IL CENTRO DELL’AQUILA ORA E’ UN SUPERMERCATO

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Il centro dell'Aquila ora è un supermercato

L’AQUILA – Non c’è bisogno di
cartelli stradali,
per trovare la nuova Aquila. Basta seguire la fila di auto che ad
ogni ora va verso la statale per Rieti e dopo la rotonda di Coppito
svolta a sinistra. "Ci troviamo all’Aquilone", dicono i ragazzi.
"Ci vediamo all’Aquilone", dicono i loro genitori e anche i nonni.
La nuova Aquila è un centro commerciale che nella vita degli
aquilani ha preso il posto delle antiche mura e delle antiche
strade del centro storico, da un anno zona rossa. "L’altra notte
arrivavamo da Roma  –  raccontano Eugenio Carlomagno e Patrizio
Bassanin, direttore e docente  all’Accademia Belle Arti  –  e a
Poggio Picenze abbiamo guardato la città dall’alto: il centro è un
buco nero circondato dalle luci della periferia. Quel buio ci ha
fatto paura. Ci ha fatto capire che la città ha perso il suo cuore.
L’Aquilone? Avevano anche messo un cartello sulla strada: "Venite
al centro dell’Aquila". Ci siamo arrabbiati, l’abbiamo fatto
togliere. Ma il nuovo centro della città, purtroppo, è quel
supermercato".

I Quattro Cantoni, i portici, piazza San Pietro sono ormai un
ricordo. I ragazzi che saltano la scuola al mattino vengono qui,
stando attenti a non incontrare i genitori che vengono a fare la
spesa. Il pomeriggio e la sera i parcheggi e le gallerie
commerciali diventano il nuovo luogo del passeggio e degli
incontri. Assieme a tanta bella gente c’erano anche i bulli, nel
centro storico. C’era chi beveva troppo. C’erano le risse. Ora
tutto questo avviene all’Aquilone, che prima del terremoto non
riusciva a decollare e dopo la scossa ha riempito ogni negozio. Nei
parcheggi ci sono anche container e camper con le Acli, l’Avis, il
patronato Epas, una farmacia. Sono venuti tutti qui, attorno alla
nuova Aquila. Anche la Curia vescovile, la facoltà di ingegneria,
finanziarie e pompe funebri, fiorai e panettieri. "All’Aquilone  – 
annunciano gli altoparlanti  –  c’è tutto, proprio tutto. Anche la
scuola materna".

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Non riesce a risorgere, questa città, in questa Pasqua che arriva
due giorni prima dell’anniversario del sisma. Se riuscirà a
riprendere vita, non sarà comunque come prima. "Non si può lasciare
passare un anno  –  dice Eugenio Carlomagno, che guida il comitato
"Un centro storico da salvare"  –  senza fare nulla. I guasti sono
già pesantissimi. Cio che si sta cercando di fare oggi si poteva
fare nel maggio dell’anno scorso. Così non sarebbe passata l’idea
che una città possa vivere senza centro. Con le carriole,
nell’ultimo mese, siamo riusciti a ricordare anche a tanti aquilani
che l’Aquila  –  il centro storico è l’identità dell’Aquila  –  non
poteva essere l’ultima ruota del carro, da aggiustare dopo avere
costruito le Case antismiche e i Map e avere piazzato casette e
container. Ma un anno è passato nel limbo e allora chi viveva in
centro ha cercato altre strade".

Sono 8000 gli aquilani che hanno chiesto al Comune di cambiare
residenza. Non tutti gli esclusi da Case e Map o i confinati negli
hotel della costa se la sono sentita di affrontare i nuovi prezzi
delle case aquilane. Per 300 metri quadri di terreno  non
fabbricabile si chiedono 40.000 euro. Prima del sisma la terra
agricola costava un terzo e nessuno si sognava di acquistare aree
non fabbricabili. Triplicati anche i lotti con permesso di
costruzione. Prima costavano 48-50 euro al metro quadro già
urbanizzati. Ora vengono comprati a 80-90 euro senza urbanizzazione
e con fogne e allacciamenti ad acqua e gas verranno a costare dai
120 ai 130 euro. Le case messe sul mercato dai costruttori sono
passate da 1000-1500 euro al metro quadro agli attuali 2.500.
Triplicati pure gli affitti.

Il futuro non è messo in discussione solo dalle speculazioni. La
periferia dell’Aquila ormai non ha un metro di terreno libero. Solo
le Case antisismiche hanno occupato 139 ettari di terreno. I negozi
cacciati dal centro hanno riaperto in periferia in container e
casette di legno frammiste ad altre casette che sono la sede di
ditte arrivate da tutta Italia per vendere altre casette. "Con noi
il tuo futuro ha basi solide". "Nasce  qui il futuro dei nostri
figli". Nell’Italia dei condoni c’è chi scommette anche in quello
post terremoto. C’è chi costruisce la casa di legno in giardino,
"così mio figlio avrà il suo appartamento". C’è il commerciante che
non ha avuto danni e affitta il suo salone a una banca continuando
la sua attività in un prefabbricato piazzato davanti al salone.
Basta salire verso Sassa per capire che il "territorio" non sarà
più quello di prima. Dove c’erano le campagne ci sono case di legno
e container, Case e Map che resteranno per sempre, trasformandosi
forse in villaggi turistici o appartamenti per gli studenti.

Anche i lavori più semplici  –  quelli per le case B e C, con pochi
danni  –  sono ancora mosche bianche. Ci sono stati continui rinvii
per le normative e anche accaparramenti da parte di professionisti
che hanno accettato troppi incarichi  e ora non riescono a dare le
risposte in tempi decenti. "Per il centro storico  –  dice Eugenio
Carlomagno  –  aspettiamo ancora le linee guida. Bertolaso ha detto
che i soldi ci sono e basta presentare i progetti per avere i
finanziamenti. Ma siamo di fronte a un cane che si mangia la coda.
Non ci sono infatti le linee guida per preparare i progetti. Noi
abbiamo fretta. Entro giugno le linee guida debbono essere pronte.
Da subito debbono partire le demolizioni già decise. Le macerie
debbono sparire e non, come è successo in via del Capro, buttate da
una ditta su altre macerie. Se ci metteranno in grado di presentare
i progetti la prossima primavera potranno partire i lavori. Se
queste decisioni fossero state prese nel maggio scorso, ora avremmo
i cantieri aperti". Nella domenica della Pasqua le carriole
resteranno a riposo. "Ma ci troveremo comunque in piazza Duomo. Da
noi, la mattina pasquale, c’era la tradizione di preparare in casa
una colazione diversa: pane, salame, prosciutto, vino e uova sode
benedette. Quest’anno faremo la nostra colazione tradizionale in
piazza. Per farci l’augurio di poterci ritrovare, in una Pasqua
vicina, a casa nostra". 

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L’Aquila: Pasqua di rinascita

Le carriole, il cuore di tanti Aquilani messo a servizio della
propria
città, suscitano paura, polemiche, attacchi, strumentalizzazioni. Nelle
stanze del potere si vede di mal’occhio la raccolta di tanti
cittadini sotto un unico obiettivo.

by Miss Kappa (da: toscana.indymedia.org)

I cittadini pensanti, critici, attivi, nell’Italia di oggi, devono
essere eliminati. Relegati in un angolo, ridotti al silenzio a subire le
decisioni prese da altri. E’ questo il volere del Prefetto Gabrielli.
E’ questo il volere della Curia. Gli attacchi sono stati spietati.
Gabrielli, ex capo del Sisde, amico fraterno di Guido Bertolaso,dopo
aver sentenziato che le carriole aquilane sono un chiaro strumento
elettorale, ed aver denunciato i cittadini, non pago, ha inferto
l’affondo "questa si chiama prepotenza delle minoranze". E qui si scopre
l’individuo. Sorvolando sul fatto che non siamo minoranze, bensì
rappresentanze,come vogliamo definire chi scorge nelle minoranze un
pericolo e non una ricchezza? E ne annulla i diritti? Come vogliamo
chiamare chi tende a ridurle dispoticamente al silenzio? A voi la
risposta.

