Navtej, bruciato e dimenticato.Così un corpo che lotta per la vita abbandonato da tutti

 

 Navtej, bruciato e dimenticato così quel corpo lotta per la vita

 

ROMA – Con il suo nome – Navtej Singh Sidhu – non lo chiama
nessuno. L’uomo di trentacinque anni arso vivo da mani italiane nella
notte tra il 31 gennaio e l’1 febbraio scorsi su una panchina di marmo
della stazione di Nettuno è "l’indiano". "L’indiano" e basta.
"Come va con l’indiano?", chiedono due interniste trafelate
affacciandosi alle porte spalancate dell’unità di rianimazione
dell’ospedale Sant’Eugenio. "Che cerca forse l’indiano?", domanda un
portantino. "Mi scusi, sono qui per l’indiano", accenna con deferenza
verso il medico di guardia Singh Balraj, uomo piccolo e sorridente che
guida la comunità romana. "Sono con i parenti arrivati
dall’India. La nonna e il cognato. Vorrebbero sapere come sta".
"Sì, ma a noi chi ce lo dice che sono parenti? Ce lo dice lei?".

L’"indiano" è una mummia di garza sterile oltre un vetro spesso
tre dita. Protetta da un paravento di tela grigia che ne mostra di
sguincio il profilo. I polmoni si gonfiano del ritmo regolare della
ventilazione artificiale che pompa ossigeno attraverso una cannula
introdotta nella gola. Il monitoraggio cardiaco è un impulso
elettrico verde che registra ogni picco del cuore. Gli occhi sono
chiusi dalla sedazione. Le dita, trafitte dalle flebo. L’indiano
è grave. Lo hanno operato per la seconda volta. Riaprendo piaghe
chiuse appena una settimana fa. I chirurghi sono tornati a sollevare la
cute di cadavere fatta arrivare a Roma dalla banca della pelle di
Cesena e utilizzata per tamponare l’aggressione delle infezioni
sviluppate dai tessuti necrotizzati.

Hanno affondato di nuovo il bisturi nell’addome, nei quadricipiti, nei
polpacci. Per scoprire che le fiamme, quella notte, si sono mangiate
tutto quello che hanno incontrato. Fino all’osso. Per cinque ore, un
bisturi a idrogetto ha sparato acqua a 1.500 chilometri orari tra una
fascia muscolare e l’altra ripulendo tessuto morto. Anche dove, sulle
creste tibiali, di tessuto non ce ne era più. Un secondo bisturi
ha inciso francobolli di cute lungo le braccia per trasferirle su gambe
e addome. La chiamano "tecnica di Alexander". E’ un autotrapianto che
serve a proteggere e ricostruire lentamente il corpo quando, tra
qualche giorno, rigetterà la cute che lo ha sin qui protetto e
che non gli appartiene. Quella di cadavere.

 

 L’indiano è grave. Vito Verardi, uno dei chirurghi dell’equipe,
strizza per un attimo gli occhi arrossati dalla stanchezza. "Mi creda,
è incredibile il fuoco che ha preso quel ragazzo. Dobbiamo
aspettare la notte. Perché sarà una notte difficile". Poi
abbassa repentinamente la voce. La nonna e il cognato dell’"indiano" si
sono fatti avanti a piccoli passi. Se ne stanno a piedi giunti sulla
linea che divide una fila di poltroncine in plastica azzurra dal
linoleum verde della rianimazione. "Avtor Singh", si inchina lui
congiungendo le mani e provando a scandire il suo nome. Poi indica la
vecchia che gli si stringe a un braccio, "Tej Kaur". La testa di Avtor
è stretta in un turbante arancione. La veste, di cotone,
è coperta da un giubbetto di velluto verde. I piedi nudi, viola
per il freddo, calzano delle khusa d’argento, pantofole di cuoio aperte
sul collo. "Le scarpe della festa", dice Singh Balraj con un sorriso.
Non pantofole di feltro, come quelle che proteggono i piedi piccoli e
malfermi di Tej. La donna ha 87 anni. E non vede suo nipote da nove. Da
quando, 18 febbraio del 2000, lasciò il Punjab per l’Italia.
Avtor si spacca la schiena nei campi di Dala, un villaggio di
agricoltori nel Punjab. Tej veglia sulla nipote e i due pronipoti, che
è tutto quello che le è rimasto nella vita dopo che
l’altro nipote Navtej è partito per l’Italia. Per trovarli ci
sono voluti dieci giorni. Per portarli in questo seminterrato del
sant’Eugenio, tre. I soldi del biglietto non li avevano. Li ha tirati
fuori la comunità indiana a Roma, che li ospiterà per una
settimana, e, a titolo personale, l’assessore regionale Silvia Costa,
che ora li guarda in disparte e insieme a Singh si fa interprete con i
medici.

