NEWS E AGGIORNAMENTI: articoli dei media dopo il corteo di Bologna

http://qn.quotidiano.net/2008/02/11/64248-nicola_manifestare_fare_apologia_reato.shtml
Di Nicola: "Ok manifestare, ma non fare apologia di reato"
Pugno duro contro gli anarchici anche da parte della Procura: "Contrasto
di tutte le forme di violenza e massima apertura alla manifestazione di
opinioni. Ma una cosa e’ esprimere un’opinione e una cosa e’ fare
apologia di un delitto o esprimere una minaccia collettiva". Il che
significa, tra le righe, che il Questore avra’ le punizioni dure che
invoca
Bologna, 11 febbraio 2008 – Il Questore Francesco Cirillo chiede
punizioni severe per il corteo anarchico e la Procura di Bologna
risponde che anche questa volta si muovera’ secondo le proprie
posizioni, che e’ lo stesso procuratore capo Enrico Di Nicola a
ribadire: "Contrasto di tutte le forme di violenza e massima apertura
alla manifestazione di opinioni". Dove pero’, e’ la postilla di Di
Nicola, "una cosa e’ esprimere un’opinione e una cosa e’ fare
apologia di un delitto o esprimere una minaccia collettiva". Il che
significa, tra le righe, che il Questore avra’ le punizioni dure che
invoca.
"Non sono tenero- assicura infatti il numero uno di piazza Trento
Trieste- l’importante e’ che l’autorita’ si esprima nel rigore
assoluto dell’applicazione della legge". Sara’ lui stesso, annuncia
poi, a esaminare personalmente "tutte le risultanze" che arriveranno
da parte della Digos sulla manifestazione anarchica di sabato pomeriggio.
Ma in Procura, per ora, non e’ ancora arrivato nulla.
Informato per il momento solo preliminarmente dal pm di turno (Antonello
Gustapane) e dal numero uno della Digos Vincenzo Ciarambino, il
procuratore capo di Bologna si limita per ora a dire di essere "lieto
che non ci siano stati danni a persone e rilevanti danni alle cose".
Questo, precisa subito, "rispetto a quelli che si potevano anche
prevedere".
Insomma, "dal punto di vista dell’ordine pubblico non ci sono stati
disordini e questo e’ un fatto positivo". Cio’ non toglie che siano
successe cose che non gli sono piaciute, in particolare l’episodio
delle bandiere della Resistenza di porta Lame a cui gli anarchici hanno
appiccato il fuoco. "E’ un fatto che non mi piace- dice a questo
proposito Di Nicola- bruciare le bandiere e’ la manifestazione di un
atteggiamento che io considero di violenza verso la Costituzione".
Il rogo delle bandiere, ma anche la rappresaglia nei confronti del
camera-man della Rai, colpito da una pioggia di accendini per indurlo a
smettere di riprendere.
Sono entrambi atteggiamenti, dice ancora il procuratore capo, "che vanno
contro la democrazia e in quanto tali vanno puniti".
Ecco perche’ Di Nicola assicura che "la valutazione sara’ molto
severa, soprattutto quando si tratta di beni tutelati in via primaria
dalla Costituzione". Lo e’ la bandiera, prosegue il numero uno di
piazza Trento Trieste, che "e’ citata nell’articolo 12 della
Costituzione e rappresenta l’unita’ e il simbolo della Repubblica
italiana, basata sulla Resistenza". Un bene intoccabile, per il
procuratore di Bologna, cosi’ come intoccabile- conclude riferendosi
all’episodio del camera-man colpito "mentre faceva il suo dovere di
informare"- deve essere la liberta’ di informazione, salvaguardata
dall’articolo 21.
A parte questo primo giudizio sommario, pero’, il procuratore Di Nicola
ripete piu’ volte di voler "aspettare tutte le informazioni della
Digos" prima di pronunciarsi. "Piu’ sono gli elementi di conoscenza,
maggiore e’ la possibilita’ di valutare", afferma il numero uno di
piazza Trento Trieste. "Ho gia’ dato ordine di ricevere tutti gli
elementi di prova acquisiti, le denunce che si sentiranno di fare e le
registrazioni, dove ci sono, dei momenti importanti.
Esaminero’ personalmente tutte le risultanze, ma prima attendo il
maggior numero di elementi di valutazione ed e’ per questo che non ho
messo fretta alle forze dell’ordine".
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http://www.emilianet.it/Sezione.jsp?titolo=Bologna.%20Dure%20misure%20nei%20confronti%20del%20corteo%20degli%20anarchici&idSezione=17049&idSezioneRif=2
Dure misure nei confronti del corteo degli anarchici
Il questore annuncia fermi provvedimenti. Cofferati: il Comune si
costituirà parte civile contro i promotori
BOLOGNA (11 feb. 2008) – Provvedimenti ‘fermi e duri’ contro gli autori
dei danneggiamenti avvenuti durante il corteo degli anarchici di sabato
scorso. A invocarli è il Questore di Bologna, Francesco Cirillo,
precisando che la Digos ha già mandato una prima informativa alla
Procura, e altre seguiranno.
"Le identificazioni sono in corso, anche perché la maggior parte dei
manifestanti era di fuori Bologna – spiega Cirillo – ma di certo le
singole responsabilità saranno attribuite. Ci auguriamo che le misure
siano adatte a quello che hanno fatto, del resto anche in passato le
misure della Procura sono state abbastanza ferme e dure". Il Questore
ha precisato che nel primo resoconto inviato all’Autorità gli
investigatori della Digos hanno ricostruito i fatti, successivamente
verranno approfonditi tutti i singoli episodi e le responsabilità, dai
danneggiamenti di bancomat e telecamere, all’imbrattamento dei muri.
"La Procura deciderà i provvedimenti, ma l’auspicio – ha concluso –
che ogni atto venga punito nella giusta misura".
Il corteo di sabato, organizzato dagli anarchici del coordinamento
‘Rompere il silenzio’, ha visto sfilare oltre 500 persone dal centro
di Bologna a Piazza dell’Unità, per protestare "contro la repressione
e per chiedere libertà per i ‘compagni’ in carcere". Tra gli atti
vandalici compiuti lungo il percorso, sono state distrutte le telecamere
di una filiale Unicredit ed é stato gettato letame contro un paio di
agenzie interinali nei pressi di piazza XX Settembre.
Domenica, il coordinatore del Partito Democratico di Bologna Andrea De
Maria ha parlato di "inaccettabile intolleranza di un piccolo gruppo di
estremisti", stigmatizzando in particolare l’atto vandalico compiuto
contro il monumento ai Partigiani in piazza dell’Unità che ricorda la
battaglia della Bolognina.
Il Comune di Bologna si costituirà parte civile contro i promotori della
manifestazione anarchica di sabato scorso. E’ l’intenzione del sindaco
Sergio Cofferati il quale ha aggiunto che partirà immediatamente
l’opera di ripulitura "di tutte le scritte lasciate da una brutta
manifestazione, a partire da quelle più oltraggiose". Secondo
Cofferati, che non ha voluto entrare nel merito del corteo ("Ognuno è
libero di dire quello che vuole e di assumersi le proprie
responsabilità"), "é stata una brutta manifestazione perché non
rispettosa della città e dei suoi valori, a cominciare da quelli
fondativi". Dunque, ha continuato il sindaco, "non appena sarà
quantificato il danno, il Comune si costituirà parte civile contro i
promotori".

 

Dure misure nei confronti del corteo degli anarchici
Il questore annuncia fermi provvedimenti. Cofferati: il Comune si costituirà parte civile contro i promotori

BOLOGNA (11 feb. 2008) – Provvedimenti ‘fermi e duri’ contro gli
autori dei danneggiamenti avvenuti durante il corteo degli anarchici di
sabato scorso. A invocarli è il Questore di Bologna, Francesco Cirillo,
precisando che la Digos ha già mandato una prima informativa alla
Procura, e altre seguiranno.

"Le identificazioni sono in corso, anche perché la maggior parte dei
manifestanti era di fuori Bologna – spiega Cirillo – ma di certo le
singole responsabilità saranno attribuite. Ci auguriamo che le misure
siano adatte a quello che hanno fatto, del resto anche in passato le
misure della Procura sono state abbastanza ferme e dure". Il Questore
ha precisato che nel primo resoconto inviato all’Autorità gli
investigatori della Digos hanno ricostruito i fatti, successivamente
verranno approfonditi tutti i singoli episodi e le responsabilità, dai
danneggiamenti di bancomat e telecamere, all’imbrattamento dei muri.
"La Procura deciderà i provvedimenti, ma l’auspicio – ha concluso – che
ogni atto venga punito nella giusta misura".

Il corteo di sabato, organizzato dagli anarchici del coordinamento
‘Rompere il silenzio’, ha visto sfilare oltre 500 persone dal centro di
Bologna a Piazza dell’Unità, per protestare "contro la repressione e
per chiedere libertà per i ‘compagni’ in carcere". Tra gli atti
vandalici compiuti lungo il percorso, sono state distrutte le
telecamere di una filiale Unicredit ed é stato gettato letame contro un
paio di agenzie interinali nei pressi di piazza XX Settembre.

Domenica, il coordinatore del Partito Democratico di Bologna Andrea
De Maria ha parlato di "inaccettabile intolleranza di un piccolo gruppo
di estremisti", stigmatizzando in particolare l’atto vandalico compiuto
contro il monumento ai Partigiani in piazza dell’Unità che ricorda la
battaglia della Bolognina.

