I Segreti di Prosperini


Pier Gianni Prosperini, l’ex assessore del Pdl lombardo arrestato il 16
dicembre scorso, ha tentato il suicidio nella sua casa di corso
Garibaldi, a Milano, dove era ai domiciliari. Secondo i medici non è in
pericolo di vita. In casa Prosperini avrebbe lasciato messaggi in cui
lamenta una "persecuzione giudiziaria". Prosperini era stato scarcerato
dopo aver patteggiato 3 anni a 5 mesi di reclusione per aver incassato
una tangente da 230 mila euro su un appalto da 7,2 milioni di euro: spot
pubblici dirottati sulle tv private che lo sostenevano politicamente
tra il 2008 e il 2010. I guai dell’ex assessore non erano tuttavia
terminati: la procura di Milano stava infatti indagando sul traffico di
armi e munizioni verso l’Eritrea coperto, secondo l’accusa, dallo stesso
Prosperini, in elusione ai controlli internazionali e agli embarghi. Su
questo filone "L’espresso" ha pubblicato nelle scorse settimane diverse
inchieste, l’ultima delle quali appare nel numero in edicola domani, e
che anticipiamo qui di seguito.

Una banda di insospettabili trafficanti d’armi, guidata da un ex
dirigente della Beretta. Almeno tre anni di triangolazioni proibite, per
rifornire segretamente gli arsenali dell’Iran. E un carico parallelo di
fucili in partenza per l’Eritrea. Con un politico lombardo che si fa
pagare mediazioni su un conto svizzero: Pier Gianni Prosperini,
assessore regionale della giunta Formigoni fino al 16 dicembre, quando è
stato arrestato per corruzione.

A collegare le guerre internazionali alle tangenti italiane sono due
indagini separate, che si sono incrociate proprio mentre la Guardia di
Finanza ammanettava l’ex leader di Nordestra, la corrente da lui creata
per contendere alla Lega i voti razzisti. Prosperini, quella sera, sta
per registrare l’ennesimo show anti-immigrati, quando si vede arrestare
per aver intascato 230 mila euro da Raimondo Lagostena Bassi, il
proprietario del circuito di tv lombarde che da anni lo sostiene. In
cambio, il politico gli ha fatto arrivare montagne di spot pubblici: 7
milioni e 200 mila euro, pagati dai lombardi con le tasse.

Mentre il governatore Roberto Formigoni e il ministro Ignazio la Russa
difendono l’assessore, che un trimestre più tardi chiederà di
patteggiare una condanna a tre anni e cinque mesi, i finanzieri
sequestrano l’archivio di Prosperini e i computer del suo factotum,
Gionata Soletti. E qui spuntano file riservati: armi all’Eritrea. Un
affare che scotta. Nei computer sono registrate tutte le trattative per
vendere alla dittatura africana decine di fucili prodotti dalla Beretta,
la più famosa fabbrica italiana d’armi. Per esportarli in Eritrea,
secondo i documenti ora sotto sequestro, l’industria bresciana avrebbe
pagato provvigioni a una società off shore che girava i soldi a
Prosperini. Dal punto di vista della Beretta, s’intende, è tutto lecito:
la consulenza estera è regolarmente fatturata. E dalla fabbrica
italiana risultano usciti solo fucili da caccia. Oggi anche l’Eritrea è
finita sotto l’embargo dell’Onu, ma fino a pochi mesi fa era reato solo
esportare armi da guerra. Ma allora, perché pagare il politico? Perché
Prosperini, sempre stando ai file, avrebbe lavorato per la Beretta come
procacciatore d’affari privato. E perché versargli i soldi in Svizzera?
Perché così chiedeva lui. Per la Beretta, quei fucili erano davvero
destinati a onesti cacciatori eritrei amici di Prosperini. Tutto
regolare, insomma. Almeno fino all’arresto di Prosperini, quando un
altro gruppo delle Fiamme Gialle registra un imprevisto allarme rosso.
Che riguarda un’inchiesta diversa. Esplosiva.