Verardi scuote la testa. Stringe delicatamente le spalle della nonna.
"E’ meglio di no. E’ meglio che non veda. Non ora". Tej sorride e non
capisce. Non parla una parola che non sia il dialetto del Punjab.
Chiede a Singh che ringrazi tanto i medici. Verardi si rivolge allora a
Avtor. "Forse solo lei, se vuole, può venire dietro il vetro. Ma
forse, sarebbe meglio in un altro momento. Magari domani mattina".
Avtor fissa con uno sguardo interrogativo Singh e chiede allora se non
sarà troppo tardi. Chiede che raccontino ai medici quanto
è durato il suo viaggio. Promette che vuole solo vedere. Solo
vedere, ripete.

Gli è concesso un minuto. Dietro il vetro. Dove qualcuno gli
indica un corpo che altrimenti non riconoscerebbe. "Sta bene", dice
alla nonna quando esce. "Dorme". Gli si avvicina allora una signora dai
capelli bianchi. Lo sfiora con un gesto di affetto. E’ la figlia della
donna di 88 anni che divide con Navtej la stanza in cui entrambi
vengono tenuti in vita. "Anche mamma dorme", dice. "Dormono sempre".
Sono arrivati insieme al sant’Eugenio. Lui arso vivo da una bottiglia
di birra piena di benzina. Lei da una stufa elettrica. "Meno male che
adesso questa povera creatura ha qualcuno. Stella mia, è
così giovane". Dal primo febbraio lei non è mai mancata.
Era il giorno in cui al capezzale di Navtej accorsero in tanti. Il
giorno in cui lei chiese, di fronte al seguito di cronisti e guardie
del corpo e riflettori che accompagnavano il presidente del Senato,
Renato Schifani, se fosse possibile non spaventare la madre. E’ stata
accontentata. L’indiano non lo ha cercato più nessuno.

L’indiano è diventato un bollettino medico di dieci righe
quotidiane, buono per una breve in cronaca.
Quello di stasera dice
che l’indice di sopravvivenza è ancora fermo al 40 per cento.
Sei possibilità su dieci di non farcela. "Intanto superiamo la
notte. Intanto aiutiamolo a tornare a respirare da solo", si congeda
Verardi. E poi? "E poi sarà comunque un calvario. Le operazioni
sono appena cominciate". Avtor e Tej ascoltano e non capiscono.
Sorridono. "A domani mattina, allora", dice Singh. "A domani".

 

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ULTIME NOTIZIE DAL COX 18 RIOKKUPATO E RILANCIO DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEL 28 FEBBRAIO

 LE ULTIME NOTIZIE DAL COX 18 CI CONFORTAN..I COMPAGNI TENGONO E L’ULTIMO AGGIORNAMENTO DELLE SITUAZIONI CHE ABBIAMO DI MEZZANOTTE CI DICONO CHE LA SITUAZIONE E TRANQUILLA..

