Ragazzo massacrato dai fascisti a Verona. E’ morto Nicola!

Un 19enne si è presentato in questura con il suo avvocato
Il legale: lite degenerata, i genitori distrutti da una situazione spaventosa

Ragazzo massacrato a Verona
confessa un ultrà neofascista

Identificati altri due dei cinque aggressori: sono già fuggiti all’estero
Ancora gravissime le condizioni del 29enne vittima del pestaggio

<B>Ragazzo massacrato a Verona<br>confessa un ultrà neofascista</B>

VERONA – Un giovane ha confessato di essere uno degli autori dell’aggressione di Nicola Tommasoli, 29 anni, picchiato e ridotto in fin di vita la notte del primo maggio nel centro di Verona solo perché si è rifiutato di offrire una sigaretta. Il ragazzo di 19 anni interrogato dal magistrato Francesco Rombaldoni, titolare dell’inchiesta, ha reso "piena confessione". E’ un ultrà neofascista già responsabile di aggressioni a sfondo razzista e violenze negli stadi.

L’avvocato del diciannovenne parla di una lite degenerata e sostiene che il suo assistito, che frequenta il liceo classico, non intendeva uccidere. Il legale aggiunge anche che il padre e la madre del giovane "sono distrutti da una situazione spaventosa".

Sono ancora molto gravi le condizioni di Nicola Tommasoli, ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento. Momenti di angoscia per i genitori, chiusi assieme agli amici più cari in una stanza accanto al figlio. "Sono realista non voglio illudermi – dice il padre – "i medici dicono che c’è stata una piccola ripresa poi rientrata. Non so che pensare". Secondo fonti sanitarie, domattina inizierà il periodo di osservazione per l’eventuale dichiarazione di morte cerebrale. Se non dovesse farcela, chi lo ha picchiato potrebbe essere accusato di omicidio volontario o preterintezionale.

Il gruppo di neofascisti. La caccia agli altri quattro aggressori continua. Due di loro sono stati individuati dalla polizia ma sono già fuggiti all’estero dove sono ricercati. Il fermato è stato invece condotto in carcere a Montorio. Il giovane, che appartiene a una famiglia benestante della città, si è costituito questa mattina presso la Digos di Verona dopo che i poliziotti avevano di fatto stretto il cerchio attorno a lui. Accompagnato da un avvocato di fiducia, il ragazzo ha così confessato davanti ai magistrati.

E’ stato proprio indagando su "ambienti politicizzati" della città scaligera che la polizia è arrivata a identificare gli aggressori. Il ragazzo fermato era infatti già noto alle forze dell’ordine: come ultrà del Verona, per violenza negli stadi nello scorso febbraio era stato sottoposto a Daspo. In precedenza, nel 2007 era stato indagato dalla Digos insieme ad altre 16 persone per associazione a delinquere finalizzata a discriminazione razziale per alcune aggressioni avvenute a Verona analoghe a quella del primo maggio.

Il giovane fermato si muove in ambienti vicini a Forza Nuova, ma l’associazione di estrema destra nega qualsiasi coinvolgimento nella vicenda e minaccia di querelare chiunque la associ all’episodio. "Nessuno si permetta di associare Forza Nuova a tale vicenda" ha detto il coordinatore nazionale Paolo Caratossidis. "I nostri militanti non compirebbero mai un atto di così grave stupidità e cattiveria; se poi il ragazzo frequenta ambienti ultras o piazze dove si ritrovano neofascisti, questo è un altro discorso, non collegabile a Forza Nuova". Come movimento politico, aggiunge Caratossidis, "prendiamo completamente le distanze da tale indegno e vergognoso atto. Forza Nuova è contraria a ogni forza di violenza, tanto più se insensata, illogica e incivile come quella compiuta da quella banda di pazzi irresponsabili".