Il nucleo di polizia tributaria sta intercettando da luglio
un’organizzazione di trafficanti che dal 2007 esporta sistematicamente
armi da guerra in Iran nonostante l’embargo di Usa, Onu e Ue. Le
indagini documentano vendite di ben mille puntatori ottici di produzione
tedesca: visori speciali per cecchini o sabotatori, in parte
sequestrati tra Svizzera, Romania e Inghilterra mentre partivano per
Teheran. E trattative avanzate, proseguite fino a febbraio scorso, per
cedere all’Iran elicotteri, spolette esplosive, elmetti, congegni
spionistici, miscele chimiche per razzi o bombe, kit per paracadutisti,
gommoni e respiratori subacquei. Uno dei capi di questa presunta banda è
Alessandro Bon, 43 anni, ex dirigente della Beretta: fino al 2005 era
l’export manager del settore difesa per il Medio Oriente, cioè il
responsabile delle vendite nei paesi più caldi del mondo. Ufficialmente
trattava solo armi sportive. Lasciata l’industria legale, si è messo in
proprio, secondo l’accusa, come trafficante illegale, sfruttando anche
una ditta di vernici della fidanzata. Bon è il presunto regista di
triangolazioni milionarie con emissari dei servizi segreti iraniani (due
arrestati, altri due ricercati), tra cui un finto giornalista che a
Roma spiava e indottrinava la stampa italiana e intanto fondava a
Bucarest una ditta per esportare i puntatori.

La Finanza sente parlare per la prima volta di tangenti il 22 agosto
2009. In quel momento Bon sta disputandosi 256 mila euro con un presunto
complice, Arnaldo La Scala. Alle 16,08 l’ex manager della Beretta
chiede a uno spione di Teheran di non versare più quei soldi a La Scala,
un messinese che controlla società aeronautiche in Svizzera, perché
"ogni sei mesi lui deve pagare un politico in Italia e non lo ha ancora
pagato". "Io ho bisogno dell’appoggio di questo politico, per cui manda i
soldi a me", ingiunge Bon all’agente iraniano Homayoun Bakhtiyari:
"Così metto da parte il denaro per il politico e poi gli trasferisco i
soldi di cui ha bisogno". I finanzieri capiscono chi sia solo quattro
mesi dopo, quando Prosperini viene arrestato per le tangenti tv: a quel
punto La Scala, Bon e perfino sua madre mostrano "gravissima
preoccupazione". Il perché lo spiega il ‘supporto informatico’
sequestrato al politico, da cui risulta che proprio "Bon e La Scala
hanno usufruito della mediazione retribuita di Prosperini nella vendita
di armi, visori notturni e munizioni al governo eritreo". Tra Teheran e
Asmara, dunque, c’è lo stesso canale occulto.

Bon non sa ancora che un ex militare delle forze speciali inglesi (Sas),
William Faulkner, arrestato a Londra, ha già confessato i traffici
d’armi con l’Iran, chiamandolo in causa. Ma capisce subito che
Prosperini rischia di rovinare tutti. "Allarmati", Bon e La Scala
contattano Soletti, il factotum dell’assessore arrestato, che li
rassicura: Prosperini non li coinvolgerà.

Ma il 13 gennaio il primo è ancora preoccupato: "Ho l’ansia che
l’altro… che gli fanno i controlli". Bon in realtà era angosciato già
da ottobre, quando spiegava al complice: "Sono finito sulla lista nera,
hanno trovato due ottiche in Afghanistan ai talebani, con cui hanno
sparato a militari tedeschi… E adesso mi chiedo cosa ci facevano in
Afghanistan: fra me e te, fan parte di un lotto spedito nel tempo…".
Al che La Scala gli risponde con questa ipotesi: "Hanno fatto casino,
come hanno fatto diecimila volte casino quelli di Beretta". La polizia
inglese, per altro, riesce a trovare "puntatori analoghi" solo a
Bassora, tra il 2006 e il 2007, a guerriglieri iracheni (filo-iraniani).

