EMERGENZE RIFIUTI: BLOCCHI E SIT IN

[Napoli] "Emergenza rifiuti": rivolta alla
discarica di Pianura. Presidio davanti ai cancelli. Sit in anche a
Cercola. Occupata la ferrovia Cumana [Intervista]



|3 gennaio 2008|
– Novanta roghi in 12 ore; un bus bruciato a Pianura dai contestatori;
sit-in davanti ai cancelli della discarica di Cercola. E’ questo il
bilancio, ancora molto parziale, di una giornata di ribellione
innescatasi spontanenamente tra i cittadini di alcuni comuni alle porte
di Napoli.
Un centinaio di persone continuano a presidiare i
cancelli. Nella notte è stato incendiato un autobus. I
manifestanti bloccano le strade di accesso alla discarica chiusa da una
decina d’anni ma indicata dalle autorità come nuovo sito per lo
stoccaggio della spazzatura che sommerge Napoli. Occupato anche un
tratto della ferrovia Cumana a Pianura.

Come già nei
gorni caldi della val Susa, l’amministrazione locale decide si schiera
con i manifestanti: "Mancano ancora fogne, strade, illuminazione.
Ritornare pure a essere uno sversatoio, dopo 40 anni di accumulo,
è davvero un fallimento per tutti, politica compresa" accusa
Fabio Tirelli, presidente della municipalità di Pianura.
E
già perché, come alcuni testimoni iniziano a riferire, la
situazione non è uguale in tutto il napoletano. nei quartieri
"bene" come Posillipo o il Vomero, la situazione risulta essere
ampiamente sotto controllo. Ancora una volta, pure nell’emergenza,
pesano, e si fanno sentire, le differenze di classe.

Parte
così la macchina dell’emergenza (oggi, a Napoli si prevedono
oltre 2.000 tonnellate di spazzatura non rimossa) che favorisce
l’intervento della Camorra e punta a una soluzione di rimessa
consistente nella riattivazione di discariche già abbandonate
perché incompatibili con le norme minime di sicurezza e salute
per gli abitanti di quei territori. Tarritori che in molti casi non
usufruiscono nenche dei servizi minimi necessari, com’è il caso
appunto della municipalità di Pianura, il quartiere più
ampio di Napoli, oltre 11 chilometri quadrati, che conta oltre 58mila
abitanti, venuti qui negli anni della espansione a nord della
città. All’inizio del 1996 fu chiusa la discarica, la più
grande in tutta la Campania.Sembrava una decisione definitiva.

Invece la politica dalle gambe corte dei commissari governativi
ripropone la solita vecchia panacea.Da stamani sono iniziati i lavori
per la riapertura della discarica ma il quartiere reagisce con furia
sotto lo sguardo preoccupato di decine di agenti che presidiano la zona
con molti mezzi e unità attrezzate anti sommossa.

Sit-in anche a Cercola.
Un
presidio con una cinquantina di persone è stato organizzato
anche davanti ad un’altra discarica, quella del comune di Cercola. I
manifestanti impediscono l’ingresso degli operai. "Non li faremo
entrare. Stamattina – spiegano – è venuto sul posto anche il
commissario straordinario al quale abbiamo manifestato le nostre
preoccupazioni e non abbiamo consentito ai camion di entrare nel sito".
La discarica è chiusa ma le autorità vorrebbero riaprirla
per risolvere l’emergenza. "Bugie", assicurano i contestatori. "Il sito
di 1.500 metri quadrati potrebbe ospitare la spazzatura di una sola
giornata e non risolverebbe il problema".

Un intreccio di "affari sporchi"
Al momento le uniche soluzioni sono, come da 15 anni ormai, la difesa degli interessi economici diel comitato d’affari camorra-imprenditori-politici
che tiene in scacco la regione Campania. La proroga di 11 mesi del
Commissariato Straordinario all’emergenza rifiuti (fino al 30
novembre 2008) e’ quanto di piu’ grottesco poteva venir
fuori da questa ennesima fase di clamore sulla questione-rifiuti
in Campania. La proroga del Commissariato straordinario rinvia per
l’ennesima volta il passaggio di poteri alle Provincie e ai
Comuni, garantisce un carozzone che ha sperperato 1 miliardo ed 800
milioni di euro in 15 anni, tra consulenze, perizie tecniche di studi
privati smentiti puntualmente dagli enti pubblici.

La risposta istituzionale "Mandiamo l’esercito"
Dentro
una situazione tanto difficile per le popolazioni quanto intricata per
i poteri che ci stanno dietro, la risposta politica dell’istituzione
è quella dei cannoni e le baionette. Spuntano infatti non poche
proposte di inviare l’esercito e militarizzare i territori per aprire
le discariche "con le buone o con le cattibe". Militarizzzazione invero
già attiva da giorni come ci spiega Antonietta della Rete Campana Rifiuti Zero. A queste provocazioni la risposta dei movimenti non può che essere quella della resistenza popolare.

>>> Ascolta l’intervista

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FUMO NERO IN CAMPANIA

Fumo nero….