Altro uomo di potere che non ci ha lesinato stigmatizzazioni è
l’arcivescovo Molinari, colui che è stato commissariato dallo stesso
papa, tramite l’invio di un vescovo ausiliare. ” Sembra che ci sia
qualcuno molto interessato alle ‘carriolate’ perché
vuole creare dal punto di vista politico un gruppo che abbia autorità
nella ricostruzione della città”. E ancora:" qualcuno è molto
interessato a queste manifestazioni per poter entrare poi nella cabina
di regia delle attività di rimozione delle macerie e di ricostruzione"
Pure illazioni quelle dell’uomo di chiesa, che lanciano ombre, ma non
fanno nomi. Se gli Aquilani volessero fare illazioni sull’operato del
vescovo e della curia tutta, prima del terremoto, avrebbero milioni di
parole da versare. Se ne sono viste delle belle, con i numerosi pretini
giovani arrivati in città dopo l’insediamento del vescovo. Eleganti e
azzimati come maniquenne e affettati come cicisbei. Si sono notati i
loro comportamenti poco ortodossi. Nelle strade e nelle canoniche.
Illazioni, supposizioni senza nessuna base concreta, per cui i cittadini
hanno taciuto. Non hanno rilasciato interviste nelle quali
esplicitavano i loro sospetti. Il vescovo, invece, parla a favore dei
giornalisti. E accusa. Senza addurre fatti probanti. Fatti, invece, e
non parole, sono quelli che vedono la Curia imporre prepotentemente le
mani sul bottino del post terremoto, ottenendo che si costruiscano
strutture pubbliche, con danaro pubblico,quali la nuova casa dello
studente, su terreni privati, della curia, che ne assume la gestione ed
il possesso. Oppure costruendo strutture private, chiesa, conventino per
sei fraticelli, accoglienza e mensa su terreni pubblici, quale Piazza
D’Armi. Disgustoso l’atteggiamento che vede chi dovrebbe auspicare e
favorire la fratellanza fra le genti applicare il divide et impera che
qui, ormai, è di casa. Applicato in primis dal metodo protezione civile,
quindi dalle istituzioni, ed ora anche dalla clero. Nessuna parola per
le infiltrazioni mafiose negli appalti, nè su chi rideva alle 3e32 di
quella notte. Nessun cenno a chi specula sulla nostra tragedia. Lì si
tace. Come sui preti pedofili.

Mi cheto. La Pasqua nella mia città mi piaceva tanto. Come rito di
rinascita. Ed amavo, da atea, il funerale di Cristo uomo che si svolgeva
per le via del centro storico. La processione del venerdì santo mi
vedeva sempre presente. Quest’anno non ci sarò. Sono nauseata. La
mattina di Pasqua ci riuniremo per la tradizionale colazione aquilana
nel presidio permanente di piazza Duomo. Per abbracciarci ancora. Per
continuare a sperare. Poi il selenzio per la commemorazione della nostra
tragedia. Solo la fiaccolata, dalla mezzanotte del 5 alle 3e32 del 6
aprile. Lasciamo agli altri i teatrini e le ostentazioni. Noi esigiamo
silenzio e rispetto.

Buona Pasqua di rinascita a tutti voi.
Un abbraccio.

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ABRUZZO.NON DIMENTICO

L’AQUILA – E’ iniziata con due lievi scosse
sismiche la Pasqua degli aquilani. Mancano due giorni al primo
anniversario del devastante terremoto che provocò oltre 300 morti,
ma la terra continua a tremare e la popolazione continua a vivere
tra mille problemi. Sotto la pioggia, per la sesta domencia
consecutiva, in piazza Duomo sono tornate a sfilare le carriole.
Questa volta piene non di macerie ma di uova di cioccolato, pizze e
colombe pasquali, frittate, carciofi e salami.

Le scosse sismiche si sono verificate alle 8.34 e alle 8.37. La
prima ha avuto una magnitudo 1.8, l’altra 1.9. Entrmabe sono state
avvertite dalla popolazione, ma fortunatamente non hanno provocato
danni. Tagliacozzo, Cappadocia, Sante Marie e Scurcola Marsicana le
località prossime all’epicentro.

I comitati cittadini dell’Aquila hanno scelto di continuare la
mobilitazione per mantenere alta l’attenzione sulla città da
ricostruire. Un centinaio di persone hanno raggiunto il
tendone-presidio allestito davanti alla basilica delle Anime Sante,
nella piazza diventata il simbolo della protesta, e hanno deciso di
festeggiare insieme la Pasqua con una ‘colazione allargata’ a base
dei dolci tradizionali. La debole pioggia di queste ultime ore ha
spinto i più a cercare riparo sotto al tendone, dove l’associazione
Agorà del Comune di Barete (L’Aquila) ha allestito una mostra
fotografica sul terremoto dal titolo "Giorno zero".

"Era importante tornare in piazza – commenta Giusi Pitari, tra i
promotori della mobilitazione – per dire al resto d’Italia che il
movimento va avanti, anche dopo la tornata elettorale. Naturalmente
i toni di questi giorni saranno dimessi, in quanto la città si
avvicina all’anniversario del sisma".

Se l’anno scorso erano state le tendopoli a ospitare all’Aquila
tutte le celebrazioni della Pasqua, quest’anno gli aquilani si sono
ritrovati nelle loro parrocchie. Celebrazioni si sono tenute in
tutte le chiese agibili o nelle strutture provvisorie adibite a
ospitare la funzione liturgica. Messe sono state celebrate anche
nella basilica di Santa Maria di Collemaggio e nella chiesa delle
Anime Sante.

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VOTA NO TAV


E’ colpa dei NO TAV o è colpa di Grillo,
questo è il refrain che dalla fine dello spoglio elettorale  sentiamo
dire in ogni dove. Perdere fa sempre male, ma non comprenderne mai le
cause…è veramente diabolico. Mercedes Bresso ha perso e con lei è
capitolato il centro sinistra e chi aveva scelta di fare fronte insieme a
lei per scongiurare la minaccia leghista. E la sconfitta della (ex)
zarina è più pesante sulla bilancia della vittoria della Lega. Si perché
la Bresso rappresentava quella nomenclatura politica che è il Pd
(soprattutto xd DS) e il potere politico piemontese; la sua forza, il
suo “peso” e la sue caratteristiche (tra cui spicca l’arroganza). Lei
proprio, la ex ambientalista, ci ha sempre spiegato perché il tav è
utile: perché va fatto e lo vuole l’Europa!, e quindi ora dovrà andare
in Europa a chiedere spiegazioni e magari c’incontra pure mentre
portiamo la documentazione sulle nostre ragioni e chissà cosa ci
augurerà! Questi signori dovrebbero imparare a crederci un po’ di più
quando diciamo che il tav porta sfiga…