Il Comune di Bologna si costituirà parte civile contro i promotori
della manifestazione anarchica di sabato scorso. E’ l’intenzione del
sindaco Sergio Cofferati il quale ha aggiunto che partirà
immediatamente l’opera di ripulitura "di tutte le scritte lasciate da
una brutta manifestazione, a partire da quelle più oltraggiose".
Secondo Cofferati, che non ha voluto entrare nel merito del corteo
("Ognuno è libero di dire quello che vuole e di assumersi le proprie
responsabilità"), "é stata una brutta manifestazione perché non
rispettosa della città e dei suoi valori, a cominciare da quelli
fondativi". Dunque, ha continuato il sindaco, "non appena sarà
quantificato il danno, il Comune si costituirà parte civile contro i
promotori".

( EmiliaNet )


CORTEO ANARCHICI
Di Nicola: "Ok manifestare, ma non fare apologia di reato"

Pugno duro contro gli anarchici anche da parte della Procura:
"Contrasto di tutte le forme di violenza e massima apertura alla
manifestazione di opinioni. Ma una cosa e’ esprimere un’opinione e una
cosa e’ fare apologia di un delitto o esprimere una minaccia
collettiva". Il che significa, tra le righe, che il Questore avra’ le
punizioni dure che invoca

Il Procuratore capo di Bologna Enrico Di Nicola Bologna, 11 febbraio
2008 – Il Questore Francesco Cirillo chiede punizioni severe per il
corteo anarchico e la Procura di Bologna risponde che anche questa
volta si muovera’ secondo le proprie posizioni, che e’ lo stesso
procuratore capo Enrico Di Nicola a ribadire: "Contrasto di tutte le
forme di violenza e massima apertura alla manifestazione di opinioni".
Dove pero’, e’ la postilla di Di Nicola, "una cosa e’ esprimere
un’opinione e una cosa e’ fare apologia di un delitto o esprimere una
minaccia collettiva". Il che significa, tra le righe, che il Questore
avra’ le punizioni dure che invoca.

"Non sono tenero- assicura infatti il numero uno di piazza Trento
Trieste- l’importante e’ che l’autorita’ si esprima nel rigore assoluto
dell’applicazione della legge". Sara’ lui stesso, annuncia poi, a
esaminare personalmente "tutte le risultanze" che arriveranno da parte
della Digos sulla manifestazione anarchica di sabato pomeriggio.
Ma in Procura, per ora, non e’ ancora arrivato nulla.
Informato per il momento solo preliminarmente dal pm di turno
(Antonello Gustapane) e dal numero uno della Digos Vincenzo Ciarambino,
il procuratore capo di Bologna si limita per ora a dire di essere
"lieto che non ci siano stati danni a persone e rilevanti danni alle
cose". Questo, precisa subito, "rispetto a quelli che si potevano anche
prevedere".

Insomma, "dal punto di vista dell’ordine pubblico non ci sono stati
disordini e questo e’ un fatto positivo". Cio’ non toglie che siano
successe cose che non gli sono piaciute, in particolare l’episodio
delle bandiere della Resistenza di porta Lame a cui gli anarchici hanno
appiccato il fuoco. "E’ un fatto che non mi piace- dice a questo
proposito Di Nicola- bruciare le bandiere e’ la manifestazione di un
atteggiamento che io considero di violenza verso la Costituzione".

Il rogo delle bandiere, ma anche la rappresaglia nei confronti del
camera-man della Rai, colpito da una pioggia di accendini per indurlo a
smettere di riprendere.
Sono entrambi atteggiamenti, dice ancora il procuratore capo, "che vanno contro la democrazia e in quanto tali vanno puniti".
Ecco perche’ Di Nicola assicura che "la valutazione sara’ molto severa,
soprattutto quando si tratta di beni tutelati in via primaria dalla
Costituzione". Lo e’ la bandiera, prosegue il numero uno di piazza
Trento Trieste, che "e’ citata nell’articolo 12 della Costituzione e
rappresenta l’unita’ e il simbolo della Repubblica italiana, basata
sulla Resistenza". Un bene intoccabile, per il procuratore di Bologna,
cosi’ come intoccabile- conclude riferendosi all’episodio del
camera-man colpito "mentre faceva il suo dovere di informare"- deve
essere la liberta’ di informazione, salvaguardata dall’articolo 21.

A parte questo primo giudizio sommario, pero’, il procuratore Di
Nicola ripete piu’ volte di voler "aspettare tutte le informazioni
della Digos" prima di pronunciarsi. "Piu’ sono gli elementi di
conoscenza, maggiore e’ la possibilita’ di valutare", afferma il numero
uno di piazza Trento Trieste. "Ho gia’ dato ordine di ricevere tutti
gli elementi di prova acquisiti, le denunce che si sentiranno di fare e
le registrazioni, dove ci sono, dei momenti importanti.
Esaminero’ personalmente tutte le risultanze, ma prima attendo il
maggior numero di elementi di valutazione ed e’ per questo che non ho
messo fretta alle forze dell’ordine".

( Il resto del Carlino )


Sfila l’esercito degli anarchici. Offese e bestemmie sui muri

Avevano promesso di essere in 800. Sono poco piu’ della meta’ gli
anarchici sfilati in corteo oggi pomeriggio a Bologna. Nessun incidente
accompagna pero’ la parata di bandiere rossonere, che parte dalle Due
Torri intorno alle 15.45. Ma, un’ora dopo, un manipolo riesce comunque
a distinguersi: berretti e cappelli a nascondere il volto, in una
decina si staccano dalla testa del corteo e prendono d’assalto la
filiale Carisbo di via Irnerio: del blitz restano una postazione
bancomat devastata e andata letteralmente in fumo; pugni, bastonate e
pure letame scaraventato contro le vetrate della banca. La polizia, con
tre blindati a guardare le spalle del gruppo appiedato, osserva da
lontano, prende nota e immortala i vandali in qualche scatto
fotografico.

Quando invece il piccolo esercito anarchico aveva iniziato a
muoversi, erano stati un paio di insoliti "imbianchini" ad entrare in
azione: tute arancioni e volto semi-coperto, "armati" di un lunghissimo
rullo oscurano con vernice scura tutte le telecamere di
videosorveglianza piazzate lungo via Zamboni fino a piazza Verdi. Non
hanno risparmiato nessuno dei 12 obiettivi collegati direttamente con
la Questura.
Piu’ che rabbia, abbondano le bottiglie di birra, servite da un camper
e da un carrello della spesa adattato alla bisogna. Il serpentone di
giovanissimi "arrabbiati" ne ha comunque per tutti.
Dai politici ("La sicurezza dei padroni uccide", recita uno striscione
in testa al gruppo) alla chiesa: sulle mura di quella di Santa Maria e
San Domenico di Mascarella, nella via omonima, hanno lasciato da una
parte la scritta nera "Clero uguale Fascio infame", dall’altra una
bestemmia, "impreziosita" dalla dotta rivisitazione di uno slogan
fascista.

Il plotone anarchico arriva in fretta in piazza Verdi, teatro della
rissa con la polizia dell’ottobre scorso, costato prima il carcere a
cinque ragazzi e poi gli arresti domiciliari concessi a tre di loro. Il
fiume di giovani non ha dimenticato: lungo il passaggio in Largo
Respighi lascia un’interminabile serie di slogan contro la Polizia
("Piu’ sbirri morti"; "10,100,1000 Raciti", l’immancabile "Acab"). In
via Mascarella cambiano addirittura la toponomastica: sulle targhe con
il nome della via issano a destra il cartello "Via Francesco Lorusso,
ucciso dai Carabinieri l’11 marzo 1977"; a sinistra, invece, attaccano
il foglio con su scritto "Piazza Federico Aldrovandi, ucciso a 18 anni
dalla Polizia". Tocca a via Irnerio.

Prima dell’assalto alla Carisbo, e’ la volta di una sede di Adecco:
con spray nero gli anarchici lasciano l’enorme scritta "m…" sulla
vetrata dell’agenzia di lavoro interinale.
All’altezza di via Indipendenza gli anarchici provano a chiedere solidarieta’ alla citta’.
"Unitevi a noi" urlano dai megafoni. Ma Bologna sembra piu’ interessata
allo shopping nella vicina Piazzola. Quando il corteo svolta in
direzione della stazione, sullo sfondo restano soltanto una lunga
colonna di auto e di clacson spazientiti.
Immediate le prime reazioni politiche. "Sono arrivati i Lanzichenecchi.
E’ inaccettabile", grida Daniele Carella, capogruppo di Forza Italia.
Sulla protesta anarchica l’azzurro, allertato dalle telefonate di
numerosi cittadini, ha gia’ raccolto un "copioso- racconta- materiale
fotografico" che portera’ lunedi’ prossimo nell’aula del Consiglio
comunale.

Fonte: Il Carlino


"Chiederemo i danni agli anarchici"
Il Comune si costituisce parte civile. Caccia ai responsabili

Tutti contro gli anarchici. Ha cominciato il questore Francesco
Cirillo a invocare «provvedimenti fermi e duri» contro gli autori dei
danneggiamenti avvenuti durante il corteo degli anarchici di sabato
scorso. Gli hanno risposto indirettamente il procuratore Enrico Di
Nicola confermando la linea della Procura e il sindaco Sergio
Cofferati, che ha annunciato la mossa del Comune di costituirsi parte
civile per una «brutta manifestazione». Un corteo durante il quale sono
stati vergati 1200 metri quadrati di scritte spesso oltraggiose,
rovinati bancomat e sedi di agenzie interinali e gettato letame alle
banche, bruciata il tricolore partigiano al monumento della «battaglia
della Bolognina» in piazza Unità, oscurato telecamere di controllo e
minacciato di oscurare telecamere della Rai.