Anche il "Veneto Fronte Skinheads" nega di essere coinvolto. "Il ragazzo – afferma il presidente Giordano Caracino – dalle informazioni che abbiamo, non fa parte del Fvs, non lo conosciamo. Non basta avere i capelli corti, un bomber o avere certe idee per far parte del nostro movimento". "Noi – aggiunge -prendiamo le distanze in maniera categorica dall’accaduto e dalle persone che l’hanno compiuto".

Aggressione fascista a Verona, ragazzo ridotto in coma. Si costituisce un aggressore


|Verona, 4 maggio|
Nella città del sindaco-sceriffo Tosi, ultimamente impegnato sul fronte dell’istituzionalizzazione delle "ronde per la sicurezza" che prenderanno il nome (da settembre 2008) di "assistenza civica", un altro fatto di intolleranza e violenza ha riempito le cronache cittadine, ed ora, anche nazionali. Nicola Tommasoli, ventinovenne disegnatore industriale di Negrar, nella notte del primo maggio, è stato aggredito da cinque individui nel centro storico scaligero mentre era in compagnia di amici. Nicola ha avuto la peggio, entrando in coma irreversibile.

Le notti nere di Verona
Da oramai un mese a questa parte si fà un gran parlare di temi come quello della sicurezza, superando ogni limite, imbastendo campagne strumentali e pericolose. Verona è una delle città simbolo di questo vociare, con il suo sindaco leghista in prima linea contro qualsiasi soggetto o gruppo non conforme allo stile di vita "del Veneto che lavora". Nicola Tommasoli è stato pestato, sembrerebbe, perchè si sarebbe rifiutato di offrire una sigaretta. Il sindaco Tosi nei giorni scorsi ha minimizzato l’accaduto, la non presenza della variabile "migrante" rende il tutto indegno di nota.. Oggi emerge infatti la caratura fascista del gesto, aprendo contraddizioni innanzitutto in seno al comune: ma come gli "ordinati fascisti" spesso a braccetto col sindaco son causa di caos cittadino..? Il centro storico veronese è da anni caratterizzato dalle "ronde notturne" dei gruppi fascisti, impegnati in aggressioni violenze e minacce di stampo fascista e razzista. Botte ai "diversi": ai meridionali, ai giovani di sinistra e a tutti quelli che "rovinavano l’immagine di Verona", e allora si massacra il ragazzo con la maglietta del Lecce, si spranga chi esce dal centro sociale LaChimica (sgomberato in settembre dalla giunta comunale), si aggredisce chi vende o mangia kebab. Questa la sicurezza, squadrista.

L’estrema destra a Verona

Questa mattina un ragazzo di vent’anni si è costituito in questura, ha ammesso di essere uno dei responsabili della barbarie dell’altra notte ed è stato condotto in carcere a Montorio. Gli altro quattro giovani che hanno ridotto in fin di vita Nicola sono ricercati, due, a quanto si apprende, sono già fuggiti all’estero. Le informazioni arrivate rispetto a questo fatto, in un primo momento quasi snobbato dai media locali e nazionali, nonostante da più parti del movimento veronese si denunciasse già il sospetto di aggressione politica, sono frammentate: i media mainstream saltellano tra disprezzo del mondo ultras e borghese indignazione, evitando ogni ragionamento che sappia tenere insieme pratiche di legittimazione delle forme di fascismo e razzismo e canea riguardante l’ipocrisia del tema sicurezza. Per il momento si è a conoscenza solo dell’appartenenza del giovane arrestato alla nera tifoseria dell’Hellas Verona, militante di un gruppo riconducibile agli ambienti del Veneto Fronte Skinheads e di Forza Nuova.