Il
dramma della Campania, tra resistenze e rischio diossina, scempio
dell’ambiente e interessi di politici ed imprenditori che
continuano ad essere salvaguardati

Global Project NapoliMercoledì 2 gennaio 2008

Fumo nero…

Anche la commissione europea decide di fare un nuovo richiamo ufficiale
all’Italia per il dramma dei rifiuti in Campania. Sei mesi dopo il primo richiamo ufficiale
(all’epoca il commissario straordinario era Guido Bertolaso) la
Ue torna a chiedere all’Italia la rapida risoluzione
dell’emergenza rifiuti.
Al momento le uniche soluzioni sono
, cosi’ come da 15 anni ormai, la difesa degli interessi
economici di quel comitato d’affari fatto da camorra, imprenditori e politici
che tiene in scacco la Regione Campania. La proroga di 11 mesi del
Commissariato Straordinario all’emergenza rifiuti (fino al 30
novembre 2008) e’ quanto di piu’ grottesco poteva venir
fuori da questa ennesima fase di clamore (parlare di emergenza dopo 15
anni e nessun piano strutturale e’ ridicolo) sulla questione
rifiuti in Campania. La proroga del Commissariato straordinario rinvia
per l’ennesima volta il passaggio di poteri alle Provincie e ai
Comuni, garantisce un carozzone che ha sperperato 1 miliardo ed 800
milioni di euro in 15 anni, tra consulenze, perizie tecniche di studi
privati smentiti puntualmente dagli enti pubblici, parcelle a sei zeri
e note spesa infinite e che, dal primo gennaio, è guidato dal neo-prefetto Cimmino.
La chiusura definitiva, il 31 dicembre scorso alle ore 18, del deposito di ecoballe di Taverna del Re a Giugliano
dopo tre mesi di lotte, cariche indiscriminate contro il Presidio
Permenente, una decina di feriti complessivamente ed una media di oltre
50 camion al giorno in quello che, a tutti gli effetti, e’
divenuto il cimitero dell’agricoltura campana, porta ad uno
scenario dove non ci sono piu’ luoghi da avvelenare con altra
monnezza indifferenziata. Ed allora la "genialita’" del
commissariato straordinario individua nella discarica di contrada
Pisani nel quartiere di Pianura a Napoli il sito ideale per stoccare i
rifiuti che provengono dai Cdr. La discarica di Pianura ha accolto per
30 anni i rifiuti della citta’ di Napoli ed e’ stata chiusa
alcuni anni fa dopo un periodo di riapertura di alcuni mesi. Da tre
giorni e’ stato installato il presidio permanente da parte dei
cittadini della zona, che hanno gia’ visto distrutta la collina
dei Pisani da decenni di sversamento della spazzatura. I Tg nazionali e
la stampa main stream ci raccontano dei roghi in fiamme la notte di San
Silvestro, dove anche un bambino avrebbe potuto immaginare che lasciare
centinaia di tonnellate di rifiuti in strada a Capodanno nella
citta’famosa per la bravura dei suoi maestri fuochisti, non
sarebbe stata cosa salutare…
Dimenticando pero’ di
ricordare che i roghi, quelli che avvengono tutti i giorni sotto i
ponti delle strade di periferia, ai bordi delle statali e della A1,
quelli di rifiuti speciali, hanno mandante ed esecutore : la camorra e
lo smaltimento illecito di rifiuti speciali da tutta Italia. Si
sprecano in questi giorni gli appelli per inviare l’esercito in
Campania per massacrare le popolazioni che difendono la loro terra da
una logica di sversamento che procede a tentoni senza nessuna
strategia, ed omettono di dire che governi ed enti locali di centro
destra e centro sinistra da 15 anni non sono stati capaci di elaborare
un piano rifiuti completo che parta dal naturale inizio della filiera
del rifiuto, ovvero la raccolta differenziata "porta a porta", per cui
dal 1996 2.600 lavoratori sono stati assunti nei consorzi di bacino e
vengono pagati senza lavorare, perche’ le istituzioni non
applicano la raccolta differenziata con la costruzione delle
infrastrutture necessarie.
Chiedono l’esercito per passare
sopra le teste di chi caparbiamente si oppone alla difesa degli
interessi dei poteri forti, della Fibe di Romiti, della
Fisiaitalimpianti, delle ditte di trasporto e movimento terra legate
alla camorra, agli interessi dei politici di destra e di sinistra che
fanno affari con i rifiuti come dimostrato dalla magistratura napoletana.
Le alternative alle discariche ed agli inceneritori ci sono , ed a
chiare lettere i comitati di lotta in difesa della salute e
dell’ambiente l’hanno detto all’ex commissario Pansa
nel mese di ottobre, proponendo un piano alternativo fondato sulla
differenziata porta a porta, attraverso l’assunzione dei 3.500
disoccupati inseriti nei percorsi di formazione e lavoro della Regione
Campania, attraverso la trasformazione degli impianti di Cdr
(combustibile da rifiuto) in impianti di trattamento a freddo
in cui trattare i rifiuti con il metodo meccanico biologico come
avviene in diverse metropoli d’occidente. La risposta e’
stata quella della difesa degli interessi dei poteri forti.
Per questi farabutti solo fumo nero….