Molto più sicuro si sentiva invece il più in vista tra i nove arrestati
per le armi all’Iran, l’avvocato d’affari Raffaele Rossi Patriarca. Tra
il 12 e i 17 dicembre, mentre per Prosperini si apre la cella, il legale
torinese vola a Teheran per trattare "nove elicotteri da 15 milioni,
spolette esplosive e miscele di zirconio" con "un generale iraniano
pluridecorato". Al rientro, incontra in Svizzera un emissario di
Ahmadinejad, orgoglioso di mostrargli "le sue foto con il grande capo". E
poi gira l’Europa per cercare esplosivi da trafficanti montenegrini. Ed
elicotteri da industriali italiani "amici", tra cui inserisce un top
manager della Inaer di Andrea Bonomi, con cui vanta affari precedenti,
fino a prova contraria leciti.

La spavalderia dell’avvocato spaventa perfino Bon e La Scala: "Ha
chiesto roba con la sigla I.HE, dove I sta per incendiario… Vuole roba
chimica…". "Lì non c’è dual use, c’è un solo uso ed è quello
sbagliato…". A rendere così tranquillo Patriarca è un misterioso
"referente di Roma": un vip che Guglielmo Savi, titolare della Sirio
srl, che vende ponti radio a Stati esteri e alla Rai con il ‘nulla osta
sicurezza’ della presidenza del Consiglio (ora ritirato), dice di poter
contattare "anche all’una di notte". Alle sei del mattino del 3 marzo
scattano gli arresti per le armi all’Iran. Mentre il factotum Soletti
finisce in cella per aver svuotato il conto svizzero delle tangenti di
Prosperini, prelevando gli ultimi 800 mila euro in contanti. Ora in
carcere qualcuno potrebbe parlare. Forse il giallo delle armi da guerra
italiane è solo all’inizio.

Posted in pensieri e riflessioni | Comments Off on I Segreti di Prosperini

Incontro con Joy al Cie di Ponte Galeria

Visita nel Cie di Ponte Galeria a Roma, dove è rinchiusa Joy. Una
giovane nigeriana vittima della tratta e di un tentato stupro nel Cie di
via Corelli a Milano, rinchiusa sei mesi in carcere dopo una rivolta
nel Cie e rinchiusa di nuovo in un Cie.


Al Cie di Ponte Galeria a Roma stamattina ho finalmente
incontrato Joy. Negli scampoli di questa consiliatura, e dopo non poche
fatiche, finalmente sono riuscita a entrare di nuovo al Centro di
identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, nel quale sono molte
volte andata in questi cinque anni ma che ultimamente sembrava diventato
off limit. Troppi e troppo lenti i controlli, troppi i passaggi
burocratici e sempre una «buona» ragione per rinviare: una volta la
visita del console nigeriano, la seconda la mancanza della luce, la
terza una protesta dei reclusi, la quarta un fantomatico permesso dal
ministero che non arriva. Per una ragione o per l’altra, una prerogativa
dei consiglieri regionali, fin qui grossomodo rispettata, rischiava di
saltare. Finalmente questa mattina il sopralluogo si è potuto fare.

A pochi giorni dalla protesta dello scorso sabato 13 marzo durante la
quale, in coincidenza con una manifestazione dei comitati romani contro
il Cie, fuori dal centro, alcuni reclusi sono saliti sul tetto e hanno
minacciato di restarci, senza cibo né acqua, la struttura è stata
rimessa più o meno a posto. Almeno quanto può esserlo un luogo che per
ammissione dello stesso Prefetto Pecoraro, meglio sarebbe chiudere che
ristrutturare. Dal primo di questo mese c’è anche una gestione nuova:
fatta fuori la Croce Rossa [che però ha già fatto ricorso] la
responsabilità è ora della cooperativa Auxilium che fa parte del
consorzio La Cascina dei fratelli Pietrofancesco e Angelo Chiorazzo.