NOI DELLA REDAZIONE RILANCIAMO SEMPRE PIU FORTE LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEL 28 FEBBRAIO

 

Manifesto nazionale in formato 100×70 disponibile per le diverse
realtà. Chi è interessato a diffonderlo nelle varie città, ci contatti
al più presto per l’invio, indicandone la quantità. Altrimenti potete
scaricarlo in alta risoluzione da questo link

 

 

Le mani moleste della Proprietà e del Controllo sono in grande attività:

Trasformano la salute in un affare per imprenditori
Ci raccontano che la migliore cura è l’espulsione
Cancellano l’edilizia popolare e trasformano in merce i bisogni
Negano i diritti, la solidarietà

Per salvaguardare i loro loschi affari ingabbiano la cultura, cacciano le persone, cancellano la storia

In città ridotte a macchine per fare soldi, vogliamo liberare spazi, luoghi in cui stare e tempi da attraversare

Con la forza dei nostri desideri e con le armi della solidarietà
vogliamo sconfiggere l’ossessione di controllo di chi nega il diritto
all’esistenza e l’avidità di chi trasforma la conoscenza in un lusso

Per la salvaguardia e l’ampliamento dei diritti, contro la meschinità
del razzismo di governo e contro la cementificazione delle città e
delle menti

28 febbraio manifestazione nazionale contro le logiche securitarie, per l’autogestione e gli spazi sociali

Milano ore 15

piazza XXIV maggio

le compagne e i compagni di Milano

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ATTENZIONE ATTENZIONE!! RIOCCUPATO IL COX 18 A MILANO!! CONCHETTA LIBERO

Poco dopo le 20, più di duecento compagne e compagni hanno rotto i
sigilli posti dalla questura milanese e rioccupato il Cox 18. Al
momento i compagni sono dentro Cox 18 e sul posto sono arrivati alcuni
digos e delle volanti della polizia. La liberazione dello spazio, sotto
sequestro, arriva nel giorno stesso dell’udienza durante la quale gli
avvocati del comune di Milano hanno giocato a scaricabarile con la
questura, cercando di togliersi da ogni responsabilità rispetto al
barbaro atto di chiusura del centro sociale.
L’udienza, davanti al giudice civile sul ricorso del Conchetta contro
lo sgombero del 22 gennaio, non ha portato ad alcuna conclusione. Il
sindaco Moratti ha presentato una memoria in cui dice di non avere
nulla a che fare con lo sgombero, partito – a suo dire – dalla
Prefettura e dalla Questura. E non dal vicesindaco De Corato che
proprio il giorno precedente, in un’interrogazione parlamentare rivolta
al ministro Maroni, aveva espressamente chiesto la chiusura dei centri
sociali e l’accelerazione degli sgomberi.
Dunque un atto, quello della rioccupazione, che rilancia non solo la
necessità di difendere lo spazio, i libri, l’archivio e le attività di
Cox 18, ma l’intera agibilità politica degli spazi sociali a Milano,
rinnovando l’invito alla partecipazione dell’importante corteo previsto
per sabato 28.
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Sapienza in Onda: Tremonti ospite indesiderato!

«Un paese senza ricerca è un paese senza futuro»

Così ad inizio autunno il rettore della Sapienza
Frati aveva solennemente dichiarato, di fronte alla folla indignata di
studenti, la sua ferma contrarietà al taglio dei fondi per la
ricerca e l’istruzione.
Di contro il governo sosteneva che i
tagli fossero necessari per combattere quelle sacche di privilegio che
si annidavano nell’università e che impedivano ai giovani
studiosi meritevoli di emergere, sbandierando una fittizia crociata
contro i “baroni”, contro il cancro
dell’università. Dopo quelle dichiarazioni molto è
cambiato.

È montata l’Onda. Al grido di “noi
la crisi non la paghiamo!”, abbiamo deciso di scendere in piazza
contro una condizione di precarietà diffusa e contro una legge,
la 133, che distrugge l’università pubblica provocando
subito drastici aumenti delle tasse (conseguenti visti i tagli di 1,5
miliardi di euro previsti dalla legge) e inasprendo i blocchi sia
all’accesso che durante tutto il percorso formativo tramite
numeri chiusi alla triennale e alla specialistica. Partito dalla
denuncia dei processi di lunga data di dequalificazione dei saperi, di
distruzione di ogni forma di diritto allo studio e dalla decisione di
organizzare autonomamente la propria esperienza formativa, il movimento
studentesco si è poi allargato alla rivendicazione di nuove
forme di Welfare adeguate a tutte quelle figure sottoposte alle nuove
tipologie di lavoro precario, che ormai ha definitivamente fagocitato
l’università diventandone il modello e che noi
assolutamente rifiutiamo.