Global Project Napoli

I numeri della crisi rifiuti in Campania

Appello per la costruzione di un presidio per impedire la riapertura della discarica dei Pisani (Pianura)

In queste ore si fanno sempre più gravi le notizie in merito
alla riapertura della discarica dei Pisani. Pare che quella che appena
qualche giorno fa era un ipotesi appena accennata stia diventando ormai
quasi una certezza. Il sindaco è contrario. Il consiglio
comunale pure. La municipalità pure. Pare che soltanto il
commissario speciale, un assessore, e un paio di loschi figuri di An e
FI abbiano dato l’assenso.
Alla chiusura di taverna del re
(prevista fra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio) è
ormai molto probabile che si riaprirà la discarica dei Pisani
già usata in passato, dove ovviamente si era promesso di non
sversare mai più. La zona doveva diventare un parco, un campo da
golf, un centro turistico ecc.. ritorna soltanto la spazzatura. La
discarica è chiusa da 11 anni, ed avrebbe una capacita di 1,8
milioni di metri cubi. Sorge in un luogo che è stato avvelenato
e deturpato per anni, in cui mancano ancora tanti servizi come
l’illuminazione e la rete fognaria. Spazzatura che potrebbe
essere portata già da questa notte(2 gennaio) o comunque
presumibilmente fra la prima e la seconda settimana di gennaio.
Per
fronteggiare tutto ciò, facciamo appello a tutti i cittadini, ai
comitati per la difesa della salute e dell’ambiente, ai
movimenti, e particolarmente ai cittadini dei Pisani, di Pianura, di
Quarto, Pozzuoli e di tutta la zona flegrea direttamente interessata
per costruire tutti insieme un presidio davanti la futura discarica in
via Montagna spaccata.
NO ALLA RIAPERTURA DELLA DISCARICA AI PISANI
NO ALLA LOGICA DELLE DISCARICHE E DELL’INCENERIMENTO
BASTA CON IL COMMISSARIAMENTO BASTA CON L’EMERGENZA RIFIUTI

Altri speciali :

La Campania resiste !! – Le lotte in difesa della salute e dell’ambiente in Campania
22 dicembre manifestazione regionale contro il piano rifiuti
Continua il presidio permanente a Taverna del Re

 
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ROMPIAMO IL SILENZIO!

Rompiamo il silenzio!
Non può essere normale lasciarsi sfruttare per non avere nemmeno di che campare
Non può essere normale che i giornali trasudino di propaganda razzista
Non può essere normale venire ammazzati in mezzo alla strada da poliziotti troppo zelanti
Non può essere normale subire aggressioni da squadracce fasciste
Non può essere normale bombardare popolazioni inermi
Non può essere normale chiamare terrorismo il dissenso e la rabbia
Non può essere normale accettare una "sicurezza" fatta di morti
sul lavoro, di raid contro i campi rom, di schedature genetiche, di
deportazioni di immigrati

Scendiamo in strada per contrastare il cinismo, l’indifferenza e la
rassegnazione che aprono la strada a quel totalitarismo fascista che
vediamo già imporsi ovunque

CORTEO A TORINO Sabato 19 Gennaio 2008
CORTEO A BOLOGNA Sabato 9 Febbraio 2008

—————
Chi volesse avere delle copie del manifesto che pubblicizza
congiuntamente i cortei del 19 gennaio a Torino e del 9 febbraio a
Bologna, può richiederle a: bologna9febbraio@altervista.org

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Squatting Day in Danimarca

Nel corso della giornata e della notte azioni in tutta la città hanno portato all’occupazione di almeno 15 edifici

Sabato 29 dicembre 2007

Il
28 Dicembre è stato scelo come giornata di azione per le
occupazioni. Gruppi in tutta la Danimarca hanno scelto edifici e nel
corso della giornata fino a tarda notte si sono svolte le azioni.

La prima casa è stata occupata alle 10 del
mattino e tenuta fino al tardo pomeriggio. Molti degli occupanti hanno
espresso il bisogno di un nuovo Ungdomshus, ma anche un bisogno
più generale di allorggi accessibili e di spazi liberi per la
creatività.

Una casa è stata presa di mira da un gruppo di
ragazzi legati alla "Børnehuset" – uno squat di Copenaghen che
è stato dichiarato inabitabile nel 2003 dal Consiglio di
Copenaghen. Gli attivisti hanno convenuto di lasciare la casa
pacificamente in cambio di una promessa da parte del consiglio di
fornire loro una nuova casa. Tale promessa non è mai stata
soddisfatta, aumentando così la sfiducia generale verso il
consiglio. Un gruppo di Copenaghen ha usato e lavorato in una edificio
per alcuni mesi, dimostrando che è possibile occupare e
mantenerlo segreto. Come parte delle azioni gli atttivisti hanno deciso
di guidare gli altri attivisti allo squat, dove si è tenuto un
party fino alle prime ore del mattino.