Chi ha un po’ di memoria o solo frequenta l’università, sa che La
Cascina è un vero e proprio impero con un fatturato annuo che supera i
200 milioni di euro costruito sulle mense e su una serie di servizi che
il consorzio è in grado di garantire a prezzi «competitivi» in ambito
sanitario e nelle istituzioni più o meno totali. Oltre a Ponte Galeria,
Auxilium gestisce anche il Centro per richiedenti asilo di Bari. Il
direttore del Cie, Sangiuliani, ci accoglie con cortesia e non lesina
critiche alla precedente gestione [che peraltro praticava costi più
alti] che a suo dire, oltre a una serie di leggerezze amministrative,
sarebbe anche responsabile di eccessiva «generosità» nella
somministrazione di valium e benzodiazepine.

Chiediamo di incontrarci con Joy, la ragazza nigeriana che è finita
sui giornali non perché la sua storia sia diversa da quella di tante
ragazze della sua età che cadono nella tratta e finiscono sui
marciapiedi delle metropoli occidentali, ma perché in più lei ha avuto
la disavventura di inciampare in un ispettore di polizia del Cie di via
Corelli, a Milano, Vittorio Adesso. Lo ha raccontato più volte la stessa
Joy che ha denunciato il suo aggressore per tentato stupro ottenendo,
peraltro, una contro denuncia per calunnia e non solo. L’ispettore dice
che lei avrebbe bruciato il materasso durante una rivolta al Cie
nell’agosto scorso.

Quella notte, ricorda Joy, l’ispettore Addesso si presentò nella sua
stanza e, senza un motivo, cominciò a picchiarla, accusandola di aver
preso parte alla rivolta. Joy venne condannata a sei mesi di carcere e
quando uscì, in febbraio, venne di nuovo rinchiusa in un Cie, questa
volta a Modena e da lì a Roma. Joy ha fatto richiesta di restare in
Italia e ne avrebbe doppiamente diritto: una volta facendo ricorso, in
quanto vittima di tratta, all’articolo 18 del Testo Unico
sull’immigrazione. E una seconda volta in quanto persona offesa da un
reato [tentato stupro] per il quale deve celebrarsi un processo. Per ora
Joy resta a Ponte Galeria e lei stessa ci ha detto di non stare male,
lì, ma di rivolere la sua libertà e poter fare finalmente il suo lavoro
di parrucchiera per il quale era stata ingannevolmente portata in Italia
da un gruppo di sfruttatori che poi la obbligò a prostituirsi.

Probabilmente di Joy nel Cie di Ponte Galeria ce ne sono molte ma Joy
è diventata un simbolo, la possibilità di ribellarsi rischiando tutto,
anche la vita in nome della propria dignità.

Ma i casi in quell’inferno chiamato Centro di identificazione ed
espulsione non finiscono lì. Ciascuno dei 164 uomini oggi reclusi e
ciascuna delle 138 donne ha una storia, una vita da raccontare. Alcune
però, peggiori di altre. Come quella del giovane algerino da quindici
giorni in sciopero della fame per poter riabbracciare il figlio di sei
anni. E’ in un letto, dorme e quasi non riesce a svegliarsi, quando
entriamo nella camerata da sei letti nella quale vive da un mese. La
moglie che ha il permesso di soggiorno è in ospedale a Milano e il
figlio è ora affidato alle cure della nonna che però non ce la fa. Lui è
lì e altro non può fare che non mangiare sperando che questa sua
protesta gli restituisca il figlio. E’ dimagrito dieci chili, ci dice il
medico e se va avanti così, due possono essere le soluzioni: o
l’alimentazione coatta o le dimissioni. Ogni giorno che passa, quella
scelta diventa sempre più drammatica, e sempre più necessaria.

Posted in movimento e manifestazioni | Comments Off on Incontro con Joy al Cie di Ponte Galeria

Favori

Cie di via Corelli, Milano. Nel reparto delle trans
una reclusa che questa settimana non sta facendo lo sciopero della fame
riceve il pasto dalla Croce Rossa e si accorge che il cibo è scaduto.
Richiama il funzionario che gliel’ha dato, protesta, ma non c’è niente
da fare. La minestra è quella, quelli sono gli standard di Croce Rossa e
Sodexo e nessun reclamo è ammesso. Ne nasce un litigio, i toni si
accendono, e il crocerossino se la prende con la reclusa: vuol farla
uscire dalla gabbia, chissà perché lontano dalle telecamere, ma
le sue compagne di sezione la difendono e non se la lasciano portare
via. Così la minaccia: «se mai sarai liberata, ci rivedremo e te la farò
pagare». Lei chiama la polizia, e chiede di poterlo denunciare: gli
agenti le rispondono che lei non ha documenti, che non è nessuno,
e che quindi non può certo sporger denuncia.