La Digos è al lavoro per identificare gli autori dei reati, «di
certo le singole responsabilità saranno attribuite – assicura il
Questore -. Ci auguriamo che le misure siano adatte a quello che hanno
fatto, del resto anche in passato le misure della Procura sono state
abbastanza ferme e dure». Il procuratore Di Nicola ha spiegato la sua
linea di intervento, pur dichiarando di non aver ancora avuto modo di
leggere l´informativa della Digos e di non conoscere quindi i fatti di
sabato se non per una sommaria informazione ricevuta sia dal pm di
turno Antonello Gustapane sia dal capo della Digos Vincenzo Ciarambino:
«La Procura contrasta tutte le forme di violenza e contemporaneamente
crede nella massima apertura alle manifestazioni di opinione». Però
«una cosa è esprimere un´opinione e una cosa è fare apologia di un
delitto o esprimere una minaccia collettiva».

Dopo aver espresso una parziale soddisfazione dal punto di vista
dall´ordine pubblico («sono lieto che non ci siano stati danni a
persone e rilevanti danni alle cose»), Di Nicola stigmatizza alcuni
episodi accaduti, come la bandiera italiana e europea bruciate in
piazza dell´Unità: «Bruciare le bandiere non mi piace affatto, è un
atteggiamento di violenza verso la Costituzione». Così come contro la
Costituzione, per via dell´articolo 21 sulla libertà di informazione, è
impedire le riprese tv all´operatore Rai, oggetto di lancio di monetine
e insulti.

Contro una «brutta manifestazione che ha lasciato scritte
oltraggiose» da ripulire al più presto, si scaglia il sindaco
Cofferati. Il Comune di Bologna si costituirà parte civile contro i
promotori della manifestazione anarchica. Per Cofferati «è stata una
brutta manifestazione perchè non rispettosa della città e dei suoi
valori, a cominciare da quelli fondativi». Di conseguenza, «non appena
sarà quantificato il danno, il Comune si costituirà parte civile contro
i promotori». Il Pd di Bologna torna a criticare le forze dell´ordine,
dopo la polemica sulla Street Parade, per aver consentito questa
«marcia incivile». «Auspico che nel futuro vi sia da parte delle forze
dell´ordine la massima attenzione e capacità di intervento», ha detto
in consiglio comunale Leonardo Barcelò, «affinchè non si ripetano
manifestazioni autorizzate nelle quali sia permesso impunemente tenere
comportamenti palesemente illegali e oltraggiare i simboli dello Stato
e della Resistenza». Angelo Piazza, deputato socialista, non è invece
d´accordo sulle critica alla polizia.

(12 febbraio 2008)

fonte repubblica.it


Bologna: corteo anarchici di sabato, aperta inchiesta

Sono 11 i reati per i quali il Procuratore di Bologna ha aperto un
fascicolo sul corteo anarchico di sabato scorso. Dal danneggiamento
aggravato all’imbrattamento aggravato, dal danneggiamento e vilipendio
alla bandiera alla violenza o minaccia a pubblico ufficiale,
dall’istigazione a delinquere e istigazione a disobbedire alle leggi
alla violenza privata.

Il fascicolo, che è stato affidato al Pm Luca Tampieri, è stato
aperto contro ignoti, visto che al momento non c’è nessun identificato,
anche perchè i partecipanti al corteo avevano quasi tutti capo e volto
coperti.

Durante il corteo, che era partito dal centro della cittaà per
raggiungere piazza dell’Unità, sono stati prodotti danni a bancomat e
telecamere, tracciate scritte minacciose sui muri, bruciata la bandiera
italiana al monumento che ricorda la battaglia partigiana della
Bolognina, e sono state lanciate monetine verso un operatore televisivo.

”Ho detto agli investigatori – ha spiegato Di Nicola – che bisogna
identificare ogni comportamento attribuendolo ad un soggetto preciso.
Non si tratta di un lavoro precipitoso, ma di un lavoro accurato e
preciso. Andranno visionate tutte le registrazioni del corteo”.

fonte bologna2000

 

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ORA E SEMPRE NO TAV!!

una valle pentita? NO! UNA VALLE CHE RESISTE!

|febbraio 08 Valle di Susa|
Da oltre due settimane i media hanno iniziato a tessere una campagna
dis-informativa sulla Valle di Susa come non accadeva da tempo.
Prendendo spunto da un lavoro orchestrato dalla lobby del tav e da
patetiche forme di ri-aggancio della politica istituzionale, coadiuvata
dall’ingenuità (si spera) di alcuni sindaci della valle, abbiamo
assistito a titoli dei tg e dei giornali del genere "i no tav pentiti"
"dalle barricate al si tav per il lavoro", "è l’ora del dialogo
i no tav cambiano idea" ecc… Tutto nasce da un consiglio comunale che
si è tenuto a Susa poche settimane fa dove la minoranza,
interprete del malcontento di qualche imprenditore, ha convocato il
consiglio per parlare di lavoro e tav, o meglio di quanto non lavoro
sta generando il movimento no tav. Operazione di bassa lega ma
graffiante. Dopo qualche giorno oltre a riprendere il consiglio alcuni
media, nella fattispecie il tg5, confezionano un servizio che spiega
attraverso le interviste mirate, di come non ci siano più no tav
in Valle di Susa. Poi si arriva al Corriere della sera che entra nel
dibattito intervistando alcuni sindaci e il presidente della
comuntà montana A.Ferrentino che sinceramente dichiarano oggi di
non voler più scendere in piazza, di preferire i tavoli del
governo e dell’osservatorio, di aver commesso errori al pari del
governo precedente. Salvo poi capovolgere la situazione giorni dopo
dalle colonne di Liberazione dove Ferrentino torna barricadero. MIstero
della politica.

Sta di fatto che un lavoro in piedi
cìè e in molti ci partecipano. E il movimento? Sta a
guardare? Al contrario! Con due iniziative il movimento alza la voce e
lo fa prendendosi visibilità. Innanzitutto convocando un
presidio in contemporanea al tavolo politico di palazzo chigi di
mercoled’13 febbraio, dove una delegazione di amministratori
andrà a incontrare il governo (quale?), e come vuole la
tradizione in piazza a Condove i "Galli" si prepaparano; e l’altra
lanciando la campagna" compra un posto
in prima fila", una sottoscrizione popolare utile a divenire
proprietari (tutti insieme) dei terreni di Chiomonte (la Colombera) che
secondo il tracciato presentato in sede europea dovrebber essere poi
espropriati per costruire il megatunnel.

Il movimento così
agisce e reagisce, come sempre, tornando a muovere la differenza e la
contrapposizione, dimostrandosi radicato e radicale, aspettando le
elezioni dopo aver visto passare l’ennesimo govewrno di turno senza
impiantare un cantiere.

(pubblichiamo in coda i due articoli citati)

|INIZIATIVE|

13 Febbraio 2008
NO TAV Condove Valle di Susa presidio in concomitanza con il tavolo politico di Roma
,

MERCOLEDI’ 13 FEBBRAIO DALLE ORE 17 IN POI TUTTI A CONDOVE IN PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTA’IN COLLEGAMENTO CON ROMA

NO TAV: PARTE LA CAMPAGNA "COMPRA UN POSTO IN PRIMA FILA!"

|MATERIALI|

>>>AAA, vendesi terreno No Tav (da la stampa)

 

>>> DA IL CORRIERE DELLA SERA

Corriere della Sera – NAZIONALE – sezione: Prima Pagina – data: 2008-02-04 num: – pag: 1
autore: di ALESSANDRA MANGIAROTTI categoria: REDAZIONALE
Val di Susa Il pentimento dei no-Tav: ci porta lavoro
SUSA
— Due anni dopo i blocchi stradali e le barricate, i no-Tav si
pentono: «Non marciamo più, quel Treno porta
lavoro». PAGINA 25
Val di Susa L’ex capopopolo Ferrentino:
è finito il tempo di urlare «Quel treno ci porta
lavoro» Ora i no-Tav si pentono. Sindaci, commercianti,
casalinghe: non marciamo più