In tutta la Danimarca ci sono state azioni ed occupazioni nelle seguenti città:

-  Copenhagen
-  Århus
-  Vejle
-  Kolding
-  Virum
-  Køge
-  Albertslund
-  Svendborg

A parte Svendborg e Århus, dove gli edifici sono
ancora occupati, tutte le occupazioni che sono state rese pubbliche
durante il giorno sono state sgomberate nel cosro della giornata, senza
grossi scontri e con pochi arresti.

Altre foto delle occupazioni.

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E’ nato il Comitato di Solidarietà ad Euroconfezioni

Giorno 30 dicembre 2007, si è svolto un incontro, presso il
C.S.O.A. “Angelina Cartella” di Gallico, avente come
oggetto l’incendio dei locali della Cooperativa
“Euroconfezioni” di Gallico Superiore. L’assemblea,
tantissimo partecipata, è stata occasione per esprimere una
grande solidarietà nei confronti dei lavoratori e delle
lavoratrici che hanno visto svanire, in una notte, i sogni di una vita.
Sono in 36 ad aver perso il diritto ad un lavoro giusto e dignitoso e
ad un reddito.

Il C.S.O.A. "Angelina Cartella", l’Associazione "Aspromonte
Liberamente", la "Cartiera" della Vallata del Gallico, il Movimento per
la Difesa del Territorio, il Coordinamento "No Ponte", Equo Sud, il
G.A.S. "Felce e Mirtillo", Autoproduzioni Appese, il Comitato reggino
per il diritto all’acqua hanno, tutti insieme deciso, di dar vita ad un
Comitato di Solidarietà ad Euroconfezioni e di mettere in piedi
una serie di iniziative di solidarietà a sostegno delle famiglie
che hanno perso il lavoro, a partire da una tombolata che si
organizzerà per la giornata dell’Epifania.

Si è attivata, inoltre, una raccolta fondi ed inviate
numerose mail con l’obiettivo di favorire l’immediata
ripresa delle attività produttive della Euroconfezioni
attraverso il “recupero solidale”, ove possibile, delle
apparecchiature distrutte dall’incendio e la richiesta ad
associazioni, partiti e sindacati di aprire commesse nei confronti
della cooperativa per la produzione di gadgets, magliette, striscioni e
quant’altro.

L’appello però è anche alle istituzioni,
regione, provincia, affinché supportino concretamente
l’immediata ripresa delle attività produttive di questa
realtà, per poter continuare a garantire, come in questi 17
anni, lavoro, reddito e dignità.

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CORTEO EVERSIVO A L’AQUILA: IN 25 SOTTO INCHIESTA

La procura distrettuale contesta il reato di istigazione a delinquere
La manifestazione del 3 giugno 2007 a L’Aquila

 

Da "Il centro" del 24 dicembre
La procura ha avviato 25 avvisi di garanzia nell’’ambito delle indagini sul corteo eversivo di 200 persone che ci fu il 3 giugno per protestare contro il carcere duro, il 41 bis.
Una manifestazione che destò sconcerto in città e che ebbe risonanza
nazionale per gli slogan inneggianti anche alle brigate rosse con
riferimento a Nadia Desdemona Lioce, detenuta all’’Aquila.
I manifestanti sfilarono per il centro, scortati da un gran numero di
agenti, imbrattando di scritte a sfondo eversivo alcuni edifici. Sta di
fatto che adesso ci sono 25 persone sotto inchiesta, tra i quali in
maggioranza veneti, lombardi e laziali oltre a un giovane aquilano.
Alcuni reati contestati ( ma non tutti ) sono gravi come la istigazione
a delinquere, per via degli slogan contro la polizia, contro
l’’ispettore Raciti e che inneggiavano alla strage di Nassirya.
Contestato il reato di invasione di terreni e il deturpamento di cose
altrui con riferimento alle scritte. Gli indagati sono accusati anche
per il danneggiamento di una recinzione davanti al carcere dell
Costarelle, a Preturo,e il getto pericoloso di cose. Le persone
sospette sono state individuate tramite una serie di filmati da parte
delle plizia e con delle fotografie che hanno permesso di scovare i più
facinorosi. Le indagini, svolte dalla digos, sono state fatte anche
tramite le questure competenti nelle città dalle quali provenivano gli
indagati, al fine di fare i giusti riscontri. Un’’indagine che era
stata sollecitata dal mondo politico nazionale e che fu anche oggetto
di un’’interpellanza parlamentare al ministro della Giustizia, Clemente
Mastella il quale, tra le altre cose, rese noto di avere avuto dalla
procura aquilana una informativa sull’’avvio delle indagini. Ci furono
anche elogi alla questura del capoluogo da molti esponenti
istituzionali, per aver saputo controllare i manifestanti, pur in una
situazione di tensione, in modo da evitare scontri.