Ebbene, quali sono le risposte delle istituzioni e dell’accademia alla riscossa degli studenti?

Assistiamo ad una repentina e scontata convergenza tra
governo e università, palese anzitutto nelle dichiarazioni
congiunte del sindaco di Roma, esponente di spicco della maggioranza, e
il rettore Frati sui pochi facinorosi che terrebbero in ostaggio
l’università. Le mistificazioni della potenza espressa
dall’Onda che ci hanno atteso alle soglie del nuovo anno sono il
risvolto retorico di un tentativo di normalizzare le mobilitazioni,
riducendo ad un tempo le conquiste di spazi di indipendenza e di
decisione strappate dagli studenti all’attuale ma anche al
precedente governo dell’università. Normalizzazione che di
fatto si intreccia con la volontà di riaffermare
l’autorità della casta baronale, come se questo bastasse a
frenare i processi di autonomia già in atto. Infatti con
l’inizio del nuovo anno ecco comparire il nuovo regolamento sulle
attività degli studenti, che addirittura istituisce commissioni
per valutare la liceità delle libere attività promosse,
organizzate e autogestite dagli studenti. Un altro statuto su cui
già si ripiega la curva dell’Onda.

Insomma, come si suole dire, il re è nudo! Ecco
che di fronte al rischio concreto del cambiamento si reagisce con la
convergenza tra baroni e governo!

Tutto ciò porta dritti al 16 febbraio, quando
sarà invitato a tenere un seminario sulla crisi proprio il
ministro Tremonti, autore materiale dei tagli al mondo della formazione
e responsabile dell’accelerazione della dismissione del Welfare.
Tramite la 133 e non solo, il ministro ha infatti promosso un attacco
trasversale al mondo della formazione, ma ha anche appoggiato un
inasprimento delle condizioni di precarietà nei luoghi di lavoro
riservando i finanziamenti per le grande imprese e le banche.

Questo attacco generalizzato alle principali risorse
del paese è stato respinto con forza da tutte quelle
realtà che hanno costituito l’Onda, come le scuole
primarie e secondarie, i comitati di lotta territoriali, lavoratori e
migranti, precari e studentesse. Proprio questa convergenza ha reso
possibili un ampliamento ed un avanzamento del conflitto. Anche nella
giornata di contestazione a Tremonti, il 16 febbraio, pensiamo che
debba tornare a farsi sentire tutta quella complessità che si
è espressa nei mesi scorsi nell’opposizione alle politiche
governative, per non pagare la crisi!

Il 16 febbraio l’università La Sapienza
patrocinerà le misure che questo governo ha elaborato per uscire
dalla crisi e che invece ci colpiscono direttamente.

Come mancare a questi festeggiamenti per una
riconciliazione così promettente? Certamente ospiti inattesi,
brinderemo anche noi alla crisi, ricordando che chi ha determinato il
disastro attuale e si è sottratto al confronto con gli studenti
neanche a carnevale può pensare di essere ospite gradito nella
nostra università.

Tremonti: sei un ospite indesiderato!

Facciamo pagare la crisi a Tremonti
tutti alla Sapienza
16 febbraio h 9.00 Piazzale della Minerva

Studenti e studentesse della Sapienza in Onda

Link
www.uniriot.org

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Giovedì 12 febbraio ore 18,30 Cafe Aulivre, via zabarella 23 Padova

http://www.cpogramigna.org/images/stories/immagini/12-02foibe.jpg

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Un golpe per la vita

La vicenda di Eluana Englaro è
un campo di battaglia etico-politico durissimo, indubbiamente più duro
di quanto si poteva prevedere. Un’affermazione banale, visti i fatti di
queste ore, visto il tema, il dramma in questione. Eppure è in corso
un’accelerazione senza precedenti che complica il quadro e i piani di
scontro, piuttosto che semplificare l’ostilità. Il precedente americano
di Terry Schiavo rende tutto più leggibile, per quanto la partita ha il
sapore provinciale di un’anomalia spietata e vendicativa. È in corso un
assalto, o un golpe (militarmente delicato), contro la democrazia,
agito su più fronti.