Tutto torna, nel Cie di via Corelli, dove quando non
sono i crocerossini a dover coprire le porcherie della polizia,
è la polizia a coprire i crocerossini, e tutti insieme coprono gli
affari della Sodexo.

Ascolta il racconto trasmesso da Radio Blackout:

http://www.autistici.org/macerie/?p=25643

http://www.autistici.org/macerie/wp-content/plugins/audio-player/player.swf

macerie @ Marzo 22, 2010

Posted in repressione e carcere | Comments Off on Favori

PER DAX: DOPO 7 ANNI NOI NON DIMENTICHIAMO.NON UN PASSO INDIETRO

Posted in movimento e manifestazioni | Comments Off on PER DAX: DOPO 7 ANNI NOI NON DIMENTICHIAMO.NON UN PASSO INDIETRO

MASSACRATO DI BOTTE A VARESE.IL CASO UVA

MILANO – Un ragazzo che chiama il 118 per chiedere
un’ambulanza mentre sente le urla del suo amico nella stanza
accanto, all’interno della caserma dei carabinieri di Varese. "Lo
stanno massacrando" dice a bassa voce. Una "anomala presenza di
carabinieri e poliziotti in quella caserma di via Saffi, dove per
tre ore il fermato subisce violenze sistematiche e ininterrotte".
Gli indumenti sporchi di sangue, le ecchimosi sul volto e su altre
parti del corpo, le macchie rosse tra pube e ano. Il ricovero in
ospedale alle 5 del mattino con la "somministrazione di medicinali
incompatibili con lo stato di ubriachezza dell’uomo".

Dopo aver reso pubblico il caso di Stefano Cucchi, la denuncia di
Luigi Manconi, presidente di "A buon diritto" ed ex sottosegretario
alla Giustizia, tenta di far luce sulla storia di Giuseppe Uva, 43
anni, fermato ubriaco alle 3 del mattino il 14 giugno 2008, a
Varese. Lui e un suo amico, Alberto B., vengono portati in caserma.
Qui Uva, ha ricostruito Manconi, "resta in balìa di una decina di
uomini tra carabinieri e poliziotti all’interno della caserma di
via Saffi". Il suo amico, nella stanza accanto, sente due ore di
urla incessanti, chiama il 118 per far arrivare un’ambulanza.
"Stanno massacrando un ragazzo" sussurra all’operatore del 118, che
chiama subito dopo in caserma e chiede se deve inviare davvero
l’autoambulanza. "No guardi, sono due ubriachi che abbiamo qui –
risponde un militare – ora gli togliamo i cellulari. Se abbiamo
bisogno vi chiamiamo noi".

Ma è invece alle 5 del mattino che da via Saffi parte la richiesta
di un Trattamento sanitario obbligatorio per Uva. Trasportato al
pronto soccorso, viene poi trasferito al reparto psichiatrico
dell’ospedale di Circolo, mentre il suo amico viene lasciato
andare. Sono le 8.30. Poco dopo due medici – gli unici indagati
dell’intera storia – gli somministrano sedativi e psicofarmaci che
ne provocano il decesso, perché sarebbero incompatibili con l’alcol
bevuto durante la notte.

OAS_RICH(‘Middle’);

"Un caso limpido di diritti violati nell’indifferenza più totale –
denuncia ora Luigi Manconi – . Infatti, per quanto accaduto
all’interno della caserma si sta procedendo ancora contro ignoti".
"Al di là dei primi interrogatori nei giorni successivi di
poliziotti e carabinieri, non è stato più sentito nessuno" denuncia
l’avvocato Fabio Anselmo, lo stesso che ha squarciato il velo di
omertà nelle istituzioni su altri casi di violenze di appartenenti
alle forze dell’ordine, come quelli di Federico Aldrovandi e
Stefano Cucchi.