 

RIBADIAMO NON SOLO LA NOSTRA SOLIDARIETA’ MILITANTE AI 25 INDAGATI, MA IL NOSTRO PIENO APPOGGIO E COMPLICITA’ ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI CHE MANIFESTARONO NEL CAPOLUOGO ABRUZZESE CONTRO IL CARCERE.

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ANCORA TRAGEDIA A TORINO: E’ MORTO IL SETTIMO OPERAIO DELLA THYSSEN

Torino, Giuseppe Demasi non ce l’ha fatta, era l’unico sopravvissuto
alla strage del 6 dicembre. Era stato sottoposto a tre interventi chirurgici

Thyssen, la tragedia del rogo
morto anche il settimo operaio

Venerdì gli operai dell’acciaieria avevano organizzato una fiaccolata di solidarietà
Domani sera alle vittime del lavoro sarà dedicata la tradizionale marcia della pace del Sermig

<B>Thyssen, la tragedia del rogo<br>morto anche il settimo operaio</B>

Giuseppe Demasi

TORINO – E’ morto Giuseppe Demasi, 26 anni, il settimo operaio ustionato nell’incendio del 6 dicembre
alla Thyssenkrupp di Torino. Il ragazzo era l’unico rimasto in vita
dopo la tragedia. Nell’incendio era morto sul colpo Antonio Schiavone,
poi nelle settimane successive si sono verificate le altre morti.
Demasi era stato sottoposto a tre interventi chirurgici, ma nei giorni
scorsi le sue condizioni si erano aggravate.

Proprio venerdì gli operaio dell’acciaieria avevano organizzato
una fiaccolata di solidarietà per il loro compagno che stava
lottando fra la vita e la morte e per ricordare le altre sei vittime:
Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo e Rosario Rodinò.

Tra i manifestanti c’erano anche i familiari dello stesso Giuseppe
Demasi, il padre Calogero e la sorella Laura, oltre allo zio di Rosario
Rodinò, Carlo Cascino, e il padre di Bruno Santino, Antonio.
"Giuseppe Demasi si deve salvare per raccontarci quello che è
successo, facciamo tutti il tifo per lui", aveva urlato Antonio
Santino. Davanti al Cto i manifestanti avevano poi osservato un minuto
di silenzio e applaudito a lungo in segno di incoraggiamento per
Demasi. Ma il cuore del ragazzo non ha retto. E’ morto oggi poco dopo
le 13,30.

E sarà dedicata alle vittime del rogo nell’acciaieria della
Thyssenkrupp, la marcia della pace del Sermig, che ogni anno da 40 anni
la sera del 31 dicembre percorre le vie di Torino e si conclude
nell’Arsenale della pace, dove l’associazione del volontariato
cattolico tiene la cosiddetta "Cena del digiuno".

Le migliaia di giovani che partecipano alla manifestazione si
ritroveranno davanti allo stabilimento di corso Regina Margherita,
fermo dal 6 dicembre scorso quando sulla linea di produzione numero 5
le fiamme ustionarono a morte sette. "Scandiremo i nomi di decine di
morti sul lavoro – spiega il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero –
per ricordare che una fabbrica, un cantiere o un ufficio devono essere
un luogo di serenità, di promozione umana dove le persone
trovano le sostanze per mantenere la propria famiglia e mandare i figli
a scuola".

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TAFFERUGLI IN CAMPANIA, A GIUGLIANO

I cittadini temono che la discarica resterà aperta anche dopo il 31 dicembre
A Napoli 800 tonnellate di immondizia. Nella provincia 40 mila. Calce sulla spazzatura

Campania, emergenza rifiuti
Tafferugli a Giugliano, 5 feriti

La Regione Campania stanzia 24 milioni di euro per i siti di compostaggio

<B>Campania, emergenza rifiuti<br>Tafferugli a Giugliano, 5 feriti</B>

Cumuli di spazzatura ad Afragola

NAPOLI – Resta alta la tensione in Campania per l’emergenza
rifiuti. Tafferugli tra manifestanti e forze dell’ordine sono scoppiati
davanti alla discarica di Taverna del re, a Giugliano, nel Napoletano.
Nonostante il commissario per i rifiuti abbia promesso che la discarica
riaperta per l’emergenza sarà chiusa definitivamente tra due
giorni, circa cinquanta cittadini del presidio permanente hanno cercato
di opporsi al passaggio dei tir carichi di immondizia. Le forze
dell’ordine hanno forzato il cordone ed è stato allora che si
sono verificati spintoni e tensioni: sono rimasti feriti cinque
cittadini e due poliziotti. Secondo quanto riferiscono i manifestanti,
una persona ha subito la rottura di tre costole e un’altra, con una
frattura al braccio, è svenuta in ambulanza.

Anche a Pianura, all’ingresso della discarica dei Pisani chiusa nel
1996, i cittadini hanno organizzato un presidio perchè temono
una riapertura. La Giunta regionale ha approvato proprio oggi lo
stanziamento di 24 milioni di euro per i siti di compostaggio
già esistenti di Napoli, Caivano e Pomigliano d’Arco
nonchè per la messa in sicurezza delle discariche di Polla e
Montecorvino Pugliano, in provincia di Salerno.
Ma l’emergenza resta tale.