In primo luogo la vicenda Eluana dà pieno risalto allo
scontro biopolitico sul controllo della vita. La vita è nuda, non ci
sono affetti a vestirla, né drammi che possono fermare la furia
governamentale di Chiesa e Governo. La vita impersonale, quella senza
soggetto, viene spogliata del suo carattere relazionale e consegnata al
potere, alla normazione pubblica, allo scontro etico e mediatico.
Famelici come cani rabbiosi, il cardinal Martino e Sacconi cercano
carne per i loro denti! Una crociata conservatrice, in perfetto stile
bushista, con il peso tutto italico del vaticano e di Ratzinger (bene
facemmo un anno fa alla Sapienza!).

In secondo luogo i fatti delle ultime ore ci consegnano
un altro terreno di scontro: l’assalto di Berlusconi alla costituzione
formale del paese. Questo assalto procede da anni, intendiamoci, non
fosse altro che ci troviamo di fatto in un contesto istituzionale
presidenzialista, dove le camere servono solo a drenare denaro
pubblico. Eppure, nel pieno della crisi, in assoluta controtendenza con
lo spirito bipartisan invocato da tutti, da Veltroni al Corriere,
Berlusconi non perde occasione per approfondire l’iniziativa:
dall’«avviso ai naviganti» rivolto agli studenti dell’Onda al sostegno
al razzismo sicuritario della lega, dal consueto attacco ai giudici
alla rottura dell’unità sindacale. Un’iniziativa politica sistematica e
aggressiva, spietata e veloce. Mai situazione più favorevole
d’altronde, in assenza di avversari politico-istituzionali.

Ma i fatti di queste ore aggiungono ingredienti
decisivi: alla Corte costituzionale risponde il Governo, al blocco di
Napolitano si replica con gesto di sfida. Non solo uno scontro
durissimo con i giudici e in generale con il potere giudiziario, ma
anche un affondo nei confronti del presidente della Repubblica che da
sei mesi, ininterrottamente, promuove dialogo e unità nazionale,
secondo una vecchia formula che Napolitano conosce bene come l’Ave
Maria. E come se non bastasse lo scontro si apre anche all’interno
della maggioranza, con Fini e con la Prestigiacomo (messa all’angolo
nel Cdm). La Chiesa ringrazia per il Dl e la contrarietà di Napolitano
viene salutata da Berlusconi come una grande occasione per consegnare
alla forza (anche popolare, laddove per popolo si intende ciò che aveva
in mente Hobbes) i destini della costituzione formale del paese. Il
tutto mentre la Lega strappa il si del Senato sul pacchetto sicurezza
più razzista d’Europa e Alfano promette rotture costituzionali sul
terreno della giustizia e della sua riforma.

Nulla sarebbe più sbagliato per i movimenti che
mettersi “ingenuamente” a protezione della costituzione, magari alleati
di forcaioli o populisti. Sarebbe sciocco però non cogliere la
pesantezza degli eventi di provincia che si accompagnano alla crisi
globale. È proprio la crisi economica che a braccetto con quella della
rappresentanza rompe le misure e apre la scena ad un burrascoso
processo costituente: processo pericolosissimo laddove l’iniziativa
assume i toni e lo stile del colpo di coda del bushismo in terra
europea. Movimenti o barbarie, verrebbe da dire, assumendo che solo la
capacità costituente dei movimenti può essere in grado di arrestare
l’iniziativa neocon. Una sfida enorme che richiede lucidità e capacita
di stringere nuove alleanze. Dentro questa sfida si gioca il tempo che
viene.