Anche nella storia di Giuseppe Uva e nella sua ultima notte di
vita, c’è ancora molto da chiarire. Gli interrogativi dei suoi
parenti sono ancora tanti: perché in una caserma si riuniscono
carabinieri e poliziotti? Come si spiegano le ferite e i lividi sul
volto, il sangue sui vestiti, la macchia rossa tra pube e regione
anale? Perché l’autopsia non ha previsto esami radiologici per
evidenziare eventuali fratture? "Sono passati quasi due anni e non
abbiamo avuto ancora giustizia – dice in lacrime Lucia Uva, sorella
di Giuseppe – . Non sappiamo ancora perché nostro fratello è morto:
se per le botte o per i farmaci somministrati in ospedale.
Aspettiamo che un giorno qualcuno dica la verità".

Posted in repressione e carcere | Comments Off on MASSACRATO DI BOTTE A VARESE.IL CASO UVA

Udienza per associazione sovversiva

Ci
siamo. Il 16 aprile prossimo, il gip michele barillaro deciderà se
rinviare a giudizio 19 compagni dell’area anarchica fiorentina, accusati
di una serie di piccoli reati (in particolare un’interruzione di
pubblico servizio, l’occupazione del Panico anarchico di Piazza Ghiberti
e alcuni scritte sui seggi delle primarie PD) tenuti insieme dal reato
di
associazione sovversiva con finalità di terrorismo ed eversione
(il famigerato 270 bis). L’inchiesta ha preso le mosse dalla
perquisizione e sgombero di Villa Panico (poi rioccupata) e dell’Asilo
Occupato di via Bolognese, nel novembre 2007. Comandava le operazioni un
certo Alfredo Pinto, allora capo della Digos e…coniugato con la PM
Angela Pietroiusti, firmataria di questa e altre indagini contro
anarchici (in particolare
contro i compagni pisani di via del
Cuore).

Due novità di rilievo: il procuratore capo di Firenze, Giuseppe
Quattrocchi, affiancherà Angela Pietroiusti nella pubblica accusa (forse
per sopperire alla sua nota incapacità); l’ex assessore di polizia
Graziano Cioni (quello dell’ordinanza contro i lavavetri) si è
costituito parte civile, irritato per il suo prestigio di tirannello di
provincia,
intaccato, a suo tempo, dalla rabbiosa ironia dei
sovversivi.

I giornali come al solito fanno la loro parte. Tempestivamente
informati da giudici e sbirri, Quotidiano Nazionale e Repubblica hanno
immediatamente riportato i deliri giudiziari della repressione, sotto il
marchio infamante del "terrorismo". Come sempre, glielo rispediremo al
mittente. Se pensano di pronunciare l’ultima parola su questa misera
vicenda nei loro tribunali e dalle loro fetide colonne, si sbagliano di
grosso. Diremo presto la nostra, con le parole e con i fatti.

anarchici e antiautoritari

PS per una magggiore comprensione di questa vicenda leggi l’opuscolo "Per
farla finita con i fantasmi
" e "Da
chi e per chi lotta contro la
repressione
", entrambi
scaricabili qui

Related Link: http://www.informa-azione.info/firenza_udienza_per_asso…rsiva
Posted in repressione e carcere | Comments Off on Udienza per associazione sovversiva

PROCESSO “NO GLOBAL”: TUTTI ASSOLTI!