Ha vinto la Lega, il partito del nord e
delle Alpi, e per noi si apre una fase nuova, dove dovremo vederli
all’opera con chi difende il territorio veramente, chi lo cura, chi ne
immagina un futuro utile a tutti. Fossero vere quelle quattro cose che
sostengono i “lumbard”, Cota dovrebbe venire in Valle di Susa e
dichiarare la resa: “avete ragione voi, il territorio va difeso e
preservato, io e il mio partito ritiriamo l’idea del progetto”. E invece
mi sa che non sarà così e vedremo gli equilibrismi di chi dice tante
cose ma poi è uguale agli altri, e magari darà la colpa agli immigrati
per le manifestazioni NO TAV e non solo ai centri sociali. Vedremo anche
il ministro Maroni che userà i manganelli romani sul popolo delle
montagne piemontesi e Cota cosa dirà…

Il movimento non ha colpe di sorta,
neanche quella di aver votato Grillo. Le colpe sono da ricercarsi
altrove e le lacrime di coccodrillo della sinistra lasciano il tempo che
trovano. Vi ricordate dopo il 2005 le percentuali che presero Verdi e
Rifondazione? Lasciavano disarmati, era il premio a chi aveva sostenuto
il movimento con convinzione e spirito giusto. Poi le cose sono
cambiate, e sempre la scelta di stare dalla parte sbagliata pur
sostenendoci è quella che ha fatto la differenza. Il dodecalogo di Prodi
ad esempio? E questa volta la scelta di sostenere la Bresso? Sono
nonostante il terremoto che c’è stato in mezzo, cause dell’addio. Non
basta chiedere il voto sulla fiducia di chi si conosce (che per’altro è
avvenuto), che non viene mai messa in dubbio, serve sostanziare con
qualcos’altro, ed è quello che è mancato.

Tra le altre cose che ci vengono
imputate c’è quella di pensare solo al Tav, e su questa monotonia si
aggiunge anche la sinistra dicendo che la coalizione non avrebbe parlato
di Tav ma di tutti gli altri argomenti, e per questo si doveva
sostenere la Bresso. Solo che il Tav rappresenta un modo d’intendere lo
sviluppo e le finanze pubbliche, che tutto il resto lo azzera, perché se
devono saltare fuori i soldi per fare il tav sapete da dove li
prenderanno? Proprio dagli altri punti che giudicate più importanti,
magari vi sareste trovati a fare una buona sanità sulla carta, solo che
mancavano all’appello metà dei fondi perché erano dirottati sulla
galleria di Chiomonte? E non mi sembra poco.

Così come accusarci di essere troppo
“semplicisti”, di guardare solo al nostro orticello, e che invece c’è
chi pensa ai massimi sistemi, che sono ben più complessi del Tav. E che
sapete, per noi il tav fa parte dei massimi sistemi, anzi è un pezzo di
quel sistema che genera mostruosità come un opera inutile da fare per
forza, utilizzando i soldi tutti, anzi forse oggi si sta configurando
come “il sistema”.

Mi sembra molto, anzi troppo. Così come
chiedere a prescindere un’adesione, chiedendo di turarsi il naso e fare
quello che è giusto. Sono cambiati i tempi evidentemente e leggete bene
le proporzioni dei voti, provate a prendere in considerazione alcune
cose in più rispetto a quelle che ripetete a noia.

Prova a comprendere che quel quasi 40%
piemontese (e in tendenza con il dato nazionale) rappresenta molte cose;
ad esempio il distacco dalla politica intesa come comitato d’affari
organizzato e come aggregazione incapace di risolvere e soddisfare
problemi e bisogni reali; chi non ha votato non è solo per andare al
mare, ma per dare segnali chiari alla politica istituzionale e al
contempo rappresenta anche una scelta politica precisa, che premia o
bastona a seconda poi delle regioni. Il voto in Valle di Susa ha
risentito anche di questo, nell’astensionismo di Valle c’è da leggere
anche il no tav. Mario Virano ha poco da dire, poi sostenuto anche da
Chiamparino, “lo considero un elemento di chiarezza. A differenza
del passato, quando le posizioni di chi si opponeva all’opera erano
confuse nel voto dei partiti tradizionali, questa volta c’è un partito
del no che ha chiesto è ottenuto consensi su quel punto. Sappiamo che in
Valle pesa, tra il 15 e il 25 per cento, e che ora ha di fronte tre
strade: prendere atto di essere una minoranza, cercare di comportarsi
come se fosse una maggioranza, cercare di lavorare per aumentare i
consensi. Vedremo nelle prossime settimane
”[La Repubblica
31/3/2010]. Strano perché vedendo i voti delle ultime elezioni comunali
non ci sembra. Poi caro Virano, come da anni avviene, il consenso no tav
è presente a prescindere dai voti, che sono influenzati da molte cose.
Si deve rassegnare perché anche tra chi si è astenuto, chi ha votato
Lega, Pdl e Pd, ci sono cittadini che stanno dalla parte del no tav. Lo
dimostrano i numeri delle manifestazioni e lo dimostra il presente di
questo movimento, che per inciso non ha mai dato indicazioni di voto a
nessuno, né in passato né oggi. Le decisioni noi continuiamo a prenderle
in assemblea e non ne abbiamo mai presa una in merito. E’ il popolo che
senza bisogno di capi-popolo, prende le sue decisioni, informandosi (e
guardate che in Valle di Susa questo avviene davvero tanto) e decidendo
autonomamente. Si tav sono piccoli o medi affaristi o il ceto politico
che vive nel vostro mondo, non in quello reale.

Fa specie vedere una zarina cadere dal
trono dicendo che ha pagato il aver aderito alla conferenza si tav del
Lingotto e poi sentirci dire che non siamo determinanti. Certo magari
non lo saremo per numeri  elettorali, ma il Piemonte non era il
“laboratorio politico”? Non era l’unica regione a confrontarsi con la
presenza di un movimento reale? E quindi il rapporto/scontro con esso
centra, eccome se centra.

Infine forse Virano, Chiamparino e soci
dovrebbero preoccuparsi di altro, ci avevano detto in coro con il
Prefetto che i sondaggi non si sarebbero fermati per le elezioni nemmeno
per la sindone: le elezioni sono passate trivelle non ne abbiamo
viste…chissà chi è più in difficoltà?

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E’ colpa dei NO TAV o è colpa di Grillo,
questo è il refrain che dalla fine dello spoglio elettorale  sentiamo
dire in ogni dove. Perdere fa sempre male, ma non comprenderne mai le
cause…è veramente diabolico. Mercedes Bresso ha perso e con lei è
capitolato il centro sinistra e chi aveva scelta di fare fronte insieme a
lei per scongiurare la minaccia leghista. E la sconfitta della (ex)
zarina è più pesante sulla bilancia della vittoria della Lega. Si perché
la Bresso rappresentava quella nomenclatura politica che è il Pd
(soprattutto xd DS) e il potere politico piemontese; la sua forza, il
suo “peso” e la sue caratteristiche (tra cui spicca l’arroganza). Lei
proprio, la ex ambientalista, ci ha sempre spiegato perché il tav è
utile: perché va fatto e lo vuole l’Europa!, e quindi ora dovrà andare
in Europa a chiedere spiegazioni e magari c’incontra pure mentre
portiamo la documentazione sulle nostre ragioni e chissà cosa ci
augurerà! Questi signori dovrebbero imparare a crederci un po’ di più
quando diciamo che il tav porta sfiga…