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Bertolaso indagato nell’inchiesta rompiballe

L’inchiesta "Rompiballe" del maggio scorso portò all’arresto di 25 persone tra cui Marta Di Gennaro ex vice di Guido Bertolaso, ed vedeva indagati tra gli altri Alessandro Pansa prefetto di Napoli, Corrado Catenacci ex commissario straordinario.
Poche settimane fa la decisione della Procura di rinviare a giudizio Marta Di Gennaro ed altri con l’accusa di traffico illecito di rifiuti e truffa ai danni dello Stato, fatto relativi ad alcune discariche gestite nel 2006 nel periodo in cui Guido Bertolaso svolgeva le funzioni di commissario straordinario all’emergenza rifiuti.
Oggi si apprende dalla stampa che anche Guido Bertolaso risulta indagato nell’ambito della stessa inchiesta. Risulta indagato da mesi e la sua posizione, cosi’ come quella del Prefetto di Napoli Alessandro Pansa e’ stata stralciata dopo un braccio di ferro tra i Pm titolari dell’inchiesta Noviello e Sirleo ed il procuratore capo Lepore. In questi giorni la procura dovrà decidere se rinviare a giudizio Guido Bertolaso o archiviare la sua posizione. Le dichiarazioni di Marta Di Gennaro in questi mesi hanno avuto sempre lo stesso tenore : "io ho eseguito soltanto gli ordini" ha sempre dichiarato la ex vice di Bertolaso.
Intanto il Presidio permanente contro la discarica di Chiaiano e Marano rilancia in avanti chiedendo il blocco dei lavori e le dimissioni immediate di Bertolaso proprio nel giorno in cui e’ stata annunciata per la prossima settimana l’apertura del primo piccolo lotto della discarica di Chiaiano.L’indignazione del comitato si è espressa questa sera con un presidio autoconvocato dai cittadini di Marano e Chiaiano che dalle 18.00 si sono dati appuntamento sotto palazzo Salerno.
Ascolta la corrispondenza con Antonio Musella – Lab. Insurgencia
-  [ audio ]
In collegamento da Chiaiano, Ivo del comitato ci racconta come sta andando il presidio sotto palazzo Salerno.
-  [ audio ]

Indagato Bertolaso!
Nessuna fiducia al governo! Via subito Bertolaso !
Blocco immediato del piano rifiuti

La notizia apparsa nella giornata di oggi che vede il sottosegretario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso indagato nell’inchiesta "Rompiballe" per traffico illecito di rifiuto e truffa ai danni dello Stato, rappresenta l’ennesimo e gravissimo scandalo della vicenda rifiuti.
Guido Bertolaso si e’ presentato a Napoli come l’uomo della provvidenza, l’uomo di cui potersi fidare. Abbiamo ben presto compreso a nostre spese che di Bertolaso e Berlusconi non ci si puo’ fidare ! Il ritovamento dell’amianto a Chiaiano sversato illegalmente e non denunciato, il suo spostamento e continui strani movimenti all’interno della cava di Chiaiano, ci raccontano di come la struttura commissariale sui rifiuti guidata da Guido Bertolaso e’ stata ed e’ tutt’ora una struttura corrotta che viola con il beneplacito del governo le norme a difesa della salute e dell’ambiente. Oggi il procuratore generale Lepore che ha deciso di stralciare la posizione di Bertolaso dovra’ decidere sulla posizione di chi "teneva nelle proprie mani i fili della catena di comando del commissariato ai tempi dei fatti contestati dall’inchiesta rompiballe". Marta Di Gennaro infatti altro non faceva che eseguire ordini che Guido Bertolaso emanava direttamente.
Lepore e’ chiamato a giudicare la posizione di Bertolaso, lo stesso Lepore che davanti all’evidenza certificata, documentata e denunciata dal presidio permanente contro la discarica di Chiaiano e Marano, della movimentazione dell’amianto ha fatto spallucce, decidendo di non procedere al sequestro della zona ed al blocco dei lavori. Lo stesso Lepore che oggi e’ chiamato a chiarire chi controlla l’operato del governo che in nome dell’emergenza legifera ed agisce in deroga a leggi, norme , normative europee, diritti dei cittadini. Davanti ad una archiviazione non potremmo far altro che parlare di un vero e proprio atto di regime in cui l’operato del governo e’ coperto dalla complicita’ della magistratura mentre la salute ed i diritti dei cittadini vengono calpestati sistematicamente.
Non ci si puo’ fidare di questi signori che hanno gia’ distrutto il nostro territorio !
Dimissioni immediate di Guido Bertolaso !
Chiediamo il blocco immediato dei lavori a Chiaiano ed in tutte le opere di costruzione di discariche ed inceneritori previste dal piano rifiuti, fare chiarezza su gli interessi difesi dalla strattura commissariale, rifare il piano rifiuti con la partecipazione delle comunita’ territoriali.