Taranto, 17 Marzo 2010

Si è concluso quest’oggi il procedimento cosiddetto “No Global”, a
carico di 19 militanti dei COBAS, dei Comitati di Quartiere e di altre
strutture di base di questa città. La Corte d’Assise ha assolto con
formula piena tutti gli imputati. Dunque oggi, ciò che da sempre è stato
definito come un procedimento farsa riceve l’imprimatur anche da un
punto di vista giudiziario.
E’ stato riconosciuto, come in realtà è sempre stato, che le lotte
condotte in tutti quegli anni, come quelle attuali hanno la piena
legittimità di esistere ed il diritto-dovere di porre in essere, per
cambiare in positivo questo territorio, questo Paese e per costruire un
nuovo mondo possibile, fatto di uguaglianza e diritti. E’ chiaro che la
legittimità di queste lotte prima ancora dell’odierna assoluzione era
data dalla grandissima solidarietà che gli imputati ricevettero dai
lavoratori, dai precari, dagli ambientalisti, dalle associazioni di base
e dai cittadini di questo territorio, compreso anche chi pur in una
legittima diversità politica, riconosceva il valore e la giustezza di
quelle lotte. Quest’assoluzione non ci esime però dal continuare a
denunciare che questa città è ancora preda preferita di lobbies
affaristico massonico mafiose che intendono prosegui re il “banchetto”
sulla pelle dei cittadini di questa città, dalle quali ci si può
liberare esclusivamente con il protagonismo attivo di tutti coloro ai
quali vengono negati i diritti più elementari: un reddito e un lavoro
sicuro e decoroso, un ambiente pulito, una decente abitazione,
l’istruzione e la sanità pubbliche e garantite per tutti. Nel frattempo
però appare proibito disturbare queste lobbies nelle loro luride
manovre, tant’è vero che dobbiamo constatare che, negli ultimi anni
soprattutto, qui come altrove, chi fa le lotte o rivendica un proprio
diritto viene sistematicamente colpito da provvedimenti giudiziari.
Questo meccanismo dimostra che anche pezzi delle Istituzioni sono
asservite a quelle lobbies, le cui porcherie vengono “scoperte” solo
quando divengono palesi agli occhi di tutti, come la storia di questa
città dimostra, almeno negli ultimi venti anni.
Infatti, mentre questa città veniva cannibalizzata dai vari primi
cittadini e lobbies collegate, dagli anni ottanta ai duemila, in quello
stesso periodo stranamente nasceva l’inchiesta, con i conseguenti
arresti e processo. Ciò era finalizzato ad almeno tre obiettivi:
spostare l’attenzione della città dalle sue vere problematiche; chiudere
gli spazi di agibilità democratica; dare un segnale preventivo a tutti
coloro i quali possano decidere di auto organizzarsi e lottare per i
propri diritti.
Per tutto questi motivi, il nostro impegno non può che rivolgersi anche a
tutti coloro i quali per le proprie idee, per le proprie lotte, per
rivendicare diritti universali sono carcerati o sotto processo.

Per questo SABATO 20 MARZO, dalle ore 17.30 in poi, in Piazza Garibaldi,
si terrà un presidio con un microfono aperto in difesa dell’agibilità
politica di tutte le lotte. Si invitano tutte le organizzazioni, le
associazioni e i singoli cittadini a partecipare al presidio portando il
proprio contributo di idee, di tematiche e di proposte.

Taranto, 17 marzo 2010

Posted in movimento e manifestazioni | Comments Off on PROCESSO “NO GLOBAL”: TUTTI ASSOLTI!

INTERVISTA A JOY PRIMA DELL’ESPULSIONE.ASCOLTA E AGISCI

Stamattina Joy è stata trasferita dal CIE di Modena a quello di Ponte
Galeria, il più vicino a Fiumicino, l’aereoporto da cui partono i voli
per la Nigeria.

Anche dal CIE di via Corelli diverse recluse sono state identificate
dal Console nigeriano e trasferite nello stesso CIE.

C’è la seria possibilità che stiano preparando l’ennesimo volo
charter carico di "clandestini" da espellere.

La permanenza in carcere e nel CIE di Modena aveva impedito a Joy di
prendere la parola in prima persona, ma la sua storia ha fatto il giro
d’Italia e non solo,

non perchè il suo sia un caso eccezionale ma perchè paradigmatico di
una condizione comune a molte donne rinchiuse nei CIE e perchè esempio
di rivolta e autodeterminazione.