Ha vinto la Lega, il partito del nord e
delle Alpi, e per noi si apre una fase nuova, dove dovremo vederli
all’opera con chi difende il territorio veramente, chi lo cura, chi ne
immagina un futuro utile a tutti. Fossero vere quelle quattro cose che
sostengono i “lumbard”, Cota dovrebbe venire in Valle di Susa e
dichiarare la resa: “avete ragione voi, il territorio va difeso e
preservato, io e il mio partito ritiriamo l’idea del progetto”. E invece
mi sa che non sarà così e vedremo gli equilibrismi di chi dice tante
cose ma poi è uguale agli altri, e magari darà la colpa agli immigrati
per le manifestazioni NO TAV e non solo ai centri sociali. Vedremo anche
il ministro Maroni che userà i manganelli romani sul popolo delle
montagne piemontesi e Cota cosa dirà…

Il movimento non ha colpe di sorta,
neanche quella di aver votato Grillo. Le colpe sono da ricercarsi
altrove e le lacrime di coccodrillo della sinistra lasciano il tempo che
trovano. Vi ricordate dopo il 2005 le percentuali che presero Verdi e
Rifondazione? Lasciavano disarmati, era il premio a chi aveva sostenuto
il movimento con convinzione e spirito giusto. Poi le cose sono
cambiate, e sempre la scelta di stare dalla parte sbagliata pur
sostenendoci è quella che ha fatto la differenza. Il dodecalogo di Prodi
ad esempio? E questa volta la scelta di sostenere la Bresso? Sono
nonostante il terremoto che c’è stato in mezzo, cause dell’addio. Non
basta chiedere il voto sulla fiducia di chi si conosce (che per’altro è
avvenuto), che non viene mai messa in dubbio, serve sostanziare con
qualcos’altro, ed è quello che è mancato.

Tra le altre cose che ci vengono
imputate c’è quella di pensare solo al Tav, e su questa monotonia si
aggiunge anche la sinistra dicendo che la coalizione non avrebbe parlato
di Tav ma di tutti gli altri argomenti, e per questo si doveva
sostenere la Bresso. Solo che il Tav rappresenta un modo d’intendere lo
sviluppo e le finanze pubbliche, che tutto il resto lo azzera, perché se
devono saltare fuori i soldi per fare il tav sapete da dove li
prenderanno? Proprio dagli altri punti che giudicate più importanti,
magari vi sareste trovati a fare una buona sanità sulla carta, solo che
mancavano all’appello metà dei fondi perché erano dirottati sulla
galleria di Chiomonte? E non mi sembra poco.

Così come accusarci di essere troppo
“semplicisti”, di guardare solo al nostro orticello, e che invece c’è
chi pensa ai massimi sistemi, che sono ben più complessi del Tav. E che
sapete, per noi il tav fa parte dei massimi sistemi, anzi è un pezzo di
quel sistema che genera mostruosità come un opera inutile da fare per
forza, utilizzando i soldi tutti, anzi forse oggi si sta configurando
come “il sistema”.

Mi sembra molto, anzi troppo. Così come
chiedere a prescindere un’adesione, chiedendo di turarsi il naso e fare
quello che è giusto. Sono cambiati i tempi evidentemente e leggete bene
le proporzioni dei voti, provate a prendere in considerazione alcune
cose in più rispetto a quelle che ripetete a noia.

Prova a comprendere che quel quasi 40%
piemontese (e in tendenza con il dato nazionale) rappresenta molte cose;
ad esempio il distacco dalla politica intesa come comitato d’affari
organizzato e come aggregazione incapace di risolvere e soddisfare
problemi e bisogni reali; chi non ha votato non è solo per andare al
mare, ma per dare segnali chiari alla politica istituzionale e al
contempo rappresenta anche una scelta politica precisa, che premia o
bastona a seconda poi delle regioni. Il voto in Valle di Susa ha
risentito anche di questo, nell’astensionismo di Valle c’è da leggere
anche il no tav. Mario Virano ha poco da dire, poi sostenuto anche da
Chiamparino, “lo considero un elemento di chiarezza. A differenza
del passato, quando le posizioni di chi si opponeva all’opera erano
confuse nel voto dei partiti tradizionali, questa volta c’è un partito
del no che ha chiesto è ottenuto consensi su quel punto. Sappiamo che in
Valle pesa, tra il 15 e il 25 per cento, e che ora ha di fronte tre
strade: prendere atto di essere una minoranza, cercare di comportarsi
come se fosse una maggioranza, cercare di lavorare per aumentare i
consensi. Vedremo nelle prossime settimane
”[La Repubblica
31/3/2010]. Strano perché vedendo i voti delle ultime elezioni comunali
non ci sembra. Poi caro Virano, come da anni avviene, il consenso no tav
è presente a prescindere dai voti, che sono influenzati da molte cose.
Si deve rassegnare perché anche tra chi si è astenuto, chi ha votato
Lega, Pdl e Pd, ci sono cittadini che stanno dalla parte del no tav. Lo
dimostrano i numeri delle manifestazioni e lo dimostra il presente di
questo movimento, che per inciso non ha mai dato indicazioni di voto a
nessuno, né in passato né oggi. Le decisioni noi continuiamo a prenderle
in assemblea e non ne abbiamo mai presa una in merito. E’ il popolo che
senza bisogno di capi-popolo, prende le sue decisioni, informandosi (e
guardate che in Valle di Susa questo avviene davvero tanto) e decidendo
autonomamente. Si tav sono piccoli o medi affaristi o il ceto politico
che vive nel vostro mondo, non in quello reale.

Fa specie vedere una zarina cadere dal
trono dicendo che ha pagato il aver aderito alla conferenza si tav del
Lingotto e poi sentirci dire che non siamo determinanti. Certo magari
non lo saremo per numeri  elettorali, ma il Piemonte non era il
“laboratorio politico”? Non era l’unica regione a confrontarsi con la
presenza di un movimento reale? E quindi il rapporto/scontro con esso
centra, eccome se centra.

Infine forse Virano, Chiamparino e soci
dovrebbero preoccuparsi di altro, ci avevano detto in coro con il
Prefetto che i sondaggi non si sarebbero fermati per le elezioni nemmeno
per la sindone: le elezioni sono passate trivelle non ne abbiamo
viste…chissà chi è più in difficoltà?

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E’ colpa dei NO TAV o è colpa di Grillo,
questo è il refrain che dalla fine dello spoglio elettorale  sentiamo
dire in ogni dove. Perdere fa sempre male, ma non comprenderne mai le
cause…è veramente diabolico. Mercedes Bresso ha perso e con lei è
capitolato il centro sinistra e chi aveva scelta di fare fronte insieme a
lei per scongiurare la minaccia leghista. E la sconfitta della (ex)
zarina è più pesante sulla bilancia della vittoria della Lega. Si perché
la Bresso rappresentava quella nomenclatura politica che è il Pd
(soprattutto xd DS) e il potere politico piemontese; la sua forza, il
suo “peso” e la sue caratteristiche (tra cui spicca l’arroganza). Lei
proprio, la ex ambientalista, ci ha sempre spiegato perché il tav è
utile: perché va fatto e lo vuole l’Europa!, e quindi ora dovrà andare
in Europa a chiedere spiegazioni e magari c’incontra pure mentre
portiamo la documentazione sulle nostre ragioni e chissà cosa ci
augurerà! Questi signori dovrebbero imparare a crederci un po’ di più
quando diciamo che il tav porta sfiga…

Ha vinto la Lega, il partito del nord e
delle Alpi, e per noi si apre una fase nuova, dove dovremo vederli
all’opera con chi difende il territorio veramente, chi lo cura, chi ne
immagina un futuro utile a tutti. Fossero vere quelle quattro cose che
sostengono i “lumbard”, Cota dovrebbe venire in Valle di Susa e
dichiarare la resa: “avete ragione voi, il territorio va difeso e
preservato, io e il mio partito ritiriamo l’idea del progetto”. E invece
mi sa che non sarà così e vedremo gli equilibrismi di chi dice tante
cose ma poi è uguale agli altri, e magari darà la colpa agli immigrati
per le manifestazioni NO TAV e non solo ai centri sociali. Vedremo anche
il ministro Maroni che userà i manganelli romani sul popolo delle
montagne piemontesi e Cota cosa dirà…