DAL NOSTRO INVIATO

SUSA
— Sala consiliare del Comune di Susa, la sorpresa: «Mi
chiamo Patrizia Ferrarini, sono un’albergatrice, voglio la Torino-Lione
e vi dico il perché: ci porterà lavoro». Qualche
centinaio di metri più in là, bar della piazza, lo
stupore: «Sono Lella, ho 41 anni, ho marciato contro l’alta
velocità, ma oggi non lo farei più: troppe
strumentalizzazioni, ora voglio capire». Ancora due passi verso
la Dora, edicola sul ponte, la meraviglia: «Sono Lucia, Lucia
Barbaro, ho 55 anni, e anch’io ho manifestato ("distribuiva pure il
tè caldo", sorride Luca, il figlio), ma ora credo che della Tav
abbiamo bisogno».
Benvenuti nella Val di Susa due anni dopo la
fase barricadera della protesta no-Tav. Nella Val di Susa dove la crisi
di governo spacca. Divide. Con da una parte i duri e puri che brindano
al «dio Mastella»: «Un altro governo che non porta a
casa la Torino-Lione». E dall’altra un popolo variegato di
«sì», «se», e «no» Tav che
guarda a Roma con preoccupazione: «Qui rischiamo di dover
ricominciare daccapo». Un popolo fatto di sindaci, commercianti e
imprenditori sì-Tav usciti allo scoperto. Ma soprattutto di
valsusini che oggi non marcerebbero più perché hanno
cambiato idea (pochi) o perché un’idea precisa devono ancora
farsela (i più). «Figli del dialogo», per dirla come
Luigi Bobbio, professore di Scienza politica dell’Università di
Torino. Che spiega: «Finito il muro contro muro si inizia a
disegnare insieme una strada condivisa ».
Antonio Ferrentino
è stato il sindaco capopopolo nell’autunno caldo della protesta
no-Tav. Oggi è uno dei più accaniti sostenitori
dell’osservatorio tecnico (con all’attivo il più alto numero di
gomme d’auto tagliate): «Anch’io non scenderei più in
piazza. E centinaia di persone me lo vengono a dire: "ho marciato, ora
non marcerei"». Il perché? «E’ finito il tempo di
urlare moriremo tutti d’amianto (le cose

sbagliate le ha dette il governo, le abbiamo dette noi), ora si parla
di ragioni vere e priorità. Non possiamo condannare la valle
alla marginalità». Priorità, vale a dire: «Il
potenziamento della linea, il nodo di Torino». E il maxi-tunnel?
«Non è prioritario, ma se servirà se ne
discuterà. Un referendum che non riduca il tutto a no-Tav
sì-Tav ci riserverebbe sorprese». Parole sante anche per
il sindaco di Venaus Nilo Durbiano: «Quel tunnel oggi continua a
non servire, nemmeno se sbuca a Chiomonte. Ma non mi sento di dire che
tra 30 anni sarà così.
E la strada per capirlo non
è più la piazza». «Anche perché la
piazza è stata troppo radicalizzata, ha accolto tutti i no
d’Italia e le famiglie non ci si riconoscono più. Io ho marciato
e non lo rifarei. Semmai penso a un progetto di rilancio della
valle», aggiunge il sindaco di Chiomonte, il berlusconiano Renzo
Pinard.
Nel partito dei «convertiti al sì senza se e
ma» c’è Gianluca Ibba, immobiliarista. «Se ho
marciato? Certo, c’era tutta la valle. Troppe strumentalizzazioni, poi
ho deciso da me». Leonardo, 52 anni, una stazione Tamoil sulla
statale 24, si definisce ora un sì-Tav con qualche
«ma»: «Bisogna pensare al futuro dei figli, certo, ma
anche a farli mangiare». Carlo Gottero, 60 anni, vivaista di
Rivoli e assessore all’Agricoltura della bassa-valle si presenta invece
come «no-Tav che vuole negoziare»: «E’ il momento del
tavolo, non della piazza». Anche se qualcuno, a dire il vero,
alla piazza ci pensa. E’ Rodolfo Greco, 54 anni, della Cgil-Fillea.
«Marceremo con la nostra bandiera: sì al lavoro in Val di
Susa», anticipa snocciolando i numeri delle sue ragioni:
«386 disoccupati a Susa, più altri 27 della Italcoge;
2.861 nel comprensorio ». «Sono tanti quelli che alla Tav
iniziano a pensarci ». E alcuni, a dire il vero, ci hanno sempre
pensato. Solo che ora lo dicono apertamente: commercianti, artigiani,
imprenditori. Uno per tutti, il presidente dell’Ascom Marco Cossa:
«Quelle barricate ci hanno fatto male. La Tav invece può
farci bene, e non solo grazie ai suoi cantieri».
Il
riferimento è al piano strategico che dovrebbe essere messo a
punto dall’osservatorio tecnico. Con la crisi di governo il tavolo
politico è stato rinviato, il mandato pure. «Un piano di
sviluppo socio-economico dove la Tav è solo uno degli
elementi» spiega il presidente dell’osservatorio Mario Virano.
Con due scenari che potrebbero essere presentati per l’estate e poi
sottoposti a referendum: «La valle, da Settimo al confine, con o
senza la nuova linea».Alessandra Mangiarotti

>>DA LIBERAZIONE

Il leader dei NoTav smentisce il Corriere della sera – Ferrentino: «In Valsusa nessun cantiere. Mai»
La struttura che determina le sovrastrutture. L’analisi marxista
applicata alla questione Tav in val Susa significa che la crisi
economica sta determinando un radicale cambio di atteggiamento degli
oppositori al super treno? Questo si potrebbe evincere dopo un articolo
apparso ieri sul Corriere della Sera che racconta di conversioni in
corso che nemmeno san Paolo. L’economia di valle ristagna, avanti con
il cemento della megaopera. A dirlo sarebbero un po’ tutti, perfino
gente che una volta si mise sulle barricate. In testa all’esercito dei
convertiti, sempre secondo il Corriere, nientemeno che Antonio
Ferrentino.

Secondo il Corriere della Sera in val Susa sono diventati quasi tutti sostenitori del progetto tav… lei per primo

Quella
della giornalista è una ricostruzione falsa ed artificiosa che
non rispecchia assolutamente la mia idea e quella della valle. Non
c’è stata alcune conversione. Siamo totalmente contrari
all’apertura di qualsiasi cantiere, anche piccolo. Siamo disponibili a
discutere se fare il Tav non come…

A che punto è il lavoro dell’osservatorio?
L’osservatorio ha prodotto dei buoni risultati ed il suo lavoro deve
proseguire. Al momento attuale tutti coloro che sono seduti al tavolo
riconoscono che non esiste nessuna necessità di una
infrastruttura come il Tav. La linea attuale è sfruttata al 25%
della sua potenzialità. Tutti siamo disponibile a potenziare la
fruizione dell’attuale ferrovia, tenendo conto che i veri nodi
strategici sono a Torino e a Chambery.

Il ministro Di Pietro ha parlato di uso della forza per far rispettare la volontà dello Stato…
Parole dette sicuramente in un momento di stanchezza. Non è
pensabile che un ministro pensi di imporre manu militari
un’infrastruttura che un’intera popolazione rifiuta. E’ necessario
continuare con il confronto evitando sparate buone solo per i titoli
dei giornali.

Quale influenza ha la caduta del governo sulla vicenda Tav?
Penso nessuna. Spero che l’osservatorio continui il suo lavoro. Fino a
questo momento si è rivelato uno strumento prezioso per
comprendere molti aspetti che erano stati valutati superficialmente.

Se vince Berlusconi tornerà la repressione poliziesca in Val Susa?
Non credo. La lezione dell’autunno 2005 è stata salutare. Una
eventuale militarizzazione del territorio come allora non farebbe altro
che produrre sollevazioni popolari. Anche qualora tornassero ministri
alla Lunardi sicuramente non attuerebbero strategie così
scriteriate.

Domanda secca: nel 2020 viaggeremo in Val Susa attraverso una galleria?
Sicuramente viaggeremo in galleria, utilizzeremo quella già oggi
esistente. Sulla linea storica oggi transitano settantaquattro treni
mentre potrebbero passarne oltre duecentoventi. Il problema è
politico non infrastrutturale. Se si vuole un vero trasferimento modale
delle merci qualche governo dovrà scontrarsi con la lobby degli
autotrasportatori che già adesso è sul piede di guerra
per altri motivi. Non sarà un percorso semplice.

Ha ricevuto proposte dal Pd in questo giorni?
Assolutamente no, anche perché io mi riconosco nella sinistra arcobaleno.

Se le chiedessero di candidarsi alle prossime elezioni politiche?
Valuterei la proposta.

Se
andiamo alle elezioni ti aspetti di nuovo una sinistra di governo o una
di opposizione? E in ogni caso è meglio una sinistra unita?

Anche in caso di sconfitta è bene che la sinistra rimanga unita,
in tutte le sue componenti. Non condivido l’affondo di Veltroni che
prevede un partito Democratico che corre da solo, sarebbe un
indebolimento drammatico. Sono sicuro che una sinistra unita sia capace
di fare gli interessi del paese anche se sta all’opposizione.

da liberazione
Maurizio Pagliassotti
Torino
05/02/2008

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OPERAZIONE TRAMONTO: UN ANNO DOPO

ll 12 febbraio dello scorso anno gli organi di repressione dello
stato, con l’operazione “Tramonto”, avevano portato
in carcere 14 militanti comunisti con l’accusa di associazione
sovversiva e banda armata con finalità di eversione
dell’ordine democratico. Si sono aggiunti successivamente altri 3
arresti; tutti i compagni in carcere sono sottoposti al regime di
Elevato Indice di Vigilanza. Nonostante le evidenti crepe del castello
accusatorio, con l’abuso del carcere preventivo, 8 compagni sono
tuttora in carcere, tra essi Davanzo Alfredo, attualmente detenuto nel
carcere di Cremona e da un anno, illegalmente, in totale isolamento.
Trattamento questo riservato anche a Scantamburlo Andrea, riarrestato
lo scorso novembre mentre si trovava agli arresti domiciliari.
Alla barbara tortura dell’isolamento si aggiungono continue
vessazioni arbitrarie come il blocco della posta di controinformazione
politica e la censura per Bortolato Davide e Vincenzo Sisi.
I compagni agli arresti domiciliari possono incontrare solo pochissimi
parenti stretti e, per assurdo, non possono scrivere e ricevere
corrispondenza, cosa che in carcere gli era permessa mentre, a Toschi
Alessandro, è stata negata la possibilità di andare a
lavorare nonostante abbia una figlia piccola da mantenere. Nonostante
tutti i tentativi di piegare e diffamare i compagni essi, a un anno di
distanza dall’ arresto, resistono e difendono con orgoglio la
loro identità ricevendo grande solidarietà in particolare
dai compagni di lavoro visto che molti di essi sono operai e delegati
sindacali strappati al loro posto di lotta.

