e dalla forza egoistica di poche persone.

Vi sembrerà strano, ma da quando sono arrivato davanti all’ex centro sociale( e sono rimasto qui almeno un paio d’ore) ho visto fermarsi e piangere almeno una decina di ragazzi e ragazze, persino una signora anziana. Non era un pianto isterico o odioso, ma quasi nostalgico. Come se quella scena ora così desolante del nulla davanti ai loro occhi , gli facesse tornare in mente chissà quanta vita e voglia di fare fosse passata in quella zona. La situazione politica che comunque ho trovato qui in città mi ha fatto comprendere perché una rivolta così grande e generale fosse nata e cresciuta così forte. Cristiania, città libera e libertaria, è minacciata di sgomberi ogni mese da troppo tempo ormai e ciò ha di certo aumentato la tensione sociale in questi giorni, facendo crescere la voglia di ribellione e di repulsione verso le sedi istituzionali. Inoltre la gente che ho qui visto e incontrato, e la gente dei tre giorni di rivolta era variegata e eterogenea, una folla non soltanto giovanile e danese. Il governo danese al potere dal 2001, la destra, ha sprofondato l’intero Paese in un occidentalismo atlantico spiccato, cercando di conformare le Tv, i media, le università e gli spazi pubblici. Tutte queste cause hanno portato ai fatti di Copenaghen.

Non finisce comunque di stupirmi questa gente. Nonostante il loro palazzo sia stato sgomberato e raso al suolo, la sera del 6 Marzo e per tutto il 7 marzo sono state organizzate feste e concerti, iniziative pubbliche e politiche, autofinanziamenti e richieste avanzate al comune. Gli scontri,i movimenti e le manifestazioni non sono finiti, ma  al contrario di quello che si dice, ad ogni ora, qui autonomi, anarchici e squatters danesi organizzano presidi e mini cortei, anche per richiedere la scarcerazione dei loro compagni arrestati. Si continua a lottare per le strade, a scegliere la via della compattezza d fronte alla becera politica del potere assoluto su tutto e tutti.

E nel frattempo il pomeriggio del 6 Marzo ci arriva la notizia stupenda che alcuni compagni a Milano e a Venezia hanno occupato i consolati danesi per protesta agli arresti dei 500 e solidarizzando con gli squatters dell’ HungdomShuset. Radio Sherwood ha fatto da ponte tra noi che eravamo in Danimarca e tutti coloro che stavano protestando in Italia. Questa notizia ci riscalda tutti.

E iniziano i preparativi della grande manifestazione di sabato 10 Marzo, dove l’appello dei giovani danesi per costruire un nuovo spazio sociale e per confrontarsi sulle lotte dei territori e delle comunità locali, sta richiamando tantissimi attivisti in tutta Europa.

Se a tutto questo fino ad ora scritto, teniamo pure in conto che dal 6 Giugno all’8 Giugno poco lontano da qui si svolgerà il G8 tedesco di Heiligendamm, lo scontro sociale che si prepara tra coloro che pensano di omologare il mondo e il pensiero ad un unico filone, derivato come luogo di profitti economici e disuguaglianze sociali dove il ricco deve mangiare e ingrassare sempre di più e il povero vivere sempre meno e tra coloro che invece pensano che un mondo di pace e giustizia possa esistere soltanto però se le differenze economiche vengano eliminate e che si possa cambiare il sistema dello status quo con lotte provenienti dal basso, tipiche del pensiero globale e dell’agire locale, è sempre più forte.

 La polizia ha reagito in Danimarca in modo feroce e efferarato. Ma non è riuscita a bloccare alcunché. La lotta continua e si prepara, e tutti gli ideali che hanno questi giovani sembrano non morire mai. Sapete perché?

Nessuna gabbia potrà mai spegnere il bisogno di libertà e di lotta per la giustizia sociale.

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