Presidio permanente contro la discarica di Chiaiano e Marano
Vedi anche:
6 Febbraio: Marcia della rabbia degna

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Torino, gli studenti tornano in Onda! Il Rettore inaugura tra manganelli e puzza di marcio…

Pesanti manganellate delle forze dell’ordine contro gli studenti
dell’Onda Anomala torinese, mobilitatisi per impedire l’inaugurazione
dell’anno accademico. La Questura mobilita un esercito: 500 tra
poliziotti e carabinieri per fermare un corteo di 200 universitari con
in testa lo striscione "Niente da festeggiare niente da inaugurarè"
firmato Assemblea no Gelmini e Onda anomala.

La mattinata era già iniziata all’insegna dello stato d’eccezione
quando arrivati a metà di via Po, gli studenti si sono trovati sbarrati
da un imponente schieramento di celerini equipaggiati in assetto
anti-sommossa.

Ne è quindi scaturita una mattinata secondo la più tipica tradizione
dell’Onda: cortei spontanei, blocchi dislocati, tentativi si
sfondamento dei molti blocchi delle forze dell’ordine. Più volte il
cordone della NoGelmini riesce a sfondare gli schieramenti ricevendo
però indietro copiose dosi di manganellate e calci. Gli universitar* si
sono difesi utilizzando scudi di plexiglas reggi-striscione.

Dopo l’ennesimo tentativo si entra anche alla Rai per consegnare un
volantino sulle ma sono ancora i poliziotti ad intervenire. Il Rettore
ha fatto orecchie da mercante, rifiutando di prendere in considerazione
le richieste studentesche di annullamento dell’inaugurazione odierna. 
Pelizzetti ha preferito ricevere in pompa in tona appena dimesso i
poteri forti della vita cittadina: militari,cardinali, imprenditori..
Due "senatori dell’onda" riescono però ad entrare e leggere un
comunicato, lasciando in regalo ai convenuti una fiala puzzolente,
precisando "Questa è una farsa , puzza di marcio".

S’improvvisa anche un corteo cui partecipano tutti i non-allineati
della giornata: ricercatori e lavoratori precari dell’università,
bloccando per oltre un’ora il centro cittadino prima di tentare ancora
una volta lo sfondamento del reggimento di celerini. Da segnalare, in
quest’ultimo frangente, la grave provocazione della Polizia che ha
portato al fermo (poi rilasciato) di una persona con l’accusa di
"resistenza e violenza a pubblico ufficiale" per aver cercato di
inframmezzare un bidone dell’immondizia durante l’ultima carica della
Celere in via Po.

Gli studenti torinesi tornano in Onda e non sembrano intenzionati ad uscire di scena!

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Rassegna stampa:

[Interviste, foto e video in giornata …]

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Madagascar – Attacchi, saccheggi, assaltato il carcere

media italiani non approfondiscono il discorso, ma in Madagascar
è in corso una guerra intestina. Il premier Ravalomanana, una
sorta di Berlusconi locale che detiene il quasi monopolio dei media, ha
infatti chiuso un’emittente televisiva gestita dal sindaco
Antananarivo, colpevole di aver trasmesso un’intervista
all’ex-presidente filo-marxista. In un periodo di palese crisi
economica, la scelta censoria e repressiva del premier ha innescato una
rivolta popolare che è sfociata in attacchi a varie strutture
del potere o legate al presidente, saccheggio di negozi e scontri con
la polizia. Da registrare un riuscito assalto al carcere per liberare
tre giovani arrestati durante le sommosse.