La violenza ingiustificata delle condizioni del “carcere
duro”, le pesatissime condanne emesse negli ultimi processi per
reati politici che si susseguono numerosi e veloci, le continue
inchieste, gli attacchi repressivi contro comunisti, anarchici,
avanguardie del movimento di classe e antimperialista e contro chi
esprime solidarietà ai prigionieri sono la risposta di uno stato
di guerra contro chi si oppone alle sue politiche di morte. Sono
politiche asservite agli interessi della borghesia imperialista che per
far fronte alla sua crisi produce guerra e devastazione sia sul fronte
esterno che su quello interno.
Il governo italiano, anche se in crisi, ha trovato il tempo e il denaro
per rifinanziare la missione in Afghanistan, ma si è dimenticato
di occuparsi della strage continua nei posti di lavoro e del volere
della maggioranza dei lavoratori e delle masse popolari che reclamano
più salario, più servizi sociali e migliori condizioni di
vita e non spese militari. Inoltre, di fronte al crescente dissenso
popolare, risponde con l’uso dell’esercito come sta succedendo contro il popolo campano.
Noi diciamo che il processo contro i compagni arrestati il 12 febbraio
2007 è un processo politico perché vuole annichilire ogni
idea di cambiamento rivoluzionario della società di barbarie e
morte che il capitalismo ha prodotto. L’accanimento contro i
compagni arrestati, la campagna massmediatica di diffamazione, le
enormi spese per l’inchiesta, il modo e i tempi in cui è
stata condotta, i reati che sono stati usati (figli del codice fascista
Rocco) lo dimostrano ampiamente.
Invitiamo tutti a tenere alta la solidarietà e a mobilitarsi per
una presenza di massa alla prima udienza del processo che si
terrrà a Milano il 27 marzo 2008.

parentieamici@libero.it

per la solidarietà c.c.p. n° 80152077 intestato a:

Gli indirizzi aggiornati
dei compagni arrestati il 12-02-07:

Casa Circondariale – Via delle Macchie 9 – cap. 57124 Livorno (LI):
LATINO CLAUDIO

Casa di Reclusione – Via Nuova Poggioreale 177 – cap. 80143 Napoli Poggioreale (NA):
GAETA MASSIMILIANO

Casa Circondariale – Via Enrico Albanese, 3 – cap. 90139 Palermo Ucciardone (PA):
TONELLO ANDREA

Casa Circondariale di Piacenza – Via delle Novate 65 – cap. 29100 Piacenza:
BORTOLATO DAVIDE

Casa Circondariale di Cremona – Via Palosca 2 – cap. 26100 Cremona:
DAVANZO ALFREDO

Casa Circondariale di Cuneo – Via Roncata 75 – cap. 12100 Cuneo:
SISI VINCENZO

Casa Circondariale di Vercelli – Via Del Rollone 19 – cap. 13100 Vercelli:
GHIRARDI BRUNO

Casa Circondariale – Via Casale 50/A – cap. 15040 San Michele, Alessandria:
TOSCHI MASSIMILIANO

Casa Circondariale – Corso Vercelli – cap. 165 -10015 Ivrea (TO)
SCIVOLI SALVATORE

Casa Circondariale “San Vittore” – Piazza Filangeri 2 – cap. 20123 Milano (Mi)
MAGON MICHELE
SCANTAMBURLO ANDREA

Per inviare telegrammi da un numero telefonico fisso: 186.
per la solidarietà c.c.p. n° 80152077 intestato a: Associazione solidarietà parenti e amici

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La guerra non va in crisi

GUERRA [Afghanistan]
La guerra non va in crisi: gli italiani fanno strage di civili a Bakwa,
il ministro Parisi obbedisce all’America


|9 febbraio|
Il 2007 per la martoriata terra afghana, vittima della allora prima
“guerra al terrore” del post 11 settembre, si è
chiuso con oltre 7000 morti tra civili ed insorti, ma anche con la
conquista e la difesa di territori da parte taleban, che all’oggi
son ben il 54% del paese asiatico, senza contare tutti i distretti in
cui i ribelli sono attivi. Segni forti, visibili, di una sconfitta che
sta maturando con il passare degli anni, dato il pantano in cui gli
Stati Uniti d’America, insieme ai paesi partecipi
dell’operazione “Enduring Freedom”, si sono ritrovati
avvinghiati. Quindi da una parte il macello compiuto ai danni della
popolazione dell’Afghanistan, dall’altro
l’incapacità di uscire da questa guerra perché
politicamente sconfitti, perché militarmente respinti.

Anche gli italiani combattono, e uccidono
Le
truppe italiane, come avvenuto anche per tutti gli altri eserciti
occupanti, hanno subito numerosi attacchi ed agguati, dimostrazioni di
ostilità e opposizione, dalla popolazione locale e dalle
formazioni ribelli. La propaganda nazionale racconta spesso storie che
poi nella realtà si sciolgono come neve al sole: le immagini dei
soldati che distribuiscono le caramelle ai bambini, le favolette sulla
ricostruzione o, ancora, l’innocenza di professarsi come
“forza di pace, non combattente”, mentendo, perché
l’Italia partecipa attivamente alle operazioni di attacco e
distruzione; l’esercito italiano fà la guerra.
Domenica
notte, il 4 febbraio, le truppe Nato italiane hanno preso parte
all’attacco, nel distretto di Bakwa, contro un villaggio,
uccidendo una decina di persone, e facendo vittime per lo più
civili, dato che solo il mullah Abdul Manan (probabilmente
sopravvissuto al raid) annoverava contiguità ai ribelli.
Nonostante la difficoltà di raccogliere queste informazioni,
data la previdente censura imposta dallo Stato Maggiore
italiano, i governatori della provincia occidentale di Farah, Ghulam
Mohaidun Balouch, e del distretto di Bakwa, Khan Agha, hanno confermato
agli organi di stampa internazionali l’operazione e le vittime
provocate da quest’ennesima azione di guerra di cui si è
macchiato l’esercito italiano. Il comando italiano di Herat, a
capo da qualche mese della missione Isaf nelle provincie occidentali, a
cui ha fatto eco il governo Prodi, si è affrettato a screditare
tutto, smentendo il combattimento e le vittime, riproponendo il solito
gioco della negazione dell’evidenza per oscurare la realtà
di un paese che tenta di professare la sua “innocenza”
all’opinione pubblica e, allo stesso tempo, di combattere una
guerra che ha perso ogni significato, se mai ne ha avuto..

>> leggi “Le battaglie degli italiani” e “Operazione Sarissa”, report di Peace Reporter

Un governo alla frutta che auspica la censura di guerra
Nonostante
il (mal) seminato di questi ultimi due anni, il governo Prodi ha ancora
la faccia di ostentare moralismi e “sensi di
responsabilità”, soprattutto se si parla di campo
internazionale, dove la sua azione ha portato a incrementi di truppe in
ogni parte in cui l’esercito italiano è schierato,
maggiori stanziamenti per la Difesa, servilismo incondizionato per gli
Stati Uniti d’America (vedi progetto Dal Molin di Vicenza), oltre
che una nuova trincea in cui spianare mitra e preseguire la
“lotta al terrorismo”, spacciando tutto per cordone
umanitario (vedi presenza Unifil 2 in Libano).
Infatti, il
sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, lette le agenzie di
stampa che riprendevano la notizia dell’attacco italiano, data
dall’agenzia di stampa di Peace Reporter, uno degli ultimi
barlumi di un’informazione indipendente, si è scagliato
contro il quotidiano online: "La notizia è falsa e priva di ogni
fondamento. In particolare nessuna unità delle forze armate
italiane ha partecipato ad alcuna operazione
svolta la scorsa notte nel distretto di Bakwa", aggiungendo la stoccata
finale di un governo alla deriva “Si vogliono condizionare i
lavori del Parlamento”. Peace Reporter, da parte sua non ha
mancato di ribadire la sua posizione di parte e l’indipendenza
della sua informazione, controbattendo: “Quanto al voler
condizionare i lavori del Parlamento e delle sue Commissioni, questo
sì lo vorremmo poter fare. Ma sappiamo di non riuscirci,
giacché i parlamentari, i ministri, i sottosegretari e anche i
membri delle commissioni non si fanno condizionare nemmeno dalla
volontà dei loro elettori”.

La guerra non va in crisi
Nonostante
la crisi di governo, le ridicole consultazioni, il chiacchericcio
diffuso, il vento della guerra è sempre favorevole. Il 25
gennaio, all’indomani dello sfaldamento governativo, il Consiglio
dei Ministri ha approvato il decreto legge di rifinanziamento in blocco
di tutte le missioni militari italiane all’estero, il quale,
secondo la burocrazia parlamentare, dovrà essere approvato dal
parlamento entro fine marzo, per evitare di decadere. Annullamento che
si profila come assolutamente improbabile, dato che, nonostante il
teatrino messo in atto dai quattro ministri della sedicente sinistra
radicale, con la non partecipazione a quest’ultimo voto, quasi
tutto l’arco parlamentare esprimerà il suo si alle
missioni di guerra, dal Partito Democratico all’estrema destra,
consapevoli del fatto che questo non contribuirebbe affatto a dare una
legittimità a Prodi ma a proseguire
“responsabilmente” le guerre in corso.