Il movimento non ha colpe di sorta,
neanche quella di aver votato Grillo. Le colpe sono da ricercarsi
altrove e le lacrime di coccodrillo della sinistra lasciano il tempo che
trovano. Vi ricordate dopo il 2005 le percentuali che presero Verdi e
Rifondazione? Lasciavano disarmati, era il premio a chi aveva sostenuto
il movimento con convinzione e spirito giusto. Poi le cose sono
cambiate, e sempre la scelta di stare dalla parte sbagliata pur
sostenendoci è quella che ha fatto la differenza. Il dodecalogo di Prodi
ad esempio? E questa volta la scelta di sostenere la Bresso? Sono
nonostante il terremoto che c’è stato in mezzo, cause dell’addio. Non
basta chiedere il voto sulla fiducia di chi si conosce (che per’altro è
avvenuto), che non viene mai messa in dubbio, serve sostanziare con
qualcos’altro, ed è quello che è mancato.

Tra le altre cose che ci vengono
imputate c’è quella di pensare solo al Tav, e su questa monotonia si
aggiunge anche la sinistra dicendo che la coalizione non avrebbe parlato
di Tav ma di tutti gli altri argomenti, e per questo si doveva
sostenere la Bresso. Solo che il Tav rappresenta un modo d’intendere lo
sviluppo e le finanze pubbliche, che tutto il resto lo azzera, perché se
devono saltare fuori i soldi per fare il tav sapete da dove li
prenderanno? Proprio dagli altri punti che giudicate più importanti,
magari vi sareste trovati a fare una buona sanità sulla carta, solo che
mancavano all’appello metà dei fondi perché erano dirottati sulla
galleria di Chiomonte? E non mi sembra poco.

Così come accusarci di essere troppo
“semplicisti”, di guardare solo al nostro orticello, e che invece c’è
chi pensa ai massimi sistemi, che sono ben più complessi del Tav. E che
sapete, per noi il tav fa parte dei massimi sistemi, anzi è un pezzo di
quel sistema che genera mostruosità come un opera inutile da fare per
forza, utilizzando i soldi tutti, anzi forse oggi si sta configurando
come “il sistema”.

Mi sembra molto, anzi troppo. Così come
chiedere a prescindere un’adesione, chiedendo di turarsi il naso e fare
quello che è giusto. Sono cambiati i tempi evidentemente e leggete bene
le proporzioni dei voti, provate a prendere in considerazione alcune
cose in più rispetto a quelle che ripetete a noia.

Prova a comprendere che quel quasi 40%
piemontese (e in tendenza con il dato nazionale) rappresenta molte cose;
ad esempio il distacco dalla politica intesa come comitato d’affari
organizzato e come aggregazione incapace di risolvere e soddisfare
problemi e bisogni reali; chi non ha votato non è solo per andare al
mare, ma per dare segnali chiari alla politica istituzionale e al
contempo rappresenta anche una scelta politica precisa, che premia o
bastona a seconda poi delle regioni. Il voto in Valle di Susa ha
risentito anche di questo, nell’astensionismo di Valle c’è da leggere
anche il no tav. Mario Virano ha poco da dire, poi sostenuto anche da
Chiamparino, “lo considero un elemento di chiarezza. A differenza
del passato, quando le posizioni di chi si opponeva all’opera erano
confuse nel voto dei partiti tradizionali, questa volta c’è un partito
del no che ha chiesto è ottenuto consensi su quel punto. Sappiamo che in
Valle pesa, tra il 15 e il 25 per cento, e che ora ha di fronte tre
strade: prendere atto di essere una minoranza, cercare di comportarsi
come se fosse una maggioranza, cercare di lavorare per aumentare i
consensi. Vedremo nelle prossime settimane
”[La Repubblica
31/3/2010]. Strano perché vedendo i voti delle ultime elezioni comunali
non ci sembra. Poi caro Virano, come da anni avviene, il consenso no tav
è presente a prescindere dai voti, che sono influenzati da molte cose.
Si deve rassegnare perché anche tra chi si è astenuto, chi ha votato
Lega, Pdl e Pd, ci sono cittadini che stanno dalla parte del no tav. Lo
dimostrano i numeri delle manifestazioni e lo dimostra il presente di
questo movimento, che per inciso non ha mai dato indicazioni di voto a
nessuno, né in passato né oggi. Le decisioni noi continuiamo a prenderle
in assemblea e non ne abbiamo mai presa una in merito. E’ il popolo che
senza bisogno di capi-popolo, prende le sue decisioni, informandosi (e
guardate che in Valle di Susa questo avviene davvero tanto) e decidendo
autonomamente. Si tav sono piccoli o medi affaristi o il ceto politico
che vive nel vostro mondo, non in quello reale.

Fa specie vedere una zarina cadere dal
trono dicendo che ha pagato il aver aderito alla conferenza si tav del
Lingotto e poi sentirci dire che non siamo determinanti. Certo magari
non lo saremo per numeri  elettorali, ma il Piemonte non era il
“laboratorio politico”? Non era l’unica regione a confrontarsi con la
presenza di un movimento reale? E quindi il rapporto/scontro con esso
centra, eccome se centra.

Infine forse Virano, Chiamparino e soci
dovrebbero preoccuparsi di altro, ci avevano detto in coro con il
Prefetto che i sondaggi non si sarebbero fermati per le elezioni nemmeno
per la sindone: le elezioni sono passate trivelle non ne abbiamo
viste…chissà chi è più in difficoltà?

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Milano R-Esistente

aspettando il 25 Aprile..

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Report prima Assemblea verso la MayDay Milano 2010

Prima Assemblea verso la Mayday del Primo
Maggio 2010
30 marzo 2010 – Milano

Un minireport

A.
(Intelligence Precaria):
Quest’anno ci sono stati molti elementi di
novità e di conflitto che potrebbero attraverso la Mayday prendersi uno
spazio di visibilità. Questo anno ha visto la crisi non solo del lavoro
ma anche delle classiche rappresentanze della sinistra in questi
territori. Noi abbiamo lanciato una campagna su un tema secondo noi
comune: un welfare adeguato alle attuali forme del lavoro. Abbiamo
iniziato l’Operazione Welfare proponendo l’istituzione di una Cassa
sociale per il reddito e di una Cassa sociale per i servizi. Queste
proposte servono ad andare oltre la mera denuncia della precarietà, che
ormai fanno tutti. Spingiamo su richiesta di diritti e vertenze sul
territorio, senza dimenticare l’Expo, il tema della sicurezza e la
questione dei migranti. L’idea è sviluppare azioni comunicative anche su
queste proposte. PS: siamo alla decima edizione della Mayday. Può
essere la conclusione di un ciclo ma anche un momento di cambiamento.

B. (Uniti contro la crisi):
Vorremmo proporre un carro che
rappresenti le realtà in lotta di “Uniti contro la crisi”: fabbriche
come la Marcegaglia, La Maflow, la Lares, e call center come quello
Omnia ecc. siamo in difficoltà: le ondate di cassa integrazione, il
collegato lavoro ecc sono usati per ridurre il lavoro “garantito”, anche
se bisogna dire che per la legge italiana oramai siamo tutti precari e
possiamo essere lasciati a casa anche con un contratto a tempo
indeterminato. Noi vorremmo ripartire da una rivendicazione concreta:
non a partire dalla appartenenza ad una organizzazione piuttosto che ad
un altra ma alla appartenenza di classe. Chiediamo reddito non
attraverso una cassa sociale ma colpendo chi da questa crisi ci sta
guadagnando a scapito nostro. Chiediamo quindi la riduzione dell’orario
di lavoro e l’accesso ai servizi. Poi siamo contro le speculazioni
edilizie e finanziarie: si chiudono le fabbriche per fare centri
commerciali.