Lungo le strade del comune di Napoli sono abbandonate 800 tonnellate di
rifiuti mentre in tutta la provincia i rifiuti non raccolti sono
già 40 mila tonnellate. Palazzo Chigi ieri ha portato da uno a
due i commissari che si interesseranno di rifiuti in Campania: un
tentativo per gestire l’emergenza che cresce però di giorno in
giorno. A Napoli particolarmente in affanno le periferie di Pianura e
Ponticelli ma anche la zona prossima all’ospedale. E poi ci sono i
comuni della cinta vesuviana e quelli dell’aerea flegrea a soffocare
sotto montagne di rifiuti.

La gente è esasperata: dà fuoco ai rifiuti nel tentativo
di disfarsi del problema ma i serpentoni di sacchetti abbandonati ai
margini delle strade continuano ad allungarsi. Dalle 20 di ieri fino
alle 14 di oggi, i vigili del fuoco del comando di Napoli sono dovuti
intervenire per spegnere una sessantina di roghi, uno ogni 15 minuti. E
per la notte di San Silvestro i raid incendiari potrebbero aumentare.

Al fine di ridurre gli incendi e contenere il rischio di infezioni, le
autorità hanno deciso di gettare della calce sui cumuli di
spazzatura abbandonati da giorni in città. L’Asia Napoli,
l’azienda di igiene ambientale, prevede di raccogliere circa 300
tonnellate di rifiuti entro il 31 dicembre "sempre che – ci tiene a
precisare la società – gli impianti di raccolta restino in
funzione e continuino ad accettare nuova spazzatura".

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LA SOLIDARIETA’ NON SI ARRESTA..COMUNICATO DEL CSOA A.CARTELA

mutuosoccorso

Da una vallata del Sud che resiste
un appello per una grande solidarietà

Nella Vallata del Gallico, subito a ridosso di Reggio
Calabria, è da anni che si sono sviluppate diverse realtà politiche, sociali e
produttive, significative e incisive sul territorio e determinanti anche su
aree più vaste. Qui è nato il C.S.O.A. "Angelina Cartella", protagonista della
lotta contro il ponte sullo Stretto di Messina; qui è nato il movimento popolare
"La Cartiera" contro un impianto di smaltimento di rifiuti solidi urbani della
portata di 85.000 tonnellate all’anno; qui gravita il gruppo "Aspromonte
Liberamente" che sta lottando per la riconversione di una ex base militare
americana in laboratorio per l’educazione ambientale; qui è nato il Gruppo di
acquisto solidale "Felce e Mirtillo".

Qui per 17 anni la cooperativa tessile "Euroconfezioni"
ha garantito formazione, lavoro e reddito per molte donne, che hanno costruito
il loro progetto di vita. È una tra le poche realtà produttive della provincia
di Reggio Calabria che è riuscita ad assicurare un’attività dignitosa, in
controtendenza rispetto all’ipersfruttamento e al lavoro in nero.

Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre 2007 tutto
questo è stato spazzato via da un incendio accidentale, che ha distrutto i
macchinari, la sede ed i depositi di materiali, lasciando un cumulo di macerie
fumanti, pavimenti divelti, muri devastati e ammassi informi di tutto quello
che conteneva la fabbrica.

La Cooperativa Euroconfezioni è da anni impegnata ad
affermare il bisogno ed il diritto ad un lavoro dignitoso ed un reddito per le
donne del Sud, una realtà in cui la mafia e la malapolitica escludono dai
circuiti sociali e occupazionali tutti i soggetti che non si prestano alle loro
logiche. Questo Sud è stato ulteriormente devastato dal mercato neoliberalista che
vi ha imposto l’estremo sfruttamento dei tempi di vita, di flessibilità di
salario ed orario, realizzando enormi profitti sulla pelle di lavoratori sempre
meno garantiti.

Per noi, realtà sociali e politiche impegnate nella
costruzione di un mondo migliore, la Cooperativa Euroconfezioni è esempio e
riferimento concreto da difendere e sostenere.

È per questo motivo che il C.S.O.A. "Angelina
Cartella", l’Associazione "Aspromonte Liberamente", la "Cartiera" della Vallata
del Gallico, il Movimento per la Difesa del Territorio, il Coordinamento "No
Ponte", Equo Sud, il G.A.S. "Felce e Mirtillo", le Autoproduzioni Appese, il
"Coordinamento reggino per il diritto all’acqua"

LANCIANO UN
APPELLO

a sostegno della Cooperativa Tessile "Euroconfezioni",
così duramente colpita da questo gravissimo incidente che ne ha minato le
capacità produttive.

Noi, realtà di movimento siamo testimoni che la
Euroconfezioni ha sempre offerto piena disponibilità a sostenere le nostre
iniziative mediante la realizzazione di magliette, felpe, striscioni, gadgets
ed altro.