La Coalizione vuole più forze, gli Usa chiedono più guerra: Parisi sull’attenti
La
previsione degli strateghi di guerra è sempre quella della
prospettiva di un’offensiva taleban, che si profila per la
primavera e viene addirittura rafforzata dalle
parole “senza precedenti”. L’America di George Bush e
la Nato comandata dal generale de Jaap Hoop Scheffer, su pressione
statunitense, hanno fatto appello ai paesi impegnati nel conflitto
afghano, chiedendo rinforzi e belligeranza da tutte le forze della
Coalizione di guerra.
Il 7 e l’8 febbraio, si è tenuto
a Vilnius, in Lituania, un vertice informale dei ministri della Difesa
dei paesi facenti parte della missione in Afghanistan: sul tavolo della
discussione ogni paese ha portato la sua offerta, Stati Uniti e Nato
vogliono nuovi rinforzi, di uomini e mezzi di guerra.
L’ufficializzazione di quest’operazione di rinforzo
verrà annunciata solo nei giorni tra il 2 ed il 4 aprile, quando
a Bucarest, in Romania, vi sarà l’ufficiale vertice Nato.
Il
ministro Parisi, guerrafondaio da sempre, dati i suoi trascorsi, non si
è fatto pregare più di tanto, mostrando da subito un
supino assenso alle richieste pervenute per prime dal ministro alla
difesa americana Robert Gates. Sono stati promessi almeno 300 uomini,
oltre a nuovi mezzi militari, che debbono però essere aggiunti
all’invio di 250 alpini nello scorso dicembre. Con questo
incremento il contingente italiano arriverebbe a 3000 uomini, con un
impegno profuso che non potrebbe far altro che aumentare ed incentivare
le criminali operazioni di guerra già in corso.

Vecchi e nuovi fantocci
In
previsione dell’annunciata offensiva ribelle di primavera, sembra
che la Casa Bianca stia pensando di apportare qualche modifica al suo
schieramento in Afghanistan, fatto non solo di un aumento dei marines
in campo o di maggiori fondi stanziati per la guerra, ma anche da un
cambio di regime: il presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai si
è dimostrato inadeguato agli occhi americani, incapace di
frenare l’avanzata ribelle e di allargare il suo controllo fuori
la capitale Kabul. Questo sarebbe un primo segnale del fallimento
interiorizzato dagli Stati Uniti in Afghanistan: Karzai è salito
al potere come loro uomo di fiducia, e come tale è stato
successivamente orchestrato dall’amministrazione Bush, quindi
dichiarare come fallita l’esperienza di Karzai equivarrebbe
all’ammettere una propria sconfitta..
L’America starebbe
valutando l’ipotesi di installare alla presidenza un altro suo
uomo di fiducia, il neocon afgano-americano Zalmay Khalilzad, forte di
un passato (e presente, è ambasciatore Usa presso l’Onu)
al servizio totale della potenza militare americana. Un nuovo
fantoccio, in sostituzione del vecchio.

>> Ascolta/scarica a lato l’intervista con Enrico piovesana di Peace Reporter

>> vedi: www.peacereporter.net

>> vedi anche: [Sognando El Alaimein..] Mentre in Italia si straparla di pace, i "nostri soldati" in Afghanistan portan le mostrine naziste

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PRESIDIO PERMANENTE NO DISCARICHE :16 febbraio a Grottaglie

logogrottaglieA tutti i presidi, a tutti i comitati in lotta, a tutte le persone di buona volontà,

vi
scriviamo perché la nostra situazione si sta aggravando. Come sta
accadendo per molti di Voi, anche il Presidio Permanente No Discariche
di Grottaglie-San Marzano di San Giuseppe (Taranto) è ora oggetto di
una vera e propria persecuzione giudiziaria (come sta accadendo per i
No Dal Molin di Vicenza, tra gli altri) e di una sistematica campagna
denigratoria che trova facile sponda nella stampa (come ad esempio per i
No Tav della Val di Susa ma anche per tantissimi altri).

I fatti:
dopo
aver presidiato per oltre quattro mesi davanti ai cancelli di una
enorme discarica che ora si vorrebbe addirittura ampliare, abbiamo
ottenuto la possibilità di essere ascoltati dalla conferenza dei
servizi sull’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Grazie alle nostre osservazioni tecniche, depositate agli atti, è emerso che la già pronta nuova discarica (la 73esima nella provincia di Taranto) sorge su una conduttura dell’Acquedotto Pugliese.

Rifiuti speciali accanto ad acqua potabile. Ci vogliono avvelenare anche l’acqua.
La conduttura era scomparsa dalla documentazione presentata dalle Istituzioni.

Inoltre, l’Acquedotto Pugliese non è mai stato interpellato al
riguardo. Col precedente di Ortanova, l’apertura di questo nuovo pozzo
di veleni in provincia di Taranto è finalmente in bilico.
L’acquedotto
si aggiunge ai vincoli paesaggistici e archeologici, e diventa un
ostacolo per chi vorrebbe aggiungere inquinamento ad inquinamento in
una zona di vigneti, di masserie, di un santuario rupestre del XII
sec., e a due passi da una casa famiglia per orfani diversamente abili.

Denigrazioni e attacchi ne avevamo già subiti.
Ma ora la posta si è alzata. E ci siamo ritrovati ad essere
accusati di qualcosa che non abbiamo mai commesso. Il sindaco di
Grottaglie sostiene di essere stato aggredito all’uscita
dall’assessorato regionale.
Cosa non vera. Le
Forze dell’Ordine presenti sarebbero infatti intervenute per fermare
gli aggressori e i cameramen dei tiggì locali avrebbero filmato
la
vicenda.
Invece, niente ditutto ciò. Il caso è stato montato a
freddo, dopo qualche ora. E
quotidianamente, a mezzo stampa, il caso inesistente si gonfia. I
politici coinvolti in questo lucroso affare si scambiano messaggi di
solidarietà dalle colonne dei giornali.
E sono partite già le prime denunce. Articolo 414 del Codice
Penale. Il
reato ipotizzato è istigazione a delinquere. In tutto in
aggiunta a
sanzioni amministrative che stanno arrivando ai presidianti a
profusione.
Noi, che difendiamo il nostro futuro e la democrazia in questa terra
avvelenata dall’inquinamento e dal malaffare.

Quello appena descritto è solo l’ultimo atto in ordine di tempo.

Con giornali e denunce, stanno cercando di mettere a tacere il nostro dissenso.
Ma non ci riusciranno.

Inoltre volevamo esprimere la nostra assoluta solidarietà a Cinzia, Olol, Francesco e Marco del Presidio No Dal Molin di Vicenza.

Per questi motivi, Sabato 16 Febbraio, faremo una grande manifestazione a Grottaglie contro la criminalizzazione delle lotte territoriali.

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10.000 a Roma per il No-Vat day

MOVIMENTO 10.000 a Roma per il No-Vat day


|9 febbraio 2008|
E’
partito da Piazzale Ostiense il corteo No vat, organizzato dal
movimento facciamobreccia. Il corteo è stato aperto proprio da
una delegazione nazionale del coordinamento, seguito da uno spezzone di
femministe e lesbiche. Lo striscione di apertura recitava, "Facciamo
breccia: laicità, autodeterminazione, antifascismo, liberazione,
cittadinanza". Lesbiche, gay, trans, ma anche singole
soggettività, studenti e studentesse, Cobas, tutti in piazza per
ribadire i valori della laicità dello stato e della vita, per
l’autodeterminazione delle donne, in difesa del diritto all’aborto e
della legge 194, ma non solo.
Una manifestazione che ha voluto
denunciare le continue ingerenze dello Stato Pontificio nei confronti
dello stato italiano dai noti e continui attacchi
all’autodeterminazione delle donne: la legge 194 sull’aborto e la legge
40 sulla procreazione assistita, i professori di religione e i
finanziamenti alle scuole private cattoliche, l’accanimento terapeutico
con la scusa di salvaguardare la vita.

Le
10.000 persone stimate dagli organizzatori, che oggi hanno sfilato per
le strade e le piazze della capitale, venivano da tutt’Italia. Pullman
sono stati organizzati da Bari, Firenze, Bologna, Milano, Napoli,
Padova, Palermo, Prato, Verona e Torino.
Presenti anche
delegazioni internazionali, convogliate a Roma per un incontro della
rete internazionale contro l’omofobia, Red por el descontro sexual y di genero,
al quale partecipano attivisti francesi, spagnoli, portoghesi, greci e
libanesi. Gli incontri, che sono iniziati oggi, si sono tenuti alla
Sapienza e continueranno domani al Forte prenestino.
Per la prima
volta, una manifestazione No Vat si è tenuta contemporaneamente
anche a Londra, partendo dall’Istituto di cultura italiana per
poi concludersi all’ambasciata.