Ora è lei a raccontarci la sua storia, e lo fa direttamente, senza
intermediari.

Dalla sua voce apprendiamo cosa l’aspetta in Nigeria: la vendetta
degli sfruttatori a cui si è ribellata.

Restare a guardare significa essere complici di tutto questo.

Ascolta e agisci.

http://radiocane.info/cronache-dal-fronte/1083-joy-racconta-la-sua-stori…

Posted in repressione e carcere | Comments Off on INTERVISTA A JOY PRIMA DELL’ESPULSIONE.ASCOLTA E AGISCI

SECONDA AGGRESSIONE FASCISTA A TOR VERGATA IN QUESTO MOMENTO!

All’ora di pranzo, un gruppo di una ventina di compagni arrivati in
auto a Tor Vergata, sono stati aggrediti da un centinaio di camerati
dell’area casapound/bloccostudentesco.
Dopo il pestaggio di ieri, i nazi alzano ancora tiro e tensione proprio
nell’ateneo dove già da qualche mese stanno provando a "consolidarsi",
visti i fallimentari tentativi de La Sapienza e di Roma 3.
Al momento i compagni aggrediti sono stati fermati e portati in
commissariato, mentre come sempre, digos e ps hanno gentilmente chiesto
"ai ragazzi di destra" di allontanarsi.

Che erano infami e amici delle guardie se sapeva già.
Questa è l’ulteriore conferma.

Aggiornamenti su RadiOndaRossa.

Posted in antifascismo, antisessismo, antirazzismo | Comments Off on SECONDA AGGRESSIONE FASCISTA A TOR VERGATA IN QUESTO MOMENTO!

Vogliono espellere Joy entro un paio di giorni!

Ieri Joy è stata trasferita dal Cie di Modena a quello di Ponte Galeria.
Sappiamo bene cosa significa questo: che entro un paio di giorni la
vogliono espellere.
Pare che proprio ieri a Ponte Galeria sia entrato qualcuno
dell’ambasciata nigeriana per fare i riconoscimenti di una decina di
nigeriane – tra cui anche Hellen, testimone del tentato stupro – azione
che prelude sempre all’espulsione a brevissimo termine.
Dunque le voci che giravano riguardo alle pressioni della questura di
Milano perché Joy venisse espulsa – nonostante avesse intrapreso un
percorso per ottenere l’articolo 18 come vittima di tratta – sono
confermate.
Non è bastato alla questura di Milano ‘far sparire’, nella notte fra
l’11 e il 12 febbraio, le cinque ragazze dalle carceri in cui erano
rinchiuse per riportarle nei Cie. Pur di proteggere Vittorio Addesso, i
suoi colleghi sono disposti ad agire nelle maniere più vili.
La storia di Joy ci dimostra come gli apparati repressivi e di controllo
dello Stato esigano soprattutto che i ricatti sessuali che ogni donna e
trans subisce dentro i Cie rimangano taciuti.
La forza che hanno dimostrato Hellen e Joy fa paura, perché è la forza
che smaschera la verità di quello che accade dentro le mura di quei
lager per migranti. Gli aguzzini che li controllano stanno facendo di
tutto per impedire che questo precedente apra un varco o una breccia in
quelle mura.
E che nessuno/a ci venga più a dire che in Italia ci sono leggi contro
la violenza sessuale e lo stalking e che è necessario denunciare.
Chiunque, da oggi in poi, ancora lo pensa si ricordi bene questo: le
forze dell’ordine hanno licenza di stuprare anche grazie alle coperture
di cui godono e di un apparato istituzionale connivente.

Ci troverete dappertutto, più che mai inferocite e schifate dalla vostra
miseria e dalla vostra viltà!

NESSUNA PACE PER CHI STUPRA E MOLESTA LE DONNE, TANTO PIU’ SE LO FA
FORTE DELLA DIVISA CHE INDOSSA E DELLE CONNIVENZE DI CUI GODE!!!

Noi non siamo complici – Donne contro i C.I.E.

Posted in repressione e carcere | Comments Off on Vogliono espellere Joy entro un paio di giorni!