Per la dignità
del lavoro
e per supportare il percorso di ripresa della cooperativa, per
il reddito di queste 36 famiglie, chiediamo a tutte le realtà di impegnarsi a sostenere
la Euroconfezioni, offrendole opportunità di ricostruire i laboratori e
assumendo il ruolo di soggetti facilitatori per farle ottenere lavori e
commesse.

Facciamo appello per l’istituzione di un fondo di
solidarietà per queste lavoratrici, al fine di garantire la ripresa di una vita
dignitosa fino al ripristino dei cicli produttivi, convinti che questa
esperienza sia parte integrante di un progetto di resistenza condiviso.

Per questo motivo, a fronte della gravità della
situazione, invitiamo tutte e tutti ad un incontro pubblico, che si terrà
presso il C.S.O.A. Cartella domenica 30
dicembre alle ore 18.00
, per socializzare questa splendida esperienza e
sostenerne l’immediata ripresa.

Per
contatti a favore della cooperativa Euroconfezioni:

e-mail:
euroconf@libero.it
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tel.
cell.: 349 4049055

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SU I FATTI DI GENOVA 2001

GENOVA 2001: (ALTRE) COSE DA NON DIMENTICARE (Network Antagonista Torinese)


Italia,
dicembre 2007 – La sentenza di primo grado nel processo contro i 25
manifestant* che nelle giornate del G8 del 2001 hanno protestato contro
le logiche e gli effetti della globalizzazione capitalista hanno
rappresentato una cattiva notizia annunciata. Tuttavia alcuni aspetti
della sentenza possono stimolare riflessioni non banali su aspetti che
crediamo siano passati in secondo piano negli interventi di queste
settimane.
Se la decisione del tribunale di Genova di condannare
sostanzialmente tutti gli imputati (uno soltanto è stato
assolto) fa da sfondo al messaggio politico generale (i manifestanti
hanno avuto torto, lo stato ha avuto ed ha, a posteriori, ragione), un
aspetto che non andrebbe sottovalutato è quello relativo alla
notevole differenza tra le richieste formulate dall’accusa e le
pene effettivamente comminate. Non si tratta della differenza
complessiva degli anni di carcere destinati agli imputati, quanto
piuttosto delle differenze nella distribuzione delle pene.
Se la
tesi della procura di Genova era che tutti gli imputati (e di riflesso
tutti i manifestanti “ignoti” che presero parte agli
episodi in esame) fossero ugualmente colpevoli, e perciò
dovessero ricevere condanne sostanzialmente uniformi, i giudici hanno
voluto contestare questa impostazione. In particolare, secondo il
tribunale, si tratta di distinguere due entità politiche: il
“corteo di via Tolemaide” e il “Black Block”.
Tanto i manifestanti che in via Tolemaide hanno resistito alle cariche
dei carabinieri quanto coloro che altrove hanno praticato azioni
dirette e hanno risposto alle cariche sono cioè colpevoli, ma in
modo diverso: mentre per i primi si delinea una lesione
“tradizionale” dell’ordine pubblico (qualificabile
come resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento,
travisamento, ecc.), nel secondo caso scatta la condanna per il ben
più grave reato di devastazione e saccheggio. La conseguenza
è che mentre gli imputati di via Tolemaide ricevono in primo
grado condanne tipiche, a livello quantitativo, per i militanti delle
aree antagoniste che vengono processati per scontri di piazza (in
particolare si tratta di pene inferiori alla soglia significativa dei
2-3 anni), i presunti appartenenti al Black Block vengono puniti con
periodi di reclusione che giungono fino e oltre gli 11 anni, e in tre
casi si applicano immediatamente misure di libertà vigilata in
attesa del secondo grado.

La tesi fatta propria dai giudici
differisce da quella dei PM perché circoscrive la paranoia
cospirativa al solo Black Block, o comunque a chi è processato
per fatti che non sono quelli di via Tolemaide e immediati dintorni.
Là si sarebbe trattato di atti illegali commessi contro agenti
dei CC e contro l’arredo urbano in presenza di uno scontro
– peraltro determinato da una carica che i giudici considerano
piuttosto apertamente essere stata illegittima –, mentre
nell’altro caso si ravvisa una scelta non imposta dalla
circostanza di una carica, ma predeterminata.
Come abbiamo scritto e
ribadito più volte fin dal luglio 2001, la nostra lettura dei
fatti di Genova tende a oltrepassare criticamente le distinzioni
scolastiche e le astrazioni formali rispetto agli episodi di resistenza
e azione diretta di quei giorni, che sono tutti da valorizzare
politicamente e storicamente, siano essi avvenutoin corso Torino, in
via Tolemaide o altrove. Le azioni dirette, le barricate e le
resistenze contro carabinieri, polizia e guardia di finanza sono state
praticate da migliaia e migliaia di persone e da centinaia di soggetti
politici più o meno strutturati, provenienti da percorsi
politici e storie geografiche molto differenti. Che i giudici,
d’altro lato, scrivano oggi una storia diversa, sia nel tentativo
di criminalizzare le lotte nel loro complesso, sia praticando
distinzioni forzose nella ricerca di capri espiatori, non stupisce.
Quello che stupisce è invece che nessuno abbia rilevato con
quale precisione la tesi del tribunale sia sovrapponibile alla
narrazione giornalistica dei fatti di Genova che si è imposta
già durante i fatti, e non è più cambiata. Una
narrazione che purtroppo è stata avallata anche da importanti
settori del movimento.
Secondo questa versione da una parte ci
furono manifestanti (divisi in associazioni, partiti e disobbedienti) e
dall’altra il Black Block. Stando a quanto scritto anche in molti
opuscoli e libri comparsi dopo il G8, il BB sarebbe stato un attore
estraneo e ambiguo, e ancora nelle ricostruzioni giornalistiche recenti
(come i documentari a cura di Minoli e Lucarelli per la Rai), siamo in
presenza del mito di un BB compatto e militarizzato, tutto intento a
cospirare anzitutto contro gli altri manifestanti, magari in combutta
con la polizia. (Le immagini che ritraggono presunti infiltrati non
spiegano peraltro in che senso essi “farebbero parte” del
“Black Block”, senza contare che lo stesso ministero degli
interni ha più volte ammesso di aver messo in atto tentativi di
infiltrazione in ogni settore del movimento).