C. (Intelligence Precaria):
stasera la
difficoltà sta proprio nel focalizzare gli obiettivi. La Mayday è sempre
stato uno spaccato dei conflitti che ci sono sul lavoro nel territorio e
nel sociale, è sempre stata accompagnata da riflessioni e analisi, è
stata conflitto in sé, voglio dire nelle azioni del Countdown ed è anche
un momento fortemente controculturale: grazie alla forma della parata
si sono avvicinate sempre più realtà di espressione musicale creativa.
Questa Mayday vedrà un’enorme partecipazione. Ci piacerebbe che il
percorso di avvicinamento alla Mayday sia il più condiviso possibile,
quindi non vorremmo mettere limiti al numero dei carri, anzi. Chiediamo
che i contenuti siano trasversali ai carri. Oggi cerchiamo di capire chi
vuole partecipare, perché e con quali contenuti e idee, per renderli
presenti con speakeraggi, cartelli, striscioni o come si vuole, in tutte
le parti del corteo. Stasera dobbiamo raccontarci, capire cosa abbiamo
in moto, quali sono le intenzioni e capire come si svilupperanno.

D.
(Spezzone No Oil):
sono due anni che partecipiamo con i carri a
pedali, quest’anno ci ampliaremo con diversi carri, ne aggiungeremo uno
più grande per dare maggiore visibilità al tema che prevede la
autocostruzione e sottolinea il protagonismo di chi partecipa. Questo è
anche un appello ad aggiungersi a questa parte del corteo, a chi volesse
possiamo fornire supporto e formazione. I temi sono l’ecologia, la
riduzione del danno ambientale, il partire dalle proprie passioni per
creare i propri sogni e realizzarli. Ci sarà anche la Critical Mass. I
temi che sono stati espressi li condividiamo si collegano a uno dei
nostri temi che è la decrescita, insieme alla condivisione dei saperi,
la riduzione della dipendenza dai beni materiali. Oltre a recuperare
materiali ed esperienze ci piacerebbe avere uno spazio visibile e
condiviso senza essere soffocati da diecimila watt di potenza davanti e
dietro.

E. (Biko):
noi gli altri anni affittavamo il camion,
la band, il Dj ecc invece quest’anno vogliamo un carro no oil non
inquinante, in cui a suonare sia la gente, con uno strumento
autocostruito in cui suonino tutti (non solo percussioni!!). Vogliamo
essere propositivi e attivi e invitiamo alle azioni anche pre-Mayday!

F.
(Sinistra critica):
ci sembra che quest’anno la Mayday possa avere
un ruolo ancora più importante che negli anni scorsi per confliggere con
i poteri costituiti. Potrebbe funzionare da ponte verso la campagna per
il welfare metropolitano, che deve essere coniugata con la lotta alla
speculazione. Noi con alcune realtà di studenti e migranti vorremo fare
un carro dal tema “Le nostre vite valgono più dei loro profitti”. Ci
rendiamo disponibili a connotare la Mayday contro la violenza di genere.
Giusto che ognuno porti i suoi pezzi ma anche che ci siano temi
condivisi da tutti. Sul Countdown l’assemblea e le azioni di
preparazione dovrebbero essere fatte insieme. La cosa importante è
tenere insieme la festa, la lotta e la rabbia e portarci tanta gente
nella fase che si apre che sarà molto dura per tutti.

G.
(percorso Transgender):
l’anno scorso alla Mayday c’è stata una
violenza sessuale ai danni di una ragazza. Così ci siamo trovati con
molte altre realtà in una riflessione sulla violenza sessuale e sugli
immaginari machisti che la rendono possibile, che ci sono anche nei
luoghi che noi animiamo. Non vogliamo servizi d’ordine, vogliamo una
presa in carico collettiva senza testosterone ma con molta intelligenza,
e attenzione da parte di tutti a quello che succede. Non vogliamo
musica con contenuti sessisti, perché fa parte di un immaginario che va
esattamente nella direzione contraria a quella che vogliamo. Chiediamo a
chi partecipa di rendere visibile la propria adesione con un simbolo e
materiale comunicativo che proporremo. Faremo anche un’inchiesta per
rilevare i punti di vista di chi partecipa alla Mayday su queste
tematiche. Dopo la Mayday questa campagna potrà essere usata in altri
luoghi ed eventi.

H. (IP):
Poi ci sono state critiche dovute
alla presenza dei carri dei sound system. Per noi non ci sono un corteo
militante da una parte e uno rave poco serio dall’altra. Per noi la
componente dei sound è importante, per questo chiediamo impegno a tutti
ma in particolare ai carri più festaioli e controculturali perché sia
chiaro che non ci sono due pezzi separati del corteo ma tematiche
condivise con sensibilità diverse, e che la violenza non ha
cittadinanza.

I. (IP):
aggiungo che il 10 aprile, prima della
assemblea Mayday ci sarà un altro incontro in cui i gruppi di lavoro
della campagna Transgender porteranno le proposte, per chi volesse
parteciapre direttamente quella è la occasione. Due giorni, il 10
appuntamento Transgender e l’11 assemblea nazionale Mayday, questa
divisa in due parti, una di presentazione delle proposte e una parte
tecnico organizzativa per definire il percorso, l’ordine dei carri etc
cose che non possiamo trascurare quando ci sono 100 mila persone in
piazza.

L. (CS Fornace, Rho):
Il 30 aprile Expo sarà
presentato, saranno 5 anni esatti alla partenza di Expo quindi per noi
questa sarà la tematica principale. Quest’anno ci vogliamo concentrare
sulle questioni del welfare e della speculazione. Ci incentriamo sul
concetto di città vetrina, dagli sgomberi dei rom alla repressione dei
migranti, poi ci occuperemo delle realtà produttive in lotta e in crisi
della nostre zone, e della ristrutturazione del lavoro e del territorio
che vanno di pari passo e diventano precarizzazione. Per la questione
Transgender anche noi prepareremo del materiale da dare prima alla
Fornace e poi al corteo. Infine alla Mayday lanceremo il Festival No
Expo di fine maggio, che vorremmo riproporre fino al 2015 non per forza
in spazi sociali non per forza a Rho ma allargando la partecipazione.

M.
(studenti):
Come collettivi universitari e dell’Accademia di Brera
abbiamo creato una rete sul diritto allo studio e sul Processo di
Bologna (quel complesso di interventi legislativi e amministrativi che
impone i cambiamenti dell’università) e stiamo valutando di partecipare
alla Mayday anche quest’anno. Sulle forme ancora non so. Sui contenuti
abbiamo lavorato molto sulla precarietà intesa non solo nei suoi aspetti
lavorativi, perché investe molti aspetti della vita, la mobilità, il
tempo per gli affetti, la formazione e l’accesso alla conoscenza ecc.
Precarietà vuol dire anche attacco all’accesso ai saperi e alla
conoscenza. Infine abbiamo iniziative dentro gli atenei che per noi
danno il ritmo dell’avvicinamento alla giornata del primo maggio: per
noi la Mayday non è un evento ma un processo, ci si avvicina facendo
delle cose anche per scommettere sulle relazioni che si creano nella
università e fuori per proseguire dal due maggio in poi.