segue un breve resoconto tratto da icn-news

I manifestanti hanno distrutto e saccheggiato negozi e dato fuoco
alle sedi delle televisione nazionale e di quella di proprietà
del Presidente Ravalomanana, che possiede inoltre una radio, due

giornali, una compagnia edile ed una delle più importanti
società alimentari del Paese. La folla ha anche fatto irruzione
nel carcere della città da e ha liberato tre ragazzi arrestati
poche ore prima in un assalto di edifici del governo. "Tra i
dimostranti si sono infiltrati dei malavitosi che hanno approfittato
per saccheggiare i negozi e i magazzini della catena Tiko di
proprietà di Ravalomanana. Anche in altre città malgasce
sono stati segnalati saccheggi simili" aggiunge la fonte di Fides.
Secondo la gendarmeria malgascia negli scontri di ieri vi sono stati
almeno due morti.

Nel frattempo, "Radio Viva" (la radio che appartiene, come l’omonima
televisione, al sindaco Rajoelina), ha ripreso le trasmissioni, dopo
che ieri le aveva sospese: forse si tratta di un ulteriore segnale di
distensione. (L.M.) (Agenzia Fides )

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A VOLTE RITORNANO/Morucci e CasaPound

Ci sono alcune pagine di
Nietzsche sulla «cattiva coscienza» che più di altre ci aiutano a
capire la “questione Morucci”, ma i giganti vanno scomodati di fronte
alle cose serie e il caso dell’ex-Br (che sarà ospite del centro
sociale neofascista Casa Pound) di certo non rientra tra queste. A
cercare meglio, dietro la rabbia che immagino abbia colpito molti, c’è
una biografia che per i movimenti, quelli di massa, ha avuto poco
amore. Meglio i western. Sono passati solo pochi giorni, dal divieto di
Frati, pochi giorni da una questione che ha visto protagonista la
Sapienza, Morucci e, suo malgrado l’Onda. Durante le feste natalizie,
infatti, un docente di Scienze umanistiche ha deciso di invitare
Morucci per parlare degli anni di piombo. Puntuale la replica del
Rettore: l’iniziativa è stata vietata e in compenso Rettore e sindaco
Alemanno hanno pensato bene di attaccare l’Onda («i trecento
criminali»), di riproporre la questione del Papa e della libertà di
parola.
Il professore si difese chiamando in causa il consiglio
poliziesco, Morucci fece finta di nulla, l’Onda rispose al meglio (era
il 5 gennaio!). Oggi la musica cambia, a parlare è Iannone che presenta
l’iniziativa di Casa Pound (di cui è portavoce), “oasi” del libero
pensiero e della democrazia. Casa Pound e Morucci, infatti, sono
accomunati da un problema comune e dallo stesso desiderio: interdetti
dall’università, il problema; farla finita con «l’antifascismo
ideologico», il desiderio.
Sul desiderio Casa Pound ha già lavorato
sodo in questi anni, con tutti gli strumenti tecnici a sua
disposizione: per chi ha la memoria corta basta ricordare le cinte e i
bastoni tricolore di Piazza Navona (29 ottobre 2008), quelli che
colpivano con forza (altro che ideologia!) studenti e studentesse di
non più di sedici, diciassette anni. Parlano le foto, parlano le
ricostruzioni più oneste (Curzio Maltese primo fra tutti), parla la
verità. Ma a Morucci interessa poco la verità, tanto che – ci racconta
Iannone sul Corriere della sera di ieri ‒ dopo i fatti del 29 ottobre
ha chiamato proprio i giovani di Blocco studentesco e non certo gli
studenti dell’Onda per esprimere la sua solidarietà. Sulla Stampa dello
scorso maggio stessa cosa: nessuna difesa per gli studenti aggrediti in
via De Lollis dai neofascisti di Forza nuova, piuttosto una condanna
bipartisan.

Verrebbe da diventare scortesi, fortunatamente la vita
e la storia di Morucci non parlano più a nessuno. Ci spiace per le sue
ambizioni pretesche (Ratzinger è interessato all’acquisto?) e per
quanto riguarda i movimenti appartengono ad un’altra era, un’era in cui
l’antifascismo è un fatto di realtà, non una patologia da nostalgici.

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