La
verità è che la caccia al capro espiatorio è
iniziata molto prima di questa sentenza, e questa sentenza la
rispecchia piuttosto tristemente. I politici del PRC che si vantavano
sui giornali di aver indicato per telefono alla polizia la posizione
dei “devastatori”, Giuliano Giuliani che – nessuno ha
mai capito a quale titolo – insultava le compagne e i compagni
dalle colonne dei quotidiani (in attesa di poter ben presto stringere
davanti ai riflettori la mano ad alti funzionari della PS) sono stati
accompagnati da dichiarazioni degli organizzatori del corteo di via
Tolemaide dove si dichiarava di avere le prove che il BB aveva agito su
indicazione dei carabinieri, e si indicavano curiosamente tutta una
serie di manifestanti come “estranei al movimento”.
Il Manifesto
ha continuato per settimane a coprire di insulti, illazioni e menzogne
un BB invero molto generico, dove venivano catalogati tutti i
“neri” (la maggior parte dei quali come è noto non
vestivano affatto di nero) che avevano rovinato il progetto iniziale di
giornate festose, pacifiche e colorate (leggi compatibili). Gli stessi
film prodotti nel 2001 e distribuiti dal Manifesto mettono in risalto
le presunte ambiguità politiche del BB, fino ad alludere
addirittura a una matrice fascista degli atti compiuti dai soggetti non
inquadrabili nelle strutture del GSF. Poche settimane dopo un
personaggio di spicco del Sisde, appena nominato da Prodi e
probabilmente su sua indicazione (come ricostruito dettagliatamente
dalla stampa nazionale alcuni mesi fa) inventa la bufala di
infiltrazioni neonaziste tra i manifestanti “violenti”, e
viene divulgata l’ennesima menzogna.

Alla fine dei conti,
però, il prezzo più alto lo stanno pagando proprio alcuni
dei cosiddetti “violenti”, quelli cioè che stavano
per scelta fuori del GSF, cioè dalla variegata congerie di
personaggi e organizzazioni oggi in gran parte interni al sistema di
governo del centro-sinistra, che hanno ben presto lasciato i cortei per
le poltrone, che di fatto hanno impedito ai successivi movimenti contro
la guerra di imboccare una strada conflittuale e costruita su una
critica viva e lontana dalla retorica, che in alcuni casi hanno sfilato
in seguito in favore all’invio di truppe italiane in Libano (o ce
le hanno mandate, come hanno contribuito coi loro partiti alla
prosecuzione dell’occupazione dell’Afghanistan).
Chi
paga di più invece oggi sono proprio quelli che, secondo qualche
mente fantasiosa e nella maggior parte dei casi disonesta, avrebbero
agito soggettivamente o oggettivamente in favore della repressione del
movimento, quindi nell’interesse del potere. E perché,
allora, il potere oggi li condanna? E perché chi già
allora li condannò, oggi è al potere?
Anche questi
interrogativi meritano una riflessione storica, perché la storia
del movimento è storia di tutto il movimento: comprende anche i
soggetti scomodi da ricordare o analizzare, per una ragione (aver usato
il movimento per fini estranei ad esso, magari con il supporto di parti
di esso) o per l’altra (aver arricchito il movimento di una
pluralità di forme di lotta, anche fuori dalle regole pattuite
dal GSF con i responsabili dell’ordine pubblico).
L’esercizio della memoria, insomma, è foriero di
difficoltà e omissioni per i nostri nemici ma – se
profondo e critico – anche per la stessa soggettività
politica che, in forme spesso problematiche, ha cercato di affrontarli
come tali in quelle giornate.

Network Antagonista Torinese
(csoa Askatasuna – csa Murazzi – collettivo universitario autonomo)

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