N:
Noi
vogliamo fare un carro di musica. Io non sono un precario ma il mio
lavoro lo è; noi verremo a mettere della musica come gli altri anni,
vogliamo adeguarci alle esigenze che stanno emergendo perché le
condividiamo in pieno, nessuno tra noi si comporta in modo machista.

O:
anche
noi veniamo alla Mayday per fare musica elettronica ma il nostro carro
avrà anche un tema. Per ora abbiamo delle idee embrionali. Una si basa
sul discorso della Milano senza posti di aggregazione e piena di gabbie,
in cui secondo chi ci amministra dovremmo stare sempre più rinchiusi in
casa senza occasioni di socialità se non commerciali. Forse faremo una
enorme gabbia con dentro qualcuno vestito da scimmione, per ironizzare
su questa realtà. Un’altra idea è sulla tv commerciale, una della armi
di distruzione di massa più devastanti create negli ultimi anni.
Vorremmo fare un lavoro per recuperare alcune menti anestetizzate in
questi anni, dei cartelli per prendere per il culo le veline… sul
machismo la tv va criticata proprio duramente su questo, su come
commercializza il corpo femminile.

P. (CUB):
A dieci anni di
distanza forse bisogna ripensare la Mayday, era nata come contraltare al
primo maggio bollito dei sindacati confederali, ora dobbiamo dare una
propulsione diversa o diventa “solito” pure questo appuntamento. Le
novità di quest’anno sono molte: i migranti, le fabbriche in lotta e
anche crisi del sindacalismo di base ma soprattutto i padroni che fanno
di tutto per frantumarci. Nelle fabbriche in lotta noi ci siamo stati e
siamo d’accordo che gli operai e i migranti debbano essere al centro di
questa Mayday. I migranti stanno subendo le restrizioni incredibili del
pacchetto sicurezza ma cominciano a percepirsi come lavoratori. Noi
faremo un carro per migranti arabi e uno per migranti latini ovviamente
insieme agli italiani. Due carri in base alla esperienza della festa che
abbiamo fatto in viale Padova, eravamo in una zona a prevalenza latina
ma intorno si erano aggregati molti arabi. Bene è stato incredibile, la
partecipazione ha riempito la piazza non appena abbiamo messo la “loro”
musica!

Q. (Collettivo La Fattoria):
noi lavoriamo con alcuni
immigrati di Varese. Nel nostro carro vorremmo portare interventi di un
immigrato senegalese e poi musica anni 70 e 80 e revival

R. (IP):
faremo
una lista di coordinamento anche per il Countdown e le azioni. Ne
discuteremo l’11 ora e luogo da stabilirsi perché ci aspettiamo duecento
persone alla prossima assemblea.

Fine assemblea

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PAPERINO E LE MACERIE

di Gianluca Marcotullio, dottorando presso Delft University of
Technology (NL)

Paperino: (… per la peppa, le piazze sono ancora stracolme
di macerie, qui ci serve una trovata!)

Paperino: Pressappocax quanto ci vuole secondo te a smaltire
tutte le macerie dal centro storico?
Pressappocax: Chene? le macerie? ma te sta a rende conto de
quante ne so? sarau almeno 100.. 200 mila … facemo nu pressap_milione!
Almeno cusci diceano ‘npiazza ieri!
Paperino: ma un milione di cosa?
Pressappocax: eh … che ne so… de metri pressap_cubi credo!
Paperino: e quanto pesa un metro cubo?
Pressappocax: e… pesa pesa… na vintina de pressap_quintali.. e
che ne saccio jine..
Paperino: urca… quindi 2 milioni di tonnellate! E quanto ci
vuole con i nostri camion?
Pressapocax: ..mmm.. un per uno 2…diviso 5..porto 3 remetto 4
abbasso il 5, metto na virgola, tie’ = nu 3 barra 4 anni… forse 7!

Paperino (mumble mumble qua succede un 48, devo andare dalla
ministra)

Paperino: egregia ministra…
Ministra: chiamami pure giacomo!
Paperino: grazie signora.. giacomo. Da una stima dei miei
tecnici le nostre strade sono invase da aaaalmeno 4 milioni di
tonnellate di macerie!
Ministra: così tante? perchè non le togliete?
Paperino: il fatto è che ci impiegheremmo circa 7 anni con i
nostri mezzi!
Ministra: .. sempre i soliti piagnoni! Facciamo così: io vi
mando una truppa al comando del generale Winchester… di cchiu’, nin so’!

Winchester: eccoci qua signor paperino, allora dove
sarebbero queste macerie, vogliamo cominciare subito!
Paperino: queste sono una parte, le altre sono sparse nelle
strade, nelle piazze e nei palazzi!
Winchester: ahahahah signor paperino, sa che lei è proprio
simpatico! La ministra mi ha parlato di MILIONI DI METRI CUBI! almeno 1 o
2! Dove sono quelle macerie?
Paperino: Come le ho detto: 1,5 milioni di metri cubi tra
strade, piazze e palazzi!… così mi dicevano i miei tecnici… almeno..
Winchester: ma signor paperino, lei lo sa cosa è un milione e
mezzo di metri cubi?
Paperino: …mmmm….veramente…
Winchester: per esempio… quanto è esteso il centro storico?
Paperino: circa 150 ettari! Questo lo so!
Winchester: allora, 150 ettari sono 1,5 milioni di metri
quadri. Il che vuol dire che 1,5 milioni di metri cubi di macerie
basterebbero a coprire tutto il centro della sua città di una coltre
spessa 1 metro! Piazze, strade, palazzi, cortili, giardini, parchi,
chiese, insomma tutto! Ogni singolo centimetro all’interno delle mura
coperto da 1 metro di macerie! Come a Pompei, ma senza il Vesuvio!
Paperino: … beh non ci avevo pensato.. in effetti a pensarci
bene … E ai palazzi crollati dall’interno? Lei ci ha pensato!?
Winchester: Ahahahah, sa che lei è proprio simpatico!
Consideriamo sempre i 150 ettari di centro, e ipotizziamo un indice di
edificato di 1 metro cubo per metro quadro (tanto per essere generosi e
per fare i conti semplici, perché probabilmente è minore di 1!), mi
segue?
Paperino: … penso di si…
Winchester: Allora, per fare un milione e mezzo di metri cubi
ci vorrebbero tutti gli edifici all’interno delle mura, dico TUTTI,
antichi, moderni, abitazioni, scuole, bar, banche, chiese eccetera. E
tutti dovrebbero essere pieni, dico PIENI, rimpinzati, di macerie! Come
tanti grandissimi contenitori! E allora, visto che questi palazzi non
erano inizialmente pieni, certamente erano fatti di mura e solai, ma
anche di ampi vuoti (le stanze), mi dice da dove arrivano tutte queste
macerie per riempirli?
Paperino: … questo mi sembra in effetti un po’ strano …
Winchester: è ovviamente un assurdo!
Paperino: ma allora generale… è tutto sbagliato… e quali sono i
numeri? quelli veri? (maledetto Pressappocax!)
Winchester: ma signor paperino, lo chiede a me? Possiamo
provare a mettere giù due conti approssimativi…anche se mai
approssimativi quanto i suoi! Allora proviamo!?
Paperino:… la prego generale Winchester mi aiuti a capire!
Winchester: se diamo uno sguardo ai dati della protezione
civile, nella sola città dell’Aquila ci sono circa 7000 abitazioni
classificate E seriamente danneggiate, e sono circa un terzo di tutte
quelle del cratere. I crolli, tuttavia, intendo quelli che hanno
generato le macerie nelle strade, non dovrebbero aver interessato più di
alcune centinaia di abitazioni (anche guardando ai siti sequestrati
dalla procura). Contando una media di 100 metri cubi ad abitazione (con
conti che non sto qui a spiegarle) fanno poche decine di migliaia di
metri cubi da togliere dalle strade e piazze dell’Aquila, non di più!
Per tutto il cratere moltiplichiamo per 3! In un paio di mesi ce la
facciamo!
Paperino:… ma allora è fatta! È più semplice di quanto
pensassi! Grazie mille generale, corro ad annunciarlo ai giornali!!!
Evviva! (E Pressappocax oggi mi sente!!)
Winchester: Ma badi bene signor Paperino che di macerie se ne
genereranno molte di più con la ricostruzione, ma di quello se ne
occupano le ditte incaricate dei lavori, come di norma! Ma per favore
stia più attento la prossima volta a dare i numeri, e pensi a
differenziare e riusare gli scarti!
Paperino: Certo generale, ci può contare!