In
via teatro Marcello, davanti alla scalinata che porta al Campidoglio,
la polizia ha ripetutamente provocato il corteo, impedendo ai
manifestanti di fare fotografie. Verso la conclusione del corteo ci
sono invece stati momenti di contestazione di fronte alla sede
dell’UDEUR, individuato da* manifestanti come soggetto politico
perticolarmente attivo nel farsi avanguardia del Vaticano dentro le
aule parlamentari.
Nonostante l’alta affluenza si registra un sostanziale silenzio dei media ufficiali nei confronti della manifestazione

>> Ascolta le interviste dalla piazza romana realizzate da RadiOndadUrto

Per maggiori info e materiali di approfondimento visita:

Sito Internet: www.facciamobreccia.org

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Torino – Comunicato “La Boccia Squat”

Nell’articolo di sabato 9 Gennaio
2008 sulla rioccupazione del Circolo Leotta ribattezzato dagli
occupanti –La Boccia- il cronista En.Rom fingendo di citare
l’animatore del Circolo Francesco Leotta scrive: .
Peccato che gli occupanti per correttezza avessero cercato il fondatore
e trentennale animatore e gli avessero chiesto l’assenso a
riattivare il circolo. Assenso concesso insieme all’utilizzo
delle attrezzature in dotazione rimaste dentro dopo lo sgombero.
Inoltre il giorno stesso dell’uscita dell’articolo che
riporta questo clamoroso falso Leotta si è incontrato per ben 2
volte con gli occupanti.
Singolare atteggiamento per uno che, secondo i fascisti bugiardi di Torino Cronaca, afferma .

La Boccia Squat

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Via Giacomo Medici, 121
quartiere Parella
Torino


Nuovo sito TuttoSquat
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Tutti i Venerdì
Dopo le 17:00
Ascolta TUTTOSQUAT

Il Giornale Malandrino degli Squatters di Torino in radio &
on web
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Per Torino & Provincia
105.250 fm

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http://www.inventati.org/fenix/links.php

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FACCIAMO BRECCIA

Oggi ho visto per la prima volta ZERO – inchiesta sull’11 settembre e
per la terza volta ho partecipato alla manifestazione nazionale No Vat,
che sta per no all’ingerenza del Vaticano sulla vita della
cittadinanza: tutto rigorosamente sotto silenzio stampa.
Curiosamente, l’uno è stato proiettato in un cinema storico di Roma, il
Farnese, nella piazza dove sta Giordano Bruno e l’altra, la
manifestazione, si è conclusa nello stesso spazio.
Il sole ardeva e innamorava, oggi.
Pensavo al mare di bugie e menzogne, alcune talmente grossolane e
sfacciate, che si stenta a capire come il mondo abbia potuto credere a
una favola dalla fine così atroce e come un intero Paese come l’Italia
sia sotto scacco del Vaticano e oggi in procinto di rivotare, magari
Bossi e Berlusconi, Mastella e Veltroni, Fini e Casini
ZERO è un film prodotto anche grazie a centinaia di piccoli produttori,
come la manifestazione di Facciamo Breccia che si autofinanzia dal suo
sorgere nel 2006. Sono due unici, due eccezionali momenti di
responsabilità collettiva, creati con pazienza,con il tempo e con una
voglia straordinariamente forte e comune: quella della verità,
dell’informazione popolare. Come si è potuto credere a questo
ritornello ripetuto allo sfinimento, dei Terroristi di Osama o degli
infedeli del Vaticano? Basterebbe guardare solo un attimo il volto di
Bush per diffidare dal prendere con quel signore pure un caffè, eppure è
tra i più potenti del mondo…come credere al Grande Divino Pastore ,
che sibila sicuro di nascite immacolate e Maddalene in moratoria?
Eppure, la menzogna avanza, la disinformazione pure.
L’11 febbraio del 1929, ricorrono i Patti Lateranensi che stabilirono il
mutuo riconoscimento tra il Regno d’Italia e lo Stato della Città del
Vaticano, solo tre giorni dopo, il 14 febbraio 1929,giorno di san
Valentino, ci fu un’indimenticabile dichiarazione d’amore, Pio XI, in
un discorso a Roma ad un udienza concessa a professori ed alunni
dell’Università del Sacro Cuore, definì Benito Mussolini: «l’uomo che
la Provvidenza ci ha fatto incontrare».
Da tante parti d’Italia,a migliaia, sono affluite donne e uomini per
dare vita ad uno splendido incontro laico di piazza, giovani e creativi
come ormai è ben difficile vedere, come nel cinema questa mattina, dove
ci siamo detti che faremo di tutto per far conoscere il "nostro" film,
quello in cui siamo in tanti ad averlo co-prodotto. Ripartiamo quindi da
Zero e senza illusioni di ricchi cotillons: la libertà e
l’informazione, uno stato laico e antifascista, non ce lo regala
nessuno.

Riprendiamoci non dico il mondo ma almeno la nostra vita:
Facciamo Breccia!

Doriana Goracci
9.2.2008

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1000 studenti dalle scuole romane contro il “bloccostudentesco”-fascista

ANTIFASCISMO [antifa roma] 1000 studenti dalle scuole romane contro il "bloccostudentesco"-fascista

8 febbraio 2008 – Gli studenti e le studentesse antifasciste di Roma oggi hanno difeso la città dal corteo neofascista di bloccostudentesco,
partendo con cortei non autorizzati dalle scuole, e arrivando a pochi
metri dal loro corteo, ben protetto dalle guardie che infatti hanno
fermati il corteo studentesco antifascista, schierandosi con caschi e
scudi per fermarli. Il titolo del comunicato studentesco (qui di
seguito) è dedicato al coro fatto dal blocco lungo la loro
sfilata, "dove sono gli antifascisti?": tutt* gli/le student*
antifascist* oggi erano dietro, davanti e attorno a loro, determinat* a
fare capire che la feccia nera non ha spazio nelle scuole romane,
mentre i fasciti sfilavano ben protetti dai loro protettori in divisa.

_______________________________

DOVE SONO GLI ANTIFASCISTI?

Oggi duecento individui di un gruppuscolo studentesco dichiaratamente neofascista, accompagnato da un centinaio di trucidi militanti di fiamma tricolore, sfilavano blindati ed isolati dalla città in una trucida ed in parte comica sfilatina di apologia del fascimo.

Nel
frattempo, in tutta la città la città gli studenti e le
studentesse antifasciste portavano libreramente  per le strade il
proprio modo di essere e di rapportarsi fuori da rapporti di
prevaricazione, la proprio vitalità contrapposta agli ideali di
morte e sopraffazione, la voglia di battersi per i diritti di tutti
contro chi vorrebbe una "razza eletta di superuomini".

Oltre mille studenti, con i propri colori, il proprio essere, la propria vita – senza trucidi servizi d’ordine e senza slogan mortuari
– sono partiti dal liceo virgilio e si sono mosso per tutto il centro
storico, nei pressi di campo dei fiori, hanno attraversato largo
argentina per poi giungere al ghetto, per segnare anche simbolicamente
un legame con la storia della nostra città contro chi vorrebbe
negare l’Olocausto e non condannare le leggi razziali.

Il corteo spontaneo si affacciava infine su Piazza Venezia,
dove in modo surreale le forze dell’ordine impedivano agli antifascisti
di proseguire per tutelare il corteo di fiamma tricolore
che, secondo la nostra legislazione, sarebbe dovuto essere vietato.

Nel
frattempp, oltre un centinaio di studenti si muovevano dal Tasso per
giungere prima alla metro castro pretorio, e poi in piazza della
repubblica
, il cui stesso nome pochi minuti prima veniva
infangato dalla presenza – rifiutata dalla città e dagli
studenti e consentita solo dall’imponente schieramento di forze
dell’ordine – di queste piccole camice nere al soldo dei soliti noti
.

Nel corso delle iniziative, con i megafoni, con i volantini, con i fumogeni, con i manifesti abbiamo denunciato chi
sta provando a diffondere una cultura di prevaricazione, xenofobia e
intolleranza nelle scuole, anche arrivando a strumentalizzare la storia
per i propri biechi scopi.

Lo abbiamo fatto con la approvazione ed il sostegno di quanti abbiamo incontrato, anche nei momenti in cui veniva rallentato o bloccato il traffico. Lo abbiamo fatto senza bisogno di essere protetti dai reparti antisommossa.

"Dove
sono gli antifascisti?" scandivano in un ridicolo slogan i piccoli
fiammisti lungo via cavour, tanto per ribadire il loro essere fascisti.

Gli antifascisti erano dietro di loro, su piazza esedra ed in tutti i dintorni. erano avanti a loro, affacciati a piazza venezia e in tutta la zona circostante. erano negli striscioni e nelle iniziative oggi in moltissime scuole di roma. sarebbe
bastato mettere fuori la testa del cordone di polizia da cui si
facevano scortare per vedere antifascisti tutto intorno, in tutta la
città.

Ma, sopratutto, gli antifascisti sono tutti i giorni nei
territori, nelle scuole, nelle facoltà. nell’associazionismo,
nei centri sociali, nelle autogestioni e nelle occupazioni delle
scuole. nelle battaglie contro la devastazione ambientale o per una
scuola diversa, nelle iniziative per la memoria, nell’indignazione
singola e collettiva per tutti i soprusi, nell’essere collettivo e
sociale della città
. nel corpo vivo della
città di roma che, ancora una volta come dimostrato oggi,
rifiuta e disprezza la cultra e la pratica fascista.