 I servizi segreti: "Il Veneto zona a più alta densità di naziskin del Paese"
La passione per il pugilato, i richiami ai legionari romani e le croci uncinate

Teste rasate e antisemiti
allarme nel Nord Est

Giovani dalla doppia militanza: dai "boot party" le aggressioni del sabato
e alla tifoserie della domenica dove il campo di battaglia diventa la curva
di ALBERTO CUSTODERO

<B>Teste rasate e antisemiti<br>allarme nel Nord Est</B>

ROMA – È il Nord Est, secondo i servizi segreti italiani (l’Aisi), "la zona a più alta densità di militanti naziskin del Paese". Secondo il rapporto dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna, proprio nel bacino fra Verona (la città dove è stato aggredito Nicola Tommasoni), Vicenza, Padova e Treviso, il "fronte skinheads-Vfs, costituito a Vicenza negli anni Ottanta e ispirato al modello britannico, conta su alcune centinaia di giovani attivisti". Il loro è il look del "guerriero metropolitano". Fanno pugilato, thai box e sollevamento pesi, e si riconoscono nei valori fondanti dello skin style individuati nell’appartenenza di classe e nel sentimento nazionalista". La dimensione ideologica, come il richiamarsi ai legionari romani, c’entra poco, ma è utile "per saldare gli atteggiamenti improntati alla forza fisica ad un ruolo socio politico".

"Quando perquisiamo le loro case – racconta un alto funzionario della Digos – nelle stanze, sulla testata del letto, troviamo bandiere con la svastica o la croce celtica. Ma il loro livello culturale, molto basso, ci porta a parlare di bullismo con la testa rasata". Il credo naziskin è infatti – secondo gli esperti dell’intelligence – una sorta di sottocultura violenta, teppistica, xenofoba, razzista e antisemita, che si manifesta in scala crescente, dalla strada al quartiere, fino alla curva dello stadio. E trova proseliti soprattutto fra le "fasce di giovani culturalmente meno preparate che eleggono a loro passatempo preferito del sabato sera il boot party", come vengono sarcasticamente chiamate le aggressioni fini a se stesse. Il violento pestaggio di Verona non ne è che l’ultimo, tragico, esempio. Le teste rasate sono giovani dalla doppia militanza: nell’antagonismo il sabato per "fare casino in piazza", e fra le tifoserie la domenica dove il campo di battaglia diventa la curva. I richiami politici – osservano i servizi segreti – sono poco più che simbolici.
Nel mucchio degli ottantamila ultrà d’Italia, il grumo eversivo, secondo il ministero dell’Interno, è di circa ventimila tifosi, e proprio negli ultimi anni la gran parte sono diventati di destra (63 gruppi, circa 15 mila sostenitori), mentre la componente di sinistra, molto forte negli anni Settanta, è oggi ormai una minoranza, 35 associazioni per circa 5 mila persone. Sono state proprio le curve degli stadi – osserva l’intelligence – i luoghi nei quali la "tifoseria oltranzista ha assorbito l’esperienza di lotta della "cellula politica" con l’acquisizione di schemi organizzativi, slogan ossessivi, strategie di militarizzazione". È così che negli stadi sono comparsi, ad esempio, striscioni antisemiti o xenofobi (ora vietati dopo le norme sulla sicurezza negli stadi del ministro Amato). Al di là dei divieti di esporre bandiere o slogan dal contenuto ideologico, gli ultrà-naziskin si sono organizzati in "strutture stabili e complesse", con tanto di gadget, tesseramento. E sono capaci, pur appartenendo a squadre diverse divise da rivalità secolari (come Roma e Lazio), di allearsi per assaltare le caserma della polizia e la sede del Coni, come avvenuto nella Capitale nel novembre scorso qualche ora dopo la morte del tifoso laziale, Gabriele Sandri.

Ma l’allarme naziskin non riguarda solo le aggressioni boot party, le violenze negli stadi e le guerre fra tifoserie durante le trasferte. L’allarme del Viminale riguarda anche il risveglio dell’antisemitismo in Italia, con profanazione di tombe ebraiche e la comparsa sui muri di tutta Italia di scritte inneggianti il Duce, Hitler e i forni crematori. Su questo fronte dell’intolleranza razziale, si assiste ad un fenomeno del tutto nuovo: gli slogan antisemiti sono di moda non solo fra i naziskin e gli ultrà, ma anche fra i movimenti antagonisti dell’estrema sinistra e in alcuni ambienti di studenti leghisti "antagonisti padani".

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