THE END!

L’AFFARE MACERIE TRA IL SERIO E IL FACETO

Sembra in effetti un fumetto il modo in cui la questione macerie è
stata affrontata. Il tutto a partire proprio dalle stime fantasiose
sulla quantità di macerie che occupavano le strade e le piazze. Non è
difficile dimostrare che i milioni di tonnellate di macerie stimati per
il solo centro dell’Aquila, come più volte apparso sui giornali locali e
di riflesso sui media nazionali, sia un’assurdità. Tali cifre sono
oltremodo esagerate anche per l’intero cratere. Tutto questo a causa di
approssimazione, superficialità o per semplice negligenza. E allora da
dove venivano i grandi numeri sbandierati? E a cosa servivano? Si voleva
forse creare ad arte un po’ di caos e confondere le macerie da
rimuovere urgentemente dalle strade con la quantità di inerti da
smaltire a seguito della ricostruzione? Tutto questo rimane un mistero.

Certamente le cifre iperboliche sono servite a mobilitare la
cittadinanza aquilana che, esasperata dall’incedere alquanto incerto e
vischioso dei burocrati/amministratori, da parte sua ha dato un
brillante esempio di concretezza e forza di volontà scendendo in piazza
con pale e carriole, prendendosi anche gli insulti indecenti di una
parte dell’opinione pubblica. In conclusione, dopo alte consultazioni
ministeriali e l’arrivo dell’esercito si scopre che un problema per cui
si prospettavano anni di estenuante lavoro, potrà essere risolto
nell’arco di qualche settimana (stando alle recenti dichiarazioni di
Cialente e Chiodi).

In questo momento, come proposto dai cittadini e dai comitati, si
dovrebbe piuttosto puntare l’attenzione su come smaltire e riusare in
modo intelligente, economico e rispettoso dell’ambiente gli inerti
derivanti dai crolli (le famose macerie) e quelli che saranno prodotti
in enorme quantità nelle centinaia di cantieri della ricostruzione.
Macché! La scialuppa comunale s’incaglia di fronte al come e al quando
liberare le strade e le piazze del centro cittadino e tracolla sulla
base di stime bizzarre, fino a richiedere l’intervento dell’esercito!

I cittadini allora gridano partecipazione e manifestano
preoccupazione, invocando finalmente un barlume di lucidità, di
concretezza, di razionalità, di programmazione, di solerzia, di
obiettività. Cosa ottengono in cambio? La caciara e le beghe dei
consigli comunali (buoni solo a dare sfoggio di inconcludenza), la
propaganda politica di ogni specie, la falsa retorica, le dichiarazioni
pre-elettorali, i rattoppi, le approssimazioni insieme al
sensazionalismo da prima serata del governo e dei TG. A tempo perso
intanto si autorizza la costruzione di mense temporanee per i poveri da 4
milioni di euro, collocate grossolanamente su un angolo di prezioso
vuoto cittadino! Scommetto che i “poveri” avrebbero avuto idee molto più
intelligenti per impiegare i 4 milioni a loro favore! Comunque una
bandiera vale l’altra, gli sfollati oggi e i “poveri” domani, business,
si sa, is pur sempre business. Tuttavia, mentre lo spettacolo va avanti,
si ha l’impressione che di tanti milioni di euro ci sarà qualche “non
povero” o “non sfollato” che ne beneficerà molto più dei diretti
interessati!

Ma la vita continua, e tra caciare di ieri oggi e domani, il
consiglio comunale si sbraccia e reclama competenze di cui si sente
usurpato da una struttura tecnica che guarda troppo al sodo e poco al
tatticismo e alla retorica. Allo scopo presenta le sue credenziali:
qualche rotatoria incompleta, due strade realizzate dopo anni ma
impossibili da aprire per la pendenza tristemente sbagliata e il
progetto di una linea di tram milionaria dalla capacità evidentemente
sovradimensionata. Per la cronaca i lavori della tranvia furono
interrotti (solo a metà dell’opera) non per le ovvie ragioni di
fattibilità economica, ma in quanto l’entità (sconosciuta) delle
vibrazioni generate al passaggio del vagone (su gomma!) avrebbero potuto
danneggiare i palazzi del centro! Quale motivazione migliore in una
città ad elevato rischio sismico?

In questo scenario chi si stupisce che i cittadini ripongano la loro
fiducia solo nelle proprie mani armate di pale e carriole? Mai messaggio
fu più evocativo di questo nello spronare chi di dovere a mettersi a
lavorare solertemente, ché un cittadino contrariato con una pala in mano
è sempre meglio avercelo amico!

Nel frattempo, smaltite le macerie e le carriole, si pensa al futuro.
Negli ultimi giorni si parlava sui giornali del recupero dei beni
culturali. In proposito, il vice commissario Luciano Marchetti stima un
fabbisogno di 3,5 miliardi di euro per il loro recupero in base alle
verifiche e alle schedature di tutti i beni. Ma, udite udite, il comune,
in base alle sue note capacità di programmazione, già stima 10
miliardi! Che tenga conto anche delle mance?! Ma, si sa, per una parete
grande ci serve un pennello grande!

Arrivederci alla prossima puntata!

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FOTO E VIDEO DELL’AZIONE DELLA RETE STUDENTI MILANO

 

 Oggi, 50 studenti da varie scuole hanno inscenato una protesta,
bloccando simbolicamente la circonvallazione a romolo con nastri e
striscioni, per dire basta ai finanziamenti della regione alle scuole
private. Una scelta, la data di oggi, non casuale. Infatti oggi a Milano
si sono svolte le votazioni per eleggere la giunta che andrà al governo
nella regione. Mentre i politici stanno nelle loro palazzi appena
costruiti con milioni di euro, che dovrebbero essere destinati all’
istruzione  a spartirsi la loro fetta di potere,, noi siamo scesi nei
luoghi che ci appartangono le strade della nostra città . La protesta ha
voluto anche portare l’ attenzione della gente sul tema della scuola.
Con Formigoni, l’ 80% dei finanziamenti della regione andava allle
scuole private, lasciando un contentino agli studenti delle scuole
pubbliche, è ora di dire basta, i fondi devono andare alle pubbliche non
alle private!!! L’iniziativa non si è fermata ma è continuata, portando
la protesta sotto i cancelli della scuola privata in via Lanzone.
Abbiamo lasciato uno striscione ai cancelli," finanziamenti alle private
io non ci sto". Abbiamo iniziato per non fermarci.

medi 1casonnetto2medi 4medi3striscione

 

 

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