Precisiamo, inoltre, che:

– in merito al presidio di alleanza nazionale fuori dal teatro brancaccio, ribadiamo che nessuno
contesta iniziative storiche sulle quanto accaduto nella zona giuliano
dalmata – semplicemente, quella era una kermesse propagandistica senza
alcun valore di storia e memoria organizzata oltretutto da un organismo
non valido
in quanto eletto con brogli ed intimidazione nonchè con la presenza di liste dichiaratamente neofasciste

troviamo surreale la pratica del "inventiamoci un numero" a proposito dei partecipanti alle manifestazioni –
fiamma tricolore dichiare duemila manifestanti quando in effetti i
partecipanti erano 365, alleanza nazionale dichiara mille partecipanti
davanti al brancaccio quando in effetti erano 180 – con questo
criterio, potremmo dichiarare 10.000 partecipanti
– tuttavia, questi comunicati stampa partitici pieni di invenzioni non appartengono alla nostra pratica e non ci interessano

– abbiamo inoltrato un invito al teatro brancaccio,
se intende confermare l’intenzione espressa oggi di organizzare nelle
prossime settimane una nuova occasione di dibattito sulle foibe, di offrire tutta la nostra collaborazione, a condizione che lìevento non sia promosso da un organismo non valido quale è la consulta degli di roma (attendiamo peraltro ancora in merito la risposta ai diversi esposti presentati) e veda la partecipazione di storici ed intellettuali di comprovata autorevolezza
 
denunciamo infine i tentativi di aggressione, respinti e pertanto falliti, all’ingresso dei licei kennedy, mamiani e tasso, che ben indicano le pratiche di questi soggetti
 
esprimiamo solidarietà
all’ANPI, allo storico Alessandro Portelli, all’on. Russo
Spena, a Fabio Nobile ed al consigliere Adriano Spera oggetto di
squallidi attacchi, e persino minacce su internet, da parte
dell’estrema destra per aver avuto il coraggio di dire una parola
chiara su quanto accade in questa città
 
 
 Studenti e studentesse antifasciste di roma

 

Sito Internet: isole.ecn.org/antifa

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Crash! sotto Sequestro

[Crash! sotto Sequestro] La magistratura all’attacco delle occupazioni!


Martedì 5 Febbraio
c’è stata la pronuncia del Tribunale del Riesame che accoglie l’infame
richiesta di sequestro dell’edificio occupato da Crash! durante la
manifestazione contro le politiche securitarie e per gli spazi sociali
del 6 Ottobre a Bologna.
Il Tribunale andando in controtendenza alla sentenza del gip che non
aveva accolto la richiesta della procura, va a riscrivere con un atto
tutto politico un percorso di lotta di riappropriazione di spazi che
ormai nel capoluogo emiliano dura da anni. Nonostante l’impossibilità a
procedere allo sgombero voluta dallo stesso giudice che ha dichiarato
che è necessario aspettare lo scadere dei termini per un ricorso in
cassazione. Decisione anche questa che comunque resta carica di volontà
politica a prendere tempo e non far agitare troppo le acque dei
movimenti in questo momento delicato. La risposta del Centro Sociale è
che se da un lato andranno avanti con l’iter giudiziario portando il
ricorso in cassazione, per evitare di dare adito ad un precedente che
potrebbe ritorcersi contro tutti i movimenti di lotta e spazi sociali,
dall’altro c’è la volontà di ricostruire lotte e mobilitazioni sul
terreno proprio dei movimenti che non stanno nelle aule dei tribunali
ma nelle strade e nelle piazze.

Comunicato del Laboratorio Crash! sulla sentenza del Tribunale del Riesame


"Tu credi nel destino Neo? No!
Non mi piace l’idea di non poter gestire la mia vita".
(da Matrix)

Una
sentenza che pesa come un macigno quella emessa ieri dal Tribunale del
Riesame di Bologna per il sequestro del Laboratorio Crash! Un macigno
scagliato contro tutte le esperienze, passate e presenti, di
occupazione di centri sociali in Italia e contro la pratica
dell’occupazione stessa. Genova, Cosenza, Firenze e ora anche Bologna,
diventano teatro di un nuovo ruolo che la magistratura accoglie a sé.
Un ruolo tutto politico di ridefinizione degli ambiti di agibilità del
movimento, un tentativo di arginare le lotte che si sviluppano nei
territori passando non solo dalla criminalizzazione di significativi
segmenti passati del movimento contro la globalizzazione e la guerra,
ma anche andando ad attaccare nello specifico gli stessi luoghi di
produzione e riproduzione di una politica antagonista, necessariamente
elementi di ingovernabilità dei conflitti nelle
metropoli.

Una
sentenza che estende nei fatti i presupposti del sequestro cautelare:
prima di oggi indirizzata esclusivamente alla confisca dei beni in
possesso di organizzazioni mafiose e ad abusi edilizi, ora viene
reinterpretata come applicabile a tutte le lotte sociali per la
riconquista di spazi autogestiti, per la produzione di cultura e
socialità non mercificate, contro i percorsi di costruzione dei
conflitti sociali.

All’indomani della caduta, del Governo Del
Sacrificio Prodi, e dell’incapacità reale della politica istituzionale
di risolvere i problemi sociali è dai tribunali che si cerca di mettere
ordine per la salvaguardia dello status quo.  E così l’antagonismo
espresso a Genova contro i governi della guerra e della devastazione
economica e ambientale, con il suo respirare assieme e le sue
molteplici istanze, diventa per la magistratura il pretesto per
riaffermare che mai più sarà concesso di tornare ad animare le strade e
le
piazze delle città per affermare in modo deciso il proprio dissenso.
Così il processo di Cosenza diventa punto cardine di nuovi teoremi
giudiziari che trasfigurano le lotte autonome portate avanti nei
territori, leggendo ovunque complotti e pianificazioni sovversive. Così
a Firenze la legittima opposizione alla Guerra Permanente, le cariche
ingiustificate, a nove anni di distanza vengono a forza stipate nel
cassettone della storia giudiziaria sotto coltri che parlano di
violenza e resistenza pluriaggravata. Così la magistratura non solo
legge bene la crisi della rappresentanza politica delle istituzioni, ma
se ne fa immediatamente sostituto e nuovo protagonista dal pugno di
ferro.

In questo modo, nonostante la sospensione dell’esecuzione
del sequestro fino all’ultimo grado di giudizio, necessariamente anche
i centri sociali, come luoghi di autorganizzazione politica
antagonista, ma anche come proposta alternativa e autonoma alla cultura
ed alla socialità di regime  vengono messi sotto accusa. Il tentativo è
chiaro: mai più in nessun luogo occupazioni, mai più luoghi altri da
quelli istituzionali, mai più ambiti non immediatamente sussumibili e
riciclabili nelle immediate esigenze dei palazzi del potere. Il
teatrino non può crollare, lo show deve andare avanti, e per farlo
bisogna creare adeguati precedenti giuridici. E va avanti mostrando, ad
esempio, dietro a vetrine infarcite di lustrini l’inquietante e
inaccettabile spettacolo di un Salone del Libro a Torino, autoelettosi
a migliore espressione della cultura letteraria, che invita come ospite
d’onore esponenti di un governo genocida e d’apartheid come quello
d’Israele. Prosegue dietro i falsi, e per dirla tutta, scarsi scandali
suscitati dalle mostrine naziste dell’Afrika Korps di Rommel sui
veicoli delle forze armate italiane impegnate all’estero nelle
"missioni di pace" rifinanziate dal decaduto governo. Si riscopre
palcoscenico di ammiccamenti e "miracolosi" avvicinamenti tra forze
politiche che, stanche dei ruoli loro assegnati dal copione
dell’alternanza, si riscoprono possibilisti su intese larghe per il
sommo fine di "ridare dignità al Paese"… una dignità inevitabilmente
di nuovo fondata sul sacrificio, sull’oppressione, sulla
razionalizzazione del sociale a fini produttivi, sulla guerra,
sull’assassinio delle libertà individuali e collettive.

In
tutto ciò evidentemente i centri sociali, non hanno ruolo. E di questo,
diamo atto, siamo assolutamente certi anche noi. I terreni marcati
dalle lotte popolari contro le nocività e le devastazioni ambientali,
l’ingovernamentabilità dei conflitti sociali, l’essere inevitabilmente
dall’altra parte del fronte "interno" di questa Guerra che si vuole
Permanente, la vivacità data da una riscoperta capacità di plasmare i
nostri territori aldilà delle esigenze produttive, riqualificando dal
basso, opponendosi alla segmentazione ed alla desertificazione sociale,
combattendo la retorica del degrado e della sicurezza riportandole sul
piano della soddisfazione di bisogni e desideri, ostacolando le
speculazioni… questo oggi sono i centri sociali, gli spazi
autogestiti a Bologna come nel resto d’Italia.

E proprio per
questo crediamo che, dopo la manifestazione del 6 ottobre, si debba
tornare a progettare lotte e mobilitazioni che attorno a questo
sappiano ridare il segno dell’insopprimibilità degli spazi autogestiti,
indipendentemente dal dove venga l’attacco. Urgente è la necessità di
riaffermare come ciò che pertiene alle lotte sociali, ai loro
obiettivi, non possa essere negato spingendolo a forza nelle aule dei
tribunali, quando invece sono le strade, le piazze, gli spazi, le
periferie delle città i nostri luoghi; e questo anche per garantire la
percorribilità futura di esperienze di occupazione. Occorre, crediamo,
riaprire tutte le contraddizioni che il nuovo assetto politico cercherà
inevitabilmente di sanare per garantirci non solo la sopravvivenza, ma
anche lo spazio per esprimere quella nostra capacità di essere forza
vitale e prorompente negli altrimenti grigi e ristretti spazi
metropolitani.

Laboratorio Crash!

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